Esprimiamo solidarietà e vicinanza alle lavoratrici, ai lavoratori, alle studentesse e agli studenti alle/i quali oggi a Milano è stato impedito, a colpi di manganellate, di raggiungere la sede di Assolombarda per protestare contro salari e pensioni da fame, la sempre più estesa precarizzazione del lavoro, la cancellazione dei diritti, i continui tagli alla spesa sociale, il mancato rispetto delle norme di sicurezza nei luoghi di lavoro responsabili oggi, 26 maggio 2023, di ben 5 morti in sole 24 ore.

È inaccettabile che si usi la polizia per reprimere il dissenso ed impedire la protesta democratica sotto le sedi delle organizzazioni padronali.

Come Rifondazione Comunista e Unione Popolare da tempo siamo impegnati per il rilancio delle vertenze delle lavoratrici e dei lavoratori e delle lotte per aumenti generalizzati dei salari e delle pensioni e contro il carovita provocato in gran parte dall’aumento dei profitti ed a giorni saremo in tutte le piazze d’Italia per raccogliere le firme a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare per un salario minimo legale di almeno 10 euro l’ora e per il referendum contro l’invio delle armi nel teatro di guerra ucraino.

Milano, 26 maggio 2023

Antonello Patta, Responsabile nazionale lavoro
Fabrizio Baggi, Segretario regionale Lombardia
Matteo Prencipe, Segretario provinciale Milano
Partito della Rifondazione Comunista / Sinistra Europea

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Ieri 5 morti sul lavoro, tre in Lombardia, uno in Sardegna e un altro in Calabria. Uno di loro era al suo primo giorno in azienda pare neanche assunto. Un altro era appena diventato papà. Di fronte a questa strage senza fine sentiamo il dovere di ricordare che ai responsabili è garantita la quasi totale impunità.
Basti pensare alla scandalosa sentenza per l'orribile morte di Luana D'Orazio con i titolari che hanno patteggiato ottenendo solo due anni di condanna.
Per il nostro ordinamento pare che le vite di lavoratrici e lavoratori non contino.
Per questo sosteniamo la proposta di legge di iniziativa popolare promossa dall'USB per l'introduzione del reato di omicidio e lesioni sul lavoro con pene dai 10 ai 18 anni. Si tratta di una proposta che fa parte nel programma elettorale di Unione Popolare e che riporteremo all'attenzione del parlamento con la raccolta firme.
Basta con l'impunità!

Questa è una guerra quotidiana contro il lavoro che ha causato già centinaia di vittime nei primi mesi del 2023 e più di mille morti, secondo i sindacati 1550, nel 2022.
Una strage che va avanti grazie alla complicità dei governi che da decenni tagliano le risorse e le assunzioni necessarie per le attività di prevenzione e controllo, smontano le leggi per ridurre i vincoli e le penali a carico delle imprese che non rispettano le norme esistenti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
C’è una responsabilità criminale che nasce dalla scelta di “lasciar fare alle imprese” come ha precisato l’attuale Presidente del Consiglio; si lascia volutamente che le imprese risparmino sui costi della sicurezza, anche se ne va della vita delle persone, facilitate in ciò dalla ricattabilità dei lavoratori sempre più precari e privati dei diritti.
L’unica strada per fermare il massacro è che il mondo del lavoro tutto dica basta e sorga una mobilitazione che rompa il muro di indifferenza e di assuefazione che accetta come mere fatalità incidenti e morti in cui nella maggior parte dei casi di fatale non c’è nulla.
Occorre uscire dalla logica delle singole risposte che durano il tempo del coccodrillo sui giornali per aprire una vertenza nazionale per ottenere: le assunzioni necessarie per la ricostruzione dei sistemi di prevenzione e controllo; l’inasprimento delle sanzioni penali a carico del datore di lavoro e dei dirigenti per il mancato adempimento degli obblighi relativi alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori; l’introduzione nel codice penale del reato di omicidio sul lavoro; il ripristino del testo originale del D.lgs. 81/08, eliminando le modifiche peggiorative per la salute e la sicurezza dei lavoratori introdotte dalle successive modifiche peggiorative.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale e Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra europea

