Partito della Rifondazione Comunista
Comitato Politico Nazionale 21 - 22 maggio 2011

Interventi

Imma Barbarossa

Penso che oggi si apra uno scenario positivo,o almeno uno squarcio,per la sinistra italiana. Il nostro risultato è dovuto alla intelligenza e alla passione dei nostri compagni e delle nostre compagne,oltre che sicuramente all’indignazione e alla rivolta di larga parte della società,dalla profonda coscienza della crisi e,finalmente,da uno sguardo a sinistra. Il progetto vendoliano di distruggerci è fallito,è stata derubricata l’idea che la nostra scomparsa dovesse condurci all’annessione al centrosinistra,come alcuni anche fra noi pensavano. Ci sono delle potenzialità e finalmente molto dipende da noi.
Occorre,tuttavia,una sorta di discontinuità:
nella linea politica (approfondire il senso della sinistra di alternativa e dell’autonomia dal centrosinistra)
nelle pratiche sociali (nel partito e nelle relazioni con i movimenti)
nel livello teorico e culturale (rilancio della rifondazione comunista e del senso dell’essere comunisti e comuniste oggi): critica della ideologia delle primarie e lotta al bipolarismo e alle pratiche di leadership.
nella ricerca di forme nuove della politica.
Occorre una correzione radicale della FdS,sia dall’alto che dal basso e una ricollocazione netta della relazione della FdS nei confronti della Fiom e della maggioranza della CGIL (ricordo che nel direttivo nazionale della CGIL il documento contro i bombardamenti in Libia è stato bocciato anche con il voto di Lavoro e società).
Occorre una vera discussione sul cosiddetto “fronte democratico” e una chiarezza assoluta,almeno fra noi,sulla IMPOSSIBILITA’ del governo,affinché quella che impropriamente è stata chiamata ‘doppiezza togliattiana’ non venga presa come furbizia di piccolo cabotaggio.
Un congresso unitario? Sì se si sciolgono questi nodi con una chiara posizione di sinistra e con il superamento delle correnti militarizzate e autosufficienti. Se,ad esempio,un’area promuove un seminario di riflessione,è un contributo al partito,se si mette a dialogare con altri partiti personalmente che sia utile. Infine su Vendola: mi chiedo: che vuol dire ‘offensiva unitaria’? Una sorta di accodamento o invece un atteggiamento egemonico che punta a mettere in evidenza le contraddizioni? Io penso a quest’ultima versione e noi in Puglia non gliene facciamo passare una,dall’elogio del governo israeliano alle sttuette di padre Pio ,alle spiagge come beni comuni e ancora.

Claudio Bellotti

Si è messo in moto qualcosa che può diventare grande (e guardiamo anche alla Spagna), un processo non rettilineo che passando da Pomigliano al 16 ottobre, a Mirafiori, allo sciopero della Fiom del 28 gennaio, alla piazza del 14 dicembre, alle manifestazioni delle donne, al milione e mezzo di firme per l’acqua pubblica, anche a una scadenza “spuria” come lo sciopero della Cgil del 6 maggio (obiettivamente depotenziato nei tempi e negli obiettivi, ma forte nella presenza di piazza), si è in parte riversato nelle urne.
Bisogna però cogliere la contraddizione fondamentale, ossia quella tra la radicalità che si è espressa in queste lotte e la proposta (sia sindacale che politica) che viene offerta.
Il governo appare isolato, una specie di cricca “rasputiniana” circondata dal suo sistema di potere e da un parlamento di nominati, ma in crisi di egemonia nella società. Il flusso del cambiamento si avverte, così come la spinta a sinistra. Il punto è chi risponde, chi lo raccoglie?
Il Pd ha avuto un buon voto, il fatto che Milano, che in passato era sempre un pundo debole, oggi sia stata trainante non ridimensiona ma rafforza questa analisi. Raccolgono poi Grillo, Sel, De Magistris (ma non l’Idv)… noi siamo al bordo. Ci lambisce, in alcune zone di più, in altre per nulla, ma certo non vi siamo immersi.
Il rischio maggiore è che mentre raccogliamo poco dei consensi, ci investa invece la totalità delle colossali illusioni che accompagnano questo risultato elettorale. Le illusioni che con una riverniciata al centrosinistra possono poi ricondurre la voglia di cambiamento nell’alveo del Pd. Se cadiamo in questo siamo finiti, le illusioni nel nuovo centrosinistra ci sono molti altri che le incarneranno assai meglio di noi.
Guarda caso alla prima iniziativa di Pisapia vengono invitati Piero Fassino e Marta Vincenzi, due sindaci che certo non rappresentano alcuna spinta a sinistra.
Dal Toso qui ha parlato dei flussi elettorali a Milano, sarebbe utile anche parlare dei flussi economici; Santa Giulia, Garibaldi-Isola, Bicocca… le aree dove sono state messe in atto le mega-speculazioni che hanno generato quella gigantesca massa d’urto di denaro proveniente dalla rendita, non sono solo operazioni del centrodestra, anche se questo ha controllato da 15 anni la maggior parte dei poteri locali. Vedono protagonisti gruppi che hanno legami politici bipartisan, e che potranno giovarsi di un Pd fortemente egemone nella possibile nuova maggioranza al Comune.
Il centrosinistra può battere Berlusconi. Domanda: chi batterà Marchionne, Marcegaglia, Draghi? E prima ancora, chi vorrà schierarsi contro di loro? È su questo punto che dobbiamo insistere, qui entrano in campo le nostre scelte.
La proposta Ferrero: Rifondazione, più Fds, più unità a sinistra, più fronte democratico… bella: sembra la torta nuziale multi piano. Sopra c’è la ciliegina, che sarebbe la posizione sul governo: noi sappiamo che non ci entreremo, ma non lo diciamo a nessuno… una assurdità che, concordo in questo col compagno Pillai, non regge che per pochi giorni.
Ci avviamo a un congresso: vogliamo una buona volta, dopo due anni di geometrie improbabili, consegnare ai compagni un dibattito leggibile? O vogliamo fare un congresso per discutere come andremo a elezioni che non sappiamo quando saranno, con quale legge elettorale, con quali schieramenti… Parlate di Terzo polo di sinistra, ma dire terzo polo ha un significato preciso: una forza esterna ai due schieramenti, che si contrappone ad essi, che avanza una posizione indipendente e la difende contro ogni ostacolo, altrimenti non è un terzo polo, è la quinta ruota del carro!
E qui vengo a Torino, che si dice dimostrerebbe la velleità di un polo di sinistra, dei “micro-poli”, come è stato detto. Qualche compagno qui è venuto a fare arringhe su questo punto, dicendo “mai più da soli come a Torino”. Non sto a rispondere, mi limito a suggerire alla segreteria nazionale, che giustamente propone di aiutare quelle federazioni che hanno manifestato difficoltà, di prendere questi compagni che la sanno così lunga, e di mandarli appunto a Torino, un paio d’anni tutte le mattine alle 5 a volantinare davanti alle fabbriche, così potremo vedere all’opera le loro proposte.
Non si può ragionare in termini elettoralistici, lo spazio per un polo di classe, non si può misurare sui voti nostri e di forze ancora più piccole della nostra, è uno spazio che esiste nella società e sul quale dobbiamo lavorare con lunga lena: lo spazio che separa le aspirazioni, le richieste e la rabbia di milioni di persone, di lavoratori innanzitutto, e la proposta politica del centrosinistra e della maggioranza della Cgil. Qui si ragiona sempre in termini di apparati, di burocrazie, di elettoralismo. Su questa base la sconfitta è garantita: avremo una Fds che nella Cgil si schiera con la Camusso e una Sel impegnata ventre a terra a tentare di normalizzare la Fiom. Se così fosse sarebbe la pietra tombale per noi e, più importante, per la lotta dei metalmeccanici e di tutti coloro che ne hanno tratto ispirazione.
Io però non penso che questo esito sia già scritto, c’è un conflitto irriducibile che tornerà a manifestarsi e sul quale, solo possiamo fondare la nostra prospettiva.

