Rifondazione Comunista sostiene la lotta dei lavoratori e lavoratrici della Whirlpool oggi in sciopero in tutti gli stabilimenti del gruppo contro la chiusura dello stabilimento di Napoli visto come l’inizio di un disimpegno del gruppo dall’Italia. Tutto ciò mentre in fabbrica si lavora a pieno regime con tutti e 420 i lavoratori in produzione, il mercato del bianco tiene e la Whirlpool è in espansione nonostante la crisi da Covid. Con queste premesse ci si aspetterebbe dalla multinazionale americana un piano industriale di rilancio produttivo e occupazionale e invece no: dopo anni di accordi disattesi, rinvii e piani alternativi truffa la Whirlpool insiste sul progetto di chiusura dello stabilimento di Napoli che lascerebbe senza lavoro i 420 dipendenti e almeno 1000 dell’indotto e sarebbe un duro colpo all’economia del territorio.
E ha anche l’arroganza di dichiarare che la produzione verrebbe spostato in Polonia o in Turchia confermando, appunto, che non esiste un problema di mercato. La chiusura del sito produttivo di Napoli rappresenterebbe l’ennesima vittoria di una globalizzazione antisociale in cui alle imprese viene concessa la libertà di muoversi liberamente all’inseguimento del massimo profitto scaricando i costi sui lavoratori trattati come merci da spremere fino all’osso e buttare quando si presenta l’occasione di maggiori utili.
Pratica possibile da molti anni in Italia grazie a governi che nonostante il declino del tessuto produttivo del paese insistono caparbiamente a credere nelle virtù progressive dei mercati come dimostra il regalo ai Benetton nella vicenda autostrade. Per questo giustamente la lotta dei lavoratori della Whirlpool chiama in causa non solo la multinazionale proprietaria, ma anche il governo che senza neanche uno straccio di politica industriale finisce, come dicono esplicitamente Fiom, Fim e Uilm, per assecondare gli obiettivi della proprietà. Siamo con i lavoratori della Whirlpool per l’unica conclusione accettabile per Napoli e per il Paese: la salvaguardia integrale delle produzioni e dell’occupazione!
E' ora di dire basta al dumping salariale dentro i confini dell'UE: va fissato un salario minimo europeo dentro un mercato comune per evitare che i lavoratori siano messi gli uni contro gli altri mentre il nemico è chi fa profitto sui differenziali salariali. E' inaccettabile poi che la Turchia, con la repressione antidemocratica che la caratterizza, sia divenuta il paradiso dei delocalizzatori. E' ora che su scala nazionale e europea la classe lavoratrice lotti su una piattaforma avanzata e internazionalista. Il nemico dei lavoratori non sono gli immigrati ma una classe capitalista socialmente irresponsabile che li sfrutta in un mercato dove lor signori sono liberi di fare affari sulla pelle di una classe lavoratrice ricattabile e contrattualmente debole.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Antonello Patta, responsabile lavoro
Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea