Partito
della Rifondazione Comunista Interventi Queste
elezioni segnano un ulteriore avanzamento delle destre, che consolidano
il proprio consenso, rendendo improbabile l’eventualità di
elezioni anticipate. Il Segretario dichiara che “non si sono fatti errori, abbiamo subito un indebolimento, andiamo avanti con il progetto politico della FdS”. Tutto ciò è un accanimento terapeutico su un corpo martoriato da 3 sconfitte consecutive in due anni! Abbiamo perso 300 mila voti, abbiamo di nuovo “rotto” con i movimenti (vedi NoTAV) per fare accordi con PD/UDC. La FdS rimane un mollusco politico perché al suo interno non ha un Partito Comunista unito. Apriamo un percorso virtuoso di ricostruzione del Partito Comunista, libero da opportunismi ed estremismi istituzionali. I comunisti e gli anticapitalisti devono lavorare alla costruzione di un blocco sociale alternativo e praticare il conflitto di classe contro i padroni rappresentati da PD/PDL. Lasciamo Vendola al suo destino moderato, rompiamo ogni subalternità, lanciamo l’unica offensiva utile e popolare, per la difesa dei lavoratori, dei beni comuni, della pace e della Costituzione. Contro la precarietà, la disoccupazione, gli omicidi sul lavoro, i licenziamenti alla Telecom e alle Poste, rispondiamo con una forte, unita, resistenza e opposizione di classe. Care compagne, cari compagni da più voci si sente l’echeggiare del progetto marchigiano e del risultato elettorale ottenuto nella mia Regione. Risultato che in un contesto più allargato risulta essere perfino incoraggiante perché al di là dei numeri e delle percentuali si è avviata la pratica del laboratorio politico della sinistra. Io però voglio provare, nel breve tempo che mi è concesso per questo intervento, a fare la narrazione del forte e diffuso disamore che si vive nel territorio dove vivo e lavoro (provincia di Ascoli Piceno) verso questo nostro Partito. Il disamore nasce anche dal risultato elettorale che non ci ha premiati come sarebbe stato giusto, grazie alla legge elettorale regionale su cui molti puntano il dito tralasciando però che tale legge fu approvata nel 2004 quando noi stessi eravamo presenti sia in Giunta che in Consiglio regionale. Certo non è il tempo delle accuse ma sicuramente è il momento dell’analisi concreta. E l’analisi pone inderogabilmente una domanda: da dove ricominciare? la risposta non può che essere dalla costruzione di una sinistra allargata, mutuando il progetto politico marchigiano costruito insieme a PdCI e SEL. Un progetto politico che c’impone la presenza nella società, una presenza nei fatti, indipendente ed autonoma dal PD. Una presenza plurale e partecipata anche per evitare di cadere nella trappola del leaderismo vendoliano. Perché solo attraverso la costruzione di una sinistra unita che rompa con gli schemi della cultura bipolare è possibile esplicitare l’autonomia dal partito democratico. Questo però, a mio parere, non deve significare un accelerazione nella costruzione della Federazione che è vissuta spesso come un contenitore vuoto e non costruito dal basso. Per finire, come diceva il Segretario nella sua relazione, è necessario impegnare tutte le nostre strutture nella campagna referendaria per l’acqua pubblica. La proposizione però di altri referendum, all’infuori forse del nucleare, potrebbe però tramutarsi in un impegno fuori dalla nostra portata con il rischio reale di un insuccesso, di cui in questo momento dobbiamo sinceramente fare a meno. I risultati elettorali ci consegnano l’immagine di una società terribile: il dominio del mercato persino sul corpo e sul sesso,il territorio inteso come fortino da difendere contro lo ‘straniero’,la sicurezza come paura e strumento di consenso,la comunità intesa come recinto di uguali,la precarietà usata come richiesta di elemosina. Lo schiacciamento totale del Vaticano sulle destre con uno scambio di favori e un mercimonio sul corpo delle donne e sul silenzio sulla pedofilia dei preti non sta suscitando una vera rivolta nel mondo cattolico. Occorre in noi una vera discontinuità,occorre che ci dedichiamo con passione ad una ricostruzione della sinistra con reti e movimenti,fuori dalla logica alleanzista,per aprire e partecipare a uno spazio politico in cui si confrontano soggettività organizzate e non, che si collocano fuori del politicismo. Nel nostro partito ,invece,si affermano ipotesi moderate che trovano brodo di coltura nella Federazione della Sinistra che non ha nulla di alternativo,anzi è stata percepita e forse si percepisce come duopolio PRC/PdCI. Pertanto sono contraria ad accelerazioni organizzative,sono favorevole ad una Federazione costruita dal basso e con radicamento sociale. Cinque
giorni fa Ferrero alla Direzione propone di “accelerare” la
costituzione della Federazione, oggi non ne parla neppure. Nella Fds il
dibattito si sposta sempre più a destra, in tutta la campagna elettorale
la Fds non ha potuto neppure fare una riunione se no le contraddizioni
esplodevano. Non si dice nulla sul risultato delle liste Grillo, che in
4 regioni su 5 ci superano, in Emilia e a Bologna in modo clamoroso: chissà
se c’entra qualcosa la vicenda Delbono? Non abbiamo preso voti da
nessuna parte: né dalla protesta, né i voti persi dal Pd,
né i movimenti, né il voto operaio. L’obiettivo era salvare la pelle. L’abbiamo ottenuto, ma l’ennesima batosta elettorale ci dice che, fuori e dentro noi, abbiamo esaurito i bonus. Per prima cosa, dunque, va ricostruito il senso, la prospettiva, il progetto. Non basta il solo fare. Senza progetto la Federazione, l’unità, le alleanze, il partito sociale saranno cose vuote, politiciste, che non entusiasmo e non comunicano. Il tema è l’uscita a sinistra dalla seconda repubblica, come rispondere alla crisi strutturale del paese e al particolare capitalismo italiota: un progetto di cambiamento, una rivoluzione di civiltà. Un progetto che serve ripensi la questione lavoro: finanza-banche-impresa in alto e ricostruzione di una nuova unità e identità di classe in basso, (mettendo mano alla questione sindacale e migranti). Il proporzionale va affrontato non come mera legge elettorale, ma come causa di molti mali: sociali e politici. Corruzione, giustizia, tasse, ambiente sono altri nodi da aggredire in modo nuovo. È dunque necessaria, a partire dai circoli, una discussione: aperta, approfondita, superando vincoli di corrente, pigrizie e presunzioni. Sarebbe da irresponsabili, a fronte del risultato disastroso, ripercorrere il cammino che dalle elezioni del 2008 ha portato il partito al pessimo Congresso di Chianciano e agli svolgimenti ulteriormente nefasti; ma non si può considerare ordinaria amministrazione la perdita di 300.000 voti dopo nove mesi dalle elezioni europee, l’approdo al 2,7% mentre la destra vince politicamente e l’astensionismo va ad oltre il 30%. C’è bisogno di una svolta; il partito e la federazione, così, non vanno da nessuna parte. Bisogna coinvolgere tutte le forze e valorizzare gli apporti della culture politica che si propone come alternativa di società; il confronto e lo scontro è, dunque, anche con SEL e PD sui contenuti e non sugli schieramenti. L’alternativa di sistema riguarda la economia, la società e la democrazia; occorre risalire la china che ha portato alla personalizzazione della politica e alla cancellazione della persona e dei suoi diritti di cittadinanza nel lavoro e nella società. Non condividerò esiti consolatori ed autoreferenziali di questo CPN. Veneto: per noi è stato un disastro. La Lega ha sfondato ovunque, unendo lavoratori dipendenti e autonomi. Noi non abbiamo progetti e ciò che resta di tutta l’immaginifica innovazione bertinottiana è questo collasso. E’paradossale che quelle forze comuniste europee – greca, portoghese, cipriota – da noi stigmatizzate siano alla testa dei conflitti e noi nel completo discredito e nella rovina elettorale. Il quadro internazionale: di fronte all’emergere di nuove potenze il vecchio assetto scricchiola e gli Usa, che hanno campato con soldi altrui, si avviano ad una crisi profonda. Le contraddizioni internazionali (che volevamo negrianamente escludere) sono il segno della fase, che si preannuncia durissima per il movimento operaio italiano e internazionale. E’ il tempo, lo sarà e lo è già ora, di un partito comunista di lotta, di quadri e con vocazione di massa. Ma ciò non sembra essere nei piani del nostro Partito, diviso tra il ritorno al bertinottismo e le inclinazioni vendoliane. Alle regionali abbiamo ottenuto un cattivo risultato, perdendo un terzo dell’elettorato delle europee del 2009. Quali contromisure possiamo mettere in campo? Il segretario invoca un salto di qualità nell’iniziativa politica, ma dobbiamo chiederci perché questo salto di qualità sinora non c’è stato. Non credo si sia trattato di errori o di scarso impegno da parte del partito. Credo piuttosto che ormai non bastiamo a noi stessi, non disponiamo di forze all’altezza dei compiti. Per questo stento a capire i compagni che contrastano le spinte unitarie: non si avvedono che non siamo autosufficienti nemmeno a garantire la nostra sopravvivenza politica? Per risalire la china la prima contromisura è dunque l’unità: far sì che la Fds sia, insieme al Prc, protagonista nella pratica politica quotidiana; far sì che il 6% della sinistra diventi un fatto politico e non puramente statistico; far sì, infine, che contro la destra, in difesa della Costituzione, si mobiliti il più ampio schieramento delle forze democratiche. Il risultato delle regionali 2010 è negativo, caratterizzato da un alto astensionismo. La composizione della conferenza stato-regioni vede adesso una maggioranza di destra. Il risultato della Federazione della Sinistra non è positivo, poiché perde in consenso rispetto alle europee di 0.7% e ciò avviene in soli nove mesi. I risultati migliori sono stati ottenuti in alleanza o, come nelle Marche, riusciamo a costruire un polo alternativo. Dobbiamo accelerare la costruzione della Fed Sinistra e subito dopo sferrare un’offensiva unitaria a sinistra, in preparazione delle elezioni del 2013, lavorando a un’alleanza che cambi la legge elettorale. Si apre una stagione referendaria. Acqua, nucleare, lavoro i temi dei referendum. L’IDV ha deciso di procedere per proprio conto, dichiarando di non condividere l’esclusione dal comitato promotore. Di fatto il dissenso dell’Idv attiene il non voler escludere i privati dalla gestione dell’acqua, stessa posizione del Pd. Quindi si corre il rischio di avere due referendum sulla stessa materia. Noi stiamo con i movimenti, le associazioni e lavoreremo a creare su tutto il territorio nazionale luoghi di costruzione di battaglie. Questa è una sconfitta pesante che consegna il paese alle destre più barbare, che ci colloca in una precaria sopravvivenza e nello stesso tempo leggiamo nei risultati elettorali la necessità e la possibilità di mettere a valore ciò che abbiamo costruito dopo Chianciano. Sono nella contraddittoria condizione di essere d’accordo con la relazione del Segretario e nello stesso tempo di sentirne drammaticamente l’insufficienza. Chiede un salto di qualità. Se non vuole essere puro volontarismo nel tempo lento del radicamento deve: dare un senso alle parole che indicano il nostro orizzonte, l’ alternativa, costruire nei conflitti e fra il popolo di sinistra il nostro programma, una idea di società che può cambiare le vite delle persone in questa crisi strutturale, fare una proposta articolata che non ci veda solo rispondere e puntualizzare, ma incalzare. Il bipolarismo si batte anche promuovendo una critica al leaderismo populista,che non emerge solo ora nella sinistra. Se il corpo del leader diventa salvifico e dissolve comunità e appartenenze, quando a destra e a sinistra i leader si assumono la responsabilità di ricondurre il corpo delle donne alla minorità giuridica e sociale, prevale una idea totalitaria. Non basta essere e dirsi fuori dal coro. Le elezioni sono state un referendum pro o contro Berlusconi. L’esito elettorale ha fatto emergere il peggio della destra, con la Lega che avanza e Berlusconi che si rafforza e arriverà sicuramente al 2013. Questo nonostante il governo non abbia dato risposte sulla crisi e stia avanzando un vero e proprio pacchetto di controriforme (giustizia, fisco, presidenzialismo, attacco alla Costituzione). Il berlusconismo, al contrario di come diceva Vendola in campagna elettorale, non è dunque finito. Queste elezioni ci danno anche il dato di un astensionismo trasversale e pesante che la dice lunga sulla sfiducia nella politica. Il bipolarismo inoltre ormai è stato assunto da chi va a votare. Noi passiamo al 2,7 per cento rispetto al 3,4 delle europee perdendo in 9 mesi un quinto dei nostri voti. Nel complesso è un risultato deludente. Ci sono però regioni dove teniamo, ma in particolare dove andiamo soli è un disastro. Occorre comunque ringraziare tutti i nostri compagni che si sono spesi con impegno. Ora è necessario accelerare sulla Federazione nonostante tutti i suoi problemi, portare avanti un’offensiva unitaria a sinistra e costruire un’alleanza per cacciare Berlusconi. Siamo di fronte ad una “crisi costituente”, una crisi economica cioè che ridefinisce il senso comune, i rapporti sociali, l'assetto dei poteri. Una crisi che si intreccia con una ancora più grave crisi morale e politica. Il centro destra “vince” politicamente, ma anch'esso perde milioni di voti, l’astensionismo colpisce chi governa ma continua a penalizzare anche una sinistra poco credibile. La profondità di questi processi ci dice che la nostra politica non può rimanere tutta dentro una dimensione tattica. Non reggiamo questo patrimonio residuo della nostra forza se non ristabiliamo i nessi tra mutamenti del capitalismo, scomposizione sociale, crisi della forme della politica. Paghiamo un insieme di insufficienze che riguardano il complesso della percezione del profilo della Rifondazione e della Fed. Sinistra. Abbiamo “salvato la pelle” e guadagnato un po’ di tempo, non possiamo sprecarlo senza affrontare la questione di come ci facciamo percepire come forza del cambiamento. La federazione della sinistra va rafforzata, nella sua forma flessibile ed aperta ad altri soggetti, non ci serve un altro partito. Bisogna lavorare per un polo unitario a sinistra autonomo dal centro sinistra e alternativo al bipolarismo e al liberismo. Va praticata davvero l’idea del “partito sociale”, per farlo dobbiamo fare correzioni profonde. La crisi economica rimane il passaggio cruciale in cui si ridefinisce il ruolo e la funzione dei comunisti e della sinistra nella società italiana. Dopo tre sconfitte è “allarme rosso”. La crisi è di credibilità. Le proposte organizzative, la Federazione, le alleanze – vanno bene solo se riempite di contenuti. E il Partito va ascoltato: sarebbe utile un tour, regione per regione, per capire, rimotivare, scuotere, raccogliere idee da portare in una grande assemblea dei circoli e da lì lanciare il salto di qualità. Ma il voto è anche impietoso: chi rappresentiamo noi, a chi siamo utili, qual è l’identità dietro alla falce e martello? Il voto ci dice che siamo diventati un piccolo partito di frammenti sociali, un partito bricolage che non può pensare di rappresentare tutti ma nessuno (o il 2%) lo ascolta. Ripartiamo dai “nostri”, ripartiamo dal lavoro materiale, immateriale, cognitivo: c’è una nuova classe operaia senza coscienza di classe e una coscienza degli interessi frantumata soggettivamente, da studiare con modestia. E ripartiamo anche con un metodo di lavoro diverso, senza disperderci in cento iniziative: un Partito di nicchia sceglie una vertenza ‘bandiera’ per regione e investe su quella. La vittoria della destra è inequivocabile e il risultato delle elezioni consolida il sistema bipolare. Noi perdiamo e la candidatura di Ferrero in Campania mina la sua credibilità e quella del Partito. Il dato della federazione della sinistra è uguale a quello dei Comunisti Italiani alle regionali del 2005. È evidente che il voto giovanile e scarsamente ideologico, che caratterizzava il nostro elettorato, si è volatilizzato. Non possiamo semplicemente sostenere che bisogna rompere il bipolarismo quando, si rischia una torsione presidenzialista. Serve un’altra proposta politica che abbia l’ambizione di modificare i rapporti di forza. Occorre l’unità della sinistra ma non possiamo limitarci ad evocare altre esperienze: in Francia il “Fronte di Sinistra” sta affrontando la sfida del bipolarismo, avviando la sfida con socialisti e verdi dentro una coalizione. Non basta la federazione della sinistra: bisogna avviare immediatamente un percorso unitario con tutte le soggettività della sinistra, a partire da Nichi Vendola, impedendo che venga risucchiato dal PD. Dobbiamo avviare un percorso unitario per ridare senso alla sinistra e ai comunisti. La crisi è ben lungi dal suo superamento. I governi scaricano il debito privato sul pubblico, con rischio di default degli stati: la Grecia è solo la punta dell’iceberg. Ma lì si esprime una resistenza di massa e il KKE è in prima fila, mentre in Italia, nonostante la crisi economica e le frizioni interne alla maggioranza tra Fini e Berlusconi, il risultato elettorale consolida il governo e accentua la subordinazione del proletariato, contro cui sono dirette non solo le misure economiche, ma anche la definitiva demolizione della Costituzione. Occorre un fronte