Aurelio
Crippa
Peccato che gli elogi nel Cpn al Partito siano il portato di un disastroso
esito elettorale. La cui causa penso stia nel venir meno della speranza,
riposta con la vittoria del governo Prodi, nel malessere suscitato dalle
sue scelte e dall'agire del nostro Partito, nella non chiara proposta
politica de "La Sinistra, l'Arcobaleno". Ma soprattutto dal
sopravvento che ha avuto, perché così si è scelto,
a partire dal candidato premier, Bertinotti, la richiesta di un voto
a "La Sinistra l'arcobaleno", come progetto fondativo di un
nuovo soggetto unico della sinistra (Partito unico). Nella discussione
sento dire che nessuno ha mai affermato questo. Si rispetti l'intelligenza
altrui.
Dico al compagno Gianni che ha disquisito sulla differenza fra "scioglimento"
e "superamento", che a fronte di un "fine intellettuale"
come lui, io ex operaio, orgoglioso di esserlo, sono andato a consultare
il vocabolario. Vi ho trovato che ambedue dicono "non c'è
più" il soggetto parte in causa. Ho sentito chiedere dal
compagno Antonaz se è vero o no che c'è un documento pronto,
firmato anche da molti qui presenti, da distribuire dopo il voto, a
sostegno del Partito unico.Chiedo una risposta, perché se questa
non c'è, significa la conferma.C'è poi Liberazione che
si è spesa in questi mesi a sostegno di questa tesi.Chiedo una
discussione specifica sul quotidiano, compresa l'ipotesi di cambio del
Direttore, visto che ha dichiarato di sentirsi "disturbato"
dall'essere chiamato comunista. Togliamolo dall'impaccio. Il voto del
nostro popolo ha sconfitto la tesi del Partito unico della sinistra,
compresa la deleteria dichiarazione di Fausto Bertinotti verso la fase
finale della campagna elettorale di ritenere una presenza comunista
una tendenza culturale. Giuste le dimissioni della Segreteria, meglio
se fossero state date subito. Si elegga il Comitato di gestione e si
avviino le procedure congressuali. Nel congresso sia la politica a vincere,
pur se avverà, a fonte di tesi politiche diverse (non mi piace
il tintinnar di spade che sento).
Elettra
Deiana
Siamo oggi a un punto drammatico della nostra storia, rischiamo che
quel che resta di Rifondazione sia soltanto la memoria di ciò
che è stato. Proprio per questo una sconfitta come quella che
abbiamo subito, così imprevista fino a ieri e oggi così
spiazzante anche per le conseguenze che potrà avere a sinistra,
dovrebbe indurci a non cadere nella trappola dei riti falsamente liberatori
di ogni dopo-sconfitta. La ricerca del colpevole, la resa dei conti,
la contrapposizione degli schieramenti da una parte, dall'altra la pretesa
di avere parole di verità definitive, formule taumaturgiche,
svolte epocali. Abbiamo bisogno di un congresso che restituisca piena
sovranità al corpo del partito; un congresso non di conta degli
schieramenti ma di ricerca politica, di "approssimazione"
- io così lo voglio chiamare; a scelte costruite a più
voci, per così dire "sperimentali"; approssimazione
a scelte che rilancino la nostra presenza e che nascano in una tensione
virtuosa tra la valorizzazione di Rifondazione là dove siamo
e la capacità di essere protagonisti di condivisione a sinistra
e soprattutto col nostro mondo di riferimento nella società.
Lasciamo da parte i trasformismi. La tesi del superamento del Prc è
stata in campo, perché negarlo? Ed è stata in campo senza
che le iscritte e gli iscritti ne avessero discusso con piena consapevolezza
e soprattutto con piena possibilità di decidere. Un oggetto misterioso,
che ha irritato profondamente molti e fatto riemergere spinte all'arroccamento.
Un congresso che si svolga in modo aperto e trasparente, con la piena
partecipazione di tutti e tutte è tanto più necessario
e urgente. Le responsabilità politiche sono di tutti? Non c'è
dubbio, anche se a livelli molto diversi. Ma vanno indagate le ragioni
della sconfitta stando strettamente sul piano politico e soprattutto
cercando di capire da dove venga una sconfitta così devastante.
Paolo
Ferrero
La sconfitta elettorale è stata pesantissima: larga parte della
nostra gente non ha riconosciuto alla sinistra un ruolo di utilità
sociale e la destra populista dilaga. Di questo risultato tutto il gruppo
dirigente di maggioranza è responsabile e io tra i primi, visto
che facevo il ministro. L'idea che qui stiamo cercando capri espiatori
è una menzogna giornalistica, che sarebbe bene smettere di alimentare.
Su questo piano occorre costruire da subito l'opposizione al governo
Berlusconi. Il punto che invece ha determinato la rottura della maggioranza
nel gruppo dirigente è dato dal fatto che nelle ultime settimane
di campagna elettorale è stata lanciata con forza l'idea del
superamento di Rifondazione, di ridurre il comunismo ad una tendenza
culturale dentro una nuova formazione politica. Questa proposta politica
è stata assecondata o non contrastata dal gruppo dirigente centrale.
Che oggi poi si neghi il fatto che a cavallo delle elezioni sono circolati
appelli per la Costituente del "nuovo soggetto", mi pare un
fatto grave perché mina la correttezza delle relazioni tra tutti
noi. Questi tentativi di scioglimento dall'alto del partito per me sono
inaccettabili e tendono a dissolvere la nostra comunità politica.
Per questo bisogna ridare la parola ai compagni e alle compagne nel
congresso. Per l'oggi propongo di ripartire da 2 punti fermi: 1) Il
Prc deve vivere per l'oggi e per il domani e non è disponibile
a sciogliersi. 2) Il processo di unità a sinistra non va accelerato
così com'era, perché è fallito; deve essere rilanciato
da subito rovesciandone modalità e forme: deve partire dal basso,
dalla costruzione in ogni territorio delle case della sinistra; in modo
democratico, al contrario di quanto fatto nella formazione delle liste;
deve avere come priorità la costruzione dell'opposizione sociale
al governo Berlusconi a partire dalla riforma della contrattazione,
dal no alle grandi opere, dalla difesa dei diritti delle donne. Ripartire
da Rifondazione e unire la sinistra dal basso è la condizione
per non dividere la sinistra tra costituenti comuniste e di sinistra;
per evitare che alla sconfitta elettorale si sommi la spaccatura per
linee ideologiche prive di fondamento politico, portandoci alla subalternità
al Pd o all'impotenza. (Data la delicatezza dei temi e le dicerie più
varie che circolano, chi vuole può sentire il mio intervento
integrale in Cpn cliccando http://www.paoloferrero.it.
