di Diego Novelli
Quando il cosmopolita amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, annunciò in pompa magna il piano “Fabbrica Italia” con venti miliardi di investimenti entro il 2014 si levarono entusiastici inni di plauso da parte dell’allora ministro del Lavoro Sacconi, del Comune, della Provincia, della Regione e dei segretari generali della Cisl e della Uil.
Come contropartita era però sottinteso che i sindacati dovevano firmare un accordo aziendale che peggiorava, in nome della produttività, le condizioni di lavoro in fabbrica. Un sacrificio in cambio della garanzia dell’occupazione.

 

 

 

 

 

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