Per la prima volta l’11 febbraio si terrà uno sciopero nazionale convocato unitariamente da tutte le sigle del sindacalismo di base contro le politiche neoliberiste del governo e una ripresa costruita a suon di licenziamenti, ulteriore precarizzazione del lavoro, aumento dello sfruttamento e della devastazione sociale.
Sosteniamo l’iniziativa perché segna un primo passo verso l’unificazione e la generalizzazione delle lotte resa urgente dalla drammaticità della situazione economica e sociale e perché condividiamo pienamente i contenuti della piattaforma avanzata
La gestione della pandemia ha accentuato le conseguenze di trent’anni di attacco al lavoro e ai ceti popolari fatto di riduzione dei salari, aumento della precarietà tagli alla sanità, alla scuola, ai servizi e a tutte le protezioni sociali. L’aumento delle disuguaglianze, delle povertà e delle marginalità sociali fotografano una situazione sociale in grandissima sofferenza.
Il commissario dell’UE Draghi aveva l’occasione di utilizzare le risorse del Recovery fund per rafforzare il pubblico colmando le carenze enormi sia di personale che di strutture della scuola, della sanità e dei servizi, dare risposte positive ai temi della disoccupazione, dei bassi salari e delle pensioni da fame ora attaccati anche dalla ripresa del carovita, del bisogno di case popolari, delle disuguaglianze di genere, generazionali e territoriali.
Invece il governo non solo eroga valanghe di miliardi alle imprese per sostenere ristrutturazioni a spese dei lavoratori, ma, con lo sblocco dei licenziamenti, l’uscita dal contratto nazionale di Itavia, il mancato contrasto alle delocalizzazioni, l’affidamento a Brunetta della “riforma” della pubblica amministrazione mostra di voler completare l’adeguamento del sistema alle logiche del mercato e al primato dei profitti.
La volontà dei partiti al governo è resa chiarissima dal ritorno a politiche di austerità volutamente predeterminate con gli strumenti finanziari e con una riforma fiscale a somma zero per mettere in conflitto tra loro le domande di rivalutazione delle pensioni e dei salari rispetto al carovita, l’estensione degli ammortizzatori sociali, il reddito di cittadinanza, il bisogno di investimenti nella scuola, nella sanità e nei servizi.
È il momento della lotta! No al patto sociale di Draghi e Bonomi che serve solo a impedire la ripresa delle mobilitazioni per fermare le politiche neoliberiste e avviare una nuova fase di cambiamenti in direzione di un modello economico e sociale fondato sul lavoro e sulla cura delle persone e dell’ambiente.
Prima le persone non i profitti.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea