Oggi 23 giugno è la giornata mondiale dei servizi pubblici sancita dall’ONU nel 2002 per celebrare il loro fondamentale ruolo per i diritti e la coesione sociale.
Ma le politiche neoliberiste degli ultimi 20 anni non solo non ne hanno sostenuto l’estensione, ma li hanno colpiti con tagli alle strutture e al personale che li hanno gravemente impoveriti e reso difficile il loro funzionamento indispensabile per la salute e la vita delle persone.
Le conseguenze si sono viste nell’incapacità delle economie più potenti del mondo di far fronte alla tragedia del covid con le note drammatiche conseguenze in termini di sofferenze e vite perdute.
Nonostante questo è solo grazie a ciò che di pubblico è rimasto e al profondo senso dell’etica pubblica dei lavoratori e lavoratrici della sanità, della scuola, dei servizi che si sono evitate conseguenze più gravi.
È risultata evidente a tutte e tutti la necessità di un rafforzamento del pubblico, specie in Italia dove le politiche di austerità e le privatizzazioni hanno colpito più duramente strutture e organici sottodimensionati al punto che servono 1 milione di dipendenti per stare almeno nella media europea.
Ora bisogna evitare il rischio, trascorsa la retorica degli “eroi” che prevalgano di nuovo gli interessi, le logiche e i vincoli che negli ultimi vent’anni hanno impoverito il pubblico e l’economia italiana.
Quelli nei quali l’obiettivo di spostare la ricchezza verso i profitti e le rendite tagliando la spesa pubblica, i salari e le pensioni veniva mascherato con la bugia della scarsità propagandata a reti unificata col mantra “i soldi non ci sono”
Oggi i fondi europei mostrano la falsità di quella solfa, da noi sempre denunciata. I soldi ci sono e altri se ne potrebbero ricavare da un fisco più giusto, ma, come dimostra il recovery plan non vengono utilizzati per un potenziamento strutturale del pubblico per il quale sarebbe indispensabile un grande piano di assunzioni, di riqualificazione e valorizzazione del personale. Non solo non si vuole assumere il personale necessario, ma anche sul fronte dei salari, tra i più bassi d’Europa, l’atteggiamento del governo è di chiusura rispetto alle legittime richieste.
Occorre una grande ripresa delle lotte per il rilancio del pubblico dentro un nuovo modello economico e sociale che metta al primo posto i diritti universali, la cura delle persone e dell’ambiente. Per questo da tempo proponiamo:
Assunzione di 500 mila lavoratrici e lavoratori stabili e consistenti aumenti salariali in tutti i settori della pubblica amministrazione per avvicinare l’Italia agli standard europei
Ripubblicizzazione dei servizi esternalizzati e ritorno alla gestione pubblica dei servizi dati in appalto con riassorbimento del Personale coinvolto
Cancellazione di tutte le forme di precarietà e ripristino del contratto a tempo pieno e indeterminato come norma in tutti i comparti della P.A
Eliminazione nella P. A. di tutti gli ostacoli occupazionali, professionali e salariali alla piena parità di genere
Partecipazione dei lavoratori e delle lavoratrici all’organizzazione di uffici e servizi, prevedendo forme certe di partecipazione degli utenti.
Rosa Rinaldi, responsabile nazionale sanità
Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista / Sinistra Europea