ampio di resistenza su entrambi i terreni, sociale e politico-costituzionale, il cui perno non può che essere un partito comunista adeguato ai problemi della nostra epoca, per la cui ricostruzione bisogna combinare, in rapporto unitario con il PdCI, l’azione quotidiana di intervento nel conflitto sociale con l’elaborazione programmatica: contro la crisi proporre nazionalizzazioni e controllo democratico e popolare sull’economia. Sul risultato elettorale il giudizio è negativo, il quadro politico si sposta ancor più a destra (asse Berlusconi Lega), si rafforza e stabilizza il Governo, sia pur perdendo voti. Di fronte ad un malessere sociale sempre più ampio che si rifugia nell’astensione il PD perde rispetto alle europee 1 milione di voti, IDV 450mila e noi non riusciamo ad intercettare questo malessere ma cediamo 300mila voti nel giro di un anno, circa un terzo del già ridotto elettorato delle europee. Ciò nonostante un grande impegno di tutti i nostri militanti a cui va il nostro ringraziamento. E’ necessario avviare da subito un’ampia consultazione di tutti i nostri iscritti, coinvolgendo federazioni e circoli per indagare questo risultato, affiancata da un’ampia mobilitazione sui referendum, sui temi del lavoro e sulla difesa della democrazia. E’ urgente che la Federazione si strutturi rapidamente sui territori con un congresso che avvii una forte campagna di mobilitazione nel prossimo autunno sui temi del lavoro, che apra un processo unitario con le forze alla sinistra del PD e che dia mandato per la formazione di una grande coalizione democratica contro Berlusconi. L’esito elettorale: un crescente dissenso politico (astensionismo) rispetto al governo e alle opposizioni. Il Prc vede il proseguire negativo del suo trend elettorale, con il non essere riferimento del voto dei giovani, dei movimenti e il perdere parte del suo voto tradizionale. Non basta l’unità se non è supportata da un “per fare cosa”. Sento, a fronte di ciò, riproposte scelte, di cui non sottovaluto gli elementi positivi, ma che si sono dimostrate non cogliere appieno le esigenze del nostro popolo, in una prospettiva di “tran tran continuista”, espressione di autodifesa. “L’unità per fare cosa” richiede il superamento del politichese, il ritorno alla politica: dare, finalmente, un progetto che segua la sua identità, al Partito; nell’immediato non bastano i pur importanti referendum, ci vuole una chiara “piattaforma rivendicativa” (pochi punti, il lavoro, la difesa della Costituzione). Il Cpn apra una discussione in tutti i Circoli, raccogliendo le istanze. Si dia vita a commissioni che elaborino proposte per il “progetto politico” e per il rilancio del Prc. Ho sentito la motivazione del Segretario della sua candidatura in Campania: esprimo un apprezzamento, ma questo non può esimermi dal confermare il giudizio di essere stata un “errore politico”, pagato con una delegittimazione personale e del Partito. Il risultato elettorale è stato negativo. Vince il governo e la Lega sfonda al centro, la Federazione arretra per errori soggettivi e per l’egemonia culturale delle destre, ma va meglio in coalizione e peggio dove si presenta da sola. Il risultato toscano è fra i migliori in Italia grazie al lavoro dei compagni, ad un buon accordo politico e alla proposta unitaria con i Verdi. Da oggi possiamo costruire il nostro progetto politico. Per rompere il bipolarismo non è sufficiente né la mera logica istituzionale, governista o opposizionista, né il “comitatismo”. Bisogna motivare gli astenuti costruendo un blocco sociale per l’alternativa ed una prospettiva ideale. Per ciò è necessario consolidare la Federazione; aprire un’offensiva unitaria a sinistra per un’alleanza politica e la difesa della Costituzione; sviluppare il Partito Sociale ed il radicamento e la riunificazione del mondo del lavoro anche attraverso campagne quali la raccolta di firme per i referendum contro la precarietà e per l’acqua. Ci
troviamo davanti ad una sconfitta, bisogna fare meglio. Il risultato negativo della Fed (-0,7% rispetto alle europee e -300000 voti in termini assoluti) e la vittoria delle destre alle elezioni regionali, si inscrivono in una drammatica situazione sociale ed economica determinata dalla crisi (aumento della disoccupazione pari a all’8,3%). Il voto amministrativo ci consegna una situazione di grave emergenza democratica oggi rappresentata dal tentativo di manomettere la Costituzione tramite la concentrazione dei poteri in capo al premier, il controllo governativo sull’azione della magistratura e degli organismi di garanzia, l’introduzione di un sistema presidenziale senza contrappesi. In tale contesto assume un carattere decisivo il tema dell’unita’ fra le forze democratiche che potrebbero convergere su almeno tre questioni: legge elettorale proporzionale, legge sul conflitto di interessi e difesa della Costituzione. Occorre, inoltre, proporre a SeL un’iniziativa unitaria sulla difesa dell’art.18 e di adesione alla campagna referendaria su precarietà e beni comuni. Va accelerato, senza incertezze di sorta, il processo costituente della Fed che deve essere aperto in primo luogo a movimenti, associazioni, individui e soggetti politici e incentrato in particolare sulla rappresentanza politica del mondo del lavoro. Auspico infine una conclusione unitaria dei lavori di questo CPN. Il successo delle destre e della Lega impone, oltre ad un maggior lavoro sociale, una analisi sulla sub cultura (psicologia) reazionaria di massa e sul “cattoleghismo”, il legame sempre maggiore, ideologico e strutturale, fra settori significativi della gerarchia cattolica e il partito di Bossi (Compagnia delle opere, amministrazioni locali, lettura integrista del cattolicesimo…). Noi dobbiamo riproporre (a cominciare dai referendum) la più ampia unità di azione sui temi (democrazia, Costituzione, articolo 18, nucleare, beni comuni, precariato), ma tener ferma la proposta di alleanza fra soggetti diversi e non di omologazione nel quadro bipolare. Massima unità sulle cose con SeL, sapendo pero che è parte organica del centro sinistra (Campania e Lombardia insegnano) e che riproduce scelte nuoviste e leaderistiche. “In basso a sinistra” e “partito sociale” sono necessari, ma non sufficienti: ripropongo, nel lancio della federazione, comunista e alternativa, interlocuzioni su sindacalismo di classe, ecologismo politico, pensiero di genere, altermondialismo, radicalismo cristiano. La
Lega e le destre si affermano, per la loro radicalità. Condivido l’analisi del Segretario e la scelta in Campania, di respiro più lungo di quello elettorale e del cesarismo imperante. L’esito in voti assoluti è pesante e l’astensione ci coinvolge, ma segnala anche il venir meno delle aspettative di “voto utile” e si ritorce su un PD che ha espunto dall’orizzonte politico il conflitto di classe e antipatriarcale - e con essi ogni ipotesi di trasformazione dell’esistente: mette a tema la crisi del pensiero laico e liberaldemocratico, bipolarismo, presidenzialismo e un’idea di governo che non legge il padronato come controparte del lavoro e le asimmetrie di poteri, emblematica la vicenda dell’articolo 18. Abbiamo fatto scelte orientate alla necessità di tenere aperti varchi alla riproposizione del conflitto, drammaticamente acuita da una crisi economica, politica e culturale, causa e prodotto di misoginia, razzismo omofobia. Costruire il partito sociale è dirimente per il rilancio della Federazione e la campagna referendaria un terreno cruciale di offensiva politica e sociale a e da sinistra. Il risultato elettorale mette in risalto molte nostre difficoltà e incapacità che non vanno ridimensionate o sottovalutate, pena la nostra scomparsa. Ha messo in risalto la nostra banalizzazione del “fenomeno Lega” e la difficoltà nel semplificare i nostri messaggi. Infatti dobbiamo smettere di pensare che la Lega sia solo quel soggetto politico che parla alla “pancia” delle persone, nel Veneto è quel soggetto che si inserisce e compete direttamente con noi nel sociale oppure si qualifica come buona amministratrice. La Lega sa lanciare messaggi comprensibili a tutti e si caratterizza per due, tre parole d’ordine che rispondono a esigenze concrete. Noi ci parliamo addosso e una piccola nicchia ci capisce. Dobbiamo lanciare un’offensiva unitaria a Vendola, accelerando il processo costituente della Federazione. Nel mentre costruiamo il Congresso della Federazione dobbiamo lanciare la “primavera referendaria” su nucleare, acqua e precarietà e difendere la Costituzione con chi ci vuole stare. I
dati reali fotografano una situazione complessa. L’astensionismo
colpisce tutti i partiti (3 milioni e 700.000 i voti persi sulle europee).
Così la destra che pure è in difficoltà (2 milioni
e mezzo di voti persi, Lega compresa) consegue un indubbio successo politico.
Siamo ancora nel ciclo segnato dalle elezioni del 2008, che nell’assenza
di un movimento generale di opposizione, non si inverte. Il nostro risultato,
insoddisfacente, consegue tuttavia l’obiettivo che ci eravamo dati,
di attraversare le elezioni eleggendo nella maggior parte delle realtà.
Il “tempo conquistato” va ora investito con decisione in un
cambio di passo, sui punti indicati nella relazione del segretario: La vittoria della destra si è concretizzata anche attraverso l’aumento di un astensionismo (prodotto da un bipolarismo che allontana ulteriormente politica e vita) che non abbiamo intercettato anche per un deficit di diversità: in alcuni territori, come Campania e Calabria, siamo stati percepiti troppo a lungo come troppo uguali. Serve un salto di qualità: un rilancio del progetto della rifondazione comunista sul terreno dell’alternativa di società, del partito sociale, e della costruzione di un processo unitario a sinistra come polo sociale e politico autonomo dal PD e strategicamente impegnato nella fuoriuscita dal bipolarismo. È questo il cuore della scelta di Chianciano che mi sembra essere rimesso in discussione nel nostro dibattito sull’unità a sinistra e nelle modalità di costruzione della Federazione. E’ ben singolare che chi dà una lettura pesantemente negativa del voto proponga un’accelerazione congressuale per la Federazione (torna in mente l’Arcobaleno, cioè il tentativo, stavolta segnato da un mix di identitarismo e moderatismo, di colmare la nostra non autosufficienza sul terreno separato della politica): serve, invece, un processo di consolidamento e apertura, finalizzato non alla mera “sopravvivenza” dei ceti politici, ma alla trasformazione sociale. I diversi livelli unitari, proposti da Ferrero nella relazione, sono traducibili in cerchi concentrici. In quello più largo è il rapporto con il centrosinistra, con cui realizzare un’alleanza per la difesa di alcuni aspetti della Costituzione. Con il PD il margine d’alleanza si è ridotto anche rispetto all’epoca del governo Prodi, vedi le recenti posizioni o assenze sui diritti sul lavoro, l’apertura al ddl della sottosegretaria Aprea, che smantellerebbe ciò che rimane della scuola pubblica. Lo stato del partito è uno dei limiti del risultato elettorale, mettiamoci mano rapidamente, perché decisivo anche per la Federazione. Dopo l’entusiasmo e le attese suscitate dal congresso di Chianciano, siamo stati troppo a lungo ripiegati su un dibattito logorante ed autoreferenziale, sfociato poi nella scissione. L’unità al nostro interno deve poggiare su una discussione “leggera” ed un’azione “pesante”, in un corretto equilibrio tra dibattito, decisioni e cose da fare, diversamente dalle “fabbriche di Niki” che come i “cantieri di Prodi” sembrano luoghi dove si parla e non si costruisce nulla che possa sedimentare. Considero negativo il risultato elettorale. Migliore se in coalizioni anche se della sola sinistra, grave se da soli. Nell’epoca della assenza dal parlamento e dal sistema della comunicazione la collocazione viene purtroppo letta esclusivamente quale percezione di utilità ad incidere nella realtà materiale devastata dalla crisi economica, in particolare al meridione. Ci piaccia o no occorre fare i conti con Sel e Vendola per offrire un messaggio di unità, ricostruire partendo dalla Federazione una sinistra autonoma, porre un argine all’antipolitica cavalcata dai grillini. Particolarmente grave la sconfitta in Campania. Scarsi e schizofrenici gli sforzi per superare la incredibile nozione di laboratorio sperimentale un tempo verbo dei bertinottiani, due commissariamenti della federazione di Napoli, un’errata analisi del Pd e l’illusione di poter comporre una micro coalizione con Sel e IdV. Soli, ma a nord con la Bonino ed a sud con Loiero, con De Luca che recuperava con settori che raccontavamo di nostra interlocuzione. Un disastro. Sarebbe artificioso cercare le basi della sconfitta nell’una o nell’altra scelta di alleanze elettorali. Il punto è che rispetto all’attacco del capitale non vi è più risposta. Occorrerebbe, come in Grecia, un partito comunista di classe e di massa, che da decenni – come in questa fase - è alla testa di grandi lotte contro le guerre e contro le politiche liberiste di Maastricht. La FdS ha palesato un problema interno: la divisione dei comunisti. La contrarietà del PRC a tale unità ha prodotto una Federazione bicefala: PRC e PdCI in competizione tra loro. Ciò ha prodotto mancanza di organizzazione, iniziativa e passione militante. La Federazione potrà radicarsi e trasformarsi in un soggetto di lotta – comunista, di sinistra e aperto ai movimenti - solo se risolve il suo problema interno: unendo i comunisti nel conflitto e avviando un processo di ricerca politica e teorica volto a dotare il movimento comunista italiano di un profilo all’altezza dei tempi e dello scontro di classe. Al di là di questo ci sono le suggestioni moderate di unirsi con Vendola. Tra le ragioni della sconfitta ne aggiungo tre: percepiti come poco antiberlusconiani, Federazione fatta sulla carta, nei fatti utile solo per scelte di collocazione, in queste il nostro partito si riempie la bocca di società, contaminazione, movimenti, poi parla e agisce da apparato, è chiaro che così i grillini fanno più presa. Siamo andati meglio dove eravamo in coalizione, riflettano i compagni che pensano che da soli si fa più presa. In Umbria il miglior risultato, ma certamente non omogeneo: lo straordinario risultato di Gubbio 24,5% pesa da solo nella circoscrizione di Perugia per l’1,2%. Questione delle incompatibilità o doppi incarichi: rigetto che dietro il principio nobile di allargare la rosa di compagne/i impegnati come assessori ci sia il ripescaggio dei non eletti che spesso sono la fotografia dell’ apparato, operazione che contribuirebbe a segare quel pezzo di ramo già abbastanza secco dove ancora sediamo. Risultato della FdS: meglio dove siamo in coalizione, peggio dove siamo soli e quando siamo soli meglio quando facciamo coalizioni di sinistra (vedi Marche). Lo dico non perché dobbiamo fare sempre alleanze, ma perché nel nostro dibattito interno siamo stati sollecitati a non fare alleanze praticamente da nessuna parte, perché – si diceva – da soli avremmo preso più voti. E' vero il contrario. Non oso immaginare che riflessione saremmo costretti a fare oggi se fossimo andati da soli anche in Toscana, in Liguria, nella stessa Calabria, dove l’Italia dei Valori, che doveva essere premiata per la sua scelta di autonomia, ha dimezzato i voti. Lavorare su tre obiettivi: costruzione della FdS, generalizzare esperienza Marche e grande coalizione democratica contro Berlusconi. Assieme a ciò ricostruzione del Partito e forte iniziativa sociale, con al centro il lavoro e la lotta alla precarietà, per ricostruire quella credibilità che questi anni di scelte sbagliate e di continue divisioni ci hanno fatto perdere. Questo CPN nel suo complesso, dall’introduzione alle conclusioni del Segretario passando per la netta maggioranza dei numerosissimi interventi ( 79 !?) ha segnato l’ulteriore, ed io auspico definitivo, abbandono della stagione del velleitarismo demagogico, delle suggestioni poetiche, insomma dell’opportunismo più o meno sofisticatamente mascherato. Il CPN preso atto esplicitamente del risultato elettorale chiaramente “insoddisfacente”, ha altrettanto chiaramente rilanciato il nostro progetto strategico recentemente elaborato. Avanti nella costruzione, effettiva, della Federazione, al centro e soprattutto nei territori, rafforzamento del PRC, impegno a conseguire quel salto di qualità teorico-culturale ormai irrimandabile. Tutti obbiettivi finalizzati a dare sostanza alla nostra lotta contro il costituendo regime autoritario, organico al “capitale” che esaspera l’oppressione degli sfruttati. Impegno unitario, ma nella totale autonomia e nella consapevolezza delle responsabilità e della natura del centro-sinistra stesso. In sintesi : un passaggio positivo per l’alternativa. Con
il voto che c’è stato siamo arrivati ad un punto limite di
difficoltà con ricadute che non saranno semplicemente nei termini
di una stabilizzazione del quadro politico ma di una ulteriore deriva
in senso reazionario e quel che è peggio senza l’intralcio
di una opposizione degna di questo nome. Se non vediamo questa situazione