Salvatore Bonadonna

L’impegno generoso di compagne e compagni ha portato al Partito un risultato in controtendenza rispetto ai timori, ai sondaggi e alle precedenti regionali. Più in generale, si manifesta una crisi del centrodestra – che coinvolge PdL e Lega – e una avanzata del centrosinistra. Il segnale inequivocabile è che l’elettorato premia le scelte unitarie, anche su candidature di alto profilo che smentiscono la teoria che solo i profili moderati e neutri possono raccogliere consensi. Se, come è possibile oltre che auspicabile, i risultati dei ballottaggi confermeranno che il vento è cambiato, le forze della sinistra debbono avere il coraggio di mettere in discussione le ragioni delle proprie divisioni e puntare alla costruzione della sinistra capace di reggere la strategia dell’alternativa di società e, intanto, una alternativa al governo liberista e antipopolare di Berlusconi. I referendum dovranno rappresentare una sanzione di questa strategia.
I risultati segnalano che la “vecchia talpa” dei movimenti, delle lotte degli studenti ,dei precari, delle lavoratrici e dei lavoratori, l’opposizione degli operai FIAT e il sostegno dato loro dalla FIOM fino a produrre lo sciopero generale, hanno cominciato a sedimentare una risposta politica. Dall’altro versante è come se la destra sia andata in “overdose” nell’arroganza del potere, nel populismo antipopolare, nel rigorismo economico che colpisce essenzialmente il lavoro, i giovani e le donne. Ci sono, a Milano come a Napoli, al Nord come al Sud, segni di una rivolta morale che occorrerà analizzare attentamente anche perché si manifesta in forme nuove della politica. La Federazione della Sinistra e Sinistra Ecologia e Libertà, oggettivamente oltre che soggettivamente in concorrenza diretta, vengono riconosciute e premiate nelle coalizioni unitarie; anche l’Italia dei Valori, forza certamente di opposizione ma non organicamente espressione della sinistra sociale e politica, raccoglie il consenso sulle scelte unitarie e la penalizzazione su quelle nelle quali l’interesse identitario prevale. I risultati del voto al Partito Democratico, che indubbiamente costituiscono un fatto consistente, segnalano clamorosamente che solo la inversione della deriva centrista e maggioritaria voluta da Veltroni consente di raccogliere una parte importante della domanda sociale di cambiamento; ed è maggiormente positivo il risultato laddove più esplicita e netta si manifesta la discontinuità con la presuntuosa ed arrogante “autosufficienza” veltroniana e si manifesta più apertamente la disponibilità allo spirito di coalizione verso esponenti di sinistra. Questo fa si che il partito che si profila dopo questa tornata elettorale sia chiamato direttamente a cimentarsi con i temi della Sinistra se questa saprà aprire un confronto serrato, anche aspro ma unitario.
Per questo non mi convincono l’analisi e la indicazione che stanno nella relazione del Segretario: l’iniziativa unitaria, per essere credibile, deve assumere il superamento delle divisioni e delle formazioni politiche uscite dalla sconfitta del 2008. La Costituente Unitaria della Sinistra torna ad essere la proposta forte e vincente rispetto alla Federazione della Sinistra mai decollata e al raggruppamento instabile di Sinistra Ecologia e Libertà. Italia dei Valori e persino il Partito Democratico dovranno misurarsi in questa sfida alla luce della scomposizione sociale e dei poteri connessa alla crisi del centrodestra.
È statica, arroccata nell’autoconservazione, senza ambizioni la visione che ci viene rappresentata, pure con sfumature diverse, dalla Segreteria anche in previsione del Congresso. Occorre mettere in campo una analisi e una proposta di unificazione sociale, di unità di classe si sarebbe detto una volta, e una strategia delle alleanze sociali e politiche e, se non si vuole che, caduto Berlusconi, continui la stessa politica, si deve avere il coraggio di partecipare alla definizione del programma e della coalizione di alternativa. La dichiarazione preventiva di non partecipazione ad un eventuale governo è espressione di minoritarismo e di opportunismo e, per altro, fa emergere come marginale e residuale la sinistra.

