Partito
della Rifondazione Comunista
Comitato Politico Nazionale 12 - 13 settembre 2009
Documento
conclusivo
La crisi capitalistica
sta mostrando in modo sempre più evidente i suoi caratteri di
crisi strutturale. Le misure assunte dai governi mondiali hanno probabilmente
messo a riparo il sistema da verticali collassi finanziari ma non sono
in grado di rimetterne in moto lo sviluppo. Il contesto in cui siamo
chiamati ad agire nei prossimi anni è quindi un contesto di stagnazione
economica prolungata.
La crisi non è però caratterizzata solo dalla recessione.
In Italia, mentre il sistema bancario è stato messo sotto protezione
dal governo, gli altri settori sono sottoposti ad una gigantesca ristrutturazione
che accentua le politiche messe in atto nel ciclo ascendente della globalizzazione:
ulteriore precarizzazione del lavoro, privatizzazioni, delocalizzazioni,
concentrazioni, speculazioni fondiarie.
L'intreccio tra recessione e ristrutturazione sta determinando una massiccia
espulsione di lavoratrici e lavoratori dal mondo del lavoro. Dall'inizio
della crisi abbiamo perso quasi un milione di posti di lavoro. Ad oggi
questo fenomeno non è ancora pienamente visibile perché
si è scaricato soprattutto sul lavoro precario e perché
vi è stato un grande uso di Cassaintegrazione in deroga. A partire
dall'autunno la perdita di posti di lavoro è destinata ad accentuarsi
con licenziamenti e mobilità.
Parallelamente il governo Berlusconi sta tagliando la spesa del settore
pubblico e del welfare: dalla scuola alla sanità ai trasferimenti
agli enti locali, aprendo così spazi al settore privato. I tagli
all'istruzione e alla ricerca, così come quelli al Fondo Unico
per lo Spettacolo, determinano non solo una precarizzazione ed espulsione
di massa dal lavoro, ma incidono sulla qualità della scuola pubblica,
limitano il pluralismo, determinando complessivamente un impoverimento
culturale del paese e aprendo artificialmente spazi al settore privato.
Il governo, in generale, non ha politiche finalizzate all'uscita dalla
crisi. Non mette in atto politiche anticicliche ma aspetta la ripresa
mondiale - tedesca in primo luogo - per far trainare da quella la ripresa
dell'economia italiana. Il governo interviene quindi all'interno della
crisi, in particolare per utilizzare la crisi al fine di attuare una
modifica strutturale dei rapporti di forza tra le classi e una riduzione
strutturale della democrazia nel paese. Un progetto che ha al centro
la messa in discussione del contratto nazionale di lavoro e la volontà
di costruire un modello sociale neocorporativo in cui il sindacato non
è più autonomo rappresentante delle lavoratrici e dei
lavoratori ma co-gestore di servizi privatizzati. Un progetto in cui
l'attacco al contratto nazionale, al diritto di sciopero, alla magistratura,
alla libertà di stampa, il razzismo di stato, le politiche securitarie,
l'attacco alla laicità dello stato e all'autodeterminazione delle
donne, costituiscono le varie facce di uno stesso disegno: la distruzione
delle autonomie dei soggetti sociali e la gestione autoritaria della
frantumazione del conflitto, nel superamento sostanziale del quadro
costituzionale nato dalla lotta antifascista.
Berlusconi usa quindi la crisi come "crisi costituente", puntando
alla realizzazione di un organico disegno di destra, in cui le politiche
economiche, sociali e i modelli ideologici di riferimento hanno un elevato
grado di coerenza interna. Questo disegno dobbiamo contrastare e sconfiggere
nella piena consapevolezza che le opposizioni parlamentari, divise tra
un centro cattolico, un centro sinistra moderato e un centro sinistra
populista, non sono in grado di contrastare efficacemente il governo
perché non sono portatrici di un progetto alternativo di uscita
dalla crisi. Parallelamente le ipotesi alternative al berlusconismo
che stanno maturando nelle classi dirigenti e nella stessa maggioranza
parlamentare, non hanno oggi forza politica autonoma. L'uscita a sinistra
dalla crisi e la sconfitta del berlusconismo, nel suo impasto clerical-fascista
di politiche antidemocratiche, classiste e sessiste, sono quindi, gli
obiettivi immediati che abbiamo dinnanzi.
Ripartire dal conflitto sociale
Il principale terreno di iniziativa politica è quello della costruzione
dell'opposizione sociale. Il governo ha meno difficoltà a reggere
lo scontro politico ma è invece assai vulnerabile sul terreno
sociale. I caratteri populistici del berlusconismo reggono la polemica
politica, assai meno la contestazione scoiale. Anche per questo motivo,
l'organizzazione consapevole del conflitto sociale è la nostra
priorità politica di fase.
Le vertenze, le mobilitazioni e le pratiche di conflitto delle ultime
settimane segnano un punto di svolta anche sul terreno simbolico. L'azione
collettiva può tornare ad essere nella coscienza di massa strumento
efficace per il cambiamento: il caso della Innse ha evidenziato in modo
plastico questa possibilità.
E' quindi decisivo che le lotte per l'occupazione non vengano lasciate
sole, che si costruisca il massimo di visibilità della lotta,
di solidarietà attorno ad esse.
La costruzione di una efficace risposta di lotta, fabbrica per fabbrica,
provveditorato per provveditorato, quartiere per quartiere è
un punto di partenza decisivo per arrivare alla connessione delle lotte,
alla costruzione dei comitati unitari contro la crisi e di un movimento
politico di massa per l'uscita dalla crisi da sinistra.
Il blocco dei licenziamenti, l'assunzione dei precari nella scuola e
nel pubblico impiego, l'estensione degli ammortizzatori sociali a tutti
i lavoratori e le lavoratrici che perdono il posto di lavoro, la creazione
di un salario sociale per le/i disoccupate/i, la richiesta di un aumento
salariale e del trattamento pensionistico generalizzato, la lotta alla
precarietà, sono i punti principali della costruzione di un movimento
di massa che coinvolga lavoratrici/ori, occupate/i, cassaintegrate/i,
licenziate/i, disoccupate/i. La costruzione di un movimento di massa
è l'obiettivo, il suo punto di partenza sono le singole lotte.
Il partito deve ritrovare la sua utilità sociale dentro questo
processo.
Così come è fondamentale il ruolo della Cgil e dei sindacati
di base.
Per la Cgil è necessaria una chiarificazione di fondo che la
faccia uscire dal guado. Nella situazione attuale infatti la Cgil si
oppone giustamente alle politiche del governo ma senza mettere in campo
una politica sindacale in grado di costruire i rapporti di forza con
cui contrastare il governo.
Il punto su cui riteniamo necessario lavorare è quello della
massima unità delle forze politiche e sindacali nella costruzione
di una efficace mobilitazione sociale contro la crisi, il governo e
la Confindustria.
La cura nella costruzione delle lotte, la proposizione delle forme di
lotta più radicali come più efficaci, la definizione della
piattaforma sindacale più avanzata costituiscono punti decisivi
ma non sufficienti: occorre avanzare una proposta di uscita da sinistra
dalla crisi che abbia le caratteristiche dell'alternativa, di un diverso
progetto di società, la cui qualità non è misurabile
in termini di PIL. Di fronte al fallimento della globalizzazione capitalistica
abbiamo l'obbligo di proporre una alternativa al berlusconismo e ai
cedimenti e ai balbettii della sinistra moderata e populista. La costruzione
delle lotte e del progetto di alternativa sono i terreni su cui partire
per costruire l'unità di tutte le forze della sinistra anticapitalista.
C'è uno spazio enorme lasciato vuoto da un Pd che non sa produrre
una opposizione efficace avendo proposto per oltre un decennio una versione
morbida del neoliberismo che ci ha portati dentro la crisi.
Il progetto di uscita a sinistra dalla crisi si deve basare su alcuni
punti di fondo: redistribuzione del reddito e lotta all'evasione fiscale,
redistribuzione del lavoro con riduzione dell'orario di lavoro, intervento
pubblico in economia finalizzato ad una riconversione ambientale e sociale
della produzione, superamento della divisione sessuata del lavoro di
riproduzione sociale, allargamento dei beni comuni, drastica riduzione
delle spese militari e riconversione dell'industria bellica.
In questa prospettiva dobbiamo avanzare alcune proposte di legge su
cui fare una campagna di massa: estensione degli ammortizzatori sociali
alle categorie di lavoratrici e lavoratori che attualmente ne sono escluse
e salario sociale alle/ai disoccupate/i; superamento della legge 30
e della Bossi Fini; contrasto alle delocalizzazioni produttive; estensione
e miglioramento della Prodi bis con previsione dell'intervento pubblico
nella gestione delle aziende in crisi; difesa del contratto nazionale
e estensione della democrazia sui posti di lavoro; piano di riconversione
ambientale delle produzioni; rilancio della sanità pubblica;
piano di manutenzione straordinaria degli edifici pubblici e loro alimentazione
con energia solare.
Questi contenuti programmatici, di contrasto alla crisi e di rilancio
del welfare, devono anche costituire il terreno su cui aprire il confronto
nella sinistra e incalzare il centrosinistra in vista delle elezioni
regionali.
Costruire la Federazione della sinistra di alternativa
Il Cpn decide di assumere l'indirizzo emerso nell'assemblea del 18 luglio
scorso di porsi l'obiettivo della costruzione della federazione della
sinistra di alternativa. Nella piena conferma del mantenimento del Partito
della Rifondazione Comunista per l'oggi e per il domani, la scelta della
federazione è quella della costruzione di una soggettività
politica avente una massa critica efficace al fine di costruire un polo
di sinistra anticapitalista autonomo dal Pd e alternativo al suo progetto
strategico.
Anche i recenti risultati elettorali della Linke nelle elezioni regionali
indicano, nel permanere delle due sinistre, la necessità di questo
processo unitario, di aggregazione delle forze della sinistra anticapitalista
e comunista; un processo credibile se basato su un programma realmente
alternativo, che coinvolga sin dall'inizio in modo aperto tutte le forze
politiche, sociali, culturali, associative, singole e singoli disponibili
a costruire un polo politico autonomo dal Pd e portatore di un progetto
strategicamente alternativo. Un polo della sinistra di alternativa che
- nel quadro delle due sinistre - assuma come fondative e discriminanti
la connessione tra anticapitalismo, critica al patriarcato, riconversione
ambientale e sociale dell'economia, antirazzismo, pacifismo, solidarietà
internazionale, lotta contro l'omofobia, critica della politica come
attività separata.
Se l'alternatività dei contenuti, del programma, delle proposte
è l'elemento centrale, non secondaria è la modalità
con cui si procede nel dare vita alla Federazione.
Si tratta di una proposta unitaria, volta ad archiviare una stagione
di scissioni, che può darsi solo come processo partecipato e
democratico, che deve coinvolgere a pieno titolo e sin dall'avvio tutte
le realtà disponibili sia a livello nazionale che territoriale,
recuperando le relazioni e le sperimentazioni della Sinistra Europea;
un processo realmente partecipato da costruire sulla base di un lavoro
politico comune, articolato e sperimentato nei territori e radicalizzato
nei conflitti, a partire dalle lotte per il lavoro e per la giustizia
sociale.
Per questo è necessario costruire, con tutti coloro che sono
disponibili nazionalmente e localmente, assemblee territoriali di presentazione
ed articolazione della proposta della Federazione. Tale percorso deve
partire da subito in modo da rendere possibile un primo momento di bilancio
con una assemblea nazionale prevista per fine autunno.
Il Cpn dà inoltre mandato alla segretaria di comporre, con le
altre forze che promuovono la Federazione, i due gruppi di lavoro indicati
dall'assemblea del 18 luglio, al fine di predisporre una bozza di "Manifesto"
della Federazione e di "regole"per il funzionamento della
stessa.
Sconfiggere il bipolarismo per uscire dalla seconda repubblica berlusconiana
I due obiettivi principali dell'autunno sono la costruzione di un efficace
conflitto sociale e l'avvio del processo di costruzione della federazione
della sinistra di alternativa. In sinergia con questi obiettivi, occorre
aprire una campagna di massa, che duri nel tempo, contro il sistema
bipolare e contro questa legge elettorale che consegna nelle mani di
pochi oligarchi la definizione di tutti i parlamentari. Il bipolarismo
è il contesto in cui il populismo berlusconiano è nato
e ha potuto esercitare il suo potere. In un sistema proporzionale Berlusconi
- che è minoranza nel paese - non avrebbe la maggioranza dei
parlamentari, non avrebbe il potere che ha ora e non sarebbe in grado
di tenere unita la destra sotto la sua guida.
