Partito della Rifondazione Comunista
Comitato Politico Nazionale 17 - 18 luglio 2010

Inizio questa relazione sottolineando due elementi che nessuno di noi avrebbe dato per scontati, anche solo qualche settimana fa.

La raccolta di firme per l'acqua pubblica
Il primo è il risultato del referendum sull'acqua. Si consegneranno le firme domattina, (oltre 1 milione di firme raccolte e con una quota di firme certificate molto vicine al milione), peraltro le compagne e i compagni di Rifondazione, della Federazione, sono attualmente in direzione nazionale a finire la certificazione, visto che abbiamo dato la sede di Rifondazione comunista come sede per il controllo delle firme raccolte, dando un contributo ulteriore al movimento. Penso che non fosse un risultato che ci aspettavamo in queste dimensioni tanto più che al referendum sull'acqua il Partito democratico ufficialmente non ha aderito, anzi ha promosso una raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare, abbandonata miseramente nel nulla, e l'Italia dei valori, che ha aderito alla campagna, ha proposto una raccolta di firme su tre altri referendum concorrenti tra cui uno sull'acqua che se passasse la situazione sarebbe semplicemente riportata a quanto deciso dal governo Prodi, cioè il fatto che decidono i comuni e non che l'acqua è pubblica di per sé. E l'Italia dei valori ha avuto alcuni problemi a raccogliere le firme. Segnalo questo elemento perché dice di una situazione nel paese non pacificata e non ci sono solo movimenti di opinione. Per raccogliere le firme c'abbiamo messo anche del nostro, ma c'è stato un tessuto di comitati, di gruppi, di relazioni, una rete di relazioni assai diffusa. In questo paese permane questa rete di una sinistra diffusa che si mobilita su obiettivi specifici. Fino ad oggi abbiamo lavorato sostanzialmente a raccogliere le firme, adesso va fatta una gestione politica molto forte perché non sfugge a nessuno come il dato di fondo di questo referendum sia un dato profondamente anticapitalista. Di fronte ad una crisi economica che viene affrontata in termini di peggiorare le politiche neoliberiste, in particolare a livello europeo, quel referendum pone il problema di un'uscita da sinistra e quindi un'uscita sul terreno della de-mercificazione, dell'ampliamento degli spazi pubblici, dalla crisi dei beni pubblici contro l'idea della privatizzazione.

Pomigliano
Il secondo punto che volevo sottolineare come elemento di controtendenza è il 36% di voti no al referendum di Pomigliano. Anche questo risultato nessuno di noi se lo sarebbe aspettato, comprese le compagne e i compagni in fabbrica. Nel senso che la situazione lì era una situazione in cui i due quesiti erano "vuoi tu perdere il posto di lavoro o vuoi tu lavorare come uno schiavo?" Di fronte a questo tutti pensavano che alla fine i lavoratori avrebbero fatto l'unica cosa possibile, cioè in una condizione disperante come quello occupazionale dell'area del napoletano uno penserebbe di essere obbligato a lavorare in quella condizione. Invece in quelle condizioni il risultato complessivo del referendum è stato un risultato importante, e segnala grande dignità e una soggettività operaia. I lavoratori della Fiat sono stati in questi giorni in lotta, contro il taglio salariale che la Fiat ha fatto proponendo sostanzialmente l'azzeramento del premio di produttività per quest'anno. Sono scesi in sciopero a Mirafiori, hanno scioperato in altri stabilimenti, a Melfi, e la Fiat ha risposto al no di Pomigliano e alle lotte a Mirafiori e a Melfi con dei licenziamenti, di impiegati, operai e delegati sindacali contro cui sono partite altre lotte. La situazione italiana è tutta come Pomigliano, in cui non c'è un consenso alle politiche di destra; c'è una difficoltà a trovare le forme e i modi attraverso cui esprimere in modo efficace il dissenso. Lo vorrei proporre come punto di analisi, perché uno potrebbe pensare che la situazione è pacificata, che la situazione è normalizzata. Penso invece che ci sia un elemento di soggettività dentro la crisi. Credo che questa soggettività sia presente nel paese ma credo anche che ci sia una fortissima difficoltà a unificarlo e a determinare la credibilità del conflitto. Questo è il principale problema politico che abbiamo.
Partire dalla soggettività. Sulla vicenda di Pomigliano la Confindustria, la Fiat e il governo e in generale i poteri forti di questo paese han preso un colpo molto pesante rispetto alla posta in gioco che avevano costruito. Perché la vicenda di Pomigliano non era solamente una vicenda sindacale, non era solo che la Fiat vuole far lavorare di più i lavoratori. La FIAT voleva smontare i contratti nazionali di lavoro, a smontare la Costituzione, perché lì c'era in discussione il diritto di sciopero costituzionalmente tutelato. La FIAT voleva un plebiscito operaio sulla modifica alla Costituzione.
Da questo punto di vista la vicenda di Pomigliano è stata la cartina di tornasole di come sono schierate le forze in campo che ha riproposto grosso modo esattamente la discussione che abbiamo avuto anche quando eravamo al governo con Prodi su tutte le vicende che toccavano i poteri forti. Quando tocchi i punti di fondo dello schieramento sociale e quindi le politiche che vanno in un senso o in un altro rispetto alla condizione concreta, il posizionamento del Partito democratico è invischiato pesantemente nella rete dei poteri forti.

La crisi
Questi elementi di soggettività presenti sono il punto da cui fare leva. In che contesto si presentano? Il contesto della crisi economica. Si conferma l'analisi che abbiamo fatto, e vorrei orgogliosamente rivendicare, perché abbiamo avuto ragione dall'inizio. Crisi strutturale destinata a durare anni, in cui l'elemento dell'occupazione è destinato a durare con questi livelli di gravità e anche peggiori per un lungo periodo: il dato è che la crisi si presenta come una fase e non come un passaggio. Siamo oramai ai due anni ed è destinata a durare, cosa particolarmente vera in Europa. È evidente che in Cina non c'è la crisi, negli Stati Uniti c'è di meno, si concentra sull'Europa. L'Europa ha scelto di fare delle politiche economiche deflattive, che puntano a ridurre ulteriormente i costi della produzione, tenere bassa l'inflazione e per questa via ridurre la massa monetaria di esposizione della popolazione. Il primo passaggio è la stangata di trecento miliardi di euro fatta in seguito alla crisi greca. La speculazione è stata utilizzata per giustificare le stangate, ma queste stangate non servono a bloccare la speculazione, perché la speculazione va bloccata in altre vie, come gli interventi sui mercati azionari impedendo la vendita allo scoperto ma certo non attraverso le stangate che invece sono modo attraverso cui vengono redistribuite risorse dal lavoro verso la speculazione. L'Europa ha quindi scelto la via deflattiva e la stangata di 300 miliardi è la prima parte, per arrivare in ottobre a provvedimenti che nella testa di qualcuno potrebbero addirittura portare alla modifica dei trattati per rendere automatiche le sanzioni su chi non rispetti un rientro del deficit più pesante di quello stabilito sui trattati di Maastricht. L'idea è di portare al massimo all'uno e mezzo il rapporto deficit Pil e la BCE ieri Ha detto che non è sufficiente. Quindi l'idea è per tutti paesi che hanno più del 60% del rapporto debito Pil un rientro accelerato del debito che si tradurrà in ulteriori massacri sociali.

L'idea, a livello europeo, è che le multe per chi non rispetta i parametri siano automatiche col taglio dei trasferimenti dei fondi strutturali. Questo farebbe si che per un paese come l'Italia le finanziarie dei prossimi 4 - 5 anni sono già scritte. Il massacro sociale proseguirà nell'ordine di una ventina di miliardi all'anno. Ed è un elemento cumulativo. Perché più tagli la spesa sociale e più si riduce il prodotto interno lordo e siccome quello che è in discussione è il rapporto tra il deficit e il prodotto interno lordo, come risultato si riduce il prodotto interno lordo: è una spirale deflattiva identica alle politiche seguite fino al New Deal dopo la crisi del '29, che in Europa hanno portato al nazismo.

L'Europa
Questa politica si basa sull'ipotesi tedesca, di riuscire a far sì che l'Europa continui ad essere un continente di esportazione di merci. L'idea di abbassare i costi, tenere bassa l'inflazione è un'idea di essere più competitivi sulla vendita delle merci. Al G20 di qualche giorno fa la domanda che hanno fatto agli europei è stata: "ma a chi pensate di venderle quelle merci, ai marziani?". Perché è evidente che esportare in Cina è complicato e lo è anche esportare negli Stati Uniti. E quindi l'idea su cui si basa questa politica deflattiva è un'idea priva di sbocco perché l'Europa ha avuto qualche vantaggio competitivo dalla svalutazione dell'euro e questo vantaggio è tuttora in corso, ma non è in grado questo di rilanciare lo sviluppo dell'economia europea trainato dalle esportazioni, perché non c'è il mercato verso cui farlo.

La seconda considerazione è che se queste sono le politiche che vengono fatte a livello europeo, a mio parere non esiste in Europa oggi una possibile linea di riformismo borghese. Non c'è una possibilità di una linea di riformismo borghese non destabilizzante sul piano dei rapporti sociali. Non c'è una parte di borghesia o di classe dirigente che sia in grado di autonomizzarsi da quello che è l'intreccio tra rendita finanziaria e profitto e tutela delle rendite di posizione quando queste concretamente distruggono la possibilità di uno sviluppo economico. Il caso della Germania appare palese: la Germania è intervenuta in Grecia per salvare le banche tedesche, le quali sono piene di titoli greci, ma appunto le politiche vengono fatte sul loro blocco sociale, sulla garanzia del loro blocco sociale. Il blocco sociale attuale è particolarmente reazionario perché se voi guardate l'analisi e su come è fatto il reddito in Italia (per fare un esempio) vedrete che il reddito in questi dieci anni si è polarizzato, con un 10% della popolazione che possiede il 60% da ricchezza e il 60% della popolazione in basso che possiede il 10% . Questo tipo di strutturazione sociale assomiglia molto all'America Latina delle dittature. È un'oligarchia non è altro. Io penso che questo renda molto complicato delle politiche di riformismo, come invece in qualche modo negli Stati Uniti si stanno producendo. Tenete conto che le scelte fatte dagli Stati Uniti sulla riforma fatta da Obama pochi giorni fa danno poteri alla Federal Reserve e al governo degli Stati Uniti che qui il Pd non vive. Cioè che sono considerate bolsceviche nella vulgata neoliberista europea in cui la Banca centrale deve essere completamente autonoma. Una specificità europea molto negativa.

Berlusconi
In questo contesto il governo Berlusconi si muove per trasformare la crisi in crisi costituente cioè di utilizzare la crisi economica per cambiare radicalmente la Costituzione e i rapporti sociali del paese. Il caso della Fiat dice che c'è una completa sintonia tra Confindustria e governo Berlusconi sul tipo di operazione che deve essere contemporaneamente di aumento dello sfruttamento, di riduzione del welfare e di riduzione della democrazia Pomigliano . Questa situazione crea delle contraddizioni: le crea sul versante della destra su un piano liberale, come l'opposizione di Fini. Dentro questa crisi che è destinata a durare abbiamo una crisi organica, una palude. Vi è una difficoltà all'uscita e in cui la politica è ridotta nella sua parte maggioritaria a elemento di aggregazione tipo populista.

Qual è l'esito possibile sul piano immediato? È difficile fare delle previsioni, c'è il dato della possibile crisi di governo, Berlusconi avrebbe tutto l'interesse di andare a votare per far fuori l'opposizione interna al Popolo delle libertà perché il Popolo delle libertà o è un partito monarchico o non è. Berlusconi non è però sicuro che se si fa una crisi di governo si fa dopo automaticamente a votare, perché Fini non vuole andare a votare per un motivo banale che se si vota con questa legge elettorale nel Popolo della libertà il suo gruppo verrebbe massacrato e se Fini facesse un terzo polo con Casini con questa legge elettorale molto probabile che consegnerebbero vittorie nelle mani di Berlusconi. E quindi l'effetto che si produrrebbe sarebbe di riconsegnare lo scettro a Berlusconi in un contesto in cui nella prossima legislatura si voterà anche il presidente della Repubblica. C'è quindi la possibilità che una crisi eventuale aperta da Berlusconi non porti al voto ma porti ad un governo di transizione, che, come avete visto, si è cominciato a declinare in vari modi.

Noi dobbiamo proporre l'obiettivo che il governo se ne vada subito; se il governo se ne va a casa ci devono essere le elezioni subito e proporre per l'elezioni lo schema che abbiamo già detto e cioè alleanza democratica con un aggregato che faccia un'alleanza di governo. Penso che noi dobbiamo proporre questo schema perché un governo di transizione può semplicemente fare di tutto: leggi elettorali che vanno bene o che vanno male, stangate economiche pazzesche perché le vere stangate si fanno con l'unità nazionale; può fare di tutto. L'idea che noi appoggiamo un governo di transizione è sbagliata e la nostra parola d'ordine deve essere cacciare Berlusconi il più presto possibile, andare alle votazioni con uno schieramento alternativo con cui noi vogliamo fare un accordo elettorale, non di governo, per battere Berlusconi e il bipolarismo.

Costruire opposizione sociale e politica
Per questa situazione di interessi divaricati è possibile che il governo stia in piedi. In particolare a me pare che la forza principale di Berlusconi è che l'opposizione è sostanzialmente un'opposizione di tipo liberale. Che contrasta Berlusconi sul piano dei diritti e non contrasta Berlusconi sul piano dei rapporti sociali. In questo contesto che cosa dobbiamo fare noi? Ho già detto sul piano della valutazione dell'immediato. Dobbiamo provare a far leva su quell'elemento di soggettività presente nel paese per provare a costruire un'iniziativa politica che aggreghi le forze della sinistra (sinistra, sinistra di alternativa, chiamatela come volete) che sia in grado di essere contro il governo Berlusconi, contro la politica della Fiat, contro le politiche europee di colpo di stato monetario. Bisogna provare ad aggregare questo perché è un anno che noi proviamo a chiedere al Partito Democratico di costruire assieme un'iniziativa di qualche natura, anche sociale, di opposizione, ed è sostanzialmente un anno che non si riesce a fare niente. Quel terreno non va abbandonato ma il problema che abbiamo è di come si riesce a far sì che quella soggettività che si esprime nel firmare i referendum sull'acqua, nel votare no Pomigliano, ecc., diventi un fatto politico. Questo è il nostro principale compito. Il tema dell'unità a sinistra passa di qua, perché se la sinistra ha senso, lo ha nella misura in cui riesce a costruire quest'elemento di opposizione al complesso della manovra che sta andando avanti dal punto di vista del governo e della Confindustria, dell'Europa. Registro positivamente che i giudizi che abbiamo dato su questi diversi aspetti, perlomeno sul versante governo Fiat, sono più o meno identici tra noi, Sinistra e libertà, Sinistra critica, Pcl, Fiom, parte della Cgil, sindacalismo di base. C'è un arco di forze cave su cui lavorare. Penso che il segnale politico principale che deve lanciare questo comitato politico è la proposta a tutta la sinistra sociale politica culturale, di lavorare per costruire insieme una mobilitazione in autunno che dia luogo ad una manifestazione nazionale che abbia queste caratteristiche: contro Berlusconi, contro Marchionne, contro la Bce.
Credo che su questo dobbiamo lavorare senza nessun settarismo, e tutto quel che porta a quel risultato va bene. Il segnale principale che noi diamo è che a partire da questa manifestazione lavoriamo a costruire a l'aggregazione della sinistra di alternativa.
Noi dobbiamo puntare a questa iniziativa con l'obiettivo esplicito di provare poi a trasformare lo schieramento che costruisce un'iniziativa di massa nella costruzione di uno schieramento referendario per fare i comitati per il Si sull'acqua e costruire una campagna referendaria di referendum sul lavoro, perché nell'autunno presumibilmente il governo chiuderà la partita del collegato lavoro e il tentativo di distruzione dello Statuto dei Lavoratori. Peraltro la politica di Berlusconi è pressoché identica a quella che ha proposto in Spagna il governo Zapatero; la logica è la stessa dappertutto: distruzione dei contratti nazionali di lavoro, distruzione dei diritti del lavoro.
Lavorare quindi per la manifestazione in autunno e adoperarsi per coagulare una coalizione che possa proseguire nella gestione della campagna referendaria sull'acqua e nella promozione di una campagna referendaria sul lavoro. Occorre ricostruire la coalizione che aggregammo sul referendum sull'articolo 18, senza ripetere gli errori che facemmo nel 2003, quando di fronte al mancato raggiungimento del quorum, abbandonammo il campo dell'alternativa per giocare tutte le nostre carte nell'accordo con il centrosinistra. Dobbiamo cioè costruire un percorso di unità a sinistra che intrecci questione sociale e soggettività politica evitando di declinare il tema dell'unità solo in termini di alleanze. Il punto è la costruzione di un processo politico vero, nel vivo della società, non un puro rapporti tra stati maggiori.

La costruzione dell'unità a sinistra la proponiamo quindi a partire dalla costruzione della mobilitazione dell'autunno e dall'iniziativa sociale. In questo quadro lavoriamo alla costruzione della Federazione della sinistra. Il percorso congressuale comincerà entro la fine di luglio con il varo del documento politico e del regolamento e il percorso congressuale si concluderà entro la fine dell'anno. Penso che sia un passo importante perché il riuscire a costruire la Federazione con un indirizzo politico esplicitamente orientato ad aggregare una sinistra autonoma dal Partito democratico e dal centrosinistra è un passaggio decisivo. L'autonomia dal centrosinistra, la capacità di darsi un progetto politico strategicamente alternativo, è l'unica vera discriminante che noi dobbiamo porre nel lavoro per l'unità della sinistra.

Il nostro obiettivo strategico è aggregare tutta la sinistra di alternativa. La Federazione della sinistra rappresenta già questo obiettivo? No, ma è un passaggio ineludibile e decisivo.

Il nostro ragionamento da questo punto di vista è opposto a quello che fa Vendola. Secondo Vendola la maggior parte delle forze della sinistra vera sono imprigionate in involucri che le esprimono politicamente su un piano moderato, il PD. Se si rompe l'involucro e si permette la contaminazione c'è in realtà una maggioranza di sinistra in grado di determinare il profilo del centro sinistra e il governo del Paese. E' questa la logica in virtù della quale Vendola, alla proposta di De benedetti di candidare Chiamparino al primo posto e lui al secondo, risponde dicendo no, al primo posto ci sono io.

La mia opinione è che cancellando le linee di confine non sparisce la sinistra moderata, sparisce la sinistra di alternativa. Penso che le forze materiali che giocano nel campo della sinistra moderata sono così potenti che non siamo oggi in grado di rovesciare i rapporti di forza. Per questo penso che la partita politica che sta giocando Vendola alla fine lo collocherà all'interno del centrosinistra in un quadro bipolare, mentre noi abbiamo il problema di costruire la sinistra di alternativa e di rompere il quadro bipolare. a del bipolarismo in Italia.

In base a questo ragionamento, nella costruzione della sinistra di alternativa, la Federazione è una tappa decisiva. Decisiva perché determina la massa critica minima per porsi l'obiettivo di costruire una sinistra di alternativa. Viceversa, se la Federazione non dovesse nascere, non ci sarebbero le forze e la credibilità per costruire una sinistra di alternativa come polo politico autonomo. Vi pregherei quindi di relativizzare i livelli di conflitto che ci sono per mettere al centro il punto politico: la Federazione come passo indispensabile qui ed ora per costruire una sinistra di alternativa autonoma dal centrosinistra. Del resto la decisione che abbiamo scelto di costruire una Federazione garantisce la prosecuzione del progetto politico di Rifondazione Comunista e la sua soggettività politica. Nessuno mette in discussione Rifondazione che ribadiamo, rimane per l'oggi e per il domani.

Finisco su tre questioni.

Prima Sul piano dell'iniziativa politica, oltre alla mobilitazione d'autunno, penso che noi dovremmo essere capaci di far valere un punto di progetto. Questa globalizzazione neoliberista non è oggettiva, l'abbiamo contestata a Genova ed avevamo ragione. Dobbiamo metterla in discussione radicalmente proponendo che l'Europa diventi il terreno su cui costruire l'alternativa a partire dalla rottura della libera circolazione dei capitali e dalla messa in discussione strutturale della libertà di speculazione. Contro la globalizzazione neoliberista proponiamo di costruire il welfare europeo, un salario europeo, diritti europei. Non basta contrapporsi a Berlusconi, occorre mettere in discussione le politiche neoliberiste dalla radice ed evidenziare come l'alternativa sia possibile a partire dalla messa in discussione del neoliberismo. Non basta cacciare Berlusconi ma occorre costruire a livello europeo un quadro di alternativa. Il 29 settembre ci sarà una mobilitazione continentale della Confederazione sindacale europea con manifestazione a Bruxelles. Con l'esecutivo della Sinistra europea, abbiamo deciso di farne una giornata di mobilitazione per spiegare la nostra posizione sull'Europa. Mobilitandoci come Rifondazione Comunista e, se è possibile, come Federazione. Dobbiamo chiedere che il sindacato faccia uno sciopero generale così come avverrà in Spagna, mentre in Italia non pare esserci questa volontà. Bisognerà dire che dalla crisi si esce solo con la redistribuzione del reddito. Ma anche con la redistribuzione dell'orario. La nazionalizzazione delle banche. Le nostre posizioni devono essere dette con nettezza.

Seconda Nel mezzogiorno dobbiamo costruire una campagna sul salario sociale, una campagna di massa in particolare rivolta ai giovani.

Terza Nel nord caratterizzare la nostra azione politica come quelli contro la Lega. Non solo contro il razzismo della Lega ma contro il fatto che la Lega non risolve nessuno dei problemi su cui ha preso i voti, che si chiamano posti di lavoro o crisi. Dobbiamo fare un'operazione contro la Lega perché non sfugge a nessuno che qualunque litigio con Berlusconi e qualsiasi perdita di consenso di Berlusconi al Nord non sta dando luogo a uno spostamento a sinistra dell'elettorato ma ad uno spostamento da Berlusconi alla lega.

Liberazione
Oggi inizia l'operazione di sottoscrizione straordinaria di abbonamenti a Liberazione. Noi siamo quasi scomparsi dalla comunicazione ufficiale. Nel mondo della comunicazione, questo vuol dire essere scomparsi tout court. E rischiamo di essere ridotti ad un fenomeno sociale non più presente nella sfera della politica. Se Liberazione oggi non ci fosse più, sarebbe la chiusura dell'ultimo pezzo che oggi resta di presenza formale, simbolica e visibile del nostro progetto politico. In altre fasi si sarebbe potuto discutere se valeva la pena oppure no, di chiudere il giornale. oggi non è più possibile. Non perché Liberazione sia sufficiente a risolvere il problema che abbiamo di comunicazione e di visibilità del nostro progetto politico, ma è indispensabile. Per questo motivo io vi pregherei di prendere sul serio come gruppo dirigente il lancio della sottoscrizione per costruire una compagna di abbonamenti.

Il Partito
Nel documento che ripresenteremo come segreteria c'è una valutazione molto critica sull'attuale stato del partito dal punto di vista della divisione correntizia interna. Credo che siamo arrivati a un punto assai negativo perché siamo concretamente in presenza di una Federazione di correnti più che di un partito. I modelli di partito sono tanti ma se si andrà avanti così non andremo lontano perché io credo che non abbiamo la massa critica sufficiente per permetterci di continuare in questo modo. Abbiamo bisogno di una modifica radicale. Non faccio ovviamente nessuna discussione sulle responsabilità, perché qualsiasi discussione sulle responsabilità sul terreno di questo tipo non farebbe altro che aggravare la situazione. Bisogna modificare questa situazione. Provare a ragionare se riusciamo a far in modo che l'elemento di identificazione nel partito sia superiore all'appartenenza alle correnti, perché oggi il nodo è esattamente questo. L'identità non è data dall'appartenenza al partito, l'identità è dato dall'appartenenza alla corrente che è il vero partito. Per provare a cambiare, la proposta è che la maggioranza si metta insieme per discutere in quanto maggioranza di tutto, senza essere più sommatoria di parti. Io penso che questo non è sufficiente ma questo è quello che oggi si presenta come possibile. Penso che non è sufficiente, che bisognerebbe fare una scelta molto più netta di superamento delle aree così come sono, nel tentativo di costruire un'area di maggioranza per andare avanti.

Rina
Concludo con un ricordo. Qualche giorno fa abbiamo ricordato la compagna Rina Gagliardi che è mancata dopo una brevissima malattia. In poche settimane è stata portata via. Non voglio dire molto, perché l'avete conosciuta tutti bene quanto me. Lo voglio ricordare solo per un aspetto. Sono andato a trovarla due giorni prima che mancasse. L'ho trovata battagliera come sempre, ferocemente partigiana come sempre, e io penso che ce la dobbiamo ricordare così: a volte con un po' di rudezza leninista che forse fa da contraltare al riferimento a Rosa Luxemburg che è il riferimento ideale che Rina aveva. Quell'elemento di rudezza che usava, nel difendere le proprie posizioni. E' stata così fino all'ultimo. Così ce la possiamo ricordare. Come una compagna con cui abbiamo condiviso un tratto importante di strada.

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