Partito
della Rifondazione Comunista Usciamo dal guado: uniamo i comunisti e costruiamo il futuro della sinistra La più grave crisi
capitalistica mondiale del secondo dopoguerra è ben lontana dal
suo superamento. Per tamponarne gli effetti i governi dei principali
paesi capitalistici – in primis gli USA – hanno trasferito
il debito privato sul pubblico, mettendo a rischio di default interi
stati: il caso della Grecia è solo la punta di un iceberg che
potrebbe provocare grandi sconvolgimenti degli assetti mondiali. L’Italia
somma alla grande crisi mondiale la crisi dovuta alla sua peculiare
struttura capitalistica, caratterizzata dalla pochezza delle grandi
imprese strategiche (quelle a partecipazione statale furono distrutte
nella grande ondata di privatizzazioni degli anni 1990-2000) e da una
vasta presenza di microimprese sottocapitalizzate e poco propense agli
investimenti, sopravvissute sul mercato solo grazie alla fortissima
compressione salariale. Questa duplice crisi strutturale, indice di
una significativa anomalia dell’Italia rispetto ai principali
paesi della UE, rende più grave la situazione economico-sociale
– con un pesante peggioramento delle condizioni dei proletari
e di vasti strati di piccola e media borghesia - e più difficile
e incerta una possibile ripresa economica negli anni futuri. In questo contesto va collocata
la valutazione delle elezioni regionali del 2010. Il quadro che si prospetta
è estremamente preoccupante. Sull’Italia sta calando una
duplice mannaia: sul terreno economico-sociale, con l’aumento
di licenziamenti, disoccupazione, tagli alla spesa sociale per sanità,
scuola, servizi; su quello costituzionale, con una ‘riforma’
che accentra i poteri nelle mani del presidente del consiglio e li toglie
alle assemblee elettive, ridotte al ruolo di mera ratifica di decisioni
prese al di fuori e al di sopra di esse. Il federalismo fiscale accentuerà
le diseguaglianze sociali. Nel contesto della più grave crisi
mondiale l’Italia vive una duplice emergenza e il nesso tra emergenza
economico-sociale ed emergenza istituzionale va colto in tutte le sue
implicazioni. Non si può affrontare l’una senza tener conto
dell’altra. Alle compagne e compagni che si sono battuti generosamente nella campagna elettorale, senza mezzi né risorse e in un oscuramento mediatico che non è evidentemente casuale, va tutta la gratitudine dei comunisti. Il loro impegno ha evitato che – come era nei disegni del padronato – le forze della Federazione fossero annientate. Ciò avrebbe facilitato e accelerato processi di erosione e disgregazione e reso molto più difficile il lavoro di ricostruzione di un partito comunista adeguato alle difficili sfide del nostro tempo. La parziale tenuta delle forze comuniste che sono l’asse portante e di gran lunga prevalente – in molti casi l’unico – della Federazione della Sinistra (FdS), pur ridotte ai minimi termini, è un dato che non va ignorato. L’analisi del voto
però non può vederci reticenti: rispetto alle europee
di 10 mesi fa, in una situazione sostanzialmente analoga, perdiamo un
terzo dei nostri voti e non riusciamo minimamente ad invertire la rotta
di una progressiva perdita di consenso. Pur considerando la differenza
tra voto regionale (dove possono valere interessi localistici) e voto
politico europeo, il dato è comunque allarmante e non può
assolutamente essere sottovalutato: la relativa tenuta porta il segno
di una resistenza residuale, non della ripresa di un forte progetto
politico e organizzativo e sarebbe miope e sciocco – oltre che
politicamente colpevole – trincerarsi dietro la magra consolazione
che tutto sommato si sopravvive ancora. Si discute se i risultati
elettorali sono più o meno favorevoli se ci si presenta in coalizione
col PD, o da soli, o con SEL in opposizione al PD come nelle Marche.
E, con risultati tanto divergenti, ciascuno può portare l’acqua
al proprio mulino, sostenendo la necessità di alleanze più
organiche con SEL o col PD. Ma in realtà i comunisti raccolgono
consensi lì dove hanno seminato, lì dove lavorano nei
territori e si presentano con una linea politica chiara, “di classe”,
lì dove si presentano come una forza utile, perchè incidente.