Il governo Meloni continua con le politiche neoliberiste che da 30 anni colpiscono i diritti, i salari, le pensioni, i redditi e le condizioni di esistenza dei ceti popolari. L’Italia è l’unico Paese d’Europa in cui i salari dal 1990 invece che aumentare sono diminuiti del 2,9%, dal 2008 del 12%.
Questa condizione già drammatica è stata esasperata dall’inflazione prodotta da guerra, sanzioni e speculazioni delle imprese che hanno colto l’occasione per accrescere a dismisura i profitti, con la conseguenza che in soli due anni salari già tra i più bassi d’Europa hanno perso il 20% del potere d’acquisto.

La legge finanziaria di questo governo è stata una dichiarazione di guerra contro i poveri, i precari, le donne. Col documento di economia e finanza si prevede una drastica stretta fiscale e nuovi tagli a scuola, sanità e servizi pubblici già allo stremo, alle risorse per il rinnovo dei contratti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e per il sostegno alle famiglie in difficoltà.
Con lo sfregio del cosiddetto decreto lavoro del 1° maggio è stato eliminato il reddito di cittadinanza che salvava dall’indigenza assoluta centinaia di migliaia di famiglie e allargate ancora di più le maglie del lavoro precario ai danni soprattutto dei giovani che continuano a esser derubati del loro futuro e delle donne.
E’ da tempo che sosteniamo l’inaccettabilità della situazione in cui versano milioni di lavoratori e lavoratrici e i ceti popolari e la necessità di una nuova grande unitaria stagione di lotte per contrastare le scelte antipopolari e riconquistare redditi dignitosi e diritti negati.

Le rivendicazioni alla base dello sciopero di oggi sono le stesse che anche noi sosteniamo da tempo per contrastare inflazione e perdita di potere d’acquisto: aumenti generalizzati dei salari e ripristino di un meccanismo di recupero automatico dell’inflazione; pensioni a non meno di mille euro; introduzione di un salario minimo legale; abolizione delle leggi della precarietà; assunzione di un milione di dipendenti pubblici; cancellazione degli aumenti delle bollette , calmieramento dei prezzi dei beni di prima necessità.
Per tutto questo Rifondazione Comunista sostiene la giornata di lotta indetta per oggi dall'Unione Sindacale di Base, come tutte quelle che possano preludere a una ripresa generalizzata delle lotte in tutto il paese , unica via per contrastare le politiche neoliberiste contro i lavoratori e i ceti popolari e riaprire la strada al cambiamento.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Care, cari,
siamo finalmente in grado di inviarvi il MODULO per la raccolta firme sulla legge di iniziativa popolare per il salario minimo.

Buon Lavoro!

Un caro saluto

Antonello Patta, segreteria nazionale, responsabile Lavoro Prc-Se

Modulo raccolta firme

Carissime, carissimi,

siamo in dirittura d’arrivo per l’avvio della campagna per la raccolta di firme sulla proposta di legge di iniziativa popolare sul salario minimo.

Non è qui il caso di sottolineare l’importanza di questa iniziativa con cui si vuole fornire una risposta a milioni di lavoratrici e lavoratori con salari sotto la soglia di povertà, operare per l’unificazione delle molteplici figure lavorative private di diritti e determinare una conquista che può aumentare il potere contrattuale dei lavoratori.

Il lancio della campagna avverrà con una conferenza stampa che si terrà il 2 giugno, festa della Repubblica (fondata sul lavoro) in concomitanza con l’avvio, nello stesso giorno, della raccolta firme in tutta Italia.

L’impegno organizzativo del nostro partito come sapete è, come sempre, fondamentale per il raggiungimento e, auspichiamo, il superamento dell’obiettivo di raccogliere 50 mila firme entro i 6 mesi previsti dalla legge.

Vi inviamo subito i materiali necessari a predisporre tutto quanto necessario per essere pronti a partire il 2 giugno e faremo seguire a breve un’altra circolare con indicazioni organizzative (monitoraggio della raccolta, centralizzazione della raccolta dei moduli ecc) e sulle modalità di comunicazione.