non solo non vediamo la profondità di una crisi politica che coincide
con la sconfitta di quel blocco sociale e culturale orientato al cambiamento
ma non capiamo nemmeno la portata, l’intensità e la complessità
di una sfida politica quando parliamo di ricostruzione della sinistra,
di ricostruzione dell’opposizione, sfida che oggi dobbiamo condurre
in assenza di forze e spinte sociali capaci di muovere la sinistra nel
suo complesso. Certamente il risultato è negativo e sta dentro il ciclo di sconfitte dal 2008 ad oggi. Eravamo l’unica falce e martello, e questo non ha prodotto in automatico alcun effetto positivo. L’identità non basta. Ci stroncano la solitudine elettorale – anche se in Lombardia e in Campania non è dipesa da noi – e la solitudine sul terreno delle relazioni politiche e sociali nel resto dell’anno. Anche per questo la campagna referendaria sull’acqua è una grande occasione. E ci stronca la sconnessione dai movimenti e dalle vertenze, in particolare laddove assumiamo comportamenti istituzionali non credibili. Dobbiamo investire sulla costruzione della Federazione: da cartello elettorale attraversato dal filo spinato a soggettività politica aperta. Partendo dal presupposto, come abbiamo detto nei mesi scorsi, che gran parte delle persone di sinistra che stanno nelle lotte non sono iscritte alle forze politiche esistenti. E mettendo al centro l’innovazione e la ricerca: noi non riusciamo a parlare a “pezzi” interi di società. Si pone una questione di linguaggi e di contenuti. Dobbiamo ripartire dall’originalità e dal cuore della rifondazione comunista. Le elezioni sono andate male, perdiamo il 30% dei voti in meno di un anno. Quindi o c’è uno scatto che ci fa uscire dalle secche del nostro immobilismo oppure siamo destinati a scomparire rapidamente. Ai tanti militanti che hanno dato il massimo in questa campagna elettorale, noi dobbiamo essere in grado di proporre un progetto politico capace di guardare al futuro. Rimanere fermi nell’amministrazione dell’esistente è esiziale. Si parla tanto di elezioni. Ma non dimentichiamo che non ci si può alleare con qualcuno se prima non si è qualcuno. Da qui l’invito a sciogliere il nodo sul nostro progetto. Non possiamo continuare a non far finta che, finché non lavoreremo celermente a ricomporre i militanti comunisti di questo paese (del Prc, del Pdci, ex militanti di entrambi) continueremo a disperdere forze in una competizione inconcludente, come c’è stata in queste elezioni. Il tempo non gioca a nostro favore. Facciamo in fretta: uniamo i comunisti e costruiamo il futuro della sinistra. La perdita di consensi è ancora figlia del crollo di credibilità dell’esperienza nel governo Prodi. Si fa presto a distruggere, è molto più lungo ricostruire. Ora abbiamo 3 anni per ricostruire un consenso più ampio per poter rientrare in parlamento. 1) Evitare di continuare a parlare di elezioni e dare priorità assoluta – nella costruzione del partito, della Federazione e dell’unità d’azione di tutta la sinistra – alla crisi economica e alla drammatica emergenza sociale. Per raccogliere il malessere sociale e intellettuale sarà indispensabile distinguersi dal Pd e dalla sua inevitabile ulteriore torsione moderata. 2) Accelerare la costruzione della Federazione, come soggetto unitario di sinistra autonomo dal Pd e caratterizzato dalla capacità di costruire movimenti su contenuti programmatici chiari e alternativi (contro il capitalismo, il razzismo, l’imperialismo e la Nato). 3) Riaprire il processo, interrotto, di rifondazione comunista, di un pensiero e di una prassi comuniste, condizione indispensabile per una unificazione con altri comunisti disponibili che non sia una riesumazione nostalgica, assolutamente priva non solo di attrattività ma anche di futuro, cioè un altro modo per liquidare. Nel prendere la parola al CPN nella mia funzione di direttora della rivista teorica del partito "Su la testa, materiali per la rifondazione comunista", ho voluto ringraziare il segretario per aver citato appunto questo nostro strumento di comunicazione, nel contempo allontanando da Paolo Ferrero qualsiasi sospetto di leaderismo o di cesarismo, atteggiamenti autoritari che non si conciliano con la direzione politica di un comunista. Ho poi chiesto che ci abituiamo a considerare il Vaticano, quando analizziamo la situazione del nostro paese come uno dei poteri politici maggiori, da leggere nel modo più laico e spassionato possibile. Ma soprattutto condividendo il giudizio sulla pericolosità del bipolarismo che comporta come conseguenza necessaria un forte astensionismo (forse soprattutto delle donne, che sono la maggioranza dell'elettorato e manovrabili in larga misura dal clero) e in generale una passivizzazione politica diffusa, in vista di costruire una società corporativa e "uscire dalla crisi" avendo sconfitto la soggettività della classe operaia e di altri soggetti politici, chiedo che si prepari una analisi più precisa di questo nuovo corporativismo che non è feudalmente immobile, ma agisce entro una società vivace e attiva, i cui fini e progetti possono però - come succede negli USA - essere riassorbiti in forma di lobbies e aggiogati al sistema bipolare. Si tratta di un esito infausto e pericoloso. Apprezzo la proposta di Ferrero, ma preciso alcuni aspetti. Gli esiti della FDS rivelano un limite intrinseco nel suo profilo politico, ancora confuso; gli elettori non ne hanno visto l’utilità sociale.Di fronte alla pericolosità del progetto reazionario della destra, è necessaria una iniziativa unitaria che spetta alla FDS , da cui non si recede, ma da cui si deve progredire. Il vero punto politico oggi è che una parte del partito, come un comitato elettorale impegnato in una gara di sopravvivenza per salvare la percentuale di voti rimasta, decide di lavorare da subito per un nuovo centrosinistra dentro il quale collocarci. Ciò tende a chiudere per sempre la fase aperta nel 91,con la nascita del PRC. C’è un’alternativa: che individua un profilo forte,socialmente credibile, difendere gli interessi sociali del mondo del lavoro ,consci che essi sono per ora incompatibili con quelli della destra e del centrosinistra. Occorre un partito deciso a realizzare la linea di Chianciano, in questo delicato passaggio politico, in cui si corre il rischio di mutare posizione politica e finire nelle capaci braccia omologate del centrosinistra. Il risultato su base nazionale non è affatto soddisfacente: la Fds non ha più rappresentanza consiliare nel 50% delle regioni. I comunisti reggono in Toscana, Umbria, Calabria e Marche, dove c'è ancora un radicamento territoriale e l'azione degli amministratori è stata reputata “utile” dai nostri soggetti sociali di riferimento. Pessimi, invece, i risultati campani e lombardi, che ci devono indurre ad un ragionamento sulle scelte compiute, in particolare quella di mandare allo sbaraglio il compagno Ferrero in un contesto difficile, con ripercussioni politiche negative per la Fds. Per uscire da questa fase, che rischia di portarci nel giro di uno o due anni all'estinzione, dobbiamo lanciare due offensive: una interna, che porti all'accelerazione sul percorso della Fds e ponga all'ordine del giorno il superamento dei suoi soggetti promotori; una esterna, rivolta in primo luogo a Sel, ma anche ai Verdi e quei movimenti che fanno riferimento a De Magistris, Grillo e le varie anime del Popolo viola, per costruire un fronte unitario, plurale e combattivo a sinistra del Pd, che poggi su una serie di punti programmatici condivisi: lavoro, ambiente, difesa della Costituzione. La vittoria di Lega e Berlusconi, l’astensionismo e la presenza dei grillini non spiegano di per sé la gravità della nostra sconfitta. Questa non sta tanto nel risultato di queste regionali, quanto nella conferma di una tendenza. Siamo alla terza e, anche per noi garantisti, dopo la cassazione c’è soltanto l’esecuzione della pena. Siamo ormai sotto quel minimo sindacale che ci permetterebbe di ipotizzare una ripartenza con le nostre forze soltanto. Perdiamo consensi dappertutto, dove più, dove meno, e persino al di là delle alleanze: i grillini ci superano sia in Piemonte che in Lombardia. Insomma, il problema siamo anche noi, come siamo e come veniamo percepiti ecc. Ecco perché bisogna dare un’accelerata alla costruzione della Federazione, in base al principio “una testa un voto”, ma nemmeno questo basta. La Fed non sarà il luogo della riaggregazione