Imma Barbarossa
Penso che oggi si apra uno scenario positivo,o almeno uno squarcio,per
la sinistra italiana. Il nostro risultato è dovuto alla intelligenza
e alla passione dei nostri compagni e delle nostre compagne,oltre che
sicuramente all’indignazione e alla rivolta di larga parte della
società,dalla profonda coscienza della crisi e,finalmente,da
uno sguardo a sinistra. Il progetto vendoliano di distruggerci è
fallito,è stata derubricata l’idea che la nostra scomparsa
dovesse condurci all’annessione al centrosinistra,come alcuni
anche fra noi pensavano. Ci sono delle potenzialità e finalmente
molto dipende da noi.
Occorre,tuttavia,una sorta di discontinuità:
nella linea politica (approfondire il senso della sinistra di alternativa
e dell’autonomia dal centrosinistra)
nelle pratiche sociali (nel partito e nelle relazioni con i movimenti)
nel livello teorico e culturale (rilancio della rifondazione comunista
e del senso dell’essere comunisti e comuniste oggi): critica della
ideologia delle primarie e lotta al bipolarismo e alle pratiche di leadership.
nella ricerca di forme nuove della politica.
Occorre una correzione radicale della FdS,sia dall’alto che dal
basso e una ricollocazione netta della relazione della FdS nei confronti
della Fiom e della maggioranza della CGIL (ricordo che nel direttivo
nazionale della CGIL il documento contro i bombardamenti in Libia è
stato bocciato anche con il voto di Lavoro e società).
Occorre una vera discussione sul cosiddetto “fronte democratico”
e una chiarezza assoluta,almeno fra noi,sulla IMPOSSIBILITA’ del
governo,affinché quella che impropriamente è stata chiamata
‘doppiezza togliattiana’ non venga presa come furbizia di
piccolo cabotaggio.
Un congresso unitario? Sì se si sciolgono questi nodi con una
chiara posizione di sinistra e con il superamento delle correnti militarizzate
e autosufficienti. Se,ad esempio,un’area promuove un seminario
di riflessione,è un contributo al partito,se si mette a dialogare
con altri partiti personalmente che sia utile. Infine su Vendola: mi
chiedo: che vuol dire ‘offensiva unitaria’? Una sorta di
accodamento o invece un atteggiamento egemonico che punta a mettere
in evidenza le contraddizioni? Io penso a quest’ultima versione
e noi in Puglia non gliene facciamo passare una,dall’elogio del
governo israeliano alle sttuette di padre Pio ,alle spiagge come beni
comuni e ancora.
Claudio Bellotti
Si è messo in moto qualcosa che può diventare grande
(e guardiamo anche alla Spagna), un processo non rettilineo che passando
da Pomigliano al 16 ottobre, a Mirafiori, allo sciopero della Fiom del
28 gennaio, alla piazza del 14 dicembre, alle manifestazioni delle donne,
al milione e mezzo di firme per l’acqua pubblica, anche a una
scadenza “spuria” come lo sciopero della Cgil del 6 maggio
(obiettivamente depotenziato nei tempi e negli obiettivi, ma forte nella
presenza di piazza), si è in parte riversato nelle urne.
Bisogna però cogliere la contraddizione fondamentale, ossia quella
tra la radicalità che si è espressa in queste lotte e
la proposta (sia sindacale che politica) che viene offerta.
Il governo appare isolato, una specie di cricca “rasputiniana”
circondata dal suo sistema di potere e da un parlamento di nominati,
ma in crisi di egemonia nella società. Il flusso del cambiamento
si avverte, così come la spinta a sinistra. Il punto è
chi risponde, chi lo raccoglie?
Il Pd ha avuto un buon voto, il fatto che Milano, che in passato era
sempre un pundo debole, oggi sia stata trainante non ridimensiona ma
rafforza questa analisi. Raccolgono poi Grillo, Sel, De Magistris (ma
non l’Idv)… noi siamo al bordo. Ci lambisce, in alcune zone
di più, in altre per nulla, ma certo non vi siamo immersi.
Il rischio maggiore è che mentre raccogliamo poco dei consensi,
ci investa invece la totalità delle colossali illusioni che accompagnano
questo risultato elettorale. Le illusioni che con una riverniciata al
centrosinistra possono poi ricondurre la voglia di cambiamento nell’alveo
del Pd. Se cadiamo in questo siamo finiti, le illusioni nel nuovo centrosinistra
ci sono molti altri che le incarneranno assai meglio di noi.
Guarda caso alla prima iniziativa di Pisapia vengono invitati Piero
Fassino e Marta Vincenzi, due sindaci che certo non rappresentano alcuna
spinta a sinistra.
Dal Toso qui ha parlato dei flussi elettorali a Milano, sarebbe utile
anche parlare dei flussi economici; Santa Giulia, Garibaldi-Isola, Bicocca…
le aree dove sono state messe in atto le mega-speculazioni che hanno
generato quella gigantesca massa d’urto di denaro proveniente
dalla rendita, non sono solo operazioni del centrodestra, anche se questo
ha controllato da 15 anni la maggior parte dei poteri locali. Vedono
protagonisti gruppi che hanno legami politici bipartisan, e che potranno
giovarsi di un Pd fortemente egemone nella possibile nuova maggioranza
al Comune.
Il centrosinistra può battere Berlusconi. Domanda: chi batterà
Marchionne, Marcegaglia, Draghi? E prima ancora, chi vorrà schierarsi
contro di loro? È su questo punto che dobbiamo insistere, qui
entrano in campo le nostre scelte.
La proposta Ferrero: Rifondazione, più Fds, più unità
a sinistra, più fronte democratico… bella: sembra la torta
nuziale multi piano. Sopra c’è la ciliegina, che sarebbe
la posizione sul governo: noi sappiamo che non ci entreremo, ma non
lo diciamo a nessuno… una assurdità che, concordo in questo
col compagno Pillai, non regge che per pochi giorni.
Ci avviamo a un congresso: vogliamo una buona volta, dopo due anni di
geometrie improbabili, consegnare ai compagni un dibattito leggibile?
O vogliamo fare un congresso per discutere come andremo a elezioni che
non sappiamo quando saranno, con quale legge elettorale, con quali schieramenti…
Parlate di Terzo polo di sinistra, ma dire terzo polo ha un significato
preciso: una forza esterna ai due schieramenti, che si contrappone ad
essi, che avanza una posizione indipendente e la difende contro ogni
ostacolo, altrimenti non è un terzo polo, è la quinta
ruota del carro!
E qui vengo a Torino, che si dice dimostrerebbe la velleità di
un polo di sinistra, dei “micro-poli”, come è stato
detto. Qualche compagno qui è venuto a fare arringhe su questo
punto, dicendo “mai più da soli come a Torino”. Non
sto a rispondere, mi limito a suggerire alla segreteria nazionale, che
giustamente propone di aiutare quelle federazioni che hanno manifestato
difficoltà, di prendere questi compagni che la sanno così
lunga, e di mandarli appunto a Torino, un paio d’anni tutte le
mattine alle 5 a volantinare davanti alle fabbriche, così potremo
vedere all’opera le loro proposte.
Non si può ragionare in termini elettoralistici, lo spazio per
un polo di classe, non si può misurare sui voti nostri e di forze
ancora più piccole della nostra, è uno spazio che esiste
nella società e sul quale dobbiamo lavorare con lunga lena: lo
spazio che separa le aspirazioni, le richieste e la rabbia di milioni
di persone, di lavoratori innanzitutto, e la proposta politica del centrosinistra
e della maggioranza della Cgil. Qui si ragiona sempre in termini di
apparati, di burocrazie, di elettoralismo. Su questa base la sconfitta
è garantita: avremo una Fds che nella Cgil si schiera con la
Camusso e una Sel impegnata ventre a terra a tentare di normalizzare
la Fiom. Se così fosse sarebbe la pietra tombale per noi e, più
importante, per la lotta dei metalmeccanici e di tutti coloro che ne
hanno tratto ispirazione.
Io però non penso che questo esito sia già scritto, c’è
un conflitto irriducibile che tornerà a manifestarsi e sul quale,
solo possiamo fondare la nostra prospettiva.
Salvatore Bonadonna
L’impegno generoso di compagne e compagni ha portato al Partito
un risultato in controtendenza rispetto ai timori, ai sondaggi e alle
precedenti regionali. Più in generale, si manifesta una crisi
del centrodestra – che coinvolge PdL e Lega – e una avanzata
del centrosinistra. Il segnale inequivocabile è che l’elettorato
premia le scelte unitarie, anche su candidature di alto profilo che
smentiscono la teoria che solo i profili moderati e neutri possono raccogliere
consensi. Se, come è possibile oltre che auspicabile, i risultati
dei ballottaggi confermeranno che il vento è cambiato, le forze
della sinistra debbono avere il coraggio di mettere in discussione le
ragioni delle proprie divisioni e puntare alla costruzione della sinistra
capace di reggere la strategia dell’alternativa di società
e, intanto, una alternativa al governo liberista e antipopolare di Berlusconi.
I referendum dovranno rappresentare una sanzione di questa strategia.
I risultati segnalano che la “vecchia talpa” dei movimenti,
delle lotte degli studenti ,dei precari, delle lavoratrici e dei lavoratori,
l’opposizione degli operai FIAT e il sostegno dato loro dalla
FIOM fino a produrre lo sciopero generale, hanno cominciato a sedimentare
una risposta politica. Dall’altro versante è come se la
destra sia andata in “overdose” nell’arroganza del
potere, nel populismo antipopolare, nel rigorismo economico che colpisce
essenzialmente il lavoro, i giovani e le donne. Ci sono, a Milano come
a Napoli, al Nord come al Sud, segni di una rivolta morale che occorrerà
analizzare attentamente anche perché si manifesta in forme nuove
della politica. La Federazione della Sinistra e Sinistra Ecologia e
Libertà, oggettivamente oltre che soggettivamente in concorrenza
diretta, vengono riconosciute e premiate nelle coalizioni unitarie;
anche l’Italia dei Valori, forza certamente di opposizione ma
non organicamente espressione della sinistra sociale e politica, raccoglie
il consenso sulle scelte unitarie e la penalizzazione su quelle nelle
quali l’interesse identitario prevale. I risultati del voto al
Partito Democratico, che indubbiamente costituiscono un fatto consistente,
segnalano clamorosamente che solo la inversione della deriva centrista
e maggioritaria voluta da Veltroni consente di raccogliere una parte
importante della domanda sociale di cambiamento; ed è maggiormente
positivo il risultato laddove più esplicita e netta si manifesta
la discontinuità con la presuntuosa ed arrogante “autosufficienza”
veltroniana e si manifesta più apertamente la disponibilità
allo spirito di coalizione verso esponenti di sinistra. Questo fa si
che il partito che si profila dopo questa tornata elettorale sia chiamato
direttamente a cimentarsi con i temi della Sinistra se questa saprà
aprire un confronto serrato, anche aspro ma unitario.
Per questo non mi convincono l’analisi e la indicazione che stanno
nella relazione del Segretario: l’iniziativa unitaria, per essere
credibile, deve assumere il superamento delle divisioni e delle formazioni
politiche uscite dalla sconfitta del 2008. La Costituente Unitaria della
Sinistra torna ad essere la proposta forte e vincente rispetto alla
Federazione della Sinistra mai decollata e al raggruppamento instabile
di Sinistra Ecologia e Libertà. Italia dei Valori e persino il
Partito Democratico dovranno misurarsi in questa sfida alla luce della
scomposizione sociale e dei poteri connessa alla crisi del centrodestra.
È statica, arroccata nell’autoconservazione, senza ambizioni
la visione che ci viene rappresentata, pure con sfumature diverse, dalla
Segreteria anche in previsione del Congresso. Occorre mettere in campo
una analisi e una proposta di unificazione sociale, di unità
di classe si sarebbe detto una volta, e una strategia delle alleanze
sociali e politiche e, se non si vuole che, caduto Berlusconi, continui
la stessa politica, si deve avere il coraggio di partecipare alla definizione
del programma e della coalizione di alternativa. La dichiarazione preventiva
di non partecipazione ad un eventuale governo è espressione di
minoritarismo e di opportunismo e, per altro, fa emergere come marginale
e residuale la sinistra.
Marco Dal Toso
Il voto di Milano assume un evidente rilievo nazionale,nel caso in
cui la sconfitta storica del centro-destra venisse confermata dall’esito
del ballottaggio. Oltre alle possibili conseguenze sul piano della tenuta
governativa,il voto milanese sottolinea una possibile inversione di
tendenza politica e culturale proprio nella citta’ laboratorio
del berlusconismo; verrebbe sconfitto un blocco sociale fondato sull’
’intreccio pericoloso fra una destra populista reazionaria e settori
sociali affaristici di speculazione immobiliare e finanziaria”
.
Secondo un primo studio sulla composizione sociale del voto,il consenso
a Pisapia e alla coalizione(di cui facciamo parte a pieno titolo) e’
maggioritario in quasi tutte le categorie sociali(lavoro autonomo,lavoro
dipendente) ad eccezione delle casalinghe e dei pensionati. E’,
altresi’, premiante il voto dei giovani e delle donne. Come altrove,
il voto in coalizione eì premiante.
Il voto della Fds(presentatasi con una lista denominata “Sinistra
per Pisapia) deve ritenersi,infatti , positivo. Recuperiamo sul voto
delle regionali(4000 voti in piu’) ed eleggiamo un Presidente
del Prc nella terza circoscrizione municipale . Nel caso di esito positivo
del ballottaggio,confermeremmo il secondo consigliere comunale .Un voto,dunque,che
ci puo’ consentire di tornare a fare politica con credibilità.
Il voto del Pd va interpretato nella direzione di un premio alla forza
piu’ organizzata della coalizione senza che questo si sia tradotto
in una egemonia politica e culturale della stessa forza politica sul
piano dei contenuti programmatici .Il voto di Sel (al di sotto delle
aspettative) viene penalizzato dalla frammentazione delle liste e dall’assenza
del voto politico sul candidato “premier”.Occorre,dunque,
soddisfare la richiesta di unità a sinistra che emerge anche
dalla nostra base elettorale avanzando ai compagni di Sel la proposta
di costituire coordinamenti unitari in tutti i consigli comunali nei
quali siamo presenti.
Alessandro Giardiello
Dalle urne esce un quadro trasformato. La destra perde le elezioni
(Pdl e Lega), il Terzo polo è piantato al 5%, il Pd ha un risultato
positivo a Milano e Torino anche se vengono premiati i candidati alla
sua sinistra (Napoli, Milano, Cagliari). Grillo raccoglie un voto anti-sistema
basandosi sulle contraddizioni del Pd e non a caso sfonda in Emilia
Romagna.
IdV crolla (eccetto Napoli per l’effetto de Magistris), Sel avanza,
la Federazione della Sinistra mantiene le posizioni (meno 0,1% nei comuni
capoluogo rispetto alle regionali del 2010). Il voto delle provinciali,
per quanto più politico, non è significativo per il carattere
meno rappresentativo delle realtà in cui si è votato e
per l’assenza in quella competizione della lista dei grillini.
È discutibile la tesi del compagno Grassi che dice che avanziamo
dove ci presentiamo con il Centro-sinistra. Andiamo male in coalizione
con il Pd a Bologna, Novara, Rimini, Siena e Caserta.
Ovviamente il risultato di Torino non è soddisfacente ma bisogna
valutare il contesto e come siamo arrivati a definire un candidato indipendente,
dopo esserci genuflessi in ogni modo alla corte del Pd, che alla fine
non ci ha voluto.
Abbiamo prima avanzato la candidatura di Airaudo, poi atteso a lungo
una improbabile disponibilità di Cremaschi e solo all’ultimo
momento avanzato la proposta di Yuri Bossuto.
Sulla vicenda ex-Bertone, che aveva una rilevanza enorme, non abbiamo
preso una posizione per scelta nazionale. Segnalo a tal proposito la
posizione di due compagni del CC della Fiom (Brini-Santorelli) che è
stata l’unica di compagni iscritti al nostro partito.
Rispetto alle critiche di “pansindacalismo” che vengono
avanzate nei confronti della Fiom nella relazione, proverei a ragionare
piuttosto sulle gravi responsabilità del nostro partito e sui
limiti della sua politica sindacale. Non accetto inoltre che si avanzi
l’idea che sarebbe esaurita la lotta alla Fiat (o peggio che non
ci sarebbe mai stata la lotta di classe a Pomigliano ma solo una risposta
negativa al referendum). Consiglierei ai compagni del Cpn di leggere
il libro “Pomigliano non si piega” del circolo di fabbrica,
per vedere se c’è stato o no il conflitto di classe a Pomigliano.
A chi critica l’insuccesso della nostra candidatura a Torino domando
che ci dica chiaramente se a suo giudizio andava sostenuto il candidato
della Fiat, perché Fassino era il candidato di Marchionne. Né
più, né meno.
Checchè se ne dica il profilo nazionale del partito è
quello di accordarsi con il centrosinistra sempre e comunque e la scelta
di restare fuori (quando si verifica) viene spesso imposta dagli altri.
La FdS è un cartello elettorale, da tempo andiamo dicendo che
non può essere niente di più. Paradossalmente andiamo
meglio dove Prc e Pdci si presentano autonomamente (vedi il caso di
Reggio Calabria e Campobasso)
Un partito comunista serio non può far discendere la linea politica
da una semplice analisi dei risultati elettorali. Ci sono momenti in
cui una forza politica come la nostra deve avere la forza di andare
controcorrente.
Il pericolo più grande in questo momento è la deificazione
dei vari Pisapia e de Magistris, e cioè l’idea che si possa
avviare una politica di trasformazione attraverso un centrosinistra
“riverniciato”.
Un altro aspetto negativo in questo voto è che è ancora
prevalentemente un voto di opinione, c’è una sconnessione
tra il conflitto sociale e la sua traduzione in scelte politiche conseguenti.
All’interno di una generale avanzata delle sinistre noi raccogliamo
meno di altri. Questo risultato di “galleggiamento” va investito
su una strategia capace di sciogliere questi nodi.
La crisi del berlusconismo e la crisi del bipolarismo sono una realtà
manifesta.
In un contesto in cui Berlusconi affonda (auguriamocelo presto) la proposta
del Fronte democratico perde ancor più di consistenza. Ogni giorno
che passa il Pd calpesta la costituzione nelle fabbriche, sulla guerra,
sui diritti civili.
Lo spettro di un governo di centrosinistra a guida confindustriale che
segue alla caduta di Berlusconi diventa il pericolo principale.
C’è un progressivo avvicinarsi del partito su posizioni
governiste (che sappiamo essere prevalenti negli altri soggetti della
FdS). Ma se queste posizioni, che nel Cpn si sono manifestate, sono
chiare per quanto non condivisibili, Ferrero risponde ad esse con l’eclettismo
più totale.
Il rilancio del Prc e il rafforzamento della FdS. Il Polo della sinistra
d’alternativa (si parla di diventare il Terzo Polo della politica
italiana) e allo stesso tempo l’Alleanza democratica con il Pd.
Chi più ne ha più ne metta.
Rispetto al governo il segretario dice che non entreremo nel futuro
esecutivo di centrosinistra, ma che non lo diciamo pubblicamente. Se
gli altri ci chiedono la posizione al riguardo noi rispondiamo “che
non ce ne frega niente di rispondere a questa domanda”. Un ginepraio
incomprensibile. Una posizione che non reggerà alla prova dei
fatti, e che si basa sull’ambiguità più totale.
Per quanto ci riguarda presenteremo al dibattito congressuale una posizione
chiara che verterà sul rilancio della rifondazione comunista
e sulla costruzione di un polo della sinistra di classe alternativo
alle destre e al Pd.
Pensiamo che non debba essere sprecata l’opportunità che
esce dalle urne con stupidi tatticismi che non conducono da nessuna
parte. La generosità delle nostre compagne e dei nostri compagni
merita molto di più.
Claudio Grassi
Queste elezioni amministrative hanno assunto una valenza politica di
grande rilievo, forse inaspettata. La crisi della destra era già
significativa dopo la rottura tra Fini e Berlusconi. Si accentua fortemente
dopo questo risultato. Se i ballottaggi venissero vinti da Pisapia e
da De Magistris diventerebbe una crisi pesante. A maggior ragione se
consideriamo che questi dati testimoniano un arretramento nei consensi
sia di Berlusconi sia della Lega. Il partito di Bossi è quello
che più soffre in questa competizione elettorale. La sua base
è in tumulto. E noi, sappiamo per esperienze passate, che quando
la Lega si trova in queste situazioni, prende e decide in maniera radicale.
Può darsi che sia così anche stavolta.
Berlusconi arretra e perde significativamente il suo appeal, come dimostra
plasticamente il dimezzamento secco delle preferenze a Milano. È
questo un altro aspetto assai significativo della crisi della destra.
Sul Pd: in qualche provincia è andato indietro e a Napoli ha
avuto un risultato negativo, ma, complessivamente, esce da questa tornata
elettorale con una affermazione. In particolare esce rafforzata la leadership
di Bersani, sfidata alla vigilia delle elezioni da parte di Veltroni.
La vittoria di Torino e il successo delle liste a Milano e altrove danno
ossigeno al Pd e al suo segretario.
L’IDV invece perde ovunque, dobbiamo tenerlo in considerazione:
il dipietrismo comincia a mostrare alcune crepe dal punto di vista della
sua capacità attrattiva. SEL non sfonda ma ottiene un buon risultato,
un netto avanzamento rispetto alle elezioni precedenti.
Per quanto riguarda il nostro risultato si tratta, nel contesto dato,
di un risultato positivo, che ci consente di mandare avanti la nostra
impresa politica che era in una condizione rischiosa. Non dobbiamo dimenticare
che stiamo ragionando di un risultato che è al minimo della sopravvivenza,
per questo non dobbiamo enfatizzarlo né pensare che sia sufficiente
per ripartire (siamo per le provinciali sul livello delle europee e
per le comunali sul livello delle regionali: risultati che avevamo valutato
non positivamente). Dopo il vergognoso oscuramento che abbiamo subìto
e nel contesto dato è comunque un risultato importante e positivo.
Rispetto al nostro risultato, penso che alcune cose sia difficile metterle
non riconoscerle. È una costante: quando ci sono le elezioni
amministrative – in un sistema bipolare e maggioritario-: si va
meglio dove si e’ interni a una coalizione che abbia un minimo
di capacità di presa e attrattività.
Torino e Bologna sono situazioni completamente diverse, non possono
essere paragonate. A Bologna abbiamo votato due anni fa al Consiglio
comunale prendendo l’1.8%: la crisi c’era già, è
la crisi del partito di Bologna. A Torino passiamo dal 3.8 all’1.1%:
è difficile dire che il risultato è paragonabile. A Bologna
perdiamo lo 0,3%, a Torino 3/4 degli elettori! Dove siamo in coalizione
siamo percepiti come utili, dove facciamo alleanze con candidati credibili
andiamo bene, dove siamo costretti ad andare da soli con forze alla
nostra sinistra il risultato è disastroso: anche a Mantova –
dove ci siamo alleati con forze alla nostra sinistra – il dato
delle provinciali è alquanto negativo. Nelle coalizioni che abbiamo
costruito in alternativa al PD, quando ci alleiamo con SEL andiamo bene
(Macerata) e non andiamo bene quando facciamo l’alleanza con Sinistra
Critica o Sinistra Popolare. Questo è un dato che sta nella realtà
della nostra esperienza politica.
A differenza di quanto dicevano i sondaggi, la forbice tra noi e SEL
è contenuta e quindi ci offre delle possibilità. Questo
non è il momento per ridurre l’offensiva unitaria ma per
accentuarla verso un partito – come Sel – che si aspettava
tutt’altro risultato (consiglio la lettura dell’intervento
di De Cristofaro a Napoli, che dimostra come SEL sia attraversata da
discussioni e molti si stiano chiedendo se questa chiusura contro di
noi paghi oppure no).
Fronte democratico, offensiva unitaria a sinistra, rilancio della FDS,
questa è la linea da seguire.
Aggiungo una cosa: il terzo polo non esiste, esiste l’Udc con
la sua capacità di mantenere un proprio insediamento e allora
noi dobbiamo dire che il vero terzo polo è la Sinistra –
queste elezioni lo hanno dimostrato chiaramente – e dobbiamo lanciare
subito una proposta unitaria a SEL e IDV.
Perché se invece di andare in porto una nostra proposta di alleanza
con SEL e IDV va in porto, come a Torino, un’alleanza di centrosinistra
tra PD, IDV e SEL che si compatta su una proposta di governo con noi
fuori, alle elezioni politiche rischiamo di non superare l’1%
e di scomparire. Dobbiamo avere il nostro progetto, ma essere anche
unitari (unità-autonomia), altrimenti veniamo espulsi dalla politica,
oltre che dalla società.
Se fosse diversamente, il PCL avrebbe preso un buon risultato: guardiamo
un po’ anche come vanno le liste alla nostra sinistra! Sinistra
Critica prende lo 0.3% a Torino, sua roccaforte e il PCL nella citta’
di Ferrando – Savona – dove la Fds fa una alleanza larga
e prende il risultato migliore di Italia, dimezza i voti.
Noi dobbiamo mantenere il profilo di una forza politica autonoma dal
centrosinistra, ma unitaria.
Mario Iavazzi
Dalle elezioni emerge una chiara inversione di tendenza che da fiducia
a lavoratori, giovani e studenti del nostro paese. Il risultato fotografa
la fase nella quale i movimenti, a partire dal movimento operaio, stanno
alzando la testa. Lo abbiamo visto sulla vicenda di Pomigliano e Mirafiori,
il 16 Ottobre, il 14 Dicembre e nello sciopero della Fiom del 28 gennaio.
Anche lo sciopero del 6 Maggio è stato un importante successo
in termini di adesione allo sciopero e di partecipazione alle manifestazioni
da parte di settori del movimento che nella fase precedente era ai margini.
Il vento cambia, appunto, ma questo vento però non è passato
a Bologna. Negli ultimi 15 anni Bologna è trasformata a causa
delle politiche del centrosinistra di smantellamento dello Stato Sociale.
Abbiamo visto repressione e speculazione edilizia. Si è passati
dallo "sceriffo" Cofferati, le cui politiche securitarie sono
state solo la punta dell'iceberg, al "bandito" Delbono che
ha consegnato la città alla Commissaria Cancellieri. Delbono
è stato sostenuto dal nostro partito, scelta che ha lacerato
un grande patrimonio politico che era il Prc bolognese. Il partito a
Bologna, oggi, ha pagato la scelta di sostenere Merola, ex assessore
della giunta Cofferati, scelta non condivisa da 1/3 del Cpf bolognese.
Il 10% ai grillini è un voto alternativo al Pd e un voto antisistema,
seppur il Movimento 5 Stelle resti una formazione dal carattere reazionario.
A differenza di Napoli, le diverse liste che hanno sostenuto Merola
prendono circa 3% in più di quanto ha ottenuto il candidato.
Infine, credo che, aldilà di facili entusiasmi solo in parte
giustificati, si debba riflettere sul perché la Fds raccolga
solo il piccola parte lo spostamento a sinistra. Ancora una volta, una
delle ragioni principali va ricercata nelle contraddizioni e nelle ambiguità,
per usare degli eufemismi, della stessa Fds. Si può stare con
i metalmeccanici della Fiom che stanno costruendo una piattaforma alternativa
per il rinnovo del Contratto Nazionale e con i più di 3 milioni
di dipendenti pubblici a cui hanno bloccato il Ccnl per i prossimi anni
e allo stesso tempo stare con la Camusso che propone un nuovo modello
contrattuale che lascia spazio a deroghe e prevede dei contratti nazionali
leggeri come fanno dirigenti nazionali di Lavoro Società? Ci
si può dichiarare contro la guerra e poi votare contro la richiesta
al Direttivo Nazionale della Cgil di assumere una posizione chiara contro
i bombardamenti il Libia?
Esiste un nuovo quadro nei rapporti di classe che chiedono delle chiare
posizioni di classe da parte del nostro partito. Dovremo seriamente
cominciare a lavorare per questo.
Annalisa Magri
Compagni e compagne vi porto un contributo della segreteria provinciale
di Reggio Emilia.
Il documento originale è piuttosto lungo, pertanto questa è
una sintesi che si articola in 3 parti:
analisi di fase: il capitalismo in crisi di sovraproduzione e sovracumulazione
ha come unica risposta la guerra e l’attacco ai diritti dei lavoratori
e l’attacco al loro salario. In un quadro come questo, con la
zona Euro e Dollaro messe in difficoltà dal BRIC, l’Italia
vive una delle fasi più nere dal secondo dopo-guerra ad oggi.
Arrivando al tema di questo CPN, ovvero il risultato delle elezioni
amministrative, la nostra analisi del voto, che è fatta a caldo,
senz’altro parziale e ovviamente ferma ai risultati del primo
turno, ci porta a dire che se Berlusconi ha perso, il PD non stra-vince.
Non lo diciamo solo noi, ma lo affermano ormai anche tanti commentatori
autorevoli della politica. Non ha vinto ad esempio a Milano, dove in
realtà perse fin dai tempi delle primarie non ascoltando il cuore
dei propri iscritti e della propria base che pulsa evidentemente più
a sinistra che al centro. Così il candidato ufficiale è
stato un uomo, Pisapia, rappresentativo della sinistra a sinistra del
PD, tra cui la Federazione (anche se i giornali hanno oscurato totalmente
la nostra presenza e il nostro apporto), e non un uomo dell’establishment
piddino. Caso ancor più clamoroso a Napoli, in cui ad una sorta
di primarie postume, il miglior risultato l’ha portato a casa
De Magistris sostenuto da IDV e FdS. Il candidato Morcone, definito
un candidato pallido ha messo in luce anche lo stato di salute inferma
del PD nella città partenopea. De Magistris è un uomo
dal DNA comunista? Nemmeno per idea! Molte analisi sono state fatte
nei giorni a seguire il primo turno sulla fenomenologia De Magistris,
di certo comunque, ha rappresentato modi e programmi nuovi, diversi
da quelli triti propinati ai napoletani dal PD, nel suo regno ventennale
e da SeL. Non vogliamo nemmeno trascurare, tra i dati delle amministrative,
il risultato di un altro test elettorale: quello del Referendum contro
il nucleare della regione Sardegna. Test dal valore politico come gli
altri, che si configura come l’ennesimo schiaffo al Governo di
Berlusconi. Test che molti giornali hanno relegato in quindicesima pagina
se non totalmente ignorato. Ma il risultato del referendum è
stato che il 97% dei votanti ha detto NO al nucleare.
Per noi la ricerca di collegamenti e costruzione di rapporti con partiti,
organizzazioni e movimenti della sinistra sociale e politica (documento
di Chianciano), la lista anticapitalista delle Europee 2009, la costruzione
del polo della sinistra di alternativa (giugno 2009), il CPN del settembre
2009 in cui si intravedeva il primo embrione della FdS, il primo congresso
fondativo della FdS che si è tenuto “SOLO” nel novembre
del 2010. E da questo “solo” per noi si esce dalla storia
cronologica del progetto politico e si passa al commento e al giudizio:
andava fatta prima, andava fatta meglio.
Noi non rispondiamo solo oggi ad una chiamata che risale a molto tempo
fa, anzi, il gruppo dirigente e tutto il partito del PRC e del PdCI
reggiano hanno risposto con celerità e prontezza all’invito
contenuto nel documento nazionale del 13 settembre 2009 di fare su tutti
i territori le assemblee della FdS. Noi, lo ricordo ai compagni di questo
CPN, abbiamo organizzato la 1° festa provinciale della FdS con relativa
assemblea dal 24 al 27 settembre.
Dunque questo progetto lo sentiamo nostro da tempo, e nel quadro assai
complesso che abbiamo espresso in premessa, pensiamo che sia doveroso
da parte dei dirigenti ricercare un’agire comune sia del Partito
sia della galassia della sinistra anticapitalista e questo può
trovare la stura solo attraverso l’elaborazione di un progetto
politico comune e chiaro, che sappia prospettare un futuro altro.
Con fatica e con ritardo abbiamo dato vita alla Federazione della Sinistra
e ora dobbiamo far sì che sia il luogo dove i comunisti, la sinistra
anticapitalista, i movimenti trovino il terreno comune dove costruire
progetto e agire politico. Pertanto la Federazione della Sinistra non
può essere la semplice unione di gruppi dirigenti ma il luogo
dell’elaborazione comune e attraverso la stessa si potrà
unire la sinistra anticapitalista.
Dobbiamo chiederci perché tanti compagni sono impegnati nei diversi
movimenti e non trovano nel partito il luogo dove agire il loro lavoro;
l’antipolitica, anzi l’antipartitismo, hanno fatto breccia
anche nel popolo comunista che spesso sta alla finestra in attesa di
capire cosa farà il partito e dove andrà a finire.