Attenzione! Occorre che vi attiviate da subito per la vidimazione dei moduli secondo le indicazioni contenute nel vademecum e per le richieste di occupazione del suolo pubblico per i banchetti.

Buon lavoro a tutte e a tutti

Maurizio Acerbo, Segretario nazionale Prc-Se
Antonello Patta, segreteria nazionale, responsabile Lavoro Prc-Se
Ezio Locatelli, segreteria nazionale, responsabile nazionale Organizzazione Prc-Se

Oggi, 19 maggio, noi di Unione Popolare abbiamo depositato in Corte di Cassazione la “Proposta di legge per l’istituzione del salario minimo legale”.

I salari da fame sono un'emergenza italiana. È ora di costruire una campagna dal basso per imporre l'introduzione di un salario minimo di 10 euro l'ora. Come Rifondazione Comunista, insieme alle altre realtà di UP, organizzeremo banchetti in tutta Italia per raccogliere le 50.000 firme necessarie. La nostra proposta prevede che il salario minimo sia indicizzato per evitare che venga eroso dall'inflazione.

Respingiamo la tesi che il salario minimo inibisce la contrattazione. Piuttosto fissa un limite sotto il quale non si può scendere.

La raccolta firme sarà condotta parallelamente a quella per l'introduzione del reato di omicidio sul lavoro, ai referendum per lo stop all'invio di armi in Ucraina e alla mobilitazione per la difesa e l'estensione del reddito di cittadinanza a partire dalla manifestazione che si terrà a Roma sabato 27 maggio.

Per noi rimane valido lo slogan degli scioperi operai della Resistenza: Pane, Pace, Lavoro.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale e Antonello Patta, responsabile lavoro del Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea

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Gli occupati nel settore pubblico in Italia sono sempre meno, in assoluto e rispetto agli altri paesi europei, e sempre più precari.
IL rapporto Fpa presentato ieri nel Forum Pa conferma quanto denunciamo da anni nell’indifferenza colpevole dei governi che si sono susseguiti: l’impoverimento complessivo del sistema pubblico prodotto dalle politiche neoliberiste e di austerità che, come si è visto nella pandemia rappresenta l’unica ancora per la cura delle persone e la tenuta del Paese.
Secondo il rapporto i dipendenti pubblici in Italia sono 5,5 ogni 100 abitanti a fronte di 8,3 in Francia, 8,1 in Gran Bretagna, 7,3 in Spagna; i nostri dipendenti pubblici rappresentano il 14% del totale degli occupati mentre sono il 19,2% in Francia, il 17,2% in Spagna, il 16,9% nel Regno Unito.
Cifre da allarme rosso a volerle leggere, ma la situazione è ancora peggiore perché questi numeri non tengono conto della qualità dell’occupazione pubblica di casa nostra che vede ridursi gli occupati stabili ai minimi storici e crescere a dismisura la quota di precari.
Sempre secondo lo stesso rapporto infatti i dipendenti stabili sono 2.932.529, regrediti al livello del 2001, mentre aumentano a 437 mila, 22 mila in più solo nel 2022, quelli con contratti a termine; nella sola scuola i precari sono 297.000 il 30% del totale; nella sanità 63 mila, dimenticata la lezione della pandemia.
La situazione è drammatica per le conseguenze sull’impoverimento dell’Welfare e del sistema formativo, per il contributo alla disoccupazione e alla precarietà, per gli effetti nefasti sull’economia del Paese.
La perdita di dipendenti dei Comuni, crollati dal 2007 a oggi del 28,4% è alla base della mancanza di organici, profili tecnici e competenze che da anni fa dell’Italia la maglia nera quanto a capacità di spesa dei fondi europei e oggi spiega in gran parte i ritardi nell’utilizzo dei fondi del Pnnr.
E’ la fotografia di un paese allo sbando che, mentre con i tagli all’occupazione e il ricorso sempre più ampio al lavoro precario colpisce le lavoratrici e i lavoratori, impoverisce sé stesso, aumenta la divergenza verso il basso dagli altri paesi europei e del sud dal nord del Paese.
La goccia che fa traboccare il vaso: nel documento di economia e finanza approvato dal governo non ci sono i soldi per i contratti dei pubblici dipendenti.
Unica soluzione: l’assunzione immediata di un milione di dipendenti pubblici stabili.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

