Partito
della Rifondazione Comunista Interventi Gualtiero Alunni
Esprimo l’incondizionata solidarietà alla strenua resistenza degli operai di Pomigliano contro il ricatto della Fiat, e contro i licenziamenti a Mirafiori e a Melfi. Basta parlare di formule e contenitori come Fed.ne della Sinistra e Sinistra Unita. Questa Federazione della Sinistra è senza anima e tensione partecipativa, al suo interno alcuni sostengono la Cgil concertativa e il no al referendum sulla legge 30. Basta alleanze suicide con il PD, costruire l’alternativa alle due destre politiche-economiche (PD/PdL) e a Vendola, che con la borghesia e il potere mediatico, sta costruendo l’alternanza compatibile con il capitale. Ritirarci subito dal CDA dell’ARIN SpA acqua a Napoli! Grave assenza di dirigenti e consiglieri alla manifestazione nazionale del 9/7 contro i 6.880 licenziamenti alla Telecom. Bene la manifestazione in autunno, ma per un nuovo blocco sociale, un programma minimo di classe e un moderno fronte popolare anticapitalista, unica strada irriducibilmente comunista per la trasformazione dello stato di cose presenti. La manifestazione nazionale del Pride di Napoli conteneva una proposta esplicita di nesso tra diritti civili e diritti sociali,tra libertà individuali e liberazione dal lavoro,nel senso di liberazione dal lavoro servile a cui gli eventi di Rosarno alcuni mesi fa e ancora di più la vicenda di Pomigliano alludono in maniera emblematica. Sulla Federazione: ci sono debolezze e ambiguità nel percorso; occorre puntare oggi non solo sull’autonomia ma sull’alternatività al centrosinistra,ed evitare le sovrapposizioni con le strutture di partito. Ho contribuito a costruire un documento ‘interno’ di analisi critica volta a condizionare a sinistra la FdS e a rilanciare la rifondazione comunista senza rigurgiti nostalgici. C’è però oggi un Appello all’unità della sinistra, che è un progetto politico che ruota intorno a Vendola e punta all’internità al centrosinistra,con una concezione della sinistra come retorica e affabulazione, compatibile con l’esistente. Sulle aree: non si aboliscono per decreto, ma con un percorso politico dal basso. Sono contraria alla definizione a priori di una maggioranza blindata. Avverto inadeguatezza; parliamo di noi, del nostro dover essere senza fondare su una analisi rigorosa di fase. Il divario tra la lettera degli economisti e il seminario, poco partecipato, della Direzione sulla crisi e la proposta politica contenuta nel documento per il Congresso della Federazione della Sinistra e nella relazione del segretario sospinge ad un confronto politicista. Descriviamo la crisi e anche i conflitti, anche quelli di Pomigliano, ma non ne traiamo le scelte politiche coerenti. Doveva essere più ambizioso il progetto della Federazione e, invece si propone come la organizzazione di un convoglio di scialuppe di naufraghi verso un possibile approdo parlamentare. E l’appello per la unità della sinistra, rispettabilissimo, solleva polemiche sulle modalità ma ripete la bella aspirazione laddove l’unità si fa confluendo in un unico soggetto politico plurale; diversamente è solo un’alleanza. Nella crisi sociale e politica, in assenza di una opposizione parlamentare c’è uno spazio che non copriamo in ragione delle nostre chiusure; rischia così di avere presa, ancorché sterile, il neopopulismo di sinistra che si agita nelle fabbriche di Nichi. Il disorientamento a sinistra ha una base: siamo su di un’onda storica e non sappiamo dove naufragheremo. Questo tempo somiglia a quello compreso tra il Congresso di Parigi (1856) e quello di Berlino (1878); è la seconda rivoluzione industriale, che inaugura un mondo nuovo: quello, ad esempio, del processo Thomas, che consentì alla Germania di superare la produzione delle acciaierie inglesi ed avviarsi a divenire forza imperialista. Le nostre analisi sulla fase non sono sufficienti e non colgono l’elemento di fondo: di nuovo, al grado di sviluppo delle forze produttive non corrispondono più i rapporti vigenti di produzione. E’ la crisi, che può sfociare - per essere governata dal capitale – in regimi reazionari e guerrafondai o, se presa in mano dal proletariato, in processi di trasformazione sociale. Quello dell’Ottobre fu lo sbocco rivoluzionario dei processi avviati dalla seconda rivoluzione industriale, a partire dalla scarnificazione della realtà operata da Lenin: “l’imperialismo è lo stadio monopolistico del capitalismo”. Di fronte ai titanici cambiamenti di fase e le risposte alte che richiederebbero, alcune proposte (Vendola caudillo borghese per l’intera sinistra) rischiano il ridicolo. Oggi ci manca come il pane un partito comunista di quadri e di massa, un intellettuale collettivo dotato di cultura scientifica che sappia leggere la realtà e proporre il cambiamento. È bene che si discuta dell’appello per l’unità della sinistra, ma non si comprende lo scandalo sollevato da alcun* compagn*. L’appello si rivolge alla sinistra di alternativa, invocandone