Marco Dal Toso

Il voto di Milano assume un evidente rilievo nazionale,nel caso in cui la sconfitta storica del centro-destra venisse confermata dall’esito del ballottaggio. Oltre alle possibili conseguenze sul piano della tenuta governativa,il voto milanese sottolinea una possibile inversione di tendenza politica e culturale proprio nella citta’ laboratorio del berlusconismo; verrebbe sconfitto un blocco sociale fondato sull’ ’intreccio pericoloso fra una destra populista reazionaria e settori sociali affaristici di speculazione immobiliare e finanziaria” .
Secondo un primo studio sulla composizione sociale del voto,il consenso a Pisapia e alla coalizione(di cui facciamo parte a pieno titolo) e’ maggioritario in quasi tutte le categorie sociali(lavoro autonomo,lavoro dipendente) ad eccezione delle casalinghe e dei pensionati. E’, altresi’, premiante il voto dei giovani e delle donne. Come altrove, il voto in coalizione eì premiante.
Il voto della Fds(presentatasi con una lista denominata “Sinistra per Pisapia) deve ritenersi,infatti , positivo. Recuperiamo sul voto delle regionali(4000 voti in piu’) ed eleggiamo un Presidente del Prc nella terza circoscrizione municipale . Nel caso di esito positivo del ballottaggio,confermeremmo il secondo consigliere comunale .Un voto,dunque,che ci puo’ consentire di tornare a fare politica con credibilità. Il voto del Pd va interpretato nella direzione di un premio alla forza piu’ organizzata della coalizione senza che questo si sia tradotto in una egemonia politica e culturale della stessa forza politica sul piano dei contenuti programmatici .Il voto di Sel (al di sotto delle aspettative) viene penalizzato dalla frammentazione delle liste e dall’assenza del voto politico sul candidato “premier”.Occorre,dunque, soddisfare la richiesta di unità a sinistra che emerge anche dalla nostra base elettorale avanzando ai compagni di Sel la proposta di costituire coordinamenti unitari in tutti i consigli comunali nei quali siamo presenti.

Alessandro Giardiello

Dalle urne esce un quadro trasformato. La destra perde le elezioni (Pdl e Lega), il Terzo polo è piantato al 5%, il Pd ha un risultato positivo a Milano e Torino anche se vengono premiati i candidati alla sua sinistra (Napoli, Milano, Cagliari). Grillo raccoglie un voto anti-sistema basandosi sulle contraddizioni del Pd e non a caso sfonda in Emilia Romagna.
IdV crolla (eccetto Napoli per l’effetto de Magistris), Sel avanza, la Federazione della Sinistra mantiene le posizioni (meno 0,1% nei comuni capoluogo rispetto alle regionali del 2010). Il voto delle provinciali, per quanto più politico, non è significativo per il carattere meno rappresentativo delle realtà in cui si è votato e per l’assenza in quella competizione della lista dei grillini.
È discutibile la tesi del compagno Grassi che dice che avanziamo dove ci presentiamo con il Centro-sinistra. Andiamo male in coalizione con il Pd a Bologna, Novara, Rimini, Siena e Caserta.
Ovviamente il risultato di Torino non è soddisfacente ma bisogna valutare il contesto e come siamo arrivati a definire un candidato indipendente, dopo esserci genuflessi in ogni modo alla corte del Pd, che alla fine non ci ha voluto.
Abbiamo prima avanzato la candidatura di Airaudo, poi atteso a lungo una improbabile disponibilità di Cremaschi e solo all’ultimo momento avanzato la proposta di Yuri Bossuto.
Sulla vicenda ex-Bertone, che aveva una rilevanza enorme, non abbiamo preso una posizione per scelta nazionale. Segnalo a tal proposito la posizione di due compagni del CC della Fiom (Brini-Santorelli) che è stata l’unica di compagni iscritti al nostro partito.
Rispetto alle critiche di “pansindacalismo” che vengono avanzate nei confronti della Fiom nella relazione, proverei a ragionare piuttosto sulle gravi responsabilità del nostro partito e sui limiti della sua politica sindacale. Non accetto inoltre che si avanzi l’idea che sarebbe esaurita la lotta alla Fiat (o peggio che non ci sarebbe mai stata la lotta di classe a Pomigliano ma solo una risposta negativa al referendum). Consiglierei ai compagni del Cpn di leggere il libro “Pomigliano non si piega” del circolo di fabbrica, per vedere se c’è stato o no il conflitto di classe a Pomigliano.
A chi critica l’insuccesso della nostra candidatura a Torino domando che ci dica chiaramente se a suo giudizio andava sostenuto il candidato della Fiat, perché Fassino era il candidato di Marchionne. Né più, né meno.
Checchè se ne dica il profilo nazionale del partito è quello di accordarsi con il centrosinistra sempre e comunque e la scelta di restare fuori (quando si verifica) viene spesso imposta dagli altri.
La FdS è un cartello elettorale, da tempo andiamo dicendo che non può essere niente di più. Paradossalmente andiamo meglio dove Prc e Pdci si presentano autonomamente (vedi il caso di Reggio Calabria e Campobasso)
Un partito comunista serio non può far discendere la linea politica da una semplice analisi dei risultati elettorali. Ci sono momenti in cui una forza politica come la nostra deve avere la forza di andare controcorrente.
Il pericolo più grande in questo momento è la deificazione dei vari Pisapia e de Magistris, e cioè l’idea che si possa avviare una politica di trasformazione attraverso un centrosinistra “riverniciato”.
Un altro aspetto negativo in questo voto è che è ancora prevalentemente un voto di opinione, c’è una sconnessione tra il conflitto sociale e la sua traduzione in scelte politiche conseguenti. All’interno di una generale avanzata delle sinistre noi raccogliamo meno di altri. Questo risultato di “galleggiamento” va investito su una strategia capace di sciogliere questi nodi.
La crisi del berlusconismo e la crisi del bipolarismo sono una realtà manifesta.
In un contesto in cui Berlusconi affonda (auguriamocelo presto) la proposta del Fronte democratico perde ancor più di consistenza. Ogni giorno che passa il Pd calpesta la costituzione nelle fabbriche, sulla guerra, sui diritti civili.
Lo spettro di un governo di centrosinistra a guida confindustriale che segue alla caduta di Berlusconi diventa il pericolo principale.
C’è un progressivo avvicinarsi del partito su posizioni governiste (che sappiamo essere prevalenti negli altri soggetti della FdS). Ma se queste posizioni, che nel Cpn si sono manifestate, sono chiare per quanto non condivisibili, Ferrero risponde ad esse con l’eclettismo più totale.
Il rilancio del Prc e il rafforzamento della FdS. Il Polo della sinistra d’alternativa (si parla di diventare il Terzo Polo della politica italiana) e allo stesso tempo l’Alleanza democratica con il Pd. Chi più ne ha più ne metta.
Rispetto al governo il segretario dice che non entreremo nel futuro esecutivo di centrosinistra, ma che non lo diciamo pubblicamente. Se gli altri ci chiedono la posizione al riguardo noi rispondiamo “che non ce ne frega niente di rispondere a questa domanda”. Un ginepraio incomprensibile. Una posizione che non reggerà alla prova dei fatti, e che si basa sull’ambiguità più totale.
Per quanto ci riguarda presenteremo al dibattito congressuale una posizione chiara che verterà sul rilancio della rifondazione comunista e sulla costruzione di un polo della sinistra di classe alternativo alle destre e al Pd.
Pensiamo che non debba essere sprecata l’opportunità che esce dalle urne con stupidi tatticismi che non conducono da nessuna parte. La generosità delle nostre compagne e dei nostri compagni merita molto di più.

