di Fabio Marcelli

Va dato atto a La  Stampa di aver pubblicato un riferimento, sabato 25 agosto, a uno studio effettuato nell’ambito del Fondo monetario internazionale che va decisamente controcorrente. Da tale studio si evince infatti, in termini crudamente matematici, che “per ogni euro di taglio alla spesa se ne perdono, nel primo anno, tra 1,6  e 2,6 di prodotto interno lordo, mentre per ogni euro di aumento delle tasse se ne sacrificano molti meno, tra o,16 e 0,35″. Pertanto, anche assumendo come riferimento il più classico e per molti versi discutibile dei parametri economici, cioè il pil, la conclusione, secondo i tre studiosi, Nicoletta Batini, Giovanni Callegari e Giovanni Melina, è che “bisognerebbe dare priorità agli aumenti delle tasse” e in particolare  ”se gli aggiustamenti avvengono durante periodi di recessione e prediligono riduzioni della spesa pubblica e degli investimenti, dovrebbero essere graduali e morbide e accompagnati da aumenti delle tasse, dato che, se l’aggiustamento è basato “più sugli incrementi delle tasse che sui tagli della spesa, ed è graduale, il debito cala di più e l’effetto sull’economia è meno negativo”.

 

 

 

 

 

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