La questione delle possibili alleanze viene dopo (e non in termini temporali):
ci si può alleare con qualcuno se si è qualcuno, se si
ha una propria forza e progetto. Altrimenti si è condannati comunque
alla marginalità, alla subalternità e all'estinzione.
Qualsiasi proposta di alleanza nella forma di patto federativo o anche
di semplice blocco elettorale richiede un soggetto comunista forte e
strutturato. La questione dell’unità
e dell'autonomia politica, teorica e organizzativa dei comunisti per
la ricostruzione di un partito comunista adeguato ai problemi della
nostra epoca è più che mai all’ordine del giorno. Da questa impasse bisogna
uscire con chiarezza e decisione. Vanno abbandonati tutti gli atteggiamenti
autoreferenziali che hanno caratterizzato finora il dibattito del Prc.
A partire dal veto, davvero incomprensibile, che ancora oggi viene posto
al rapporto unitario con il PdCI. Viviamo il paradosso per cui, dopo
aver fatto la lista unitaria alle europee, le forme di collaborazione
avviate non sono sfociate in un autentico processo unitario per le remore
di chi vede il PdCI come “piombo nelle ali”. Nell’immediato proponiamo di avviare a tutti i livelli – centrale e periferici - un percorso di aperto e libero confronto con i compagni del PdCI e con tutti i comunisti che hanno incrociato in questi venti anni la loro militanza politica con questi due partiti e con i movimenti anticapitalistici e antimperialisti,“no-global” - sui contenuti di fondo: analisi del capitalismo e dell’imperialismo oggi, internazionalismo, prospettive strategiche dei comunisti, obiettivi prioritari immediati, programma minimo di classe, programma a medio termine, azione politica negli enti locali, politica sindacale, questione ambientale, oppressione di classe e oppressione di genere… Quando parliamo di ricostruzione
comunista non intendiamo la sola fusione organizzativa dei due partiti
– che rappresenterebbe comunque un notevole passo avanti. Occorre
costruire un partito che sappia recuperare e riattualizzare la parte
migliore del patrimonio ideale, politico, organizzativo dei comunisti.
Un partito che abbia un’elaborazione politico-programmatica inserita
in una visione strategica, che sappia assolvere una funzione dirigente
delle lotte sul terreno economico-sociale (e quindi anche capace di
incidere sugli indirizzi sindacali), politico, culturale, che sappia
radicarsi nel territorio. Il processo di ricostruzione comunista vive
nel conflitto sociale: il partito comunista si fa mentre opera nella
società. Ma si fa se c’è una volontà consapevole
di farlo, se si supera una mentalità e una pratica opportuniste
che tendono a rinviare la questione, a muoversi nella contingenza del
giorno per giorno senza indicare l’obiettivo. La ricostruzione del partito comunista, quale perno per la ricostruzione di una sinistra di classe in questo paese, va posta in un quadro dinamico di sviluppo dell'unità a sinistra. Le due cose non solo non si contraddicono, ma sono del tutto complementari. In questo quadro, con una presenza ben strutturata di un partito comunista unificato, la FdS può svilupparsi e divenire un ampio “fronte popolare anticapitalista” coinvolgendo effettivamente diversi soggetti sociali e politici e movimenti anticapitalisti, sulla base di un programma che sappia unire la difesa sociale delle classi subalterne con quella della difesa e rilancio della Costituzione, obiettivo per il quale va promossa un’ampia azione unitaria con le forze autenticamente democratiche. Sulla base del percorso tracciato
– unità-ricostruzione del partito comunista quale asse
centrale per la realizzazione di un largo blocco sociale e politico
anticapitalista – va affrontata la questione delle alleanze in
vista delle prossime competizioni elettorali, in particolare quelle
politiche del 2013 (se non interverranno eventi che modifichino la scadenza
di rito). Non escludiamo l'esigenza tattica di presentarsi alle competizioni
elettorali con liste e coalizioni di sinistra, su programmi avanzati
e il più possibile attrattive ed espansive. Liste cioè
capaci di fronteggiare le peculiari difficoltà che gli appuntamenti
elettorali oggi comportano: con le attuali leggi e dinamiche elettorali,
con l’attuale contesto mediatico e in presenza di una crisi così
profonda, che viene da lontano, del movimento comunista del nostro paese
e della sinistra. Fosco Giannini, Francesco Maringiò, Nadia Schavecher, Paola Simonelli, Urbano Boscoscuro, Gualtiero Alunni Respinto con 7 voti a favore |