della sinistra, ma dovrà essere uno strumento per costruirlo, insieme ad altri, Sel compresa. Ed è un problema dell’oggi, non del domani. Finalmente l’elezioni regionali sono alle nostre spalle. Esse erano un intralcio al dispiegarsi della Federazione della Sinistra perché non abbiamo avuto il tempo di insediarsi “in basso a sinistra” nella società. Adesso dobbiamo avere la maturità politica di guardare avanti, di evitare di far precipitare il partito in un dibattito caricaturale e tutto ripiegato su noi stessi. La Fed come l’unità della sinistra la possiamo realizzare solo sulle cose, a partire dalla costruzione dell’opposizione sociale e politica al governo delle destre. L’autonomia dal Pd e la nostra alterità dal centrosinistra più che sui documenti va conquistata sul campo, nella lotta. La campagna per l’acqua pubblica è una formidabile occasione per costituire sui contenuti quel polo dei beni comuni e antiliberista che rappresenta il mare sociale nel quale una sinistra può nuotare e crescere. Lo schieramento per l’acqua è analogo per ampiezza a quello che dette vita al Genoa Social Forum ed ha un immediato impatto sulle contraddizioni dell’opposizione parlamentare. Stanno li a dimostrarlo le difficoltà che ha Di Pietro a spiegare la sua operazione referendaria con il suo quesito che sembra dettato dalla Confindustria. Dobbiamo tornare nei posti dove siamo stati in campagna elettorale, uscire dalle nostre sedi, proseguire nella strada del partito sociale e al contempo lanciare un progetto politico che faccia dell’alternativa di società al capitalismo il suo cuore. Il nostro dibattito pecca di politicismo. Al posto che parlare di alleanze, di collocazioni istituzionali e di contenitori, dovremmo affrontare di petto le cause reali della nostra sconfitta: l’assenza di un’analisi di classe della società italiana, di un programma semplice e riconoscibile, di un immaginario. Sul voto: il 2,7% è un risultato negativo ma non omogeneo. Andiamo meglio nelle realtà in cui ci presentiamo in coalizione (con SeL nelle Marche, con il centrosinistra in altre regioni). Ciò non ci deve indurre automaticamente a fare accordi ovunque, ma mette in evidenza che veniamo premiati se rendiamo percepibile una nostra utilità e se lavoriamo per costruire una massa critica. Qui si colloca l’offensiva unitaria alle forze democratiche per cacciare Berlusconi e a SeL per costruire un fronte di sinistra più forte. Sulla Fed.: il congresso di fondazione va fatto il prima possibile. Presi singolarmente siamo ormai senza peso elettorale e senza capacità attrattiva. Non vorrei prevalesse una tentazione attendista che è l’esatto opposto di ciò di cui abbiamo bisogno: uno scatto d’orgoglio per mettere il Partito al servizio di un processo unitario realmente costituente. In Liguria siamo decisivi per sconfiggere le destre, confermiamo il 3,9 delle Europee ed eleggiamo 2 consiglieri: nello scenario generale un buon risultato. Nazionalmente c’é un’ulteriore flessione ma preserviamo l’essenziale. Non era scontato. E’ stato importante aver eletto consiglieri; di per sé non si risolvono i nostri problemi ma, dopo che per due volte non abbiamo eletto nessuno, era importante che il voto per noi fosse utile anche per eleggere rappresentanti nei Consigli. Ci vuole ora quello scatto che il Segretario propone nella relazione. Occorre consolidare la Federazione della sinistra. Non si tratta solo di fare i coordinamenti ma anche di costruirla in rapporto con le lotte e con la società. Senza questo la Federazione diverrebbe il luogo di sfiancanti mediazioni tra gruppi dirigenti; deve viceversa qualificarsi sui contenuti. Su questo terreno, peraltro, si può fare sintesi e costruire egemonia. Una cura particolare va dedicata al Partito. La Federazione della sinistra non prefigura il superamento del Prc; anzi un Prc forte è la condizione per una Federazione forte. Per capire che fare basta andare al banchetto dei Gap e vedere quanto sia vasta la sofferenza sociale. E’ da qui che occorre ripartire. Il partito dell’astensione è il vero vincitore di queste elezioni, colpendo sia a destra che a sinistra. Il dato evidente è lo scambio tra Berlusconi e la Lega: il federalismo, in cambio del potere e dell’immunità. Nella Lega sono forti le analogie che si evidenziano, tra lei e il periodo neofascista e neonazista (guardie verdi, ronde, xenofobia e cinismo verso i deboli, vedi i bambini messi a pane ed acqua ecc..) L’opposizione facendosi promotrice di leggi reazionarie e non stando nelle lotte dei lavoratori e in quelle sociali, ha decretato la sua sconfitta. La nostra risposta è altrettanto inefficace. Il nostro compito è quello di creare un terzo polo che sappia contrastare la politica eversiva e spezzare il bipolarismo, ma dall'altro, essere una forza di sinistra referente naturale della classe lavoratrice. Chianciano, la Conferenza di organizzazione di Carrara, i Circoli, il tesseramento, Liberazione, sono i nostri punti fermi su cui investire, poiché è da lì che può ripartire Il partito Comunista e contemporaneamente dare slancio alla Federazione stessa. Con
poca presenza sul territorio e pochissima sui media , con un tipo di elezione
come quella regionale , cioè con 34 liste e 25 candidati a lista
, non si poteva pensare di conservare lo stesso trend dell’europee,
al di là delle scelte fatte. Il dato che più di altri ci
colpisce è quello del movimento a 5 stelle. Non solo i 90.000 voti
sulla regione, ma soprattutto la presenza costante in tutti i comitati
(tav, inceneritori, acqua ecc). È questione con cui si deve far
di conto. Il loro programma politico declina nel nostro stesso modo le
questioni ambientali,con la differenza che essi non parlano di lavoro
o di lavoro buono, ma di antipartitismo; per costoro chi è iscritto
ad un partito non importa quale, è un delinquente potenziale. Parlano
cioè alla pancia della gente, come la Lega. Io non credo che l’esito delle elezioni e il nostro risultato elettorale richiedano una rettifica di linea all’insegna del “frontismo” e della ricostruzione di un rapporto organico col PD, perché il successo delle destre non è legato alle divisioni a sinistra, ma al deficit di opposizione. Di qui la necessità di una sinistra autonoma, capace di incalzare con proposte unitarie il centro-sinistra, ma senza subalternità. E’ condivisibile l’iniziativa unitaria sulla battaglia referendaria, sulla difesa dell’art. 18 , sulla lotta alla crisi, ma occorre anche caratterizzarsi sulla lotta alla totale subalternizzazione del lavoro e per la difesa integrale della Costituzione. Sulla sinistra di alternativa, date le difficoltà a realizzare alleanze elettorali con SEL nel caso di presentazione autonoma dal PD, vi è l’esigenza di una iniziativa articolata territorialmente. La Federazione va stabilizzata, ma senza precipitarsi in un percorso congressuale che rischierebbe di farne esplodere le contraddizioni. Infine, senza un progetto di rilancio del partito verrebbero meno le condizioni per la tenuta della Federazione e per la costruzione di una sinistra di alternativa. Il risultato del Piemonte è per alcuni aspetti generalizzabile al dato nazionale. Qui vince la destra (e ne vediamo subito le conseguenze: penso alle dichiarazioni di Cota sulla pillola abortiva). Ma la destra vince non tanto per merito suo, quanto per demerito del centrosinistra. Il PDL perde il 7%, la Lega tiene ma non sfonda, e soprattutto – a differenza del voto per il candidato presidente - la coalizione di centro sinistra supera di mezzo punto percentuale la coalizione di destra. Dunque le responsabilità sono nel centrosinistra. Nel PD, innanzi tutto, che vede sconfitta la strategia di alleanza con l’UDC. Ma anche noi dobbiamo riflettere senza reticenze sul nostro dato elettorale. Serve un deciso cambio di passo. Dobbiamo certo migliorare sul piano del radicamento e della presenza fra i lavoratori. Ma il punto vero non è qui. E’ piuttosto nella difficoltà di costruire un profilo politico credibile. Per farlo 4 sono i nodi: accelerazione del processo unitario a sinistra, sottolineatura del lavoro come tema centrale della nostra azione politica, rinnovato protagonismo culturale sul tema della “rifondazione comunista”, investimento strategico sulla comunicazione. In Sardegna avremo le elezioni provinciali a maggio; cercheremo di far tesoro delle analisi svolte qui sul voto alle regionali di cui non parlerò perché, riconoscendomi nella relazione di Ferrero preferisco approfondire un punto cruciale: le elezioni regionali non possono essere assunte come un test sulla bontà delle scelte fatte, perché è mancato il tempo per costruire una vera azione politica della Federazione. Sono però emersi problemi che devono indurci a ragionare attentamente su tempi e modi del congresso; devono indurci, soprattutto, a considerare la campagna referendaria di primavera come il terreno fondamentale attraverso il quale essere utili non solo a tutto il popolo ma anche al nostro rinnovamento,se riusciremo a stabilire una azione concertata con tutte le forze che non vogliono precipitare nell’orbita del PD ma costruire una sinistra di alternativa,autonoma dal centrosinistra. Promuoviamo una riunione nazionale di coloro che in questi mesi sono stati fisicamente dentro le tante,spesso isolate, lotte per ascoltarli, limitandoci a stimolare quel coordinamento concreto dentro il quale i comunisti possano contribuire a reggere l’urto della ulteriore precipitazione della crisi sociale ed istituzionale. La