Il superamento del bipolarismo, la conquista di un sistema proporzionale
"alla tedesca", l'uscita dalla seconda repubblica, costituiscono
un passaggio fondamentale per sconfiggere il berlusconismo e per superare
questo "bipolarismo tra simili" che è alla base della
crisi della politica e della sinistra.
E' del tutto evidente che il bipolarismo, producendo una alternanza
che ha visto i poteri forti stabilmente al centro del sistema, ha contribuito
non poco alla distruzione della credibilità della politica. Nel
sistema italiano l'alternanza non si è in alcun modo declinata
come l'anticamera dell'alternativa ma anzi ha compromesso le ragioni
e la forza dell'alternativa.
In secondo luogo, il bipolarismo, in presenza di una destra fascistoide
come quella di Berlusconi, ha continuamente messo la sinistra di alternativa
di fronte ad un bivio suicida: o fare l'accordo con le forze della sinistra
moderata per battere le destre, trovandosi poi a gestire il paese su
posizioni e con un personale politico impresentabile, oppure non fare
l'accordo ed essere immediatamente additata come responsabile della
vittoria di Berlusconi o in ogni caso considerata come voto "inutile".
Dobbiamo lavorare a rompere questo meccanismo perverso, per la democrazia
del paese e per la possibilità di costruire una sinistra in grado
di costruire l'alternativa nel paese.
Nella piena consapevolezza che non esistono i presupposti per costruire
una coalizione politica per governare il paese con le forze dell'attuale
opposizione parlamentare, proponiamo quindi di costruire un accordo
elettorale tra tutte le forze di opposizione disponibili a dar vita
ad una brevissima legislatura di salvaguardia costituzionale. Un accordo
che permetta di mettere in minoranza Berlusconi al fine di approvare
una nuova legge elettorale proporzionale e una legge sul conflitto di
interessi, per poi tornare a votare con le nuove regole.
Sconfiggere Berlusconi e superare la gabbia del bipolarismo costituiscono
i nostri obiettivi di fase sul piano istituzionale.
Costruire l'alternativa, rilanciare la rifondazione comunista
E' del tutto evidente che il berlusconismo non è solo un fenomeno
istituzionale ma è l'autobiografia della nazione. La sconfitta
del berlusconismo deve avvenire su tutti i piani: sociale, politico,
culturale.
Da questo punto di vista, il rilancio della rifondazione comunista è
un punto centrale perché solo dalla rinnovata critica del capitalismo
e del patriarcato può nascere un pensiero che sia in grado di
contrapporsi efficacemente ai valori di individualismo egoista ed impaurito
che caratterizzano la crisi sociale e civile in cui prospera il berlusconismo.
Ci impegniamo quindi a rilanciare il processo della rifondazione comunista,
a costruire momenti di elaborazione e di dibattito, al fine di costruire
un progetto politico che sia in grado di presentare una sua analisi,
una sua lettura della situazione attuale, una sua proposta non solo
politica ma anche etica. Con ogni evidenza la crisi che viviamo oggi
è sociale e morale, vede la distruzione di valori sino a poco
tempo fa dati come condivisi, in un contesto in cui l'intolleranza,
il razzismo e l'omofobia permeano significativi strati sociali. Per
questo una proposta di alternativa non si situa solo a livello dei provvedimenti
economico-sociali, ma pone il tema della ricostruzione del tessuto sociale
in termini di civiltà di intreccio tra eguaglianza, differenza
e rispetto delle diversità.
Il rilancio della rifondazione comunista non si può quindi esaurire
nella pur necessaria verifica critica della nostra storia ma deve misurarsi
sulla costruzione di una nuova narrazione, di un "pensiero forte"
che sappia consolidare gli elementi essenziali di una cultura politica
all'altezza dei tempi, capace di valorizzare le esperienze anticapitalistiche
che maturano sul piano internazionale, tra cui spicca la costruzione
del socialismo del XXI secolo che i compagni e le compagne latinoamericani
hanno posto all'ordine del giorno.