Graziella
Mascia
Le maggioranze e le minoranze in qualsiasi organismo politico si fanno
sulla politica, e questa dovrebbe restare buona regola, se si vuole
aiutare i compagni e le compagne del partito in una discussione drammaticamente
difficile, non solo perché la sinistra per la prima volta nella
storia della repubblica non siede in parlamento, ma per le rotture che
si sono consumate nella società e da cui dobbiamo ricominciare.
Ci sono ragioni in questa sconfitta che certo risiedono nella nostra
esperienza di governo, nel come ci siamo stati e anche in come siamo
noi. Ma processi così profondi non si spiegano solo con responsabilità
oggettive, sarebbe questa una presunzione pericolosa.
Il patrimonio di Rifondazone comunista è prezioso per ricominciare,
ma non appartiene solo a noi. Dobbiamo dare da subito un segnale di
grande apertura per una ricerca impegnativa, che riguarda la nostra
presenza nei luoghi delle ingiustizie e della sofferenza sociale e la
capacità di organizzare conflitto e politica. E per questo occorre
utilizzare tutti i saperi, organizzando gli studi e gli approfondimenti.
Ci sono questioni che mi incuriosiscono particolarmente, per la mia
storia politica nata nel mondo del lavoro, e in particolare nella Fiom.
Riguardano il senso di appartenenza, il vissuto di migliaia di precari,
a volte molto diverso da come noi lo raccontiamo, riguardano richieste
di riconoscimenti sociali basate sui consumi, anzichè sul lavoro.
Le destre vincono le elezioni e vincono nella società, perché
di fronte alla frammentazione sociale prodotta dai processi della globalizzazione
capitalista danno risposte immediate, per quanto fondate sull'egoismo,
la competizione, a volte il razzismo. Il nodo della critica alla globalizzazione
rimane un punto di partenza fondamentale, su questo dobbiamo costruire
un progetto credibile. Sono i temi del grande movimento mondiale e del
congresso di Sinistra europea dello scorso novembre. Se lavoriamo dentro
il contesto europeo, con uno sguardo sul mondo e senza la presunzione
della fretta, possiamo imboccare la strada giusta per ricominciare.
Per individuare il percorso giusto per ricostruire una sinistra grande
in Italia e in Europa.
Vincenzo
Pillai
Meglio partire da un'autocritica: al congresso di Venezia avrei dovuto
proporre alla delegazione sarda di fare un gesto eclatante di rifiuto
delle conclusioni del congresso per la sottovalutazione dimostrata alle
questioni da noi poste .Non l'ho fatto perdendo l'occasione per rendere
un servizio a tutto il Partito .Sono infatti convinto che una riflessione,
avviata allora, su come si andava evolvendo la questione sarda e sulle
conseguenti domande di nuova organizzazione del partito, avrebbe costretto
tutti a fare più attenta ricerca sulle forme di organizzazione,
modalità di comunicazione, nel merito di quel rapporto Partito-territorio,
in tutte le regioni, su cui oggi tutti si interrogano partendo dalla
domanda: come mai neppure il più pessimista di noi ha intuito
la catastrofe cui andavamo incontro?. La conferenza di organizzazione
, poi, è passata come rito inutile ad invertire la tendenza al
centralismo, a modellare il partito, piuttosto che sulla nostra presenza
nelle istituzioni, sul ruolo quotidiano del militante comunista come
soggetto di riferimento nel luogo di lavoro e nel territorio in cui
vive. Non propongo , ad esempio per la sardegna, un partito di sardi,
in quanto nativi, ma in quanto lavoratori che devono tornare a riconoscersi
non solo come classe in sé e per sé ma anche come soggetti
di una cultura e, insieme ad artigiani,pastori,agricoltori, sentirsi
responsabili di un territorio da trasmettere ai figli, indisponibile
ai progetti della globalizzazione capitalistica.; da qui si ricostruisce
l'internazionalismo moderno.
Roberto
Musacchio
Poche ore dopo la disfatta ero alla riunione del gruppo europeo della
Sinistra. Ho trovato lì tanta solidarietà e l'occasione
di una discussione allargata. Altri, prima di noi, hanno vissuto situazioni
simili. La Pds, prima di divenire Linke, non passò la soglia
dello sbarramento. Molto più vicine le presidenziali francesi,
con il Pcf ridotto sotto il 2%; e le politiche spagnole con Izquierda
Unita che elegge solo due parlamentari, superando di poco il 3%. Vittime
del voto utile, in contesti peraltro molto diversi.
In Francia, come in Italia, vince la destra. In Spagna, Zapatero riesce
a mettere a frutto la sua radicalità con i diritti civili. Ma,
al di là del voto utile, c'è la difficoltà per
le sinistre di alternativa. Sia quando si presentano con falce e martello
e all'opposizione (Francia), sia quando si federano e sono più
vicine ai governi socialisti (Spagna).
Naturalmente, il quadro è più variegato. La Linke ora
si è affermata costruendo un soggetto più originale. A
Cipro, Akel conquista la presidenza. Synaspsimos, in Grecia, e Bloque
de Izquierda in Portogallo volano nei sondaggi. Ma le difficoltà
a coniugare identità ed efficacia nell'Europa liberista resta
tutta. E molte forze si ritraggono in ambiti identitari e nazionali.
Per questo è fondamentale l'esperienza del partito della Sinistra
Europea che abbiamo fortemente voluto. Esso è lo strumento per
portare il livello dell'azione politica laddove si determina il conflitto.
È stato fortemente contrastato da una parte del partito e voluto
dalla maggioranza del congresso di Venezia. Per questo è grave
che la parte minoritaria di quella maggioranza si allei con chi ha contrastato
questa come altre scelte fondamentali di Venezia. Per questo mi ritrovo
pienamente nella relazione di Giordano, cui va il mio abbraccio.
Giovanni
Russo Spena
Ci attende una lunga traversata nel deserto. Dovremo saper cogliere
la "pluralità del nascente". Siamo portatori di una
identità smarrita.
Viviamo un contesto di compiuta rivoluzione passiva; una sorta di 18
Brumaio, per dirla con Marx. Nel massiccio voto operaio alla Lega vi
è, non a caso, la metafora di un conflitto di classe che, dentro
le paure indotte dalla globalizzazione del capitale, viene deviato,
con un processo di americanizzazione, verso securitarismo e giustizialismo.
È una sconnessione tra bisogno e progetto. L'altro grande elemento
strutturale è la crisi della rappresentanza. È il prezzo
che la Arendt chiama "totalitarismo soft", la "democrazia
dispotica". Perciò occorre definire attraverso quali strumenti
si riorganizza il campo politico della sinistra, per evitare la disgregazione
del tessuto militante. Sgombro il campo della ipotesi di dissolvenza
verso il nulla, di scioglimento o superamento del Prc. Abbiamo bisogno
di identità forti e di riorganizzazione dei corpi collettivi.
Il Prc è strumento indispensabile ma non sufficiente per la ricostruzione
di un'ampia sinistra anticapitalista. Dobbiamo riorganizzare l'intero
campo della sinistra. Perché la sinistra politica è più
ampia dei soli comunisti, ma anche perché le forme concrete di
impegno a sinistra vanno ben oltre rispetto all'appartenenza ai partiti
(reti territoriali, sindacati, paradigmi fondativi dei beni comuni,
del pacifismo). Al centro vi è la lotta al patriarcato, la visione
sessuata della società, il rovesciamento dell'ordine delle cose
borghese.
Sandro
Valentini
Molte sono le cause che hanno contribuito alla disfatta politica ed
elettorale nostra e della lista di Sinistra l'Arcobaleno; alcune hanno
origine con la nascita stessa del Prc, cioè col processo di bipolarizzazione
all'americana della politica italiana che in questi anni non abbiamo
saputo adeguatamente contrastare; altre sono più recenti, come
l'ondivaga collocazione parlamentare di questi ultimi anni o la sottovalutazione
sulla nascita del Pd che ci ha colto impreparati; altre infine sulla
impostazione elettorale, di come si è arrivati, senza un processo
dal basso alla formazione della lista di Sinistra l'Arcobaleno e alla
stessa impostazione elettorale. Sarebbe bastato non commettere questi
errori più recenti perché la disfatta si trasformasse
in pesante sconfitta: noi non saremmo un partito extraparlamentare,
perché il 4% era alla nostra portata.
Solo per questo semplice motivo tutto il gruppo dirigente, ma proprio
tutto, si deve dimettere. Credo che sia un errore grave, di ulteriore
appesantimento della già drammatica crisi, quella della conta
interna oggi. La proposta che la Segreteria allargata resti in carica
fino al Congresso di luglio per poi essere in quella sede totalmente
rinnovata,sulla base dell'esito del dibattito politico, mi pare giusta,
di buonsenso. Si vuole invece, già da ora, determinare una rottura
ancora prima di avviare un confronto congressuale e aprioristicamente
si vuole costruire una nuova maggioranza non partendo dai contenuti
ma su questione di inquadramento attraverso la nascita di un vero e
proprio correntone. Gli artefici di questa operazione si accollano sulle
loro spalle una grande responsabilità, compresa la scelta di
arrivare al congresso nazionale con quattro o sei mozioni!
Voto quindi a sostegno della proposta avanzata da Giordano anche perché
mi riconosco pienamente nella posizione politica che esprime: rilancio
del partito per portare tutto il Prc nella costituente della sinistra.
No alla residualità dell'unità dei comunisti, no alla
Federazione o a un rigurgito di processo rifondativo che ci porta a
una nuova Dp. e non al un soggetto unitario e plurale della sinistra.
Marco
Veruggio
Non servono uomini della provvidenza né discussioni organizzative
che mascherano un sostanziale continuismo politico. Tutti oggi vogliono
difendere il Prc, e sento ancora una volta parlare di partito unico,
federazione e oggi anche di costituente della sinistra. Ma - lo ha detto
Pegolo e lo ripeto perché non ho sentito risposte - con chi?
Col Pdci tutti dicono di no, i Verdi veleggiano verso il Pd, Sd è
una realtà virtuale. E allora? Con lo Sdi o tiriamo fuori dal
cappello a cilindro la "società civile"? Ma soprattutto:
con quale progetto? La gente non ci ha votato non perché si arrovellasse
sulla forma organizzativa, ma perché per due anni ci siamo rivelati
inutili. Io penso che oggi serva un soggetto comunista organizzato (non
darei per scontata l'autosufficienza del Prc) in grado di promuovere
un vasto schieramento anticapitalista di opposizione, non guardando
a Boselli, ma a tutti quei compagni di strada che abbiamo perso stando
al governo. Sono d'accordo con Ferrero: serve una linea politica, ideologica
e culturale, ma in questo dibattito non l'ho neanche intravista. Ci
sono tanti compagni disponibili a sostenere un cambiamento di linea,
non a farsi trascinare in un regolamento di conti. Sulla democrazia
il problema è politico e cioè se intendete creare un vero
organismo di garanzia che dia rappresentanza in modo articolato alle
diverse posizioni presenti nel partito o semplicemente descrivere la
nuova geografia formatasi nella maggioranza allargata che ha diretto
il Prc in questi mesi. Sulla politica il no alla liquidazione del Prc
non può essere slegato da un no alla sua deriva governista e
moderata.
Pasquale
Voza
La relazione del segretario ha indicato nel nostro «sradicamento»
la causa soggettiva del disastro politico-elettorale inaudito. Fotografia
giusta, ma il perché?
Forse potremmo partire col chiederci perché si è rivelata
errata l'ipotesi della permeabilità del governo alla realtà
dei movimenti: ipotesi un po' semplicistica, nel tempo della governamentalità
(Agamben), delle democrazie oligarchiche, della governance, cioè
in un tempo che segna un esito peculiare della scissione tra il sociale
e il politico, in atto da almeno due decenni, vera forma di un nuovo
americanismo, che si diffonde pervasivamente e che può inchiodare
ad un antagonismo difensivo e/o ribellistico. Abbiamo avuto l'idea in-fondata
di un rapporto troppo lineare tra movimento e istituzioni. Invece i
movimenti erano anch'essi, in certo modo, interni alla rivoluzione passiva
in corso, rischiavano di rimanere interni ad un sociale atomizzato e
separato rispetto al terreno politico-istituzionale.
Così siamo passati dall'enfasi sul sociale all'enfasi sul politico-istituzionale
e abbiamo brandito il tema della efficacia della politica come un assoluto,
come una cosa a sé. Così, fra le importanti innovazioni
della nostra cultura politica (a cui Bertinotti ha dato un impulso formidabile:
nonviolenza, critica dello stalinismo ecc.), non abbiamo sospettato
l'esistenza di una decisiva innovazione, legata al problema della soggettivazione
politica nel tempo delle democrazie oligarchiche. La nostra volontà
di tornare, per così dire, alla società, al territorio
non va intesa come rifugio o esodo nel sociale (come teme Alfonso Gianni),
ma come lavoro politico, come una internità volta a costruire,
insieme ad altri, nuclei consistenti di soggettività politica.
Diliberto dice di voler ripartire da "falce e martello", noi
vogliamo piuttosto arrivare a "falce e martello": a una nuova
falce, a un nuovo martello e, magari, ad un nuovo computer, se pensiamo
a tutta la realtà del lavoro cognitivo e immateriale.
Erminia
Emprin
Sono grata alla rete femminista per l'incontro con le candidate a Milano:
un confronto libero con donne che ci hanno votato, e altre incerte,
astensioniste, orientate al voto al Pd. Come sono grata ai compagni
operai del territorio dove vivo che ci hanno votato e a quelli che si
sono presi la pena di manifestarci il disincanto con cui guardavano
all'esperienza di governo e al confronto elettorale nella stretta bipolare.
Sono pratiche di relazione che non parlano solo di ieri, ma del futuro:
siamo interlocutori di cui si mette in discussione l'efficacia dell'azione
politica e sociale. Dobbiamo ripartire da qui, nella consapevolezza
che non siamo un corpo separato dalla società. Non è cosi
nelle vite e nelle lotte di tante e tanti di noi, precarie e precari,
pensionati, lavoratrici e lavoratori che non arrivano alla fine del
mese: consapevoli della nostra insufficienza, ma non rassegnati alla
politica come delega, impegnati in esperienze di organizzazione di una
sinistra diffusa, vertenziale, orizzontale e a rete. Un patrimonio da
valorizzare per rilanciare un progetto politico di ricomposizione sociale
e di aggregazione della sinistra come pluralità delle pratiche
antagoniste. Trovo deprimente, nel dibattito tra noi, la mistificazione
che si opera sulla Sinistra Arcobaleno, che non è stata una federazione
ma un accordo elettorale tra partiti. Ho condiviso la responsabilità
di questo percorso. Ma sul suo sbocco politico, sulla forma partito
e sulla sinistra che vogliamo costruire, ho subito una forzatura in
campagna elettorale, in assenza di un confronto che doveva - dovrà
- essere esplicito e partecipato, dentro e fuori dal partito.
Roberta
Fantozzi
Va rimossa la rappresentazione deformata che viene evocata nel nostro
dibattito, fra "conservatori" e "innovatori" come
quella inesistente, tra chi vorrebbe rinchiudere la discussione sulla
sconfitta drammatica che abbiamo subito esclusivamente dentro al partito
e chi invece la vorrebbe fare nel coinvolgimento largo della società.
La sconfitta è fatta di cause profonde e di motivi immediati
che vanno indagati. L'esito negativo della vicenda del governo Prodi,
che è senz'altro causa immediata principale si è sommata
allo schiacciamento bipolare della campagna elettorale. La proposta
politica che abbiamo avanzato non ha fatto argine a questi processi,
è stata vissuta come residuale, perché politicista. L'insieme
di questi processi ha esaltato il nodo di fondo con cui ci dobbiamo
confrontare: lo sradicamento sociale della sinistra, i processi di frammentazione
e smarrimento del legame fra collocazione sociale e appartenenza politica.
La fase che abbiamo di fronte è quella della ricostruzione del
senso di questa utilità sociale: nel riradicamento nei luoghi
di lavoro, nelle periferie, nel conflitto sociale, a partire da un interrogativo
radicale sulle modalità del nostro agire. Lo dobbiamo fare a
partire da una proposta che avanziamo e dalla ricostruzione di un'etica
delle nostre relazioni.
Va messo un punto fermo al dibattito che ci attraversa da tempo in modo
ambiguo sul superamento di Rifondazione comunista, alle ipotesi di scioglimento
che si sono esplicitate nella campagna elettorale. Va data certezza
alle donne e agli uomini che hanno scelto di appartenere a questa comunità
politica. Rifondazione comunista va rafforzata insieme a un percorso
unitario a sinistra che si deve rovesciare, ripartendo dalla società,
piuttosto che dal cielo della rappresentanza. Va costruita una comunità
politica laica ed adulta, capace di assumersi collettivamente la responsabilità
delle tenuta unitaria del partito, emendando le nostre pratiche nel
rifiutare sia l'unanimismo, sia qualsiasi negazione dell'altro.
Loredana
Fraleone
Spero di non essere accusata di mettere in discussione la tenuta unitaria
del partito, se esprimerò dissenso nei confronti di alcuni punti
della relazione del segretario, che invece per alcuni aspetti riguardanti
l'analisi condivido. Sono d'accordo con Franco quando dice che l'oggetto
principale della riflessione deve riguardare le nostre difficoltà
soggettive. Penso che anche il disorientamento e l'incertezza che hanno
investito il partito, almeno da un anno a questa parte, non siano stati
irrilevanti per come è stata vissuta la campagna elettorale.
Abbiamo dovuto convincere nostri iscritti non solo a farla, ma persino
a votare per la Sinistra l'Arcobaleno. Credo che anche ciò, insieme
alla perdita d'insediamento andata avanti in questi anni, abbia pesato
sulla nostra esposizione al voto utile. So che questo non si può
dimostrare e che è solo una mia opinione. Quello che invece si
può dimostrare è che le dichiarazioni di autorevoli esponenti
del partito, anche durante la campagna elettorale, per lo scioglimento,
la fusione, il superamento, da ultima l'accelerazione della Costituente
della Sinistra, hanno demotivato ed angosciato il corpo del partito
a tutti i livelli. Persino la segreteria nazionale, da più di
un anno a questa parte, non ha potuto discutere e tanto meno prendere
decisioni sempre più esternalizzate, figuriamoci i circoli, che
si sono sentiti emarginati persino dall'informazione! Nell'ultima segreteria,
alla quale mi sono presentata dimissionaria e sentita dare dell'irresponsabile
per questo, non è stata detta una parola sul partito, nell'introduzione
e nelle conclusioni, mentre l'indicazione data per superare il disastro
in cui ci troviamo è stata l'accelerazione del processo unitario.
Come si sa non sono contraria al processo unitario, che pratico da tempo
e continuerò a praticare, a differenza di chi l'ha soltanto evocato,
sono contraria al fatto che il rilancio del Prc debba avvenire unicamente
al suo interno, perché questo metterebbe in discussione l'autonomia
del nostro partito, indispensabile anche al processo medesimo. Nonostante
la conferenza di Carrara, sono continuate pratiche in cui si diceva
una cosa e se ne faceva un'altra, pratiche tese allo svuotamento di
Rifondazione. Non basta dire che non si è per lo scioglimento
del partito se non lo si cura, se non lo si sostiene, se si punta unicamente
sul processo unitario, per dissolverlo di fatto. Quando mi sono iscritta
a Rifondazione l'ho fatto ad un partito comunista non ad una tendenza
culturale.
Alfonso
Gianni
Vorrei dire a Burgio che non abbiamo mai sostenuto la tesi della fine
del lavoro. Anzi nella globalizzazione il lavoro salariato cresce su
scala mondiale. La sua perdita di centralità non avviene per
un deficit di essenza ma di rappresentanza politica. Proprio per questo
il risultato elettorale è inquietante. I primi studi sui flussi
dimostrano che abbiamo perso soprattutto a destra (oltre il 46% del
nostro voto a Veltroni), mentre molto inferiore è il travaso
verso le varie "falce e martello". Complessivamente il Prc
si è comportato meglio degli altri portando alla Sinistra Arcobaleno
il 38% dei nostri voti. Pensare che la colpa sia solo del voto utile
o della presenza al governo è un errore. Certo questi due elementi
hanno pesato moltissimo ma non sono i soli. Temi della destra, come
indulto, immigrazione, sicurezza hanno sfondato anche tra noi. La crisi
della globalizzazione non si traduce solo nell'altromondialismo ma anche
e tanto nel ritorno al villaggio d'origine. Per questo la Lega si afferma.
I nostri voti di tradizione ideologica, meno legati alle lotte concrete,
sono i più fragili. Pensavamo di raccogliere consensi invece
si trattava di produrre senso in un quadro devastato dalla penetrazione
del pensiero dominante. La ricostruzione della sinistra è dunque
costruzione di senso. Per farlo non possiamo rinchiuderci in una nicchia;
non possiamo limitarci al sociale, perché la collocazione sociale
è scissa dalla coscienza politica più che nel passato
(come dimostra il voto operaio); non possiamo fuggire dalla politica
secondo il modello dei vari Casarini (cui piace tanto la Lega); non
possiamo riproporre federazioni, né l'Arcobaleno come se nulla
fosse successo. Si tratta di aprire un processo costituente che raccolga
la sinistra diffusa sul territorio (come nell'assemblea di Firenze)
e le varie soggettività politiche che si pongono sul terreno
dell'alternativa. Cioè del soggetto unitario e plurale. Questo
è il tema del prossimo congresso.
Fosco
Giannini
Siamo allibiti: di fronte alla disfatta Giordano non fa autocritiche
e ripropone la minestra acida della costituente di sinistra, una Izquierda
Unida italiana votata al fallimento e alla liquidazione del partito
comunista. E pensare - che contraddizione! - che lo stesso Giordano
definisce (a ragione fallite le esperienze federative, dall' Izquierda
all'Arcobaleno.
Ma se Giordano è sconcertante non lo è di meno la strana
alleanza Ferrero-Mantovani-Grassi. Essa si presenta come alternativa
a Bertinotti e poi propone il fior fiore del bertinottismo: una sinistra
che rinasca dalla Sinistra europea e da nuovi legami con l'Arcobaleno.
Tutto ciò condito con spruzzate di neomovimentismo e neolaburismo.
Chi scrive ha fatto una lunga battaglia assieme ai compagni di Essere
Comunisti e oggi è difficile capire come essi potranno condividere
le diversissime culture di Ferrero e Mantovani, entrambi alla testa
di quel bertinottismo al quale ci si opponeva.
Resta il fatto che entrambe le posizioni (Giordano e Ferrero) rinunciano
alla sola strada rimasta per uscire dalle rovine : il rilancio del Prc
come partito comunista autonomo, alla testa della lotta contro Berlusconi
e il Pd confindustriale e filoimperialista e volto all'aggregazione
della vasta diaspora comunista italiana.
Alla base della catastrofe vi sono la complicità con Prodi e
il cambio violento del Prc in Arcobaleno e cioè di un soggetto
rifiutato dall'elettorato comunista e di sinistra. Lascia stupiti la
miopia di chi (sia Giordano che Ferrero) ripropone la strada del cimitero:
sinistre europee, federazioni, arcobaleni e disorientamenti simili.
Chi sente lo stato d'animo delle compagne/i di base sa che vi è
una sola possibilità, la stessa che ci chiede l'attacco padronale:
ricostruire un partito comunista di massa, attraverso il rilancio del
Prc e l'unità dei comunisti. Lo scontro congressuale sarà
solo tra costituente di sinistra e costituente comunista: le terze vie,
come si sa, sono il regno della non scelta.
Claudio
Grassi
Il voto ci consegna la larga vittoria di una destra in cui hanno un
peso decisivo Lega e An. Ci allerti ciò che potrà accadere
in tema di riforme istituzionali e costituzionali. Contro quest'ipotesi
autoritaria, attiviamo da subito una mobilitazione delle coscienze.
Anche l'Udc era esposta alla pressione del voto utile ma ha retto, mentre
noi abbiamo subìto un tracollo. Questo perché, al contrario
di noi, oltre ad avere un progetto politico ha rivendicato una precisa
identità. La Sinistra l'Arcobaleno ha perso oltre 3 milioni di
voti sui 4.400.000 raccolti due anni fa e li ha persi in tutte le direzioni,
a dimostrazione che la proposta non è risultata attrattiva per
nessuno.
Di fronte a questo disastro mi sarei atteso un atto di umiltà
da parte del gruppo dirigente. Invece le dimissioni sono arrivate solo
dopo diversi giorni. La segreteria non si deve dimettere perché
si dà avvio al congresso, ma perché il progetto politico
proposto è fallito!
Ho sentito dire da Fratoianni che la Sinistra l'Arcobaleno è
un accrocchio e, in quanto tale, non poteva funzionare. Facile dirlo
dopo. Chi lo diceva mesi fa veniva accusato di «rifugiarsi nella
Comunità montana». Non mi pare che l'Arcobaleno abbia occupato
le grandi pianure. Anche sul governo Prodi ho sentito dire parole durissime.
Ma chi ha deciso di entrarvi a quelle condizioni? Chi ne ha difeso l'operato
fino al protocollo sul welfare?
Si riconosca l'errore e si metta da parte la supponenza. È giunto
il momento di investire sul Prc, sul suo impegno unitario, ma anche
sulla sua autonomia.
Qui si dice che nessuno ha mai proposto lo scioglimento di Rifondazione
comunista. Ma sono stati compiuti atti che indicano chiaramente che
il processo che si vuole avviare ha come esito conclusivo la creazione
di un altro partito.
Quando si dice che si sta lavorando per il soggetto unico della sinistra
e che questa scelta è irreversibile, che cosa si intende dire?
E quando si dice che i comunisti restano come «tendenza culturale»
nel nuovo soggetto della sinistra? Si percepisce che nel processo unitario
nei fatti si scioglie Rifondazione comunista.
Lo si è confermato anche oggi: se si propone di superare Rifondazione
comunista nel processo costituente di una nuova sinistra - come ha precisato
Alfonso Gianni -, si considera il partito una formazione politica transitoria
la cui utilità risiederebbe nel dar vita a qualcosa di altro.
Il voto ha dimostrato che questo progetto è sbagliato, che ci
fa perdere il nostro elettorato, che non ne conquista di nuovo e che
mette a rischio l'esistenza stessa di Rifondazione comunista. Il congresso
che si apre dovrà investire chiaramente sul rilancio e sulla
ricostruzione del Prc.
Giulio
Lauri
La dimensione della sconfitta è storica: siamo stati percepiti
dagli elettori come inutili per battere Berlusconi e poco utili per
migliorare la loro condizione. Penso che la priorità ora sia
il reinsediamento ripartendo dall'analisi della società e dalla
pratica del conflitto. Ma l'errore più grave è stato quello
di non avere capito il peso del giudizio negativo sulla presenza al
governo e, soprattutto, la dimensione dello smottamento: su questo nessuno
può tirarsi fuori, neanche chi da anni propone una linea alternativa.
Questo Cpn avrebbe dovuto avviare un'analisi e una libera discussione
sulla sconfitta, da fare da qui al congresso in luglio: è stata
scelta una strada diversa, quella di una resa dei conti immediata in
cui di fatto una parte di chi ha diretto fino a ora il partito, invece,
si tira fuori, e della prefigurazione da subito, a soli 5 giorni dal
voto e prima di ascoltare iscritti e non, di una nuova linea politica
per i prossimi cinque anni, provando a prefigurare l'esito del congresso:
non è oggi, prima di questa fase di ascolto, il momento di decidere
fra la Costituente della Sinistra - che se si avvia lo fa partendo fuori
di qui, e in tempi lunghi, non in due mesi - quella comunista o un partito
che dopo il disastro resta tale e quale o torna indietro sull'innovazione.
Al posto della conta avrei voluto cominciare a discutere delle ragioni
del gigantesco spostamento a destra che c'è stato, a cominciare
dal voto a Nord-Est e in Friuli Venezia Giulia dove alle regionali,
pur perdendo, la Sinistra Arcobaleno prende quasi il doppio delle politiche
superando il risultato del Prc, e di come anche qui si deve ripartire
(il lavoro, ma come è cambiato? il territorio?) e di come ci
si rafforza (ora è la Sinistra Europea il modello? e perché,
però, con Alpe Adria la Sinistra Europea è stata utile
sul piano internazionale ma non su quello locale, non andando molto
oltre l'adesione di soli esponenti del Prc?), e di quale partito (l'utilità
dell'inchiesta, ma dopo Carrara su personalizzazione e carriere istituzionali
che bilancio facciamo?). Per ora la discussione è rimandata,
per servire deve essere libera.
Alessandro
Leoni
Non mi diffonderò nella descrizione del risultato elettorale,
molti compagni lo hanno già fatto; voglio, invece, sottolineare
come questo disastro sia il prodotto finito di un lungo procedere che
ha puntualmente evitato il decollo del reale processo della "rifondazione-rigenerazione-ricomposizione
comunista" sostituendola, con moto pendolare, con suggestioni velleitarie,
pseudo sinistresi, finalizzate, essenzialmente, a coprire un volgare
pragmatismo opportunistico! Elemento non secondario all'origine dello
stato comatoso della nostra organizzazione si deve individuare nella
gestione della vita interna del "partito", cioè nella
sistematica ricerca di consenso attraverso sponsorizzazioni di carriere
e allo strumento delle "candidature"! Del resto la scarsa
"onestà intellettuale" si è espressa in molti
interventi che ho seguito in questo Cpn. Come si può, infatti,
sostenere che non ci sia stata la volontà, surrettiziamente attivata,
di liquidare il Prc? Basterebbe seguire le dichiarazioni rilasciate
alla stampa, mai smentite né contrastate dal segretario dimissionario,
per misurare l'ipocrisia dilagante, oggi, qui propinataci. Vedi, fra
i tanti, l'articolo, con relative "dichiarazioni", di A. De
Angelis del 3 aprile u.s. pag. 3 del quotidiano "il Riformista"!
Vorrei soffermarmi su questo aspetto etico-morale per constatare e denunciare
come i fenomeni negativi dominanti nella società siano tanto
presenti anche nel partito, rovesciando, emblematicamente, il concetto
gramsciano d' egemonia. Il voto di questo Cpn deve diventare la prima
pietra della ricostruzione del Prc, condizione, quest'ultima, necessaria
anche per la ripresa della stessa sinistra.
Leonardo
Masella
La catastrofe è talmente grande che non è più il
tempo dei diplomatismi e dei piccoli trucchi con le parole a cui è
abituato il ceto politico autoreferenziale che ha gestito il Prc. E'
finito il tempo dei bla, bla, delle belle parole vuote di contenuto
che hanno prodotto il crollo elettorale perché non hanno ingannato
più nessuno. I lavoratori, gli operai, i precari, i giovani,
i movimenti pacifisti (i No Dal Molin), ambientalisti (i No Tav), antirazzisti,
femministi, si sono sentiti traditi dal governo, dalla sinistra e in
modo particolare dal Prc. E non si sono fatti ingannare più dalle
belle parole, così come non si faranno più ingannare i
nostri iscritti. Deve essere chiaro che chi vuole ancora giocare con
le parole e con le ambiguità vuole sciogliere il Prc e chiudere
con l'esperienza comunista anche senza dirlo. Prima del 13 aprile sembrava
che tutti volessero superare il Prc, ora sembra che nessuno lo voglia
superare.Basta, non se ne può più di questa farsa. E'
giunto il momento della verità e della. L'oggetto del congresso
non può che essere: si vuole fare un partito comunista, o si
vuole fare altro? Chi non risponde a questa domanda vuole prendere in
giro ancora gli iscritti.Un partito comunista, rifondato, di quadri,
di massa, di classe, discuteremo collettivamente come, quale partito
comunista e per farne cosa, tuttavia ormai nessuno può sfuggire
a questa domanda. Vedo, invece, che entrambi i documenti della maggioranza
di Venezia, sia quello di Giordano che quello di Ferrero, dicono più
o meno le stesse cose.Faccio notare che in entrambi non si mette in
discussione il Congresso di Venezia che ci ha portato al governo della
catastrofe. In entrambi si continua a parlare di sinistra come se fossimo
a prima del 13 aprile. In entrambi si giunge addirittura a rilanciare
la cosiddetta Sinistra Europea che ha spaccato i comunisti e la sinistra
in Europa.Entrambi i documenti si pongono, incredibilmente, in modo
equidistante fra chi vuole costruire un partito della sinistra arcobaleno
e chi vuole costruire un partito comunista.
Citto
Maselli
Con i miei sessantaquattro anni di militanza comunista ne ho naturalmente
viste tante. Ci ho fatto anche due film ma sinceramente non mi era ancora
successo di dover provare l'amarezza che, in questi ultimi mesi, mi
ha dato il sostanziale adeguamento del nostro segretario alle linee
di ostentato distacco da tutta una parte della nostra storia che hanno
finito per prevalere nella maggioranza dei nostri vertici. E parlo sul
piano umano più ancora che politico, perché dal 1991 fino
alla sera del 20 ottobre sotto il palco di piazza San Giovanni, in tanti
avevamo sentito Giordano come una straordinaria, difficile e particolarissima
figura di garanzia e sintesi dell'apertura al nuovo dentro una storia
comunista forte e non confondibile: proprio questo senso profondo, del
resto e secondo me, Franco Giordano era riuscito a imprimere a tutta
la fondamentale iniziativa di Carrara. E non credo, per quello che riguarda
gli ultimissimi tempi, che il problema sia letterale: l'aver detto o
non detto che il nostro partito avrebbe dovuto sciogliersi. Così
come vorrei ricordare a Vendola che fin dalla costituzione di questo
partito e in tutte le riunioni di direzione sotto la guida di Sergio
Garavini, la parola "rifondazione" era stata da noi imposta
e poi giorno per giorno difesa caricandola fin da allora del suo significato
preciso di apertura a tutto il nuovo che andava tessendosi nella società.
Non scherziamo, Nichi, almeno fra noi fondatori. Oppure parliamone ma
seriamente perché di novità, negli ultimi anni, ce ne
sono state e anche importanti. Da vecchio ingraiano le ho condivise
quasi tutte, ma come non vedere che in questi ultimi mesi - e anche
a prescindere dalle interviste a La Stampa di Bertinotti e dalle imbarazzanti
priorità di Liberazione - ci sono state metodologie e arroganze
verticistiche insieme a tutta una serie di ostentazioni simboliche sbagliate
forse ancora prima che inaccettabili?
Vladimiro
Merlin
Molto si è detto del fallimento elettorale dell'Arcobaleno, che
certamente è il prodotto del cumulo di una serie di errori, tutti,però,riconducibili
al comune denominatore di una linea politica sbagliata. Meno si è
approfondita la ragione politica della sconfitta, e questo perché
entrambi gli schieramenti in cui si è divisa la vecchia maggioranza
continuano a riproporre,con alcuni distinguo, lo stesso orizzonte politico.
La ragione politica della sconfitta dell'Arcobaleno risiede nel fatto
che è una proposta contraddittoria e politicamente moderata.Contraddittoria
perché le forze che lo componevano hanno posizioni politiche
e prospettive differenti, in contrasto tra di loro, sia a livello nazionale
che locale, in tale contesto il segno prevalente è stato quello
più moderato,come si è visto nella manifestazione contro
Bush o nella mancata campagna del Prc al referendum sul welfare. Tutto
ciò rendeva e rende tale soggetto,comunque sia organizzato (partito,
federazione) non credibile ne convincente.Per ciò è sbagliato
riproporlo in qualunque forma, la strada è un'altra, ripartire
dal progetto originario del Prc che consiste nel rilancio e ricostruzione
di un partito comunista forte,radicato nella società e nel conflitto,
autonomo nella prospettiva politica, non settario o chiuso ma capace
di costruire alleanze ampie con la sinistra anticapitalista. Questo
richiede anche la capacità di recuperare e raccogliere quell'insieme
vasto di forze e militanti che si sono disperse in questi anni. Ma in
entrambe le componenti della maggioranza è emerso un rifiuto
netto e aprioristico anche solo ad esaminare questa ipotesi, anzi,da
entrambi i lati è emerso il rifiuto a recuperare l'impostazione
originale del Prc contrapponendo il Prc del 2003 a quello del '91, ciò
significa che il progetto del Prc del '91 è già considerato
superato e liquidato, è una cosa che molti militanti non avevano
ancora capito, è bene che finalmente si faccia chiarezza su questo
punto.