Claudio Grassi

Queste elezioni amministrative hanno assunto una valenza politica di grande rilievo, forse inaspettata. La crisi della destra era già significativa dopo la rottura tra Fini e Berlusconi. Si accentua fortemente dopo questo risultato. Se i ballottaggi venissero vinti da Pisapia e da De Magistris diventerebbe una crisi pesante. A maggior ragione se consideriamo che questi dati testimoniano un arretramento nei consensi sia di Berlusconi sia della Lega. Il partito di Bossi è quello che più soffre in questa competizione elettorale. La sua base è in tumulto. E noi, sappiamo per esperienze passate, che quando la Lega si trova in queste situazioni, prende e decide in maniera radicale. Può darsi che sia così anche stavolta.
Berlusconi arretra e perde significativamente il suo appeal, come dimostra plasticamente il dimezzamento secco delle preferenze a Milano. È questo un altro aspetto assai significativo della crisi della destra.
Sul Pd: in qualche provincia è andato indietro e a Napoli ha avuto un risultato negativo, ma, complessivamente, esce da questa tornata elettorale con una affermazione. In particolare esce rafforzata la leadership di Bersani, sfidata alla vigilia delle elezioni da parte di Veltroni. La vittoria di Torino e il successo delle liste a Milano e altrove danno ossigeno al Pd e al suo segretario.
L’IDV invece perde ovunque, dobbiamo tenerlo in considerazione: il dipietrismo comincia a mostrare alcune crepe dal punto di vista della sua capacità attrattiva. SEL non sfonda ma ottiene un buon risultato, un netto avanzamento rispetto alle elezioni precedenti.
Per quanto riguarda il nostro risultato si tratta, nel contesto dato, di un risultato positivo, che ci consente di mandare avanti la nostra impresa politica che era in una condizione rischiosa. Non dobbiamo dimenticare che stiamo ragionando di un risultato che è al minimo della sopravvivenza, per questo non dobbiamo enfatizzarlo né pensare che sia sufficiente per ripartire (siamo per le provinciali sul livello delle europee e per le comunali sul livello delle regionali: risultati che avevamo valutato non positivamente). Dopo il vergognoso oscuramento che abbiamo subìto e nel contesto dato è comunque un risultato importante e positivo.
Rispetto al nostro risultato, penso che alcune cose sia difficile metterle non riconoscerle. È una costante: quando ci sono le elezioni amministrative – in un sistema bipolare e maggioritario-: si va meglio dove si e’ interni a una coalizione che abbia un minimo di capacità di presa e attrattività.
Torino e Bologna sono situazioni completamente diverse, non possono essere paragonate. A Bologna abbiamo votato due anni fa al Consiglio comunale prendendo l’1.8%: la crisi c’era già, è la crisi del partito di Bologna. A Torino passiamo dal 3.8 all’1.1%: è difficile dire che il risultato è paragonabile. A Bologna perdiamo lo 0,3%, a Torino 3/4 degli elettori! Dove siamo in coalizione siamo percepiti come utili, dove facciamo alleanze con candidati credibili andiamo bene, dove siamo costretti ad andare da soli con forze alla nostra sinistra il risultato è disastroso: anche a Mantova – dove ci siamo alleati con forze alla nostra sinistra – il dato delle provinciali è alquanto negativo. Nelle coalizioni che abbiamo costruito in alternativa al PD, quando ci alleiamo con SEL andiamo bene (Macerata) e non andiamo bene quando facciamo l’alleanza con Sinistra Critica o Sinistra Popolare. Questo è un dato che sta nella realtà della nostra esperienza politica.
A differenza di quanto dicevano i sondaggi, la forbice tra noi e SEL è contenuta e quindi ci offre delle possibilità. Questo non è il momento per ridurre l’offensiva unitaria ma per accentuarla verso un partito – come Sel – che si aspettava tutt’altro risultato (consiglio la lettura dell’intervento di De Cristofaro a Napoli, che dimostra come SEL sia attraversata da discussioni e molti si stiano chiedendo se questa chiusura contro di noi paghi oppure no).
Fronte democratico, offensiva unitaria a sinistra, rilancio della FDS, questa è la linea da seguire.
Aggiungo una cosa: il terzo polo non esiste, esiste l’Udc con la sua capacità di mantenere un proprio insediamento e allora noi dobbiamo dire che il vero terzo polo è la Sinistra – queste elezioni lo hanno dimostrato chiaramente – e dobbiamo lanciare subito una proposta unitaria a SEL e IDV.
Perché se invece di andare in porto una nostra proposta di alleanza con SEL e IDV va in porto, come a Torino, un’alleanza di centrosinistra tra PD, IDV e SEL che si compatta su una proposta di governo con noi fuori, alle elezioni politiche rischiamo di non superare l’1% e di scomparire. Dobbiamo avere il nostro progetto, ma essere anche unitari (unità-autonomia), altrimenti veniamo espulsi dalla politica, oltre che dalla società.
Se fosse diversamente, il PCL avrebbe preso un buon risultato: guardiamo un po’ anche come vanno le liste alla nostra sinistra! Sinistra Critica prende lo 0.3% a Torino, sua roccaforte e il PCL nella citta’ di Ferrando – Savona – dove la Fds fa una alleanza larga e prende il risultato migliore di Italia, dimezza i voti.
Noi dobbiamo mantenere il profilo di una forza politica autonoma dal centrosinistra, ma unitaria.

Mario Iavazzi

Dalle elezioni emerge una chiara inversione di tendenza che da fiducia a lavoratori, giovani e studenti del nostro paese. Il risultato fotografa la fase nella quale i movimenti, a partire dal movimento operaio, stanno alzando la testa. Lo abbiamo visto sulla vicenda di Pomigliano e Mirafiori, il 16 Ottobre, il 14 Dicembre e nello sciopero della Fiom del 28 gennaio. Anche lo sciopero del 6 Maggio è stato un importante successo in termini di adesione allo sciopero e di partecipazione alle manifestazioni da parte di settori del movimento che nella fase precedente era ai margini.
Il vento cambia, appunto, ma questo vento però non è passato a Bologna. Negli ultimi 15 anni Bologna è trasformata a causa delle politiche del centrosinistra di smantellamento dello Stato Sociale. Abbiamo visto repressione e speculazione edilizia. Si è passati dallo "sceriffo" Cofferati, le cui politiche securitarie sono state solo la punta dell'iceberg, al "bandito" Delbono che ha consegnato la città alla Commissaria Cancellieri. Delbono è stato sostenuto dal nostro partito, scelta che ha lacerato un grande patrimonio politico che era il Prc bolognese. Il partito a Bologna, oggi, ha pagato la scelta di sostenere Merola, ex assessore della giunta Cofferati, scelta non condivisa da 1/3 del Cpf bolognese. Il 10% ai grillini è un voto alternativo al Pd e un voto antisistema, seppur il Movimento 5 Stelle resti una formazione dal carattere reazionario. A differenza di Napoli, le diverse liste che hanno sostenuto Merola prendono circa 3% in più di quanto ha ottenuto il candidato.
Infine, credo che, aldilà di facili entusiasmi solo in parte giustificati, si debba riflettere sul perché la Fds raccolga solo il piccola parte lo spostamento a sinistra. Ancora una volta, una delle ragioni principali va ricercata nelle contraddizioni e nelle ambiguità, per usare degli eufemismi, della stessa Fds. Si può stare con i metalmeccanici della Fiom che stanno costruendo una piattaforma alternativa per il rinnovo del Contratto Nazionale e con i più di 3 milioni di dipendenti pubblici a cui hanno bloccato il Ccnl per i prossimi anni e allo stesso tempo stare con la Camusso che propone un nuovo modello contrattuale che lascia spazio a deroghe e prevede dei contratti nazionali leggeri come fanno dirigenti nazionali di Lavoro Società? Ci si può dichiarare contro la guerra e poi votare contro la richiesta al Direttivo Nazionale della Cgil di assumere una posizione chiara contro i bombardamenti il Libia?
Esiste un nuovo quadro nei rapporti di classe che chiedono delle chiare posizioni di classe da parte del nostro partito. Dovremo seriamente cominciare a lavorare per questo.

Annalisa Magri

Compagni e compagne vi porto un contributo della segreteria provinciale di Reggio Emilia.
Il documento originale è piuttosto lungo, pertanto questa è una sintesi che si articola in 3 parti:
analisi di fase: il capitalismo in crisi di sovraproduzione e sovracumulazione ha come unica risposta la guerra e l’attacco ai diritti dei lavoratori e l’attacco al loro salario. In un quadro come questo, con la zona Euro e Dollaro messe in difficoltà dal BRIC, l’Italia vive una delle fasi più nere dal secondo dopo-guerra ad oggi.
Arrivando al tema di questo CPN, ovvero il risultato delle elezioni amministrative, la nostra analisi del voto, che è fatta a caldo, senz’altro parziale e ovviamente ferma ai risultati del primo turno, ci porta a dire che se Berlusconi ha perso, il PD non stra-vince. Non lo diciamo solo noi, ma lo affermano ormai anche tanti commentatori autorevoli della politica. Non ha vinto ad esempio a Milano, dove in realtà perse fin dai tempi delle primarie non ascoltando il cuore dei propri iscritti e della propria base che pulsa evidentemente più a sinistra che al centro. Così il candidato ufficiale è stato un uomo, Pisapia, rappresentativo della sinistra a sinistra del PD, tra cui la Federazione (anche se i giornali hanno oscurato totalmente la nostra presenza e il nostro apporto), e non un uomo dell’establishment piddino. Caso ancor più clamoroso a Napoli, in cui ad una sorta di primarie postume, il miglior risultato l’ha portato a casa De Magistris sostenuto da IDV e FdS. Il candidato Morcone, definito un candidato pallido ha messo in luce anche lo stato di salute inferma del PD nella città partenopea. De Magistris è un uomo dal DNA comunista? Nemmeno per idea! Molte analisi sono state fatte nei giorni a seguire il primo turno sulla fenomenologia De Magistris, di certo comunque, ha rappresentato modi e programmi nuovi, diversi da quelli triti propinati ai napoletani dal PD, nel suo regno ventennale e da SeL. Non vogliamo nemmeno trascurare, tra i dati delle amministrative, il risultato di un altro test elettorale: quello del Referendum contro il nucleare della regione Sardegna. Test dal valore politico come gli altri, che si configura come l’ennesimo schiaffo al Governo di Berlusconi. Test che molti giornali hanno relegato in quindicesima pagina se non totalmente ignorato. Ma il risultato del referendum è stato che il 97% dei votanti ha detto NO al nucleare.
Per noi la ricerca di collegamenti e costruzione di rapporti con partiti, organizzazioni e movimenti della sinistra sociale e politica (documento di Chianciano), la lista anticapitalista delle Europee 2009, la costruzione del polo della sinistra di alternativa (giugno 2009), il CPN del settembre 2009 in cui si intravedeva il primo embrione della FdS, il primo congresso fondativo della FdS che si è tenuto “SOLO” nel novembre del 2010. E da questo “solo” per noi si esce dalla storia cronologica del progetto politico e si passa al commento e al giudizio: andava fatta prima, andava fatta meglio.
Noi non rispondiamo solo oggi ad una chiamata che risale a molto tempo fa, anzi, il gruppo dirigente e tutto il partito del PRC e del PdCI reggiano hanno risposto con celerità e prontezza all’invito contenuto nel documento nazionale del 13 settembre 2009 di fare su tutti i territori le assemblee della FdS. Noi, lo ricordo ai compagni di questo CPN, abbiamo organizzato la 1° festa provinciale della FdS con relativa assemblea dal 24 al 27 settembre.
Dunque questo progetto lo sentiamo nostro da tempo, e nel quadro assai complesso che abbiamo espresso in premessa, pensiamo che sia doveroso da parte dei dirigenti ricercare un’agire comune sia del Partito sia della galassia della sinistra anticapitalista e questo può trovare la stura solo attraverso l’elaborazione di un progetto politico comune e chiaro, che sappia prospettare un futuro altro.
Con fatica e con ritardo abbiamo dato vita alla Federazione della Sinistra e ora dobbiamo far sì che sia il luogo dove i comunisti, la sinistra anticapitalista, i movimenti trovino il terreno comune dove costruire progetto e agire politico. Pertanto la Federazione della Sinistra non può essere la semplice unione di gruppi dirigenti ma il luogo dell’elaborazione comune e attraverso la stessa si potrà unire la sinistra anticapitalista.
Dobbiamo chiederci perché tanti compagni sono impegnati nei diversi movimenti e non trovano nel partito il luogo dove agire il loro lavoro; l’antipolitica, anzi l’antipartitismo, hanno fatto breccia anche nel popolo comunista che spesso sta alla finestra in attesa di capire cosa farà il partito e dove andrà a finire.
E’ responsabilità in primo luogo dei dirigenti ricercare l’unità nella chiarezza, superando quelle divergenze e quelle rissosità capziose che hanno lacerato così profondamente il partito; la base non riesce a comprenderle e non trova tutto questo interessante culturalmente e politicamente, le giudica come battaglie di potere (per esiguo che sia). Così come, ci rendiamo conto dal nostro punto di osservazione, che nella Federazione qualcosa oramai stona: PRC e PdCI, due partiti comunisti, i maggiormente rappresentativi in Italia (ciò vale sicuramente per Rifondazione), stanno all’interno dello stesso soggetto politico, unitario, federato ma ancora divisi, soggetti autonomi e a volte incomunicanti. Per la nostra gente questa divisione è orami incomprensibile.
E’ importante arrivare al prossimo congresso con una serena discussione che non stigmatizzi le diverse posizioni e abbia lo scopo di valorizzarle, come citiamo frequentemente, in una sintesi comune. Chi continua ad avere l’ansia di contarsi per conquistare posti, gestire il partito, o si rende conto che così si va all’esaurimento o è un irresponsabile ambizioso di protagonismo, dobbiamo essere consapevoli che, soltanto lavorando tutti insieme per rilanciare il partito e la Federazione, per unire la sinistra anticapitalista in un progetto comune, possiamo ridare fiducia alla politica e a coloro che guardano a noi come punto di riferimento politico.

Adriana Miniati

I risultati elettorali vanno interpretati nel contesto dei conflitti e mobilitazioni e sono confortanti : si interrompe declino e risultiamo paritetici con Sel, protagonista di una scomposizione del Pd, non riuscita, tesa a ucciderci. La Fds va bene se ha chiaro con chi e fino a dove fare alleanze, essendoci una domanda diffusa di maggiore radicalità. Il progetto privilegiato dal Pd,l’alleanza col Centro, è penalizzato, e noi,finora condizionati dalla necessità di essere centristi per forza, notiamo che il bipolarismo – che ha cambiato il senso comune della democrazia in senso populista e autoritario- ne esce scalfito. Laddove le coalizioni di sinistra alternativa sono andate bene, non ha pagato solo l’unità( che è un valore di per sè , se nasce da basi materiali comuni) , ma perché sono riuscite a rompere il voto utile: ciò è avvenuto per contenuti che hanno pesato nelle alleanze , creando così un POLO, che ha polarizzato la contesa in modo virtuoso, realizzando discontinuità, radicalità, e incontrando la volontà degli elettori. Ergo bisogna sfidare Sel e incalzare il PD, nei suoi temi omologati al centro-destra. Per dare il primato ai conflitti entro cui si inscrive questo risultato, va superato lo stallo in cui versa la FDS, per ora solo un comitato elettorale, e se a livello nazionale è arduo farlo, occorre procedere a partire dai territori. E puntare a costruire un Polo di forze, con una struttura a rete, che si collochino nel grande spazio a sinistra del Pd. Non posso tacere nodi ineludibili di difficoltà della Fds che sono : il problema del Lavoro ( del sindacato, in generale) E il problema dello sbocco politico alla crisi di Governo e di come si realizza il fronte democratico fra le forze di Sinistra e il centro-sinistra. Dopo sciopero riuscito del 6.5., si è data una torsione negativa ai movimenti di lotta,con un’accelerazione moderata sia per il nuovo Modello contrattuale che per il Patto per la crescita, arduo da sostenere, mentre la Ue vara misure feroci di rientro dal debito.
Questi processi sociali e sindacali sembrano puntare gradualmente , con modalità concertative da far avanza Ciò comporta una normalizzazione delle lotte se non una tacitazione dell’opposizione sociale nel paese. Invece penso che ci sia bisogno di un’opposizione duratura e anzi di una riscossa nel lavoro e nel paese.

Alba Paolini

Due sono i punti rilevanti dall’esito di queste elezioni. Il primo, che la destra ha perso pesantemente. Il secondo, riguarda il nostra partito e la FDS, si arresta il dato negativo delle ultime elezioni e si intravvede una risposta positiva dell’elettorato nei nostri confronti. Il risultato positivo è frutto della caparbietà di molte compagne/i che hanno continuato a credere nel partito e hanno generosamente fatto campagna elettorale stando nei luoghi di lavoro, sui territori, nelle vertenze. Si avverte un nuovo clima nel partito, sulla necessità di serrare le fila e di lottare insieme, superando nei fatti le correnti interne, condurre insieme le battaglie ci fa bene e si vede anche dai risultati. Dobbiamo proseguire sulla strada del confronto con le altre forze che hanno assieme a noi ottenuto questi risultati. Dobbiamo potenziare la possibilità della formazione di una sinistra di alternativa. Dobbiamo investire di più sul rafforzamento del partito soprattutto nei luoghi dove è maggiore la difficoltà in cui versa la sua organizzazione (Torino e Bologna sono due esempi). Ho fatto un sogno, come molti di voi, che ai ballottaggi vincevamo a Milano e Napoli e che ai quattro referendum vincevano quattro SI. Per questo Berlusconi cadeva e la Lega continuava a perdere fino a scomparire. Per realizzare questo, da subito e senza sosta bisogna proseguire la strada che stiamo percorrendo. Era ora.

Vincenzo Pillai

Sull’analisi delle amministrative sarde e delle ipotesi in campo può informarvi meglio di me Laura: Io vorrei sottolineare che reputo lo scontro intorno alla scadenza referendaria come l’elemento più qualificante della svolta che auspichiamo. Come sapete in Sardegna siamo riusciti ad ottenere una partecipazione al voto del 60 % che mi induce a pensare che se saremo in grado di svolgere nei prossimi giorni un lavoro capillare anche fuori dalle metropoli il quorum non è irraggiungibile.
La sconfitta nei referendum è molto meno riassorbibile da Berlusconi della stessa auspicata sconfitta nei ballottaggi; perché sono interessati ai referendum da un lato una popolazione sempre più attenta a quanto sta avvenendo, dall’altro soggetti, anche mafiosi, con investimenti e relazioni internazionali, che possono essere indotti a scaricare rapidamente un Berlusconi non in grado di fornire garanzie ai grandi progetti di ristrutturazione capitalistica attraverso un ulteriore controllo del territorio e la messa all’asta dei beni pubblici. Anche la lotta che stiamo conducendo contro l’installazione di quattro radar nelle coste occidentali della Sardegna rientra in queste considerazioni. Penso che, se vinceremo, il dopo referendum ci porrà di fronte ad una situazione che non abbiamo ancora conosciuto ( per l’intreccio fra una situazione sociale solo apparentemente pacificata e succube, una ridislocazione rapida di poteri forti, la crescita di una confusa identità generazionale fra i giovani) e che richiederà una rapida messa a punto del nostro progetto ancora troppo influenzato da pratiche e valorizzazione dei momenti elettorali.

Gianluca Schiavon

Condivido la valenza politica del voto del 15 maggio scorso. Valenza che va inserita nell’analisi di fase: si tratta di un voto influenzato dalla crisi mondiale, crisi costituente che sta cambiando il mondo nei rapporti economici, quindi negli assetti di potere e sociali. Si sentiva in campagna elettorale un’attenzione particolare alle rivoluzioni in Magreb, all’assetto del Medio oriente, al problema dell’euro. I temi dell’attualità continentale incidono sulla locale: guerre, migrazioni, carestie, debiti sovrani dei Paesi. I risultati elettorali quindi non sono da leggere solo come un referendum contro Berlusconi, ma come una risposta in alcuni casi autenticamente di sinistra, in altri più moderata, alle due opzioni politiche in campo: quella reazionaria e quella tecnocratica.
Il risultato amministrativo buono nelle condizioni date ci permette di essere uno dei soggetti politici in campo rilanciando l’alleanza democratica costituzionale su punti chiari: una battaglia contro il bipolarismo, una battaglia sulla piattaforma economica, una battaglia per un’Europa democratica. Bersani deve chiarire quale profilo vuole dare al suo partito, se appoggia la proposta di patrimoniale, ad esempio. Alleanza che non può prescindere dal duplice buon risultato dello sciopero generale: nelle oltre 200 manifestazioni della Cgil e nell’eccedenza di soggetti sociali che hanno generalizzato lo sciopero.
Il secondo compito è rilanciare un’offensiva per l’unità della sinistra. Il Partito è in campo, la Federazione è in campo, e devono rispondere alla domanda di unità a sinistra rilanciando a Sel e all’Idv un patto d’azione comune su: guerra, referendum di giugno e istruzione e ricerca pubbliche. Sel e Idv devono capire che senza una sinistra forte e unita sui contenuti non ci può essere confronto equilibrato con il PD e senza confronto programmatico non si costruiscono coalizioni.
La priorità è il rilancio della Fds che si apra a nuovi soggetti sociali e politici definendo un profilo elettorale certo. Non può più succedere tra settori della Fds ci si presenti alle elezioni in coalizioni differenti e che proprio chi vuole l’unità dei comunisti si renda responsabile di divisioni.
Per rilanciare la Fds e riaggregare la sinistra di alternativa dobbiamo impegnarci non per un congresso di conta tra gruppi dirigenti ma per un Partito che approfondisca l’analisi di un innovato movimento della sinistra antagonista e comunista in Italia e in Europa. Quella di un congresso unitario è un'esigenza sentita tra i nostri militanti, i protagonisti delle amministrative e del nostro rilancio.

Bruno Steri

L’incredibile scostamento tra il modo in cui siamo stati trattati prima delle elezioni – quasi fossimo ormai un “cane morto” – e l’esito di queste stesse ha giustamente colpito l’immaginazione e l’orgoglio dei nostri compagni. Non solo sondaggi a senso unico, risultati alla prova dei fatti del tutto fallaci, ma un sistematico oscuramento su tutti i mezzi d’informazione. Penso che l’inflessibile censura riservata dai media al Prc e alla Federazione della Sinistra negli ultimi mesi sia un fatto talmente anomalo, rispetto a quanto a mia memoria è avvenuto in passato, da configurare un vero e proprio caso. Che i Tg serali, il venerdì precedente il week-end elettorale, diano l’elenco delle forze politiche partecipanti al voto, concedendo a tutti i leader (compresi ad esempio Bonelli e Storace) qualche secondo di spazio televisivo ed omettano tranquillamente di menzionare la FdS è un fatto molto grave, che chiama in causa non semplicemente la furbizia e le strategie di chi detiene il potere mediatico, ma il funzionamento di un servizio pubblico. Siamo qui in presenza di un atto di disinformazione che è immediatamente una grave lesione democratica. Siamo oltre i limiti della decenza: mi piacerebbe capire se siamo anche oltre i limiti della legalità. Per questo, oltre a sit-in, proteste eclatanti ecc., che sono sacrosante, sarebbe forse il caso di ragionare con chi è più competente di me in materie giuridiche applicate al mondo dell’informazione. E’ possibile che non si cavi un ragno dal buco; tuttavia credo giusto sondare la possibilità di una concreta reazione anche in questo ambito.
Vengo alla valutazione del voto. Concordo nel dire che il Pd riscuote senz’altro un successo elettorale, senza che ciò significhi che questo partito abbia risolto tutti i suoi problemi. “La destra perde e noi vinciamo”, dichiara a giusto titolo Bersani. In effetti, il voto sancisce un successo della sua leadership e, nel contempo, evidenzia una battuta d’arresto per quelle posizioni che, all’interno del suo partito, ne contestavano l’autorevolezza (vedi Veltroni, il quale non a caso si era affrettato a chiedere una verifica interna dopo il voto). In particolare, le vittorie al primo turno di Pisapia a Milano e di De Magistris a Napoli (ma, più in generale, l’andamento complessivo del voto) fanno registrare un salutare spostamento a sinistra del quadro politico. Gli esponenti delle destre si precipitano a dichiarare che il Pd è diventato “ostaggio degli estremisti” (in un paio di casi ho letto addirittura “ostaggio di Rifondazione comunista”: oddio! Almeno in questo senso, ci hanno resuscitato!). E’ ovviamente un’esagerazione retorica, tuttavia essa contiene una verità interna: c’è uno spostamento a sinistra che non fa gioire le destre e nemmeno i moderati di centro. Con ciò, non si deve pensare che le contraddizioni del Partito democratico siano destinate a sciogliersi nel breve/medio periodo. Non lo penso. Non si può dimenticare il fatto che il vero dominus del Pd sia Giorgio Napolitano: è il Presidente della Repubblica che si è incaricato in questi mesi di esprimere al sommo livello l’anima moderata del Pd. Ritengo sia ancora in questa direzione che tende ad andare l’ago della bussola di questo partito. Quel che avviene attorno a noi non sembra alludere ad un assopimento dei contrasti: basti pensare all’ulteriore batosta sociale che si sta preparando in Europa (su cui la Cgil ha già lanciato l’allarme) e all’avventura bellica in Libia in cui il nostro Paese si è sciaguratamente infilato. Si tratta di questioni che pesano sul Pd e sul suo elettorato: per questo occorre incalzare questo partito, insistendo sugli anzidetti contenuti oltre che sulla riproposizione dell’alleanza democratica per cacciare le destre dal governo.
Tutto questo, ovviamente, si riflette su SeL e, più precisamente, sul progetto politico di Nichi Vendola. Anche Vendola dovrà passare dalle parole ai fatti. E decidere se continuare a guardare al centro-sinistra nel suo complesso, aspettando un big bang che non pare affatto alle viste, oppure se volgersi a sinistra per guadagnare un più forte potere di contrattazione. E dunque anche verso di noi. Ecco perché è decisivo capire – e mi compiaccio che la nostra discussione dia nel merito risposte incoraggianti – che questa è l’ora dell’offensiva unitaria. Concordo con Ramon Mantovani: se i rapporti di forza tra la FdS e SeL fossero stati quelli che indicavano i sondaggi (1 a 9, 2 a 8 e via di questo passo) la nostra offerta di unità sarebbe risultata (e in effetti risultava) fragile e, per certi versi, ambigua: “ora che siete a un passo dalla tomba vi accorgete dell’unità?”. Bene, non abbiamo risolto tutti i nostri problemi ma siamo vivi e vegeti: rinnoviamo ora la nostra proposta unitaria, a voi e a tutta la sinistra di alternativa. Sta a voi accettarla o rifiutarla. Anche da questo dipende non il destino di questo o quel gruppo dirigente, ma la capacità di lotta e le potenzialità di successo delle lavoratrici e dei lavoratori di questo Paese.