La strage di lavoratrici e lavoratori non si placa. Ieri un’ennesima vittima in un cantiere edile di Sala Comacina (CO). Le indagini faranno il loro corso per individuare le eventuali responsabilità sull’accaduto. Quel che è certo, è che si accresce la drammaticità dell’insicurezza sul lavoro confermata anche dati pubblicati dall’INAIL: nel primo trimestre del 2023 sono state 196 le denunce che hanno riguardato incidenti con esito mortale (+3,7%).

Il Governo Meloni, come quelli precedenti, non solo non interviene per garantire più controlli e rafforzamento delle norme sulla sicurezza, ma spinge sul lavoro precario che rende lavoratrici e lavoratori più ricattabili, aumenta lo sfruttamento e quindi aumenta l’insicurezza nei luoghi di lavoro.

Occorre usare i soldi disponibili non per le armi ma per ricostruire i sistemi di prevenzione e controllo, inasprire le pene per il mancato adempimento degli obblighi relativi alla salute e la sicurezza, introdurre il reato di omicidio sul lavoro, eliminare le modifiche che hanno peggiorato il decreto legislativo 81 del 2008.

Esprimiamo la nostra vicinanza alle/i colleghe/i, alle/i amiche/i e alla famiglia di questa ennesima vittima di un sistema che mette il profitto davanti alla vita delle persone.

10 maggio 2023

Antonello Patta, Responsabile nazionale lavoro
Fabrizio Baggi, Segretario regionale Lombardia
Partito della Rifondazione Comunista / Sinistra Europea

Antonello Patta*

Il governo Meloni prosegue le politiche che scaricano i costi delle crisi in atto, della guerra e delle sanzioni sulle classi lavoratrici e i ceti popolari colpendo salari e pensioni, riducendo i diritti ed estendendo la precarietà.
Ha varato un documento di economia e finanza che impone una brutale stretta fiscale che produrrà riduzioni della spesa per la scuola, la sanità, i servizi, tagli pesanti ai fondi per l’occupazione e i contratti dei pubblici dipendenti, per i salari e per il sostegno alle famiglie contro il carovita; in soffitta la tanto decantata promessa di cancellare la Fornero.
Ha scelto il primo maggio per cancellare il reddito di cittadinanza; ampliare la platea della manodopera precaria a basso costo attraverso l’estensione diretta dei contratti a termine, i vincoli del cosiddetto reddito d’inclusione e l’allargamento del ricorso ai voucher; ridurre demagogicamente il cuneo fiscale, per sei mesi, proprio mentre coi tagli alla spesa pubblica verranno colpiti pesantemente occupazione e salario indiretto.
Con questo governo della peggior destra neoliberista che agisce in totale spregio del mondo del lavoro non è possibile nessun dialogo; l’unica strada per contrastare le sue politiche e riconquistare i diritti calpestati è l’avvio di una grande unitaria stagione di lotte indispensabile anche per ottenere dalle imprese aumenti generalizzati di tutti i salari già tra i più bassi d’Europa e oggi falcidiati da un’inflazione spinta dai superprofitti.
Rifondazione Comunista sarà a fianco delle lavoratrici e dei lavoratori con le proprie proposte nelle manifestazioni nazionali, la prima domani 6 maggio a Bologna, indette dai sindacati confederali considerandole in preparazione e non certo in sostituzione di uno sciopero generale ormai non più rinviabile.
Le nostre proposte: aumenti generalizzati dei salari e delle pensioni; la reintroduzione della scala mobile per il recupero automatico dell’inflazione; un salario minimo legale di dieci euro all’ora indicizzato all’inflazione; più risorse per la sanità e la scuola pubbliche; l’abolizione di tutte le leggi che producono precarietà; la salvaguardia e l’estensione del reddito di cittadinanza; la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario; il ritiro immediato della proposta di legge sull’Autonomia Differenziata.