crisi di senso e di consenso non nasce oggi. Già all’indomani
del voto del 2006 la sinistra avrebbe dovuto considerare con più
preoccupazione il dato delle urne: che non garantiva l’attuazione
del programma. Questo CPN assume una particolare importanza e richiede un dibattito franco tra di noi. Considero la relazione del Segretario una base unitaria di lavoro e discussione per tutto il Partito, al di là delle differenti accentuazioni che si possono avere su singoli aspetti.. Il risultato elettorale ci consegna tre temi rilevanti per lo sviluppo della nostra azione: 1) la vittoria dell’asse Berlusconi Bossi determinerà uno sviluppo dell’attacco alla Costituzione e alla costruzione di uno Stato a Repubblica Presidenziale, Federale e di stampo neo corporativo. 2) una crisi del centro sinistra incapace di far vivere una alternativa reale alle politiche della destra a partire da un diverso progetto economico sociale di uscita dalla crisi e quindi incapace di dare risposte ai concreti problemi della gente. 3) una crisi della sinistra che nella sua frantumazione non è in grado di esprimere una attrattiva credibile. La nostra proposta quindi è: costruire una alleanza democratica in difesa della Costituzione, costruire una unità dell’opposizione contro le politiche sociali del Governo, ricostruire una unità della sinistra di alternativa consolidando la Federazione della Sinistra e avanzando una proposta di unità a SeL e a tutta la sinistra. La democrazia non muore solo per Berlusconi, ma anche perché in troppi delegano ai partiti le decisioni della politica. Ma i partiti non sono macchine autopensanti. Un’intera generazione, la mia, non si è fin’ora racconta, non ha narrato il Paese, non ha tirato fuori i propri sogni, senza assumersene le responsabilità. In questi mesi è uscito “Con un piede impigliato nella storia” di Anna Negri, figlia di Toni Negri. E forse più che preoccuparsi delle forme aggregative della Federazione è da chiedersi quante delle strutture interessate siano disposte a disincagliarsi un po’ dalla propria storia. C’è un problema se la storia della Sinistra è fatta anche di cooperative che ancor oggi sono dette “rosse”, nonostante contratti di categoria da fame. Ed è un problema se la Sinistra non sa chiedersi se può esistere un futuro migliore per un anziano di una casa di riposo. La sinistra va ripensata, in uno sforzo collettivo, con la capacità di chinare la testa e non con le spartizioni di sedie. Molto condivisibili le proposte della relazione: 1) costruzione dell'opposizione. Proponiamo una opposizione unitaria al berlusconismo fondata su alcune priorità: difesa integrale della Costituzione (ponendo come discriminante per l'unità l'abbattimento del sistema bipolare maggioritario) e iniziativa referendaria (acqua bene comune, no al nucleare, no alle precarietà). 2) Offensiva unitaria a sinistra, lavorando ad un unico polo politico alla sinistra del Pd (esperienza francese, tedesca; ma penso anche alle esperienze latino. americane di sinistra plurale, federata, popolare). Evitando corto circuiti plebiscitari e populisti. Unica discriminante politica è il non essere ancella servile al Pd e non essere organici al centrosinistra in crisi. 3) Concludere il percorso della Federazione della Sinistra dentro l'anno. Ma eliminando politicismi, equilibrismi, moderatismi. Oggi la Federazione è una mummia che non parla a nessuno. Occorre aprire interlocuzioni politiche e, soprattutto, sociali abbandonando la pretesa di cooptare dentro i nostri schemi organizzativi. La
gravità della sconfitta che abbiamo subito ha proporzioni che equivalgono
a un passo dalla fine della nostra esperienza. Dobbiamo avere il coraggio
e assumerci la responsabilità politica di una sterzata. Non possiamo
uscirne pensando solo di moltiplicare le iniziative che abbiamo messo
in campo e organizzarci un po’ meglio. Continueremmo ad affannarci
senza produrre nulla che sposti le cose. L’aderenza alla realtà,
la connessione con le cose, dove e come le troviamo? Questo deve essere
il nostro assillo. Dobbiamo dire chiaramente che Rifondazione diventa
cantiere aperto per costruire la Federazione come strumento sia per ricomporre
che per rifondare la sinistra. Dobbiamo dice che da oggi si apre una fase
straordinaria in cui tutto il partito sia coinvolto per discutere e mettere
in campo una proposta credibile e quel progetto politico che ancora non
abbiamo. Il risultato del voto per FdS è negativo. Necessaria dal gruppo dirigente un’autocritica e una discussione su scelte politiche, su questa FdS che continua ad essere una aggregazione senz’anima, priva di contenuti riconoscibili, tanto che la si confonde facilmente con SeL. La sua caratterizzazione come lista comunista è stata cancellata. Il voto utile non è più una scusa plausibile, dopo l’alta astensione e il grande consenso alle liste Grillo. E’ doveroso fare una analisi più elevata di quella espressa nella relazione. Le guerre sulle preferenze verificatesi anche all’interno del PRC, costate tante energie, ci interrogano sulla qualità dei nostri dirigenti. La FdS non necessita di strutturazioni, peraltro allo stato impossibili, ma va rilanciata come alleanza su contenuti condivisi che attengano alle condizioni sociali e alla democrazia, comprensibili dal nostro popolo. I comunisti hanno la responsabilità di non più rinviare la costruzione di un Partito Comunista all’altezza dei tempi. La sfida fondamentale è costruire un movimento a difesa della Costituzione un movimento –come scrive Gianni Ferrara – contro il “monopartitismo disgiunto”, in grado di spiegare ai precari che le riforme toccano la loro vita non le libertà astratte. La seconda sfida consiste nel costruire da ora l’appuntamento per l’alternativa di governo nelle città, un’alternativa concreta, utile a realizzare l’unità della sinistra dal basso. Nelle città, anche del Nord, si manifestano i punti di tenuta del centro-sinistra perché settori del centro-sinistra riescono ancora a interloquire con le lotte e a rispondere ai bisogni dei cittadini senza ricorrere a politiche reazionarie. La terza sfida è costruire la Federazione della sinistra come spazio inclusivo e aperto, cosa non avvenuta al centro e ancor meno in periferia. Acceleriamo il processo per dare riferimenti a quanti si sono avvicinati e a quanti non hanno chiaro il profilo. Con una più forte Federazione sarà più facile interloquire anche con SEL evitando di sovrastimarla oppure atteggiamenti settari. La valutazione del risultato elettorale è spesso segnata da giudizi ingenerosi. Vi è un brutto risultato, ma eravamo tutti consapevoli che l’appuntamento era nella scia dei precedenti, che ci hanno visto travolti dall’esperienza del governo Prodi, minandoci nella credibilità (cosa si promette e si mantiene) e nell’efficacia. Era strategico superare questa tornata “vivi” per misurarci nella ricostruzione e radicamento del partito. In Toscana avremmo firmato sul risultato raggiunto dato che i primi sondaggi ci davano a meno della metà. Condivido il percorso indicato e pongo due questioni: la prima come ricostruire regole di convivenza rispetto a casi di degenerazioni che riguardano forme di opposizione tese a colpire il partito tutto, a diminuirne il peso elettorale con campagne per l’astensionismo. Seconda, concretizzare il percorso costituente della Federazione poiché il progetto rischia di morire prima di sperimentarlo: farlo nelle pratiche e nell’iniziativa pensando i soci fondatori come partenza e non arrivo. Superando il mero coordinamento burocratico dove essi hanno potuto esercitare a turno un potere di interdizione, fino alla paralisi dell’iniziativa da sviluppare. L’esito delle recenti elezioni regionali per certi versi è sconvolgente! In presenza di una forte crisi economica e conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro i partiti al governo si sono rafforzati. Io vengo dalla Marche e da noi le elezioni non sono andate male, ma il nostro partito non è riuscito a far eleggere neanche un Consigliere Regionale. Nei fatti queste elezioni hanno sancito la vittoria ideologica della classe al potere. I lavoratori, i giovani , i pensionati o non hanno votato (per nostra mancanza di credibilità, penso io), o hanno votato le liste di Grillo o della Lega. Dobbiamo accelerare la riunificazione dei comunisti e ricostruire un Partito all’altezza dei tempi capace di elaborare un programma minimo alternativo. Mentre