Sandro Targetti

La crisi delle destre è reale e può incoraggiare il successo nei ballottaggi ed ai prossimi referendum. I risultati FdS/PRC alle provinciali (meno alle comunali) smentiscono i sondaggi e la pesante censura mediatica, ma ci ripropongono i problemi di fondo degli ultimi anni: 1) il partito non ha praticato la svolta a sinistra di Chianciano e si è caratterizzato con scelte legate più ad un malinteso senso della “sopravvivenza”, che non al merito dei contenuti. Anche dove ci siamo presentati in alternativa al PD, questa scelta è stata, per lo più, obbligata dall’arroganza del PD, ma non cambia la linea di fondo. Permangono infatti nella FdS forti “doppiezze” e vocazioni “governiste” che producono enormi contraddizioni nei territori. A Siena, il segretario nazionale ha di fatto imposto l’accordo col PD, nonostante la contrarietà del CPP. 2) la Federazione della Sinistra, proprio per gli assetti che si è data, si caratterizza per lo più come operazione di ceto politico, non legittimata da alcun mandato congressuale, priva di un reale coinvolgimento dal basso e con forti problemi di linea politica su temi centrali (lotte sociali, CGIL, rapporto col PD..). Non serve un generico rilancio, ma una chiara autocritica ed un percorso nuovo per ricostruire nei conflitti una sinistra anticapitalista ed un’alternativa di società; 3) il partito non ha praticato una reale diversità dal “modello vendoliano” che in questa fase, nonostante le contraddizioni, risulta più appetibile sul terreno mediatico ed elettorale; 4) la tattica elettorale per sconfiggere le destre è possibile ed efficace solo se non separa la questione democratica da quella sociale, ma su questo nel partito non c’è chiarezza ed aumenta l’ambiguità sul “fronte democratico” e sullo strumento delle primarie, prodotto dal bipolarismo; 5) rimane irrisolta la questione centrale della rifondazione-riaggregazione comunista e della ricostruzione di una sinistra indipendente ed alternativa al PD. Esprimo un netto dissenso verso la linea della segreteria nazionale. Occorre una svolta ed una discussione vera che riporti tanti compagni/e delusi alla partecipazione, nello spirito dei “100 circoli”! Altro che Congresso unitario, i problemi del partito e la degenerazione delle “aree” non dipendono dalla presenza di posizioni diverse, ma dall’assenza di una reale dialettica e confronto con la realtà.

Sandro Valentini

Occorre leggere in termini politici e non solo elettorali il voto. In termini generali il risultato ci parla: a) di una vittoria del centro-sinistra, con una sinistra che si attesta dopo anni a oltre il 10 per cento; b) di un terzo polo che fatica a decollare – tiene solo l’Udc di Casini – e comunque non supera lo sbarramento del 5 per cento; c) di un centro-destra in forte calo di voti, sia nella variante leghista sia in quella del Pdl. Una dura sconfitta che ha evidenziato dunque la crisi profonda del blocco di centro-destra e del berlusconismo, che potrebbe essere addirittura accentuata e accelerata dall’esito positivo dei ballottaggi e da un non impossibile successo referendario.
Sarebbe riduttivo individuare solo nelle molteplici vicende giudiziarie di Berlusconi e nelle crisi economica e sociale che attanaglia l’Europa le ragioni politiche della sconfitta e della drastica caduta di consensi al centro-destra. In questi ultimi due anni, per merito soprattutto della Cgil che ha condotto, tra limiti, errori e contraddizioni, una lotta di resistenza contro lo smantellamento di ciò che resta dello Stato sociale, si sono sviluppate lotte sociali, momenti alti di mobilitazione popolare e di massa degli operai e del mondo del lavoro, degli studenti e dei precari e un ampio e unitario movimento per i diritti, la legalità democratica e la difesa della Costituzione, che hanno determinato una forte volontà di cambiamento, espressa chiaramente nel voto.
Sia pur nell’ambito di quadro di riferimento che resta ancora purtroppo bipolare si è determinato uno spostamento a sinistra del Paese di cui dobbiamo assolutamente tenere conto. Per la prima volta nella sua storia il centro-sinistra non ha rincorso il centro nella ricerca dei consensi, ma ha attivato forze ed energie a sinistra. Se tre candidature, come quella di Pisapia, di De Magistris e di Zedda hanno raccolto così tanti consensi a Milano, a Napoli e a Cagliari ciò è dovuto principalmente a questa ragione, al mutamento dei rapporti di forza per la prima volta a favore della sinistra nell’ambito del centro-sinistra. Proprio per questo mi pare di poter dire che è possibile costruire un centro-sinistra nuovo che non sia la semplice riedizione dell’Ulivo o dell’Unione. Questo dato di fondo non deve sfuggirci. La domanda di cambiamento si è accompagnata alla richiesta di unità e chi non è stato dentro a questa duplice richiesta è stato fortemente penalizzato: la Fds a Torino, il Pd e Sel a Napoli.

chiudi - stampa