*responsabile nazionale lavoro del Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Antonello Patta*

In aprile l’inflazione continua a correre smentendo tutte le previsioni ottimistiche di governo e operatori economici e finanziari. In aprile, ci informa l’Istat, i prezzi tornano a crescere dello 0,5% portandosi sull’8,3% su base annua, il carrello della spesa che incide più pesantemente sui redditi medi e bassi continua a registrare più del 12%.
Da mesi ci bombardano a reti unificate sui rischi di una spirale prezzi-salari attribuendo a ciò la possibilità di una ripresa dell’inflazione; un’operazione ideologica vergognosa in un paese in cui i salari medi sono fermi ai livelli più bassi d’Europa, non si rinnovano i contratti a milioni di lavoratori e i contratti firmati registrano un ulteriore arretramento dei salari reali, milioni di lavoratori sono poveri pur lavorando a tempo pieno.
Si inserisce in questo clima la manovra sul cuneo fiscale che concede un bonus per 5-6 mesi pagato con il taglio del reddito di cittadinanza e con l’aumento delle tasse a carico dei lavoratori causato dal fiscal drag che anche questo governo non si sogna di neutralizzare; ed è già noto che, stante la stangata prevista dal governo per i prossimi anni nel documento di economia e finanza, da gennaio 2024 non ci saranno i soldi per confermare la misura per un altro anno.
Una misura, fortemente voluta da Confindustria, che poi paghiamo tutti in termini di minori entrate per lo stato e che risponde a un tacito accordo, condiviso anche da parti rilevanti del mondo sindacale, inteso a evitare l’apertura di una stagione di lotte per aumenti generalizzati dei salari e l’introduzione di un salario minimo legale che garantiscano il dettato dell’art 36 della costituzione.
Una ripresa delle lotte resa tanto più urgente in quanto la vera causa dell’inflazione in questo momento è la spirale prezzi-profitti come ammesso dalla stessa Bce che mentre attua una politica monetaria recessiva ci informa che i due terzi degli aumenti dei prezzi sono dovuti alla crescita esponenziale dei profitti; a riprova che i padroni la lotta di classe la sanno fare e non si fanno scrupoli sugli effetti sociali della loro voracità.
Tutto ciò può avvenire grazie alla complicità del governo, di destra e neoliberista, che non tassa gli extraprofitti di imprese e banche, non pone limiti ai prezzi e alle tariffe, non fa nulla per tutelare seriamente salari e pensioni, estende la precarietà al fine di spingere i salari sempre più in basso.

*responsabile nazionale lavoro, Partito della Rifondazione Comunista- Sinistra Europea
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Il governo Meloni prosegue le politiche neoliberiste che scaricano i costi della crisi prodotta dalla guerra e dalle sanzioni sulle classi lavoratrici e i ceti popolari.
Col documento di economia e finanza varato si prevede una brutale stretta fiscale di circa 70 miliardi e a regime un avanzo primario di 45 miliardi. I finti sovranisti nostrani sono allineati agli ordini dei falchi europei e rilanciano la fallimentare politica dell’austerità che come in passato colpirà duramente i ceti popolari, peggiorerà la situazione economica del paese aumentando ancora di più il divario dell’Italia dal resto d’Europa e del sud dal nord del nostro paese.

Vedremo riduzioni reali alla spesa per la scuola, la sanità, i servizi, tagli pesanti ai fondi per i contratti dei pubblici dipendenti, per i salari e per il sostegno alle famiglie contro il carovita; in soffitta la tanto decantata promessa di cancellare la Fornero.
Con un’arroganza e una demagogia senza limiti Il governo postfascista si riunisce il primo maggio per sancire la cancellazione del reddito di cittadinanza, ampliare la platea della manodopera precaria a basso costo attraverso l’estensione del ricorso ai contratti a tempo determinato, ridurre demagogicamente il cuneo fiscale (per cinque mesi) proprio mentre coi tagli alla spesa verranno colpiti pesantemente occupazione e salario indiretto.
Tutto ciò mentre Continuano ad aumentare le spese militari a sostegno delle spinte guerrafondaie della Nato, si riducono le tasse agli autonomi e alle rendite, non si tassano gli extraprofitti e le grandi ricchezze, si favorisce l’evasione fiscale.

L’unica strada possibile per contrastare le politiche neoliberiste del governo è l’unità del mondo del lavoro e sindacale per costruire una nuova grande stagione di lotte indispensabile per rivendicare aumenti generalizzati dei salari e delle pensioni; la reintroduzione della scala mobile per il recupero automatico dell’inflazione; un salario minimo legale di dieci euro all’ora indicizzato all’inflazione; più risorse per la sanità e la scuola pubbliche; l’abolizione di tutte le leggi che producono precarietà; la salvaguardia e l’estensione del reddito di cittadinanza.
Non ci si ripeta lo stantio refrain che i soldi non ci sono. Si può fare con: un fisco realmente progressivo da realizzare anche attraverso l’eliminazione di tutte le tasse piatte; la tassazione delle grandi ricchezze e una vera lotta all’evasione fiscale; la riduzione drastica delle spese militari; lo stop all’ invio di armi in Ucraina per una politica di pace.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

di Antonello Patta* -

La commissione europea ha presentato le proprie proposte per la riforma della governance economica europea che dovrebbe subentrare al Patto di stabilità brandito come la spada di Damocle che, senza nuove regole, tornerebbe automaticamente in vigore dal 1 gennaio 2024.
L’obiettivo dichiarato è quello di “ preparare l’UE alle sfide future sostenendo i progressi verso un’economia verde, digitale, inclusiva e resiliente e rendendola più competitiva”.
Dichiarazioni di facciata dietro cui c’è un ritorno a politiche fiscali restrittive inique che insieme alle restrizioni monetarie e creditizie prodotte dalla Bce alimentano le spinte recessive, ammazzano gli investimenti nei paesi con debiti più alti aumentano il divario tra paesi europei.
Vengono infatti confermati i vincoli del rapporto debito/pil al 60% e del disavanzo di bilancio al 3% e imposto un percorso “contrattato” di rientro nei parametri indicati, ma entro limiti temporali certi, pena l’inasprimento delle condizioni.
Questo deve avvenire sulla scorta della “traiettoria tecnica per paese” indicata dalla Commissione e contenente prescrizioni inaggirabili tra cui, per i paesi con disavanzo superiore al 3%, una riduzione annuale non inferiore allo 0,5%.
L’indicatore operativo, di cui si avvarranno i controllori europei per la sorveglianza del rispetto dei percorsi di aggiustamento di bilancio, sarà l’effettiva riduzione della spesa pubblica pluriennale dei paesi sotto esame.
Se infine a queste vincolanti indicazioni ex ante aggiungiamo la previsione, contenuta nella proposta, dell’apertura automatica, per i paesi indebitati come il nostro, di una procedura per disavanzo appare chiaro che non siamo di fronte a una restituzione agli stati della “titolarità nazionale” millantata nel testo, ma di fronte a un vero e proprio commissariamento dei paesi come l’Italia da parte dell’asse guidata dalla Germania e della Bce.
Per l’Italia è un ritorno all’austerità che come nel recente passato produrrà tagli molto duri alla spesa pubblica per scuola, sanità, servizi, con pesanti ricadute salariali e occupazionali nel pubblico e in generale con costi sociali gravissimi, riduzione dei consumi e quindi gravi ricadute recessive sull’economia del Paese.
Il governo delle destre e i partiti sovranisti che lo compongono non solo non saranno in grado di contrastare queste scelte, ma si sono allineati in anticipo con i falchi europei anticipando nel Def una stretta fiscale brutale di 70miliardi nel triennio e un avanzo primario a regime di 45 miliardi.
Il passato non ha insegnato nulla. Si torna a politiche economiche che dividono l’Europa aumentando le divergenze economiche tra paesi, massacrano l’welfare, aumentano le disuguaglianze fra popoli e stati, fanno crescere le forze che soffiano sul risentimento popolare verso un’Europa matrigna per i molti e prodiga verso i pochi.
Tutto questo mentre si spendono cifre enormi per la guerra e gli armamenti allineando il continente ai diktat di Usa e Nato.
Si allude nella presentazione delle regole all’obiettivo dell’autonomia strategica dell’Europa; in realtà Il ritorno all’austerità che si vuole attuare e la guerra producono esattamente il contrario: la fine dell’idea di un’Europa in grado di stare alla pari sul piano economico e tecnologico con i grandi attori mondiali e di svolgere un ruolo politico forte nella direzione di relazioni internazionali improntate alla pace, al multilateralismo, alla cooperazione tra i popoli.

