Partito
della Rifondazione Comunista Documento Giannini e altri Federazione e unità dei comunisti, i nostri compiti A un anno dalle manifestazioni più plateali della crisi i governi emettono dichiarazioni rassicuranti. Ma in Italia vi è il ricorso alla cassa integrazione, che comunque non può essere infinita, e si prevede un’ondata massiccia di licenziamenti (tra 700.000 e 1 milione entro il 2010, in Italia). Nel complesso i governi dei paesi capitalistici sono riusciti sinora ad affrontare la crisi senza particolari contraccolpi politici, né particolari esplosioni di tensioni sociali, sono riusciti ad essere egemoni. Questa egemonia non è però assoluta. I lavoratori della INNSE, grazie ad una resistenza compatta e all’adozione di una forma di protesta radicale e comunicativa sono riusciti a spuntarla e a dare il segnale che si può contrastare il piano padronale e resistere. Le proteste sui tetti dei capannoni delle fabbriche si sono moltiplicate e sviluppate in diverse altre situazioni e si sono estese anche al settore dei precari della scuola. Le proteste sociali tuttavia non si generalizzano, non danno vita a grandi movimenti di lotta capaci di imporre indirizzi diversi alla politica del governo, anche se lo spettro di un nuovo ‘autunno caldo’ agita i sonni della borghesia. Da qui pure il tentativo di Confindustria di integrare nelle sue compatibilità anche i settori più moderati della CGIL. Ciò mette in luce la particolare debolezza del movimento dei lavoratori italiano, al quale manca un sindacato di classe in grado di coordinare e generalizzare resistenze e lotte, e un partito comunista capace di dare ad esse uno sbocco politico a partire da forme di nazionalizzazione o di controllo pubblico sulle grandi imprese che smantellano, smobilitano, licenziano o delocalizzano la produzione. Il prossimo congresso della CGIL costituisce un momento importante per la definizione di una linea sindacale e di una strategia. In esso si confrontano diverse posizioni, da quelle che non sembrano voler abbandonare la precedente politica concertativa, a quelle che si propongono la ricostruzione di un sindacato conflittuale capace di riprendere il movimento di lotta, dialogando coi sindacati di base. Il recente ‘disgelo’ con la Confindustria può segnare una nuova stagione concertativa, di ‘assunzione di responsabilità’ della CGIL di fronte alla crisi, tirando il freno alla conflittualità. Il sindacalismo di base sta cercando momenti importanti e positivi di unificazione in un processo ancora contraddittorio, ma non ha ancora la forza, né la dimensione e rappresentatività politica complessiva per sviluppare un movimento generalizzato e una prospettiva. Dentro questo quadro i comunisti devono assolutamente essere presenti in ogni forma di conflitto e di movimento che si sta sviluppando, con l’obiettivo da un lato di organizzazione delle lotte e dall’altro di costruzione di un blocco sociale. Una caratteristica dei movimenti e delle lotte che vediamo nascere in questo periodo è la loro specificità legata alla condizione da cui sono prodotte. Il nostro compito, quindi, non deve essere solo quello della testimonianza della nostra solidarietà ai lavoratori in lotta, quanto il tentativo di connettere queste vertenzialità in un progetto più generale di critica al sistema, di lotta e di ri-costruzione, per questa via, di un blocco sociale, distrutto da anni di concertazioni e politiche neoliberiste. In questo i comunisti devono essere alla testa di questo prezioso lavoro. Rispetto al sindacato è necessario elaborare una linea e una condotta conseguente per muovere passi concreti verso la ricostruzione del sindacato di classe. Nonostante le autocritiche al congresso di Chianciano e alcuni buoni propositi, il PRC stenta ad esprimere una linea conseguente sulla questione sindacale. Senza l’organizzazione dei lavoratori radicata nel tessuto economico sociale nessun serio movimento di resistenza sociale è possibile. Nella situazione attuale è difficile a breve termine l’unità dei lavoratori in un’unica grande organizzazione sindacale di classe, ma è invece possibile un’azione comune, un comune fronte di lotta che dia incisività all’azione. Il Prc deve operare per orientare compagne/i aderenti ai sindacati di base a operare per l’unità della classe lavoratrice e la prospettiva di ricostruzione di un sindacato di classe. I comunisti presenti nel sindacalismo di base e nella CGIL devono operare in modo coordinato a questo fine. È necessario che il PRC sia in grado di elaborare una proposta politica rispetto alla crisi. La CGIL è ancora fortemente influenzata dal PD. Di fronte alla crisi il pensiero liberal-democratico del PD, che aveva tessuto le lodi del “capitalismo temperato” ed aveva rinunciato e condannato la prospettiva del socialismo, è addirittura indietro rispetto al realismo cinico del capitale, che sa usare lo Stato a suo vantaggio. Il PD non ha elaborato nessuna seria proposta alternativa di politica economica, e la maggioranza della CGIL si è limitata a gestire alla meno peggio la crisi. Questa inerzia di elaborazione e passività del pensiero critico non sono estranei alla passivizzazione dei lavoratori e alla loro adesione, al nord, alla Lega e al suo sindacalismo economico-corporativo-territoriale. Diversità comunista e questione morale Durante tutta la loro storia i comunisti potevano essere non accettati per la loro visione politica, ma erano sempre rispettati per la limpidezza con cui agivano, per la loro indiscussa moralità. Era evidente a tutti che i comunisti non si lasciavano corrompere, che potevano così camminare a testa alta e che erano in questo diversi dalla corruzione e clientelismo che dilagava nella Dc e nell’ultimo Psi. Oggi più che mai i comunisti devono poter rappresentare la coscienza morale del paese, devono ritornare ad essere individuati come diversi, perché fuori dai giochi di potere e dalle clientele e corruttele. Nessuna nuova società potrà ergersi se i promotori di essa non si pongono come i fautori e i custodi di una nuova morale. Per questo occorre sviluppare una seria vigilanza sui rischi che anche la nostra comunità politica non sia intaccata da finanziamenti oscuri, conti paralleli, uso ingiustificato delle risorse economiche. Nella federazione di Roma, ad esempio, vi sono stati accadimenti rispetto ai quali chiediamo ai gruppi dirigenti di fare chiarezza per il bene del partito. Unità dei comunisti e federazione della sinistra anticapitalista Di fronte all’incalzare della crisi che comporta massicce perdite di posti di lavoro e pesanti tagli alla spesa sociale è necessario che i comunisti costruiscano una linea politica in grado di mobilitare e organizzare la resistenza operaia e popolare, ponendo ‘obiettivi intermedi’ che consentano di riconquistare – nella guerra di posizione – alcune trincee e casematte di difesa sociale e politica. I comunisti devono saper trasformare la protesta in proposta politica, e attorno ad essa coagulare il più largo schieramento di forze sociali e politiche non omologate, capace di incidere anche sulla base sociale del PD e persino su quella di forze a direzione reazionaria come la Lega. Consideriamo il lavoro unitario con i compagni del Pdci, della Rete dei comunisti e dei tanti comunisti senza partito utile e importante. Occorre intensificare i momenti di unità concreta. Organizzare iniziative unitarie dei comunisti è un fattore essenziale per rimettere in circolo, insieme, energie, esperienze, idee, contatti, promuovere resistenze e lotte. La Federazione della sinistra deve essere in questo contesto un momento della ricostruzione di un fronte popolare anticapitalista, che si doti di un programma d’azione, di iniziative politiche, che sappia sviluppare momenti di unità e lotta contro il capitale. È nella migliore tradizione comunista la proposta di costruzione di organismi unitari per la lotta di massa. Per questo ribadiamo che la Federazione - non è l’approdo disperato che cerca di mettere insieme i cocci rimasti, non è l’unione di debolezze, che cercano di rabberciare un’unità purchessia. Concepirla come una sorta di ultima spiaggia dei sopravvissuti sarebbe subalterno e immediatamente perdente, del tutto opposto al modo in cui i comunisti, pur ridotti numericamente, devono porre la questione; Fosco Giannini, Gualtiero Alunni, Urbano Boscoscuro, Francesco Maringiò, Nadia Schavecher, Paola Simonelli Respinto con 6 voti a favore |