E’ responsabilità in primo luogo dei dirigenti ricercare
l’unità nella chiarezza, superando quelle divergenze e
quelle rissosità capziose che hanno lacerato così profondamente
il partito; la base non riesce a comprenderle e non trova tutto questo
interessante culturalmente e politicamente, le giudica come battaglie
di potere (per esiguo che sia). Così come, ci rendiamo conto
dal nostro punto di osservazione, che nella Federazione qualcosa oramai
stona: PRC e PdCI, due partiti comunisti, i maggiormente rappresentativi
in Italia (ciò vale sicuramente per Rifondazione), stanno all’interno
dello stesso soggetto politico, unitario, federato ma ancora divisi,
soggetti autonomi e a volte incomunicanti. Per la nostra gente questa
divisione è orami incomprensibile.
E’ importante arrivare al prossimo congresso con una serena discussione
che non stigmatizzi le diverse posizioni e abbia lo scopo di valorizzarle,
come citiamo frequentemente, in una sintesi comune. Chi continua ad
avere l’ansia di contarsi per conquistare posti, gestire il partito,
o si rende conto che così si va all’esaurimento o è
un irresponsabile ambizioso di protagonismo, dobbiamo essere consapevoli
che, soltanto lavorando tutti insieme per rilanciare il partito e la
Federazione, per unire la sinistra anticapitalista in un progetto comune,
possiamo ridare fiducia alla politica e a coloro che guardano a noi
come punto di riferimento politico.
Adriana Miniati
I risultati elettorali vanno interpretati nel contesto dei conflitti
e mobilitazioni e sono confortanti : si interrompe declino e risultiamo
paritetici con Sel, protagonista di una scomposizione del Pd, non riuscita,
tesa a ucciderci. La Fds va bene se ha chiaro con chi e fino a dove
fare alleanze, essendoci una domanda diffusa di maggiore radicalità.
Il progetto privilegiato dal Pd,l’alleanza col Centro, è
penalizzato, e noi,finora condizionati dalla necessità di essere
centristi per forza, notiamo che il bipolarismo – che ha cambiato
il senso comune della democrazia in senso populista e autoritario- ne
esce scalfito. Laddove le coalizioni di sinistra alternativa sono andate
bene, non ha pagato solo l’unità( che è un valore
di per sè , se nasce da basi materiali comuni) , ma perché
sono riuscite a rompere il voto utile: ciò è avvenuto
per contenuti che hanno pesato nelle alleanze , creando così
un POLO, che ha polarizzato la contesa in modo virtuoso, realizzando
discontinuità, radicalità, e incontrando la volontà
degli elettori. Ergo bisogna sfidare Sel e incalzare il PD, nei suoi
temi omologati al centro-destra. Per dare il primato ai conflitti entro
cui si inscrive questo risultato, va superato lo stallo in cui versa
la FDS, per ora solo un comitato elettorale, e se a livello nazionale
è arduo farlo, occorre procedere a partire dai territori. E puntare
a costruire un Polo di forze, con una struttura a rete, che si collochino
nel grande spazio a sinistra del Pd. Non posso tacere nodi ineludibili
di difficoltà della Fds che sono : il problema del Lavoro ( del
sindacato, in generale) E il problema dello sbocco politico alla crisi
di Governo e di come si realizza il fronte democratico fra le forze
di Sinistra e il centro-sinistra. Dopo sciopero riuscito del 6.5., si
è data una torsione negativa ai movimenti di lotta,con un’accelerazione
moderata sia per il nuovo Modello contrattuale che per il Patto per
la crescita, arduo da sostenere, mentre la Ue vara misure feroci di
rientro dal debito.
Questi processi sociali e sindacali sembrano puntare gradualmente ,
con modalità concertative da far avanza Ciò comporta una
normalizzazione delle lotte se non una tacitazione dell’opposizione
sociale nel paese. Invece penso che ci sia bisogno di un’opposizione
duratura e anzi di una riscossa nel lavoro e nel paese.
Alba Paolini
Due sono i punti rilevanti dall’esito di queste elezioni. Il
primo, che la destra ha perso pesantemente. Il secondo, riguarda il
nostra partito e la FDS, si arresta il dato negativo delle ultime elezioni
e si intravvede una risposta positiva dell’elettorato nei nostri
confronti. Il risultato positivo è frutto della caparbietà
di molte compagne/i che hanno continuato a credere nel partito e hanno
generosamente fatto campagna elettorale stando nei luoghi di lavoro,
sui territori, nelle vertenze. Si avverte un nuovo clima nel partito,
sulla necessità di serrare le fila e di lottare insieme, superando
nei fatti le correnti interne, condurre insieme le battaglie ci fa bene
e si vede anche dai risultati. Dobbiamo proseguire sulla strada del
confronto con le altre forze che hanno assieme a noi ottenuto questi
risultati. Dobbiamo potenziare la possibilità della formazione
di una sinistra di alternativa. Dobbiamo investire di più sul
rafforzamento del partito soprattutto nei luoghi dove è maggiore
la difficoltà in cui versa la sua organizzazione (Torino e Bologna
sono due esempi). Ho fatto un sogno, come molti di voi, che ai ballottaggi
vincevamo a Milano e Napoli e che ai quattro referendum vincevano quattro
SI. Per questo Berlusconi cadeva e la Lega continuava a perdere fino
a scomparire. Per realizzare questo, da subito e senza sosta bisogna
proseguire la strada che stiamo percorrendo. Era ora.
Vincenzo Pillai
Sull’analisi delle amministrative sarde e delle ipotesi in campo
può informarvi meglio di me Laura: Io vorrei sottolineare che
reputo lo scontro intorno alla scadenza referendaria come l’elemento
più qualificante della svolta che auspichiamo. Come sapete in
Sardegna siamo riusciti ad ottenere una partecipazione al voto del 60
% che mi induce a pensare che se saremo in grado di svolgere nei prossimi
giorni un lavoro capillare anche fuori dalle metropoli il quorum non
è irraggiungibile.
La sconfitta nei referendum è molto meno riassorbibile da Berlusconi
della stessa auspicata sconfitta nei ballottaggi; perché sono
interessati ai referendum da un lato una popolazione sempre più
attenta a quanto sta avvenendo, dall’altro soggetti, anche mafiosi,
con investimenti e relazioni internazionali, che possono essere indotti
a scaricare rapidamente un Berlusconi non in grado di fornire garanzie
ai grandi progetti di ristrutturazione capitalistica attraverso un ulteriore
controllo del territorio e la messa all’asta dei beni pubblici.
Anche la lotta che stiamo conducendo contro l’installazione di
quattro radar nelle coste occidentali della Sardegna rientra in queste
considerazioni. Penso che, se vinceremo, il dopo referendum ci porrà
di fronte ad una situazione che non abbiamo ancora conosciuto ( per
l’intreccio fra una situazione sociale solo apparentemente pacificata
e succube, una ridislocazione rapida di poteri forti, la crescita di
una confusa identità generazionale fra i giovani) e che richiederà
una rapida messa a punto del nostro progetto ancora troppo influenzato
da pratiche e valorizzazione dei momenti elettorali.
Gianluca Schiavon
Condivido la valenza politica del voto del 15 maggio scorso. Valenza
che va inserita nell’analisi di fase: si tratta di un voto influenzato
dalla crisi mondiale, crisi costituente che sta cambiando il mondo nei
rapporti economici, quindi negli assetti di potere e sociali. Si sentiva
in campagna elettorale un’attenzione particolare alle rivoluzioni
in Magreb, all’assetto del Medio oriente, al problema dell’euro.
I temi dell’attualità continentale incidono sulla locale:
guerre, migrazioni, carestie, debiti sovrani dei Paesi. I risultati
elettorali quindi non sono da leggere solo come un referendum contro
Berlusconi, ma come una risposta in alcuni casi autenticamente di sinistra,
in altri più moderata, alle due opzioni politiche in campo: quella
reazionaria e quella tecnocratica.
Il risultato amministrativo buono nelle condizioni date ci permette
di essere uno dei soggetti politici in campo rilanciando l’alleanza
democratica costituzionale su punti chiari: una battaglia contro il
bipolarismo, una battaglia sulla piattaforma economica, una battaglia
per un’Europa democratica. Bersani deve chiarire quale profilo
vuole dare al suo partito, se appoggia la proposta di patrimoniale,
ad esempio. Alleanza che non può prescindere dal duplice buon
risultato dello sciopero generale: nelle oltre 200 manifestazioni della
Cgil e nell’eccedenza di soggetti sociali che hanno generalizzato
lo sciopero.
Il secondo compito è rilanciare un’offensiva per l’unità
della sinistra. Il Partito è in campo, la Federazione è
in campo, e devono rispondere alla domanda di unità a sinistra
rilanciando a Sel e all’Idv un patto d’azione comune su:
guerra, referendum di giugno e istruzione e ricerca pubbliche. Sel e
Idv devono capire che senza una sinistra forte e unita sui contenuti
non ci può essere confronto equilibrato con il PD e senza confronto
programmatico non si costruiscono coalizioni.
La priorità è il rilancio della Fds che si apra a nuovi
soggetti sociali e politici definendo un profilo elettorale certo. Non
può più succedere tra settori della Fds ci si presenti
alle elezioni in coalizioni differenti e che proprio chi vuole l’unità
dei comunisti si renda responsabile di divisioni.
Per rilanciare la Fds e riaggregare la sinistra di alternativa dobbiamo
impegnarci non per un congresso di conta tra gruppi dirigenti ma per
un Partito che approfondisca l’analisi di un innovato movimento
della sinistra antagonista e comunista in Italia e in Europa. Quella
di un congresso unitario è un'esigenza sentita tra i nostri militanti,
i protagonisti delle amministrative e del nostro rilancio.
Bruno Steri
L’incredibile scostamento tra il modo in cui siamo stati trattati
prima delle elezioni – quasi fossimo ormai un “cane morto”
– e l’esito di queste stesse ha giustamente colpito l’immaginazione
e l’orgoglio dei nostri compagni. Non solo sondaggi a senso unico,
risultati alla prova dei fatti del tutto fallaci, ma un sistematico
oscuramento su tutti i mezzi d’informazione. Penso che l’inflessibile
censura riservata dai media al Prc e alla Federazione della Sinistra
negli ultimi mesi sia un fatto talmente anomalo, rispetto a quanto a
mia memoria è avvenuto in passato, da configurare un vero e proprio
caso. Che i Tg serali, il venerdì precedente il week-end elettorale,
diano l’elenco delle forze politiche partecipanti al voto, concedendo
a tutti i leader (compresi ad esempio Bonelli e Storace) qualche secondo
di spazio televisivo ed omettano tranquillamente di menzionare la FdS
è un fatto molto grave, che chiama in causa non semplicemente
la furbizia e le strategie di chi detiene il potere mediatico, ma il
funzionamento di un servizio pubblico. Siamo qui in presenza di un atto
di disinformazione che è immediatamente una grave lesione democratica.
Siamo oltre i limiti della decenza: mi piacerebbe capire se siamo anche
oltre i limiti della legalità. Per questo, oltre a sit-in, proteste
eclatanti ecc., che sono sacrosante, sarebbe forse il caso di ragionare
con chi è più competente di me in materie giuridiche applicate
al mondo dell’informazione. E’ possibile che non si cavi
un ragno dal buco; tuttavia credo giusto sondare la possibilità
di una concreta reazione anche in questo ambito.
Vengo alla valutazione del voto. Concordo nel dire che il Pd riscuote
senz’altro un successo elettorale, senza che ciò significhi
che questo partito abbia risolto tutti i suoi problemi. “La destra
perde e noi vinciamo”, dichiara a giusto titolo Bersani. In effetti,
il voto sancisce un successo della sua leadership e, nel contempo, evidenzia
una battuta d’arresto per quelle posizioni che, all’interno
del suo partito, ne contestavano l’autorevolezza (vedi Veltroni,
il quale non a caso si era affrettato a chiedere una verifica interna
dopo il voto). In particolare, le vittorie al primo turno di Pisapia
a Milano e di De Magistris a Napoli (ma, più in generale, l’andamento
complessivo del voto) fanno registrare un salutare spostamento a sinistra
del quadro politico. Gli esponenti delle destre si precipitano a dichiarare
che il Pd è diventato “ostaggio degli estremisti”
(in un paio di casi ho letto addirittura “ostaggio di Rifondazione
comunista”: oddio! Almeno in questo senso, ci hanno resuscitato!).
E’ ovviamente un’esagerazione retorica, tuttavia essa contiene
una verità interna: c’è uno spostamento a sinistra
che non fa gioire le destre e nemmeno i moderati di centro. Con ciò,
non si deve pensare che le contraddizioni del Partito democratico siano
destinate a sciogliersi nel breve/medio periodo. Non lo penso. Non si
può dimenticare il fatto che il vero dominus del Pd sia Giorgio
Napolitano: è il Presidente della Repubblica che si è
incaricato in questi mesi di esprimere al sommo livello l’anima
moderata del Pd. Ritengo sia ancora in questa direzione che tende ad
andare l’ago della bussola di questo partito. Quel che avviene
attorno a noi non sembra alludere ad un assopimento dei contrasti: basti
pensare all’ulteriore batosta sociale che si sta preparando in
Europa (su cui la Cgil ha già lanciato l’allarme) e all’avventura
bellica in Libia in cui il nostro Paese si è sciaguratamente
infilato. Si tratta di questioni che pesano sul Pd e sul suo elettorato:
per questo occorre incalzare questo partito, insistendo sugli anzidetti
contenuti oltre che sulla riproposizione dell’alleanza democratica
per cacciare le destre dal governo.
Tutto questo, ovviamente, si riflette su SeL e, più precisamente,
sul progetto politico di Nichi Vendola. Anche Vendola dovrà passare
dalle parole ai fatti. E decidere se continuare a guardare al centro-sinistra
nel suo complesso, aspettando un big bang che non pare affatto alle
viste, oppure se volgersi a sinistra per guadagnare un più forte
potere di contrattazione. E dunque anche verso di noi. Ecco perché
è decisivo capire – e mi compiaccio che la nostra discussione
dia nel merito risposte incoraggianti – che questa è l’ora
dell’offensiva unitaria. Concordo con Ramon Mantovani: se i rapporti
di forza tra la FdS e SeL fossero stati quelli che indicavano i sondaggi
(1 a 9, 2 a 8 e via di questo passo) la nostra offerta di unità
sarebbe risultata (e in effetti risultava) fragile e, per certi versi,
ambigua: “ora che siete a un passo dalla tomba vi accorgete dell’unità?”.
Bene, non abbiamo risolto tutti i nostri problemi ma siamo vivi e vegeti:
rinnoviamo ora la nostra proposta unitaria, a voi e a tutta la sinistra
di alternativa. Sta a voi accettarla o rifiutarla. Anche da questo dipende
non il destino di questo o quel gruppo dirigente, ma la capacità
di lotta e le potenzialità di successo delle lavoratrici e dei
lavoratori di questo Paese.
Sandro Targetti
La crisi delle destre è reale e può incoraggiare il successo
nei ballottaggi ed ai prossimi referendum. I risultati FdS/PRC alle
provinciali (meno alle comunali) smentiscono i sondaggi e la pesante
censura mediatica, ma ci ripropongono i problemi di fondo degli ultimi
anni: 1) il partito non ha praticato la svolta a sinistra di Chianciano
e si è caratterizzato con scelte legate più ad un malinteso
senso della “sopravvivenza”, che non al merito dei contenuti.
Anche dove ci siamo presentati in alternativa al PD, questa scelta è
stata, per lo più, obbligata dall’arroganza del PD, ma
non cambia la linea di fondo. Permangono infatti nella FdS forti “doppiezze”
e vocazioni “governiste” che producono enormi contraddizioni
nei territori. A Siena, il segretario nazionale ha di fatto imposto
l’accordo col PD, nonostante la contrarietà del CPP. 2)
la Federazione della Sinistra, proprio per gli assetti che si è
data, si caratterizza per lo più come operazione di ceto politico,
non legittimata da alcun mandato congressuale, priva di un reale coinvolgimento
dal basso e con forti problemi di linea politica su temi centrali (lotte
sociali, CGIL, rapporto col PD..). Non serve un generico rilancio, ma
una chiara autocritica ed un percorso nuovo per ricostruire nei conflitti
una sinistra anticapitalista ed un’alternativa di società;
3) il partito non ha praticato una reale diversità dal “modello
vendoliano” che in questa fase, nonostante le contraddizioni,
risulta più appetibile sul terreno mediatico ed elettorale; 4)
la tattica elettorale per sconfiggere le destre è possibile ed
efficace solo se non separa la questione democratica da quella sociale,
ma su questo nel partito non c’è chiarezza ed aumenta l’ambiguità
sul “fronte democratico” e sullo strumento delle primarie,
prodotto dal bipolarismo; 5) rimane irrisolta la questione centrale
della rifondazione-riaggregazione comunista e della ricostruzione di
una sinistra indipendente ed alternativa al PD. Esprimo un netto dissenso
verso la linea della segreteria nazionale. Occorre una svolta ed una
discussione vera che riporti tanti compagni/e delusi alla partecipazione,
nello spirito dei “100 circoli”! Altro che Congresso unitario,
i problemi del partito e la degenerazione delle “aree” non
dipendono dalla presenza di posizioni diverse, ma dall’assenza
di una reale dialettica e confronto con la realtà.
Sandro Valentini
Occorre leggere in termini politici e non solo elettorali il voto.
In termini generali il risultato ci parla: a) di una vittoria del centro-sinistra,
con una sinistra che si attesta dopo anni a oltre il 10 per cento; b)
di un terzo polo che fatica a decollare – tiene solo l’Udc
di Casini – e comunque non supera lo sbarramento del 5 per cento;
c) di un centro-destra in forte calo di voti, sia nella variante leghista
sia in quella del Pdl. Una dura sconfitta che ha evidenziato dunque
la crisi profonda del blocco di centro-destra e del berlusconismo, che
potrebbe essere addirittura accentuata e accelerata dall’esito
positivo dei ballottaggi e da un non impossibile successo referendario.
Sarebbe riduttivo individuare solo nelle molteplici vicende giudiziarie
di Berlusconi e nelle crisi economica e sociale che attanaglia l’Europa
le ragioni politiche della sconfitta e della drastica caduta di consensi
al centro-destra. In questi ultimi due anni, per merito soprattutto
della Cgil che ha condotto, tra limiti, errori e contraddizioni, una
lotta di resistenza contro lo smantellamento di ciò che resta
dello Stato sociale, si sono sviluppate lotte sociali, momenti alti
di mobilitazione popolare e di massa degli operai e del mondo del lavoro,
degli studenti e dei precari e un ampio e unitario movimento per i diritti,
la legalità democratica e la difesa della Costituzione, che hanno
determinato una forte volontà di cambiamento, espressa chiaramente
nel voto.
Sia pur nell’ambito di quadro di riferimento che resta ancora
purtroppo bipolare si è determinato uno spostamento a sinistra
del Paese di cui dobbiamo assolutamente tenere conto. Per la prima volta
nella sua storia il centro-sinistra non ha rincorso il centro nella
ricerca dei consensi, ma ha attivato forze ed energie a sinistra. Se
tre candidature, come quella di Pisapia, di De Magistris e di Zedda
hanno raccolto così tanti consensi a Milano, a Napoli e a Cagliari
ciò è dovuto principalmente a questa ragione, al mutamento
dei rapporti di forza per la prima volta a favore della sinistra nell’ambito
del centro-sinistra. Proprio per questo mi pare di poter dire che è
possibile costruire un centro-sinistra nuovo che non sia la semplice
riedizione dell’Ulivo o dell’Unione. Questo dato di fondo
non deve sfuggirci. La domanda di cambiamento si è accompagnata
alla richiesta di unità e chi non è stato dentro a questa
duplice richiesta è stato fortemente penalizzato: la Fds a Torino,
il Pd e Sel a Napoli.