*responsabile nazionale lavoro, Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

Nelle giornate del "Salone del mobile" altro “grande evento” della Milano vetrina degli affari ha fatto irruzione oggi la protesta delle lavoratrici e dei lavoratori della filiera del legno costrette/i a scioperare per denunciare il mancato rinnovo del CCNL da tempo scaduto.

Nel cuore della Milano dei grandi eventi che spende enormi cifre di denaro per l’apparenza e la sensazionalità delle iniziative si negano i soldi per le lavoratrici e i lavoratori, veri protagonisti dell’eccellenza del prodotto.

Questa mattina a Milano le lavoratrici e i lavoratori del comparto sono scesi in strada per sensibilizzare i visitatori del grande evento internazionale e contrastare l’arroganza di Confindustria del legno che, nonostante negli ultimi anni il settore abbia realizzato fatturati e profitti da capogiro, si è detta indisponibile a rinnovare i CNNL e concedere giusti aumenti salariali.

Come Rifondazione Comunista da tempo richiamiamo l’urgenza di aumenti salariali generalizzati, l’istituzione di un salario minimo legale di almeno 10 € all’ora e il ripristino di una scala mobile che consenta il recupero rispetto agli altissimi livelli raggiunti dall’inflazione a causa di guerra, sanzioni e crisi in atto.

Siamo pertanto solidali con la mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori L'altra faccia del Fuorisalone indetta da CGIL, CISL e UIL.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Fabrizio Baggi, Segretario regionale Lombardia
Matteo Prencipe, Segretario Federazione provinciale di Milano
Partito della Rifondazione Comunista / Sinistra Europea

L'unione Europea interviene di nuovo sulla piaga del lavoro precario nella pubblica amministrazione in Italia. La Commissione ha intimato ancora una volta al nostro paese di smetterla con l'abuso nel ricorso a lavoratori e lavoratrici a tempo determinato nel settore pubblico e con le discriminazioni verso gli stessi.
Stiamo parlando di un sopruso che colpisce centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratrici che tengono in piedi funzioni pubbliche fondamentali e servizi indispensabili per i cittadini che senza di loro collasserebbero.
Tra questi, per fare solo alcuni esempi, 250 mila insegnanti, uno su quattro, che tengono in vita la scuola pubblica e gestiscono la formazione delle future generazioni; decine di migliaia di operatori sanitari grazie ai quali sopravvive un sistema sanitario sottofinanziato, carente di organici e di strutture; migliaia di lavoratori di servizi essenziali come i vigili del fuoco, e l’elenco potrebbe continuare.
E’ un riassunto, parziale, dell’attacco brutale dei diritti dei lavoratori e della distruzione del pubblico perseguiti da decenni da governi di ogni colore uniti nelle politiche liberiste.

La Commissione ha contestato con l’invio di un “parere motivato” la violazione della norma UE, la direttiva 1999 del 70, che prescrive il divieto di discriminare i lavoratori a tempo determinato. Se il governo attuale non interverrà entro due mesi la Commissione potrà deferire il caso alla Corte di Giustizia.
Il governo Meloni non è il solo su cui la Ue è dovuta intervenire contro il proliferare dei contratti precari, lo aveva già fatto avviando la procedura d’infrazione nel 2019 e con una nuova messa in mora nel 2020.
Sono cambiati tre governi, sono cambiati i partiti nei ministeri, le vessazioni nei confronti delle lavoratrici e di lavoratori restano.
Solo le lotte e la crescita di una soggettività politica fuori dalle logiche del pensiero unico neoliberista potranno avviare il cambiamento oggi più necessari che mai.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

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