nel confronto interno al PD viene “esaltato” il risultato
toscano come un modello da estendere, nella relazione di Ferrero, pudicamente
non se ne parla. I risultati elettorali impongono un cambio passo nella nostra elaborazione politica, nelle nostre pratiche e nella doverosa accelerazione del processo costitutivo della federazione, sapendo che è condizione necessaria ma non sufficiente per ridare una speranza alla sinistra nel nostro Paese. Il PRC è malato della propria asfittica divisione per componenti che in un partito del 2.7 % rischia di diventare ridicolo. Bisogna andare rapidamente al superamento delle componenti organizzate ed aprirsi alle contaminazioni con quella sinistra diffusa che ha scelto anche in queste elezioni il distacco nell’astensionismo, provando a ridare un senso alla nostra azione politica. La campagna referendaria(acqua) è un banco di prova per dispiegare la nostra iniziativa politica sui territori. La comunicazione del PRC è del tutto inefficace e va fatto un investimento per una modifica radicale. Bene abbiamo fatto ad andare da soli in Campania e grave è stato non aver rotto prima con l’esperienza Bassolino. Dalle regionali esce un quadro di emergenza democratica: per il prossimo triennio, il voto conferisce nuova legittimazione a una destra pesantemente reazionaria (“barbara” è stato detto). L’astensione morde sia a destra che a sinistra e la stessa Federazione della sinistra arretra. Occorre una riflessione non reticente e un salto di qualità nella nostra iniziativa politica: l’emergenza democratica richiede un’offensiva unitaria. Non si tratta affatto di approdare ad un “alleantismo a prescindere”, ma di muoverci con determinazione su tre direttrici. Primo, consolidare quel che c’è: guai a restare a mezz’aria con la Federazione, occorre promuoverla creando ovunque coordinamenti aperti a tutte le forze sociali presenti sui territori. Secondo: rivolgerci a tutte le forze collocate alla sinistra del Pd, a cominciare da SeL, per sviluppare un’azione politica comune innanzitutto sui temi delle campagne referendarie. Infine, per battere Berlusconi e modificare assetto istituzionale e legge elettorale, aprire un confronto largo “con chi ci sta”, non dando per scontata la chiusura del cerchio bipolare. A distanza di pochi mesi la Federazione della Sinistra perde 300 mila voti. Questo dato di arretramento non può essere eluso e ci deve spingere a riflettere sui passi fatti negli ultimi tre mesi. Siamo partiti bene, siamo riusciti a trasformare un’esperienza elettorale in un soggetto federativo di ampio respiro. L’assemblea del 5 Dicembre, è giusto ricordarlo, è stata per i compagni un momento di rilancio e coesione, ne sono prova i sondaggi di dicembre che davano la Federazione in crescita. Purtroppo alle decisioni prese non sono seguite le azioni. La Federazione non si è strutturata, non è riuscita a costruire una proposta politica capace di mantenere e attrarre nuovi consensi. Il nostro partito ha oggi il dovere di dare gambe a questo progetto, la proposta di una stagione referendaria per quanto importante non è sufficiente. Dobbiamo mettere in campo idee che uniscano le forze democratiche e di sinistre per creare un’opposizione sociale e un fronte unitario contro le destre. Il
forte arretramento elettorale e la crescita dell’astensionismo indica
un chiaro deficit di alternativa, la mancanza a sinistra di un riferimento
credibile al di fuori del bipolarismo. Se non lavoriamo conseguentemente
su questo dato, non usciremo dalle nostre difficoltà. Le elezioni regionali segnano un evidente arretramento del centro sinistra e della politica di alleanze portata avanti dal PD tutta legata ad un rapporto con l’ UDC; non c’è possibilità di alternativa a Berlusconi se non si scompone, con lotte e iniziativa,il blocco sociale delle destre:a differenza della Francia lo stesso astensionismo non penalizza il Governo. Il nostro risultato come Federazione della Sinistra rappresenta un ulteriore battuta d’arresto: passiamo da oltre 900.000 voti alle europee a 620.000 voti. Abbiamo sicuramente “salvato la pelle”ma scontiamo una iniziale sottovalutazione:il tema centrale di questo turno elettorale era ed è ,insieme ai temi territoriali e programmatici,l’alternativa alla destra ed al neoliberismo. E’ allora necessario batterci contro il bipolarismo costruendo lotte e conflitto e lavorando all’unificazione di una sinistra autonoma dal PD ed antiliberista. Propongo di accelerare i tempi del congresso della Federazione,costruendo un processo dal basso sul principio “una testa un voto”,come punto di partenza per un ulteriore offensiva unitaria a sinistra. E’ importante che da questo CPN esca una linea chiara ed un documento unitario. Trovo la relazione inadeguata, nonostante alcuni spunti interessanti. Il voto è negativo, indica: che vi è stato un rafforzamento dell’asse Berlusconi-Bossi; che è stata battuta la linea del Pd di inserirsi in modo subalterno nella dialettica tra i “poteri forti” per cercare di liquidare il berlusconismo; che ha subito una dura battuta d’arresto il progetto della costruzione del “polo di alternativa”. Con questo risultato sono maturate le condizioni per una dismissione della Costituzione e il passaggio a una Repubblica presidenziale. Le proposte sono chiare: presidenzialismo, asservimento della magistratura, federalismo fiscale. Una torsione autoritaria e una concezione neocorporativa funzionale alla gestione della crisi. La questione sociale e quella democratica si intrecciano pesantemente. Il disegno è di modificare radicalmente i rapporti di forza e dare un colpo mortale al mondo del lavoro (art. 18 e contrattazione collettiva). La battaglia per la difesa e il rilancio della Costituzione è una priorità assoluta. Occorre una alleanza democratica ampia, contro il sovversivismo delle destre . Non sono quindi sufficienti correzioni di linea, occorre una svolta nel ricercare una propensione unitaria. Dalla
relazione di Ferrero deduco che i partiti politici italiani si dividono
in due categorie: quelli che hanno vinto le regionali e quelli che ‘non
hanno perso’ (tra cui noi…). In realtà l’astensionismo
ha dato un più colossale schiaffo all’establishment politico
(noi inclusi) e Grillo spazza via la tesi per cui se rompi col centrosinistra
vieni cancellato. Con il radicamento corporativo e limaccioso della Lega, impastato di razzismo e xenofobia, e con la vittoria politica e culturale di Berlusconi, la cui narrazione è diventata quella prevalente (quasi una vera e propria “autobiografia della nazione”), dobbiamo sapere che i tre anni che ci separano dalle elezioni politiche rischiano di risultare anni di una transizione assai pericolosa e, per certi versi, drammatica, con effetti crescenti di una vera e propria balcanizzazione sociale. Di qui deriva anche la necessità di fare della battaglia contro il bipolarismo, che è causa ed effetto della passivizzazione di massa e costituisce la base per l’estensione dell’egemonia sociale e culturale delle destre, una battaglia sociale e politica di prima grandezza all’interno della società. Ciò potrebbe concorrere a superare quella che è apparsa finora la dimensione bloccata, statica della Federazione, che così sembra rimanere interna ad una mera lotta per la sopravvivenza, pure indispensabile, ma che non può chiudersi in una logica micidiale dei due tempi o rimanere fine a se stessa. |