I pescatori fanno bene a protestare contro il caro gasolio. La protesta va inserita nel quadro di un più vasto disagio sociale determinato dagli aumenti delle bollette e dal carovita in genere che colpiscono duramente i lavoratori, pensionati e i ceti popolari con salari e pensioni tra i più bassi d’Europa e mettono a rischio interi comparti dell’economia italiana.
Il governo ha attuato interventi del tutto insufficienti rispetto alla gravità della situazione che vedrà i salari diminuire ancora per effetto dell’inflazione e un grande numero di piccoli e medi produttori a rischio chiusura con conseguente aumento di una disoccupazione già insostenibile.
La guerra col mix di caro petrolio, sanzioni ed embarghi ad essa connessi, accentua ed allarga gli effetti negativi sull’economia del nostro paese che rischia il doppio pericolo della recessione e dell’inflazione contemporaneamente con conseguenze disastrose sui salari, l’occupazione e la tenuta di diversi dei settori più esposti.
Il 25 febbraio abbiamo visto scendere in piazza agricoltori, allevatori e pescatori, uniti nella protesta contro gli elevati aumenti dei costi del carburante; con la guerra rincarano pesantemente tutti i prodotti indispensabili per l’agricoltura e l’allevamento: mais, concimi, fertilizzanti.
Oggi sono i pescatori a mobilitarsi contro il caro gasolio che rende insostenibile l’attività di pesca.
Federpesca denuncia i rischi enormi per migliaia di posti di lavoro e sugli effetti a medio termine a causa dell’occupazione del mercato da parte di produttori stranieri.
Gli effetti di tutto ciò saranno ulteriori aumenti sulle bollette, prodotti alimentari e beni di consumo con effetti ancora più drammatici sugli stessi lavoratori e i ceti popolari già duramente colpiti negli ultimi due anni da crisi e pandemia. La guerra tra ricchi e potenti la pagano come al solito i popoli.
Occorre unificare le lotte delle lavoratrici e dei lavoratori con tutte le piccole e medie imprese su cui si vogliono scaricare i costi di questa economia di guerra per pretendere che il governo intervenga subito con provvedimenti adeguati per: bloccare gli aumenti delle bollette come in altri paesi, sottrarre la dinamica dei prezzi all’importazione dalle operazioni speculative fissando dei tetti, calmierare i prezzi di tutti i generi di prima necessità, introdurre per legge un salario minimo garantito di dieci euro netti, ripristinare la scala mobile e riagganciare le pensioni alla dinamica dei salari.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea