Partito
della Rifondazione Comunista
Comitato Politico Nazionale 17 - 18 luglio 2010
Inizio questa relazione sottolineando due elementi che nessuno di noi
avrebbe dato per scontati, anche solo qualche settimana fa.
La raccolta di firme per l'acqua pubblica
Il primo è il risultato del referendum sull'acqua. Si consegneranno
le firme domattina, (oltre 1 milione di firme raccolte e con una quota
di firme certificate molto vicine al milione), peraltro le compagne
e i compagni di Rifondazione, della Federazione, sono attualmente in
direzione nazionale a finire la certificazione, visto che abbiamo dato
la sede di Rifondazione comunista come sede per il controllo delle firme
raccolte, dando un contributo ulteriore al movimento. Penso che non
fosse un risultato che ci aspettavamo in queste dimensioni tanto più
che al referendum sull'acqua il Partito democratico ufficialmente non
ha aderito, anzi ha promosso una raccolta di firme per una legge di
iniziativa popolare, abbandonata miseramente nel nulla, e l'Italia dei
valori, che ha aderito alla campagna, ha proposto una raccolta di firme
su tre altri referendum concorrenti tra cui uno sull'acqua che se passasse
la situazione sarebbe semplicemente riportata a quanto deciso dal governo
Prodi, cioè il fatto che decidono i comuni e non che l'acqua
è pubblica di per sé. E l'Italia dei valori ha avuto alcuni
problemi a raccogliere le firme. Segnalo questo elemento perché
dice di una situazione nel paese non pacificata e non ci sono solo movimenti
di opinione. Per raccogliere le firme c'abbiamo messo anche del nostro,
ma c'è stato un tessuto di comitati, di gruppi, di relazioni,
una rete di relazioni assai diffusa. In questo paese permane questa
rete di una sinistra diffusa che si mobilita su obiettivi specifici.
Fino ad oggi abbiamo lavorato sostanzialmente a raccogliere le firme,
adesso va fatta una gestione politica molto forte perché non
sfugge a nessuno come il dato di fondo di questo referendum sia un dato
profondamente anticapitalista. Di fronte ad una crisi economica che
viene affrontata in termini di peggiorare le politiche neoliberiste,
in particolare a livello europeo, quel referendum pone il problema di
un'uscita da sinistra e quindi un'uscita sul terreno della de-mercificazione,
dell'ampliamento degli spazi pubblici, dalla crisi dei beni pubblici
contro l'idea della privatizzazione.
Pomigliano
Il secondo punto che volevo sottolineare come elemento di controtendenza
è il 36% di voti no al referendum di Pomigliano. Anche questo
risultato nessuno di noi se lo sarebbe aspettato, comprese le compagne
e i compagni in fabbrica. Nel senso che la situazione lì era
una situazione in cui i due quesiti erano "vuoi tu perdere il posto
di lavoro o vuoi tu lavorare come uno schiavo?" Di fronte a questo
tutti pensavano che alla fine i lavoratori avrebbero fatto l'unica cosa
possibile, cioè in una condizione disperante come quello occupazionale
dell'area del napoletano uno penserebbe di essere obbligato a lavorare
in quella condizione. Invece in quelle condizioni il risultato complessivo
del referendum è stato un risultato importante, e segnala grande
dignità e una soggettività operaia. I lavoratori della
Fiat sono stati in questi giorni in lotta, contro il taglio salariale
che la Fiat ha fatto proponendo sostanzialmente l'azzeramento del premio
di produttività per quest'anno. Sono scesi in sciopero a Mirafiori,
hanno scioperato in altri stabilimenti, a Melfi, e la Fiat ha risposto
al no di Pomigliano e alle lotte a Mirafiori e a Melfi con dei licenziamenti,
di impiegati, operai e delegati sindacali contro cui sono partite altre
lotte. La situazione italiana è tutta come Pomigliano, in cui
non c'è un consenso alle politiche di destra; c'è una
difficoltà a trovare le forme e i modi attraverso cui esprimere
in modo efficace il dissenso. Lo vorrei proporre come punto di analisi,
perché uno potrebbe pensare che la situazione è pacificata,
che la situazione è normalizzata. Penso invece che ci sia un
elemento di soggettività dentro la crisi. Credo che questa soggettività
sia presente nel paese ma credo anche che ci sia una fortissima difficoltà
a unificarlo e a determinare la credibilità del conflitto. Questo
è il principale problema politico che abbiamo.
Partire dalla soggettività. Sulla vicenda di Pomigliano la Confindustria,
la Fiat e il governo e in generale i poteri forti di questo paese han
preso un colpo molto pesante rispetto alla posta in gioco che avevano
costruito. Perché la vicenda di Pomigliano non era solamente
una vicenda sindacale, non era solo che la Fiat vuole far lavorare di
più i lavoratori. La FIAT voleva smontare i contratti nazionali
di lavoro, a smontare la Costituzione, perché lì c'era
in discussione il diritto di sciopero costituzionalmente tutelato. La
FIAT voleva un plebiscito operaio sulla modifica alla Costituzione.
Da questo punto di vista la vicenda di Pomigliano è stata la
cartina di tornasole di come sono schierate le forze in campo che ha
riproposto grosso modo esattamente la discussione che abbiamo avuto
anche quando eravamo al governo con Prodi su tutte le vicende che toccavano
i poteri forti. Quando tocchi i punti di fondo dello schieramento sociale
e quindi le politiche che vanno in un senso o in un altro rispetto alla
condizione concreta, il posizionamento del Partito democratico è
invischiato pesantemente nella rete dei poteri forti.
La crisi
Questi elementi di soggettività presenti sono il punto da cui
fare leva. In che contesto si presentano? Il contesto della crisi economica.
Si conferma l'analisi che abbiamo fatto, e vorrei orgogliosamente rivendicare,
perché abbiamo avuto ragione dall'inizio. Crisi strutturale destinata
a durare anni, in cui l'elemento dell'occupazione è destinato
a durare con questi livelli di gravità e anche peggiori per un
lungo periodo: il dato è che la crisi si presenta come una fase
e non come un passaggio. Siamo oramai ai due anni ed è destinata
a durare, cosa particolarmente vera in Europa. È evidente che
in Cina non c'è la crisi, negli Stati Uniti c'è di meno,
si concentra sull'Europa. L'Europa ha scelto di fare delle politiche
economiche deflattive, che puntano a ridurre ulteriormente i costi della
produzione, tenere bassa l'inflazione e per questa via ridurre la massa
monetaria di esposizione della popolazione. Il primo passaggio è
la stangata di trecento miliardi di euro fatta in seguito alla crisi
greca. La speculazione è stata utilizzata per giustificare le
stangate, ma queste stangate non servono a bloccare la speculazione,
perché la speculazione va bloccata in altre vie, come gli interventi
sui mercati azionari impedendo la vendita allo scoperto ma certo non
attraverso le stangate che invece sono modo attraverso cui vengono redistribuite
risorse dal lavoro verso la speculazione. L'Europa ha quindi scelto
la via deflattiva e la stangata di 300 miliardi è la prima parte,
per arrivare in ottobre a provvedimenti che nella testa di qualcuno
potrebbero addirittura portare alla modifica dei trattati per rendere
automatiche le sanzioni su chi non rispetti un rientro del deficit più
pesante di quello stabilito sui trattati di Maastricht. L'idea è
di portare al massimo all'uno e mezzo il rapporto deficit Pil e la BCE
ieri Ha detto che non è sufficiente. Quindi l'idea è per
tutti paesi che hanno più del 60% del rapporto debito Pil un
rientro accelerato del debito che si tradurrà in ulteriori massacri
sociali.
L'idea, a livello europeo, è che le multe per chi non rispetta
i parametri siano automatiche col taglio dei trasferimenti dei fondi
strutturali. Questo farebbe si che per un paese come l'Italia le finanziarie
dei prossimi 4 - 5 anni sono già scritte. Il massacro sociale
proseguirà nell'ordine di una ventina di miliardi all'anno. Ed
è un elemento cumulativo. Perché più tagli la spesa
sociale e più si riduce il prodotto interno lordo e siccome quello
che è in discussione è il rapporto tra il deficit e il
prodotto interno lordo, come risultato si riduce il prodotto interno
lordo: è una spirale deflattiva identica alle politiche seguite
fino al New Deal dopo la crisi del '29, che in Europa hanno portato
al nazismo.
L'Europa
Questa politica si basa sull'ipotesi tedesca, di riuscire a far sì
che l'Europa continui ad essere un continente di esportazione di merci.
L'idea di abbassare i costi, tenere bassa l'inflazione è un'idea
di essere più competitivi sulla vendita delle merci. Al G20 di
qualche giorno fa la domanda che hanno fatto agli europei è stata:
"ma a chi pensate di venderle quelle merci, ai marziani?".
Perché è evidente che esportare in Cina è complicato
e lo è anche esportare negli Stati Uniti. E quindi l'idea su
cui si basa questa politica deflattiva è un'idea priva di sbocco
perché l'Europa ha avuto qualche vantaggio competitivo dalla
svalutazione dell'euro e questo vantaggio è tuttora in corso,
ma non è in grado questo di rilanciare lo sviluppo dell'economia
europea trainato dalle esportazioni, perché non c'è il
mercato verso cui farlo.
La seconda considerazione è che se queste sono le politiche
che vengono fatte a livello europeo, a mio parere non esiste in Europa
oggi una possibile linea di riformismo borghese. Non c'è una
possibilità di una linea di riformismo borghese non destabilizzante
sul piano dei rapporti sociali. Non c'è una parte di borghesia
o di classe dirigente che sia in grado di autonomizzarsi da quello che
è l'intreccio tra rendita finanziaria e profitto e tutela delle
rendite di posizione quando queste concretamente distruggono la possibilità
di uno sviluppo economico. Il caso della Germania appare palese: la
Germania è intervenuta in Grecia per salvare le banche tedesche,
le quali sono piene di titoli greci, ma appunto le politiche vengono
fatte sul loro blocco sociale, sulla garanzia del loro blocco sociale.
Il blocco sociale attuale è particolarmente reazionario perché
se voi guardate l'analisi e su come è fatto il reddito in Italia
(per fare un esempio) vedrete che il reddito in questi dieci anni si
è polarizzato, con un 10% della popolazione che possiede il 60%
da ricchezza e il 60% della popolazione in basso che possiede il 10%
. Questo tipo di strutturazione sociale assomiglia molto all'America
Latina delle dittature. È un'oligarchia non è altro. Io
penso che questo renda molto complicato delle politiche di riformismo,
come invece in qualche modo negli Stati Uniti si stanno producendo.
Tenete conto che le scelte fatte dagli Stati Uniti sulla riforma fatta
da Obama pochi giorni fa danno poteri alla Federal Reserve e al governo
degli Stati Uniti che qui il Pd non vive. Cioè che sono considerate
bolsceviche nella vulgata neoliberista europea in cui la Banca centrale
deve essere completamente autonoma. Una specificità europea molto
negativa.
Berlusconi
In questo contesto il governo Berlusconi si muove per trasformare la
crisi in crisi costituente cioè di utilizzare la crisi economica
per cambiare radicalmente la Costituzione e i rapporti sociali del paese.
Il caso della Fiat dice che c'è una completa sintonia tra Confindustria
e governo Berlusconi sul tipo di operazione che deve essere contemporaneamente
di aumento dello sfruttamento, di riduzione del welfare e di riduzione
della democrazia Pomigliano . Questa situazione crea delle contraddizioni:
le crea sul versante della destra su un piano liberale, come l'opposizione
di Fini. Dentro questa crisi che è destinata a durare abbiamo
una crisi organica, una palude. Vi è una difficoltà all'uscita
e in cui la politica è ridotta nella sua parte maggioritaria
a elemento di aggregazione tipo populista.
Qual è l'esito possibile sul piano immediato? È difficile
fare delle previsioni, c'è il dato della possibile crisi di governo,
Berlusconi avrebbe tutto l'interesse di andare a votare per far fuori
l'opposizione interna al Popolo delle libertà perché il
Popolo delle libertà o è un partito monarchico o non è.
Berlusconi non è però sicuro che se si fa una crisi di
governo si fa dopo automaticamente a votare, perché Fini non
vuole andare a votare per un motivo banale che se si vota con questa
legge elettorale nel Popolo della libertà il suo gruppo verrebbe
massacrato e se Fini facesse un terzo polo con Casini con questa legge
elettorale molto probabile che consegnerebbero vittorie nelle mani di
Berlusconi. E quindi l'effetto che si produrrebbe sarebbe di riconsegnare
lo scettro a Berlusconi in un contesto in cui nella prossima legislatura
si voterà anche il presidente della Repubblica. C'è quindi
la possibilità che una crisi eventuale aperta da Berlusconi non
porti al voto ma porti ad un governo di transizione, che, come avete
visto, si è cominciato a declinare in vari modi.
Noi dobbiamo proporre l'obiettivo che il governo se ne vada subito;
se il governo se ne va a casa ci devono essere le elezioni subito e
proporre per l'elezioni lo schema che abbiamo già detto e cioè
alleanza democratica con un aggregato che faccia un'alleanza di governo.
Penso che noi dobbiamo proporre questo schema perché un governo
di transizione può semplicemente fare di tutto: leggi elettorali
che vanno bene o che vanno male, stangate economiche pazzesche perché
le vere stangate si fanno con l'unità nazionale; può fare
di tutto. L'idea che noi appoggiamo un governo di transizione è
sbagliata e la nostra parola d'ordine deve essere cacciare Berlusconi
il più presto possibile, andare alle votazioni con uno schieramento
alternativo con cui noi vogliamo fare un accordo elettorale, non di
governo, per battere Berlusconi e il bipolarismo.
Costruire opposizione sociale e politica
Per questa situazione di interessi divaricati è possibile che
il governo stia in piedi. In particolare a me pare che la forza principale
di Berlusconi è che l'opposizione è sostanzialmente un'opposizione
di tipo liberale. Che contrasta Berlusconi sul piano dei diritti e non
contrasta Berlusconi sul piano dei rapporti sociali. In questo contesto
che cosa dobbiamo fare noi? Ho già detto sul piano della valutazione
dell'immediato. Dobbiamo provare a far leva su quell'elemento di soggettività
presente nel paese per provare a costruire un'iniziativa politica che
aggreghi le forze della sinistra (sinistra, sinistra di alternativa,
chiamatela come volete) che sia in grado di essere contro il governo
Berlusconi, contro la politica della Fiat, contro le politiche europee
di colpo di stato monetario. Bisogna provare ad aggregare questo perché
è un anno che noi proviamo a chiedere al Partito Democratico
di costruire assieme un'iniziativa di qualche natura, anche sociale,
di opposizione, ed è sostanzialmente un anno che non si riesce
a fare niente. Quel terreno non va abbandonato ma il problema che abbiamo
è di come si riesce a far sì che quella soggettività
che si esprime nel firmare i referendum sull'acqua, nel votare no Pomigliano,
ecc., diventi un fatto politico. Questo è il nostro principale
compito. Il tema dell'unità a sinistra passa di qua, perché
se la sinistra ha senso, lo ha nella misura in cui riesce a costruire
quest'elemento di opposizione al complesso della manovra che sta andando
avanti dal punto di vista del governo e della Confindustria, dell'Europa.
Registro positivamente che i giudizi che abbiamo dato su questi diversi
aspetti, perlomeno sul versante governo Fiat, sono più o meno
identici tra noi, Sinistra e libertà, Sinistra critica, Pcl,
Fiom, parte della Cgil, sindacalismo di base. C'è un arco di
forze cave su cui lavorare. Penso che il segnale politico principale
che deve lanciare questo comitato politico è la proposta a tutta
la sinistra sociale politica culturale, di lavorare per costruire insieme
una mobilitazione in autunno che dia luogo ad una manifestazione nazionale
che abbia queste caratteristiche: contro Berlusconi, contro Marchionne,
contro la Bce.
Credo che su questo dobbiamo lavorare senza nessun settarismo, e tutto
quel che porta a quel risultato va bene. Il segnale principale che noi
diamo è che a partire da questa manifestazione lavoriamo a costruire
a l'aggregazione della sinistra di alternativa.
Noi dobbiamo puntare a questa iniziativa con l'obiettivo esplicito di
provare poi a trasformare lo schieramento che costruisce un'iniziativa
di massa nella costruzione di uno schieramento referendario per fare
i comitati per il Si sull'acqua e costruire una campagna referendaria
di referendum sul lavoro, perché nell'autunno presumibilmente
il governo chiuderà la partita del collegato lavoro e il tentativo
di distruzione dello Statuto dei Lavoratori. Peraltro la politica di
Berlusconi è pressoché identica a quella che ha proposto
in Spagna il governo Zapatero; la logica è la stessa dappertutto:
distruzione dei contratti nazionali di lavoro, distruzione dei diritti
del lavoro.
Lavorare quindi per la manifestazione in autunno e adoperarsi per coagulare
una coalizione che possa proseguire nella gestione della campagna referendaria
sull'acqua e nella promozione di una campagna referendaria sul lavoro.
Occorre ricostruire la coalizione che aggregammo sul referendum sull'articolo
18, senza ripetere gli errori che facemmo nel 2003, quando di fronte
al mancato raggiungimento del quorum, abbandonammo il campo dell'alternativa
per giocare tutte le nostre carte nell'accordo con il centrosinistra.
Dobbiamo cioè costruire un percorso di unità a sinistra
che intrecci questione sociale e soggettività politica evitando
di declinare il tema dell'unità solo in termini di alleanze.
Il punto è la costruzione di un processo politico vero, nel vivo
della società, non un puro rapporti tra stati maggiori.
La costruzione dell'unità a sinistra la proponiamo quindi a
partire dalla costruzione della mobilitazione dell'autunno e dall'iniziativa
sociale. In questo quadro lavoriamo alla costruzione della Federazione
della sinistra. Il percorso congressuale comincerà entro la fine
di luglio con il varo del documento politico e del regolamento e il
percorso congressuale si concluderà entro la fine dell'anno.
Penso che sia un passo importante perché il riuscire a costruire
la Federazione con un indirizzo politico esplicitamente orientato ad
aggregare una sinistra autonoma dal Partito democratico e dal centrosinistra
è un passaggio decisivo. L'autonomia dal centrosinistra, la capacità
di darsi un progetto politico strategicamente alternativo, è
l'unica vera discriminante che noi dobbiamo porre nel lavoro per l'unità
della sinistra.
Il nostro obiettivo strategico è aggregare tutta la sinistra
di alternativa. La Federazione della sinistra rappresenta già
questo obiettivo? No, ma è un passaggio ineludibile e decisivo.
Il nostro ragionamento da questo punto di vista è opposto a
quello che fa Vendola. Secondo Vendola la maggior parte delle forze
della sinistra vera sono imprigionate in involucri che le esprimono
politicamente su un piano moderato, il PD. Se si rompe l'involucro e
si permette la contaminazione c'è in realtà una maggioranza
di sinistra in grado di determinare il profilo del centro sinistra e
il governo del Paese. E' questa la logica in virtù della quale
Vendola, alla proposta di De benedetti di candidare Chiamparino al primo
posto e lui al secondo, risponde dicendo no, al primo posto ci sono
io.
La mia opinione è che cancellando le linee di confine non sparisce
la sinistra moderata, sparisce la sinistra di alternativa. Penso che
le forze materiali che giocano nel campo della sinistra moderata sono
così potenti che non siamo oggi in grado di rovesciare i rapporti
di forza. Per questo penso che la partita politica che sta giocando
Vendola alla fine lo collocherà all'interno del centrosinistra
in un quadro bipolare, mentre noi abbiamo il problema di costruire la
sinistra di alternativa e di rompere il quadro bipolare. a del bipolarismo
in Italia.
In base a questo ragionamento, nella costruzione della sinistra di
alternativa, la Federazione è una tappa decisiva. Decisiva perché
determina la massa critica minima per porsi l'obiettivo di costruire
una sinistra di alternativa. Viceversa, se la Federazione non dovesse
nascere, non ci sarebbero le forze e la credibilità per costruire
una sinistra di alternativa come polo politico autonomo. Vi pregherei
quindi di relativizzare i livelli di conflitto che ci sono per mettere
al centro il punto politico: la Federazione come passo indispensabile
qui ed ora per costruire una sinistra di alternativa autonoma dal centrosinistra.
Del resto la decisione che abbiamo scelto di costruire una Federazione
garantisce la prosecuzione del progetto politico di Rifondazione Comunista
e la sua soggettività politica. Nessuno mette in discussione
Rifondazione che ribadiamo, rimane per l'oggi e per il domani.
Finisco su tre questioni.
Prima Sul piano dell'iniziativa politica, oltre alla mobilitazione
d'autunno, penso che noi dovremmo essere capaci di far valere un punto
di progetto. Questa globalizzazione neoliberista non è oggettiva,
l'abbiamo contestata a Genova ed avevamo ragione. Dobbiamo metterla
in discussione radicalmente proponendo che l'Europa diventi il terreno
su cui costruire l'alternativa a partire dalla rottura della libera
circolazione dei capitali e dalla messa in discussione strutturale della
libertà di speculazione. Contro la globalizzazione neoliberista
proponiamo di costruire il welfare europeo, un salario europeo, diritti
europei. Non basta contrapporsi a Berlusconi, occorre mettere in discussione
le politiche neoliberiste dalla radice ed evidenziare come l'alternativa
sia possibile a partire dalla messa in discussione del neoliberismo.
Non basta cacciare Berlusconi ma occorre costruire a livello europeo
un quadro di alternativa. Il 29 settembre ci sarà una mobilitazione
continentale della Confederazione sindacale europea con manifestazione
a Bruxelles. Con l'esecutivo della Sinistra europea, abbiamo deciso
di farne una giornata di mobilitazione per spiegare la nostra posizione
sull'Europa. Mobilitandoci come Rifondazione Comunista e, se è
possibile, come Federazione. Dobbiamo chiedere che il sindacato faccia
uno sciopero generale così come avverrà in Spagna, mentre
in Italia non pare esserci questa volontà. Bisognerà dire
che dalla crisi si esce solo con la redistribuzione del reddito. Ma
anche con la redistribuzione dell'orario. La nazionalizzazione delle
banche. Le nostre posizioni devono essere dette con nettezza.
Seconda Nel mezzogiorno dobbiamo costruire una campagna sul salario
sociale, una campagna di massa in particolare rivolta ai giovani.
Terza Nel nord caratterizzare la nostra azione politica come quelli
contro la Lega. Non solo contro il razzismo della Lega ma contro il
fatto che la Lega non risolve nessuno dei problemi su cui ha preso i
voti, che si chiamano posti di lavoro o crisi. Dobbiamo fare un'operazione
contro la Lega perché non sfugge a nessuno che qualunque litigio
con Berlusconi e qualsiasi perdita di consenso di Berlusconi al Nord
non sta dando luogo a uno spostamento a sinistra dell'elettorato ma
ad uno spostamento da Berlusconi alla lega.
Liberazione
Oggi inizia l'operazione di sottoscrizione straordinaria di abbonamenti
a Liberazione. Noi siamo quasi scomparsi dalla comunicazione ufficiale.
Nel mondo della comunicazione, questo vuol dire essere scomparsi tout
court. E rischiamo di essere ridotti ad un fenomeno sociale non più
presente nella sfera della politica. Se Liberazione oggi non ci fosse
più, sarebbe la chiusura dell'ultimo pezzo che oggi resta di
presenza formale, simbolica e visibile del nostro progetto politico.
In altre fasi si sarebbe potuto discutere se valeva la pena oppure no,
di chiudere il giornale. oggi non è più possibile. Non
perché Liberazione sia sufficiente a risolvere il problema che
abbiamo di comunicazione e di visibilità del nostro progetto
politico, ma è indispensabile. Per questo motivo io vi pregherei
di prendere sul serio come gruppo dirigente il lancio della sottoscrizione
per costruire una compagna di abbonamenti.
Il Partito
Nel documento che ripresenteremo come segreteria c'è una valutazione
molto critica sull'attuale stato del partito dal punto di vista della
divisione correntizia interna. Credo che siamo arrivati a un punto assai
negativo perché siamo concretamente in presenza di una Federazione
di correnti più che di un partito. I modelli di partito sono
tanti ma se si andrà avanti così non andremo lontano perché
io credo che non abbiamo la massa critica sufficiente per permetterci
di continuare in questo modo. Abbiamo bisogno di una modifica radicale.
Non faccio ovviamente nessuna discussione sulle responsabilità,
perché qualsiasi discussione sulle responsabilità sul
terreno di questo tipo non farebbe altro che aggravare la situazione.
Bisogna modificare questa situazione. Provare a ragionare se riusciamo
a far in modo che l'elemento di identificazione nel partito sia superiore
all'appartenenza alle correnti, perché oggi il nodo è
esattamente questo. L'identità non è data dall'appartenenza
al partito, l'identità è dato dall'appartenenza alla corrente
che è il vero partito. Per provare a cambiare, la proposta è
che la maggioranza si metta insieme per discutere in quanto maggioranza
di tutto, senza essere più sommatoria di parti. Io penso che
questo non è sufficiente ma questo è quello che oggi si
presenta come possibile. Penso che non è sufficiente, che bisognerebbe
fare una scelta molto più netta di superamento delle aree così
come sono, nel tentativo di costruire un'area di maggioranza per andare
avanti.
Rina
Concludo con un ricordo. Qualche giorno fa abbiamo ricordato la compagna
Rina Gagliardi che è mancata dopo una brevissima malattia. In
poche settimane è stata portata via. Non voglio dire molto, perché
l'avete conosciuta tutti bene quanto me. Lo voglio ricordare solo per
un aspetto. Sono andato a trovarla due giorni prima che mancasse. L'ho
trovata battagliera come sempre, ferocemente partigiana come sempre,
e io penso che ce la dobbiamo ricordare così: a volte con un
po' di rudezza leninista che forse fa da contraltare al riferimento
a Rosa Luxemburg che è il riferimento ideale che Rina aveva.
Quell'elemento di rudezza che usava, nel difendere le proprie posizioni.
E' stata così fino all'ultimo. Così ce la possiamo ricordare.
Come una compagna con cui abbiamo condiviso un tratto importante di
strada.