l’unità d’azione: non è la linea da tempo stabilita dal Cpn e affermata anche nel documento che voteremo oggi? non è l’idea sottesa alla manifestazione unitaria proposta da Ferrero? Non vorrei che tanta polemica riguardasse l’identità di chi lo ha lanciato: se così fosse, imboccheremmo una strada incompatibile con l’unità interna che si dichiara di ricercare. A questo riguardo, è senz’altro giusto lavorare per un partito più unito ma, piuttosto che bandire le correnti con piglio autoritario, bisognerebbe interrogarsi sulle cause della dispersione dello spirito unitario di Chianciano. Forse non si è fatto tutto ciò che si doveva per includere, condividere, promuovere collegialità e partecipazione. Questa la strada che si dovrebbe praticare, evitando l’illusione di poter imporre l’unità a forza di editti. La fase politica è difficile. Rispetto alla fase siamo in difficoltà,
abbiamo bisogno di recuperare credibilità e per farlo ci siamo
dati gli obiettivi di costruire la Federazione della Sinistra (in controtendenza
rispetto alle scissioni) e portare avanti un’offensiva unitaria
su battaglie comuni, come per l’acqua. Ritengo il documento politico
per il congresso della Fed Sin una buona base di discussione. E’decisivo il punto della relazione di Ferrero,in cui dimostra che nella crisi, l’Italia non è un paese pacificato Non ce lo dice solo Pomigliano. Milano è partita con la Insse, ma non ha smesso ancora. La lotta contro Gelmini Tremonti,da molti prevista in calo, si rafforza con nuove connessioni:dalla difesa del tempo pieno alla lotta dei precari con il blocco degli scrutini, alle Università, alla class action dei Consigli di Istituto per riavere i fondi dovuti dal Ministero. C’è una reattività sociale che chiede alla politica la forza di una visibilità e di un progetto. Da qui prende respiro la nostra volontà di costruire una sinistra anticapitalista e antipatriarcale ,fuori e alternativa al centro sinistra. A questo compito difficile il Partito non può dedicarsi diviso nelle attuali forme delle aree incomunicanti e militarizzate; sono da dismettere,non solo per economia di forze ma perché tutte, a partire dalla mia sono inadeguate a rispondere nella prassi e nella teoria alle domande presenti. Solo insieme possiamo fare pratica comune ,costruire appartenenza,riprendere la rifondazione e la costruzione di un partito di donne e di uomini. Ringrazio le/i compagne/i ancora impegnati in direzione per il controllo delle firme sull’acqua. Credo si debba valorizzare il risultato straordinario ed il lavoro da noi svolto per aggregare, differente da quello dell’Idv che ha rotto con i movimenti. D’accordo su Pomigliano, buono il risultato ma l’attacco ai lavoratori continuerà perché l’ha deciso l’Europa. Ieri c’è stata la fiducia su una manovra che sferra un forte attacco al mondo del lavoro, comporta tagli alle regioni e agli enti locali, ai servizi, incentivi alle privatizzazioni. I frutti di questo scempio si vedranno a settembre. Dobbiamo lavorare per una grande manifestazione in autunno, promossa dalle forze della sinistra, perché il paese non è pacificato. Federazione: il documento è una buona sintesi, la Fds è un’inversione di tendenza dopo tante scissioni ed in primavera, col voto in alcuni grandi comuni, dobbiamo portare avanti un programma avanzato. Liberazione: siamo un po’ in ritardo ma stiamo operando bene per salvare il giornale. Nel Prc occorre lavorare per l’unità, contro le correnti, la balcanizzazione, le discriminazioni, con obiettivi praticabili e senza scorciatoie. Una volta approvati i documenti si deve poi portare avanti tutti insieme la linea stabilita. Ha ragione Ferrero nel proporci, finalmente, una analisi di fase come
premessa alle scelte politiche. Oggi siamo ad una precipitazione della
crisi politica, economica, istituzionale, sociale e morale del paese.
La spallata tentata con la vicenda Pomigliano non è passata rispetto
alle intenzioni, ma la generalizzazione del modello Pomigliano sarà
il tentativo dei prossimi mesi, proprio perchè l'Europa ha scelto
una uscita dalla crisi incentrata sulla competizione sul costo del lavoro
e l'intoccabilità del potere finanziario. Ma sul piano politico
la crisi economica è arrivata a mordere dentro il blocco sociale
del centro destra con difficoltà sulle politiche regionali, comunali,
le quote latte, l'età pensionabile, il pubblico impiego. La bozza di documento per il congresso della FdS è una buona
base di discussione e un buon viatico perché dopo anni di frammentazione
della sinistra getta le basi per una sua ricomposizione. Fatto che dovremmo
valorizzare di più. Sul partito: giusta la richiesta di maggiore
unità e di un ritrovato “spirito di partito”. Le
nostre difficoltà non sono però da ricercare nelle aree
politico culturali, la cui costituzione è valorizzata nello statuto,
come strumento di arricchimento del confronto e della ricerca, ma al
contrario nel formarsi di cordate e “lobby di potere” (sic!)
per autotutela o difesa di piccoli orticelli. L’unità va
ricercata: riportando il confronto e le decisioni negli organismi democraticamente
eletti ridotti spesso ad organismi di mediazione e ratifica di decisioni
prese in riunioni di componenti o sottocomponenti; nell’applicare
da parte di tutto il gruppo dirigente Condivido la relazione di Ferrero. su analisi, proposta, e necessità di costruire una maggioranza coesa sulla linea. Da mesi il Cpn vota una linea che poi viene spesso contrastata. Da domani tutto il gruppo dirigente deve essere impegnato affinché la linea votata sia applicata. Le aree politiche sono luoghi di elaborazione e proposta. Per questo propongo di organizzare seminari di approfondimento per ricostruire quell’omogeneità teorico-culturale che nel PRC non c’è mai stata. Le correnti sono invece luoghi dove si sta insieme solo per garantirsi rendite di potere. Questa è una pratica che molti compagni non sopportano più: costruire gruppi dirigenti a compartimenti stagni e ridurre il giusto rispetto degli equilibri congressuali ad un appalto nella selezione delle classi dirigenti le quali quindi non rispondono più al partito ma a chi le ha proposte nella segreteria, nell’ente o nel consiglio. Questo meccanismo può essere scardinato da subito mettendo intorno ad un tavolo tutta la maggioranza per discutere liberamente e costruire collegialmente i gruppi dirigenti del nostro partito. L’attacco ai lavoratori, allo stato sociale, alla democrazia,
genera lotte importanti di cui dovremmo essere il naturale riferimento,
ma ci manca massa critica. C’è una forte richiesta di unità,
ma le divisioni a sinistra sono profonde e si superano solo in modo
processuale. La Federazione rappresenta l’unità possibile.
Dobbiamo rilanciare il progetto costruendo livelli unitari veri su linee
politiche e regole chiare. Perché la parola d’ordine della
sinistra d’alternativa sia trainante deve assumere una chiara
prospettiva politica. Nell’alleanza democratica rischiamo di essere
subalterni per la collocazione del PD e i rapporti di forza sfavorevoli,
ma è necessaria per tentare di cacciare un governo che sta apportando
guasti irreversibili e di riconquistare una presenza istituzionale. Credo che il tema della costruzione della Federazione sia nodale. Il messaggio di questo Cpn è la proposta di una mobilitazione
d’autunno. Essa deve avere un carattere aperto ai soggetti sociali
e alle lotte. Le lotte contro il tentativo di annichilire la soggettività operaia e la mercificazione dell’acqua vanno colte intersecando quelle contro il tentativo di annichilire la soggettività femminile, a pena di analisi e proposte politiche parziali, anticapitaliste ma non antipatriarcali (o viceversa). Considero debole l’opposizione all’innalzamento dell’età pensionabile (per ora) delle donne e propongo di istruire momenti di riflessione di compagne e compagni sul nesso tra precarietà, neofamilismo, violenza sessista e omofobica. La frantumazione correntizia va superata perché isterilisce la vita del partito, la pratica della relazione tra donne e il Forum delle donne come soggetto politico molteplice, rendendo fragile e contraddittoria la nostra capacità di analisi e di orientamento politico. Quanto all’autonomia dal Pd, ritengo nostro compito consegnare il centro sinistra ai tempi storici degli anni ’80 e della dissolvenza dei corpi politici della classe operaia e del femminismo. E’ evidente, quanto sottolineato dal segretario,sulla crisi economica,sulla Lega Nord e su Berlusconi ma è altrettanto evidente che nonostante la giustezza delle nostre proposte non riusciamo a sfondare. Le motivazioni possono essere molteplici,ma non credo posano essere riassumibili solo nella nostra assenza dai giornali. Credo invece che la motivazione sia riconducibile a due fattori: l’incapacità, che abbiamo, di “produrre entusiasmo” sulle nostre proposte e nei ceti sociali che vogliamo rappresentare; l’incapacità di mettere a valore ciò che di positivo facciamo trasmettendolo dalla base del Partito alla società. La prima questione la si può risolvere soltanto studiando con attenzione il fenomeno. La seconda nel tradurre e trasmettere tutte le decisioni che assumiamo all’esterno. In questo contesto si inserisce la Federazione della Sinistra. Perché non mettiamo a valore, l’unità, sui contenuti, che siamo riusciti a mettere in campo? Sulle correnti, invece, condivido il fatto che vadano superate, ma non che si possa farlo annunciandolo al Cpn: deve esserci un lavoro dal centro alla periferia che ci riunisca veramente e che impedisca la “balcanizzazione” del Partito. Su Liberazione penso che possiamo fare di più: facciamolo! Il documento per il congresso della Federazione è una mediazione accettabile. Migliorabile, ma che dà soluzione positiva ai principali nodi politici. Condivido la relazione del segretario e l’enfatizzazione delle discontinuità. A negativo per quel che riguarda l’Europa su cui dobbiamo trasmettere il senso dell’”involuzione tremenda” che si produce, per citare l’espressione dell’appello degli economisti. A positivo, sul versante delle soggettività. Negli incontri con le diverse realtà di lotta non si assiste più soltanto alla narrazione della singola vertenza. Il dato che abbiamo registrato di lotte radicali, ma difensive e parcellizzate sta mutando, sviluppando livelli di coscienza generale. Pomigliano diventa l’elemento simbolico unificante di un salto di qualità e della possibile apertura di una nuova fase. Con al centro l’iniziativa determinante della Fiom, lasciata sola a Pomigliano. Questo domanda un’iniziativa per modificare in avanti sul terreno sindacale il quadro uscito dal congresso della Cgil. L’unità della sinistra di alternativa “a Marchionne, a Berlusconi, alla Bce” si costruisce sul campo, in termini di mobilitazione e progetto, ed è il cuore della nostra iniziativa d’autunno. In questo Cpn otteniamo l'importante risultato di una sintesi più condivisa in continuità con la proposta di Chianciano: l'attualità della rifondazione comunista e, quindi, il rilancio del Prc, l'alternatività strategica al centrosinistra e, su questo impianto, la costruzione di un processo unitario e aperto a sinistra (la Fds), con l'obiettivo di connettere sociale e politico, affrontare la crisi della forma-partito e combattere il bipolarismo. Dobbiamo riprogettare la rifondazione, anche a partire da una narrazione condivisa, contro un dilagante "revisionismo interno": propongo di costruire momenti di discussione nel 2011, nella ricorrenza dei 20 anni della fondazione del Prc e dei 10 anni da Genova, a cui dedicherei la tessera del partito. Dobbiamo essere meno "muti e sordi" nei confronti della giovane generazione precaria, in particolare intellettuale, femminile e meridionale: propongo di costruire comitati per il reddito, soprattutto a Sud. Avremmo potuto fare di più sul superamento delle aree che impediscono oggi la formazione del partito come intellettuale collettivo e sfaldano la comunità politica: da questo punto di vista, trovo assai grave che sia stato costruito un appello per l'unità della sinistra senza una discussione in primo luogo rivolta al partito tutto e con una proposta non chiara sul nodo del centrosinistra. Alla fine del congresso di Chianciano eravamo entusiasti, quasi euforici, avevamo scongiurato lo scioglimento di Rifondazione Comunista e pensavamo di produrre subito grandi cambiamenti, a partire dallo scioglimento delle correnti interne, che sembravano ormai prive di senso. Aver mancato quella opportunità ha molto a che fare con la caduta di entusiasmo di tanti/e compagni/e, che non sopportano più divisioni interne, che sono disorientati/e da appelli ad una generica unità a sinistra sottoscritti da dirigenti del partito, subito dopo l’approvazione comune di documenti chiarissimi sul chi e come realizzare i vari livelli di unità. Tutto ciò è a dir poco incomprensibile, per cui è opportuna la proposta del segretario per il superamento delle correnti, che hanno ormai solo una funzione strumentale. Un PRC unito e forte rende possibile la costruzione di una Federazione della Sinistra attrattiva. L’autonomia dal PD, che ne costituisce una centralità, non è compatibile con idee astratte dell’unità a sinistra. Sulle soggettività in campo, che contrastano le politiche del governo, oltre ai ricercatori ed ai docenti di scuola ed università, vorrei richiamare l’attenzione sui lavoratori della produzione culturale, che per numero e qualità rappresentano una punta avanzata dei conflitti. Il contesto politico e sociale è in forte movimento, c’è
una ripresa del conflitto (a partire da Pomigliano). Il documento redatto
non è permeato da questo vento di cambiamento ma ispirato alla
logica del minimo comune denominatore. Le ricette del PDL e del PD alla crisi, sono quelle che da 20 anni vengono propinate: abbattimento dello stato sociale, attacco al mondo del lavoro, liberalizzazioni, privatizzazioni e dismissioni. In questo contesto, le proposte avanzate dal segretario sono alquanto inadeguate. Il pacchetto referendario in materia di lavoro, capace di mettere insieme la sinistra di alternativa e il congresso della FdS, non sono risposte adeguate per la classe lavoratrice . In prospettiva del voto del 2013 o anticipato, si propone un' alleanza democratica che mandi a casa Berlusconi; bisogna chiarire cosa si intende per alleanza democratica, per non cadere negli errori del passato, cioè il compromesso di classe. Non basta mandare a casa Berlusconi, ma liquidare le politiche di destra e in Italia le destre sono 2: PDL e PD, che perseguono gli stessi fini: liberalizzazioni, privatizzazioni e ulteriore destrutturazione del lavoro, ciò ci impone di riflettere sul dopo. L a Fds è un' operazione di vertice che non attrae nè le masse, nè i militanti del nostro partito. Per avviare un processo di unità a sinistra bisogna unire la classe, e la classe si unisce stando nelle lotte e non solo analizzandole. Solo ascoltando la radicalità dei lavoratori, potremmo elaborare un programma che cambi lo stato di cose esistenti. Trovandomi, sostanzialmente, d’accordo con l’introduzione del Segretario e con il documento della Segreteria sottoposto al voto del Cpn interverrò su alcune questioni sollevate, soprattutto, dagli interventi dei compagni Gelmini e Mantovani. Mi riferisco, sinteticamente, alla questione della “balcanizzazione” del Partito e degli “appelli” non, preventivamente, condivisi. Rivendico di aver posto la necessità della coerenza rispetto all’appartenenza (al Prc) quando proprio chi, oggi, giustamente lamenta le troppe divisioni guardava/giudicava tale tema con sufficienza e, addirittura, sospetto. Dunque, bene porre l’obbiettivo, ma senza strumentalismi e soprattutto con la consapevolezza che senza le “componenti”, soprattutto alcune, il Prc non sarebbe neppure più presente nel panorama politico italiano! Così come riguardo all’ “appello” per l’unità della sinistra non possiamo rimuovere il contesto nel quale questa, certamente positiva nei contenuti, iniziativa è emersa. Ovvero dopo mesi di enunciazioni alle quali stentavano a seguire atti effettivi conseguenti. Precisato ciò, sono perfettamente d’accordo e, modestamente, impegnato a dare seguito all’impegno auspicato/posto dal documento votato da questo Cpn. Anch’io penso che vada bandita qualsiasi visione pessimistica e bloccata per quanto riguarda l’attuale situazione politica. Ci sono rilevanti elementi di novità che vanno colti sul piano dell’iniziativa politica. L’assetto di potere e il pensiero dominante che hanno segnato una fase sono oggi in difficoltà. Sul governo pesa grandemente il quadro agghiacciante di illegalità e corruzione ma ancor più pesano i costi di una crisi economica ed occupazionale destinata a cambiare i sentimenti sociali delle persone. Il rischio, mancando una alternativa, è di una degenerazione ulteriore. Ecco perché non è più possibile tergiversare per quanto riguarda il processo di ricostruzione di una soggettività di sinistra, pur con le difficoltà che ci sono. Processo da intraprendere fuori da logiche politicistiche o correntizie, ponendosi innanzitutto in rapporto a ciò che si muove nella società, nel paese reale. “Liberazione” è uno dei pochi strumenti d’informazione a disposizione. Impegniamoci tutti, in prima persona, a sostenerla! Essere comunisti è essere antifascisti. Tutto il corpo del partito deve impegnarsi attivamente per mantenere viva la memoria della storia, deve saper consegnare il testimone della storia del 900 alle nuove generazioni, deve contrastare il revisionismo e il negazionismo storico e deve lanciare l’antifascismo nel XXII° secolo rapportando l’azione all’attuale attacco fascista promosso dalla Lega e dal Governo di Berlusconi. È importante che tutto il partito sia coinvolto nel prossimo appuntamento congressuale dell’ANPI, affinché ci siano sempre più comunisti all’interno dell’organizzazione. È essenziale che il gruppo dirigente nazionale promuova un documento da diffondere su tutti i territori e a tutti i livelli, per affermare l’importanza dell’impegno che tutti i compagni devono mettere nell’essere sempre comunisti e antifascisti, tesserandosi all’ANPI e partecipando attivamente al congresso che si chiuderà a Torino nel gennaio 2011. Due sono stati gli obiettivi fondamentali del Prc dopo Chianciano:
un accordo elettorale, ma non di governo, tra tutte le forze di opposizione
per la difesa della democrazia e la cacciata di Berlusconi; la costruzione
della Federazione della Sinistra come aggregazione di una sinistra autonoma
dal PD. Ma un conto è l’enunciazione di obiettivi, un altro
è la ricerca della praticabilità che non tutti nel nostro
partito, a cominciare da alcuni/e compagni/e della Segreteria nazionale,
sembrano disposti a perseguire. C’è chi nel Cpn vota per
la Federazione e poi nei territori non si adopera in tale direzione,
anzi al contrario. Concordo con l’analisi di Ferrero ma proprio per questo credo che bisognerebbe mettere al centro della nostra riflessione la costruzione di un forte ed unitario partito comunista. La resistenza che c’è nel paese (come i NO di Pomigliano) per durare nel tempo deve uscire dal “particolare” per diventare una critica consapevole e radicale a questo modello di produzione. Perché questo salto e questa coscienza si attivino è indispensabile un lavoro soggettivo e di lunga lena dei comunisti. Ecco perché abbandonare l’idea di un partito antagonista e ribelle e lavorare per la costruzione di un partito comunista e rivoluzionario, significa attrezzarsi al lungo inverno della crisi e della desertificazione sociale. Infine sul superamento delle aree non vorrei si trattasse di uno specchietto per le allodole. Che nuova maggioranza può mai nascere se la segreteria si spacca verticalmente sull’assemblea di settembre e sul rapporto con Vendola? Forse, un po’ di vera attitudine unitaria non guasterebbe. Considero ragguardevole la relazione del segretario, soprattutto per
la parte analitica dedicata alla crisi capitalistica : interessante
il giudizio sul fatto che il riformismo borghese non può risolverla
(e basterebbe soggiungere che nemmeno quello socialdemocratico lo può,
per aver definito in modo netto e chiaro l'ambito entro il quale vogliamo
agire). Importante l'analisi di Pomigliano nella quale vorrei però
che si considerassero anche le conseguenze su quella parte di proletariato
che sono le mogli compagne figlie e figli di quegli operai. Molte ragazze
non si iscriveranno all'università e la selvaggia selezione di
classe e di genere nella scuola aumenterà. I governi europei utilizzano la crisi per ridisegnare i rapporti di forza fra le classi. In Italia la Fiat licenzia per rappresaglia, la Fiom risponde con lo sciopero e la Cgil esprime dura condanna. Si sono compiute scelte,con la concertazione,che hanno rotto la coesione sociale e l’equilibrio delle forze produttive. Il blocco dei rinnovi contrattuali poi, anch’esso concertato, ha causato trasferimento enorme di reddito al profitto. Il sindacato è davanti alla scelta o adeguarsi a regole “oggettive” imposte dalla crisi o scegliere il conflitto. Il primo obbiettivo di Governo e padroni è modificare i rapporti di forza, o inglobando il sindacato o spazzandolo via. Serviva attivare un dissenso che rendesse difficile avere mano libera sulla forza-lavoro. Se a un conflitto sociale si sostituisce la rassegnazione di lavoratori abbandonati all’arbitrio di un padronato, quale società costruiamo?Credo che serva un cambio di passo in CgIl. Questo punto politico è prioritario nel Prc per la FDS. Sul congresso della Fds, ho già denunciato in passato ambiguità e rischi tuttora presenti. La questione delle alleanze e dei rapporti a sinistra continua a essere sfumata, mentre ci sono forze trasversali interne che mirano al centro-sinistra. Sul piano sociale le scelte pratiche della Fds non sono all’altezza dello scontro in atto. Così come è ora la Fds è un ostacolo per pervenire a un Polo autonomo dal Pd e alternativo al centro-sinistra. Da contrastare le scelte organizzative che sono tentativi di superare il Prc. Al Congresso occorre una forte battaglia perché il come la si attua è decisivo per la fase, per il successo del Prc, per il raggiungimento di una Sinistra di Alternativa. Condivido le linee tracciate dal segretario, non mi interessa ne fare la sinistra del pd ne tantomeno la sinistra del centrosinistra. E’ già stata fatta con l’esperienza di governo e ne siamo usciti condizionati e massacrati. La costruzione di una sinistra ampia passa per l’iniziativa e la mobilitazione. Tra i temi previdenza: le donne in pensione a 65 anni e legame alle aspettative di vita; inoltre la salute. Sulla sanità ci vuole maggiore attenzione. 12 miliardi in meno nei prossimi due anni, perdita di 400 mila posti di lavoro, non conferma di 250 mila precari, i tempi di attesa saranno moltiplicati, nuovi i ticket e introdotti sul codice verde al PS, declassificate prestazioni oggi in D.S. e D.H., in day service, ossia a totale o parziale carico dei malati, verranno cancellati un centinaio di LEA si pagherà il differenziale tra il rimborso del farmaco generico di minor costo e quello prescritto, sarà un lusso ammalarsi La manifestazione proposta da Paolo dovrà caratterizzarsi anche in questa direzione. Infine la nostra associazione Diritti e Società , che si occupa prevalentemente dell’odontoiatria sociale, ha in pochi mesi effettuato oltre 400 interventi, promuovendo una redistribuzione del reddito: 250.000 euro spostati dalla categoria dei dentisti alle tasche dei lavoratori e dei soggetti più deboli. Premesso che il congresso del partito dovrebbe precedere quello della Federazione della Sinistra, è dannoso chiudere già un percorso appena avviato con scarsa discussione, rischiando di non riempire il contenitore di contenuti e precludendosi così ad altre forze. Sbagliato è, fare il congresso a partire dai circoli,generando dannose sovrapposizioni d’incarichi e ruoli. La federazione non deve trasformarsi in strumento da usare per superare il partito, che al contrario, va rafforzato. Il superamento delle aree è ormai sentore comune e deve essere l’obiettivo che ci poniamo tutti, ma nel frattempo è urgente dotarsi di regole entro le quali è lecito muoversi. Non sono tollerabili appelli promossi da aree verso l’esterno del partito; Gli sforzi organizzativi debbono essere rivolti primariamente per rafforzare il partito; La linea politica viene unicamente elaborata e votata nel CPN e non altrove. E’ il partito, il luogo primario in cui si riconoscono i comunisti. Le aree debbono limitarsi ad essere strumento di ricerca e dialettica pluralistica. Basterebbe questo. Per ora. La relazione del segretario è positiva perché cerca un approccio non politicista alla costruzione della sinistra di alternativa. Vorrei, tuttavia, affrontare alcuni nodi. Nel documento della Federazione non c’è un’analisi dei soggetti sociali e, in particolare, del sindacato. Dopo i fatti di Pomigliano, dobbiamo scegliere con coraggio la costruzione di un sindacalismo di classe non concertativo. La seconda questione riguarda il rapporto con la sinistra moderata e il PD. Il problema è fondare l’autonomia su contenuti. Ne deriva che non è fattibile un’alleanza nelle politiche che vada oltre il semplice accordo elettorale, ma anche che il criterio dei contenuti non può essere eluso nelle elezioni amministrative, in nome di un’alleanza col Pd, che non tenga conto di questioni fondamentali come privatizzazioni, difesa del welfare, pianificazione del territorio. Rispetto al rapporto a sinistra considero l’appello unitario un errore perché tradisce l’intento della costruzione di un nuovo soggetto della sinistra a guida vendoliana. Infine, sulla Federazione mi pare che si riproponga la sovrapposizione di strutture della Federazione che mortificano e pregiudicano l’autonomia del partito. Nel mio territorio, il Piemonte, l’urgenza di unità è
ancora più forte: unità dentro al partito, nel percorso
della FDS, nel rapporto a sinistra. Non c’è solo la gravissima
emergenza sociale, e dunque la necessità di una iniziativa politica
adeguata. Dovremo forse misurarci anche con il voto per le regionali.
Un voto che probabilmente coinciderà con quello per Torino (e
Novara, Vercelli). Possiamo affrontare questo passaggio senza unità
nel partito, senza un rafforzamento vero della FDS e una reale offensiva
unitaria a tutta la sinistra di alternativa? Penso di no. La concretezza
di questo scenario impone lo sforzo di un dialogo fra tutte le forze
della sinistra per verificare i margini di una unità di azione
politica. L’unico argomento forte per procedere nella costituzione della Federazione è che fermarci produrrebbe più guai di quanto ne possa creare l’andare avanti; in questo anno infatti siamo riusciti a conseguire modesti risultati positivi, soprattutto nell’aggregazione di soggetti esterni ai quattro promotori. Quindi, avanti, impegnandoci ad abbandonare la deriva istituzionalista e ad avviare una seria formazione quadri, perché il precipitare della crisi imporrà presto compiti che riusciamo appena ad immaginare. Sui risultati elettorali e sulla situazione sarda vi ha detto Fresu; vorrei apprezzaste il tentativo che facciamo di costruire un rapporto serio con quelle forze autonomiste e indipendentiste che hanno lasciato il PSd’Az, ora organico al centro-destra, disponibili a ricostruire insieme una analisi socioeconomica, un comune sentire e un programma essenziale in grado di rafforzare la nostra lotta in Sardegna, in piena autonomia dal PD; ciò potrà essere di aiuto a tutto il Prc. Occorre indicare gli ostacoli al cambiamento è forte l’esigenza
di ridefinire i fondamenti di una sinistra stabilmente insediata nella
società, quella di oggi della crisi economica, in cui il debito
privato si trasforma in debito pubblico, il leghismo agisce come argine
territoriale al peggioramento delle condizioni economiche. La proposta politica avanzata dalla Segreteria ed esposta dal Segretario
nella sua relazione al CPN è chiara: La FdS è un progetto vuoto, come testimoniato dall’esiguità qualitativa e quantitativa dei soggetti che la compongono e dalla sua sostanziale esclusione da qualsiasi dibattito nel paese. Il difetto sta nell’ipocrisia di un modello federativo che col pretesto di salvaguardare le identità in realtà difende la costituzione materiale di partiti che non esistono, la sopravvivenza di apparati sclerotizzati da numeri di fantasmi e a cui rimangono solo poche migliaia di militanti disorientati. Noi non permetteremo oltre che questa deriva vada avanti senza almeno incontrare una voce fermamente contraria. Continuiamo a pensare che l’obiettivo strategico debba essere la costituente della sinistra, interpretiamo la Federazione come un ostacolo e crediamo necessaria l’immediata convocazione del congresso del PRC. Il superamento dei limiti politici e di rappresentanza della sinistra deve passare attraverso l’apertura di un tavolo con tutte le sue forze, a cui i partiti cedano sovranità per la costituzione di organismi unitari, sulla base del: “una testa un voto”. Indipendentemente dai nomi usati – Cln, coalizione democratica ecc. - la proposta è chiara: alla faccia della lotta al bipolarismo, il Prc lavora perché alle prossime elezioni siano presenti due schieramenti: uno democratico e uno reazionario. Quale sia il confine tra i due è difficile dirlo. Dopo i padroni illuminati, siamo quindi ai padroni “democratici”. Come se gli attacchi agli spazi democratici non fossero il risultato delle esigenze complessive della classe dominante in un periodo di crisi strutturale. Come se la torsione autoritaria fosse dovuta all'esistenza di Berlusconi e non invece il berlusconismo un prodotto delle esigenze confindustriali di dar vita a politiche autoritarie. Torniamo ai “due tempi”, accettando un ambito dove gli interessi di classe sono per il momento accantonati, in nome dell'unità tra operai e confindustriali “democratici”. Hanno fatto più per la lotta “democratica” gli operai di Pomigliano in un giorno che 15 anni di coalizioni per battere Berlusconi. E si sono trovati contrapposti anche a quelle forze che formano la “coalizione democratica”. Dalla crisi emerge una regressione: quella propugnata dalla cancelliera tedesca Merkel. Si tratta di un modello economico fondato sull’industria manifatturiera e sul sistema finanziario (BCE) contrario alla spesa pubblica. La prima vittima dell’affermazione del neonato “partito tedesco” è l’Europa: non l’Europa del welfare, ma l’Europa del liberismo temperato. Ne escono ridimensionati la Francia, protagonista con Delors della costruzione dell’Europa allargata a Est, il Belgio, addirittura a rischio secessione per il conflitto fiammingo-vallone, e i Paesi mediterranei. Il disegno tedesco è un Europa che scarnifica gli Stati nazionali e che si fonda sullo scambio diseguale tra Germania più satelliti (Nord-est Italia per esempio) e aree depresse. Se l’analisi è giusta il passaggio rifondativo per sinistra e comunisti sarà la manifestazione europea del 29 settembre in concomitanza con lo sciopero generale in Spagna. Quello sarà l’appuntamento per definire il profilo del soggetto unitario e plurale che vogliamo costruire: FdS deve essere il collettore dei soggetti politici e sociali che si collocano all’opposizione di questo modello europeo. Mi pare si cominci a vedere qualche piccolo ma essenziale passo in avanti. La commissione politica del Congresso della Federazione della Sinistra ha prodotto un buon documento, ovviamente perfettibile ma già equilibrato e scritto con linguaggio piano ed efficace. Con esso si conferma l’esistenza di uno spazio politico e ideale entro cui un insieme di forze (tra cui i comunisti) orientano la propria azione in riferimento a “fondamentali” comuni. Viene dunque inviato un importante messaggio: esiste in Italia un polo di forze federate che hanno come orizzonte strategico il superamento del vigente sistema capitalistico. Nel riconoscimento della propria identità e della propria autonomia, ci si apre nel contempo ad un percorso di unità d’azione su punti determinati che guardi anche oltre la Federazione, per contrastare il massacro sociale in atto e dare risposte concrete all’emergenza democratica (a cominciare dalla cacciata delle destre). A tale compito contribuisce in misura determinante il Prc, nel quadro di una ricerca che miri a rendere più unito il partito e il suo gruppo dirigente. Riusciamo con la riunione di oggi a fare finalmente un salto in avanti rispetto a due forti limiti che abbiamo subito negli ultimi tempi: un’eccessiva frammentazione interna e un immobilismo rispetto all’azione della costruzione della Federazione della Sinistra. Entrambi questi limiti non sono legati alle nostra debolezze soggettive, ma sono l’inevitabile prodotto della nostra biografia di partito. Nato dalla somma di storie diverse non è riuscito a fare di questo multiculturalismo politico la forza del suo rilancio e della sua identità, al contrario la gestione della diversità ha reso il partito sempre più autoreferenziale al limite dell’autismo politico. In questo senso i due temi: dell’unità interna e dell’unità federata esterna sono legati, e le perplessità rispetto a questo progetto, l’unico veramente valido strategicamente, si sciolgono solo nel momento in cui la condivisione interna è salda. È necessario proseguire in questa direzione. Il Congresso della FdS in autunno, prima di quello del PRC aggrava
il dissenso presente in ampi settori del partito, alimentando sfiducia
e crisi di militanza. Al di là delle belle parole, nei fatti,
la costruzione della FdS si presenta in molti territori come un’operazione
a freddo, di ceto politico, esterna ai più importanti conflitti
sociali, spesso ambigua nei rapporti col PD (soprattutto dove si governa
col centrosinistra, come in Toscana), vissuta come superamento di fatto
del PRC. La resistenza operaia a Pomigliano ha dimostrato l’importanza del radicamento,della battaglia per i diritti costituzionali legata a quella per il lavoro ed ha posto il tema di uno sbocco politico. In questa battaglia è stato importante il ruolo del nostro Partito. Allo sciopero generale del 25 giugno a Napoli lo spezzone Fiom,con la presenza alla testa dei nostri compagni della Fiat , gridava uno slogan dal chiaro contenuto progettuale:”la Cgil che vogliamo siamo noi”. E’importante l’indicazione della relazione della necessaria unità contro la destra:la federazione della sinistra può essere un primo segnale di inversione di tendenza,avviando un processo di costruzione di una sinistra unitaria,plurale ed autonoma dal PD. L’unità della sinistra è importante anche in vista delle elezioni comunali in primavera, a partire dalle grandi città .Sono d’accordo a lavorare tutti insieme sulla linea del documento,anche a livello territoriale,per il superamento delle mozioni e di pratiche correntizie, per rafforzare il contributo unitario del Prc nella costruzione della Federazione. C’è una domanda nel popolo della Sinistra e nel nostro:
unità. D’accordo con Ferrero soprattutto per quanto riguarda l’analisi
economica della fase,le prospettive e le proposte che ne conseguono.
In questa crisi non c’è spazio per riformismi borghesi
o socialdemocratici. Proprio per questo è necessario che tutto
il Partito contribuisca a rilanciare il conflitto sociale che deve trascrescere
da settoriale a generale per battere le politiche liberiste del governo
Berlusconi e della Confindustria.La proposta di una grande manifestazione
a settembre contro tali politiche deve essere l’elemento per verificare
le condizioni di un possibile salto di qualità sia verso l’unità
delle sinistre di alternative che della stessa F.d.S. Sono molto d’accordo con l’analisi politica che è affiorata in qualche intervento, a partire dal Segretario: che cioè in questa fase di crisi con tratti per certi versi inediti (una particolare rivoluzione passiva o una sorta di «Weimar al rallentatore») emerga con forza una tendenza alla sopravvivenza politica (non in senso opportunistico) e finisca col prevalere sulla necessità, invece, di una coerente pratica sociale e politica anticapitalistica, che non può non passare per un’autonomia netta e convinta dall’attuale centrosinistra e per una lotta diffusa e molecolare contro la cultura del bipolarismo e del maggioritario (lotta che non mi sembra presente a sufficienza né nella Federazione né nel nostro partito). Inoltre bisogna saper lavorare politicamente nei confronti di quella «sinistra spettacolare» attratta dal vendolismo e dal leaderismo di sinistra; e bisogna, anche per questa via, saper costruire un vero e proprio blocco storico (non un mero blocco sociale), di respiro egemonico, che sappia, tra l’altro, superare alcuni limiti “lavoristici”, presenti al nostro interno.
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