Marco
Nesci
Incredibile: ogni volta che si parla di unità a sinistra si produce
una o più rotture - le ultime Ferrando e Sinistra Critica - oggi,
il Prc rischia una implosione proprio in nome dell'unità a sinistra.
Propongo un patto: chiunque vinca nessuno lasci il Prc.
Dico a Giordano che aver cambiato posizione da parte sua negli ultimi
giorni è certamente positivo, oggi tutti parliamo di ripartire
dal Prc. Però negare l'evidenza e la verità storica non
giova a nessuno: in tutta la campagna elettorale si è dato, anche
da parte tua, il senso che il Prc fosse finito, hai ripetuto più
volte «processo irreversibile», «noi andiamo avanti
- chi ci sta ci sta qualunque sia l'esito delle elezioni», sino
al delirio di Bertinotti secondo cui il comunismo veniva ridotto a tendenza
culturale dentro il soggetto unico della sinistra.
Il messaggio che avete dato al corpo militante del partito è
quello dello scioglimento. Ma non c'è stato solo il messaggio
ma anche la pratica dello scioglimento. Basta guardare il comportamento
di alcuni come il Commissario di Genova che ha impedito il tesseramento
al partito ad alcuni circoli, impedito la formazione di nuovi circoli
di lavoro, evitato ogni coinvolgimento nelle decisioni sulla campagna
elettorale dei segretari dei circoli.
Catarsi. Questo è quello che ci vuole a ogni livello: quindi
Comitato di Gestione e Garanzia Nazionale e accoglimento, per quanto
riguarda Genova, della risoluzione dei direttivi dei circoli di Genova
che hanno già formato un analogo Comitato.
Gianluigi
Pegolo
Di fronte ad un risultato così negativo occorrerebbe un'analisi
impietosa e una volontà di discontinuità che, però,
non ho trovato nelle relazione del segretario.
Quello che non si vuole ammettere è che il progetto della Sinistra
l'Arcobaleno è fallito, e che lì risiede l'origine del
disastro elettorale. Perché quel progetto non ha identità
e si basa su un aggregato disomogeneo e contraddittorio. Nonostante
questo si vorrebbe continuare sulla stessa strada con la nuova proposta
dello "spazio pubblico", senza prendere atto che la Sinistra
l'Arcobaleno si sta già squagliando. In realtà, fin da
momento in cui fu avanzata la proposta del soggetto "unitario e
plurale" era chiaro che si voleva superare Rifondazione per giungere
ad una formazione non più comunista. Alcuni compagni, criticando
l'impostazione del segretario, avanzano una proposta che declina il
soggetto unitario e plurale in chiave federativa o confederativa. Ma
anche questa impostazione non tiene di fronte alla drammaticità
del risultato elettorale e allo sfarinamento delle forze coinvolte.
Con chi si dovrebbe fare a questo punto la federazione? Con Sinistra
Democratica? L'unica alternativa è quella che si fonda sul rilancio
del progetto originario della Rifondazione comunista e che implica la
costruzione di un soggetto comunista rinnovato raccogliendo nuove forze,
ricollocando l'iniziativa nel conflitto sociale, abbandonando tentazioni
piattamente governiste. Questa scelta è l'unica perché
poggia su una cultura politica radicata nel paese, perché si
fonda su un'opzione dichiaratamente anticapitalista che la Sinistra
l'Arcobaleno non ha, perché assume il rapporto col mondo del
lavoro come centrale.
La manifestazione del 20 ottobre ci ha detto che c'è spazio nel
paese per un partito comunista rifondato e per una sinistra anticapitalista,
anche se nel nostro partito non lo si è voluto capire. A questo
dobbiamo lavorare. Siamo ancora in tempo per salvare Rifondazione comunista,
ma è l'ultima possibilità e non possiamo perderla.
Linda
Santilli
Ho sperato fino all'ultimo che in questa sede oggi si arrivasse, con
uno sforzo estremo di responsabilità, a una opzione unitaria
per portare il partito al congresso in modo da dare agli iscritti e
alle iscritte finalmente la possibilità di partecipare a una
discussione vera, non predeterminata da questo Cpn, sulle scelte sul
progetto di alternativa di società di Rifondazione comunista
in rapporto alla sinistra plurale che vogliamo costruire. Se la polarizzazione
resta così come è, cioè due fronti contrapposti
che vanno alla conta, e se i documenti presentati non verranno ritirati,
io mi asterrò. Vorrei ricordare che tra le ragioni della sconfitta
soggettiva c'è la pratica correntizia, la logica di clan in guerra
tra loro per il potere che ha in questi anni avvelenato il partito ed
eroso il progetto dell'innovazione. Non tenerne conto dopo una simile
sconfitta è avvilente e addirittura grottesco.- Abbiamo condotto
una campagna elettorale difficilissima. Ma non possiamo negare che è
stata resa assai più difficile sotto la spada di Damocle di uno
scioglimento del Prc annunciato in modo martellante come imminente e
irreversibile senza alcuna discussione interna. La base si è
trovata a fare da spettatrice passiva di un processo calato dall'alto.
Chi ha provato a dire qualche cosa è stato bollato come identitario
e fuori dal futuro. Anche alcune di noi femministe, che abbiamo sempre
denunciato gli identitarismi, criticato la forma partito novecentesca,
sperimentato la pratica di frontiera del dentro-fuori il partito (non
da ieri, non da Venezia ma da 16 anni) quando abbiamo scritto in un
documento che il Prc e la sua ricerca sul terreno dell'innovazione è
necessaria alla costruzione della sinistra ampia che vogliamo rifondare,
che in questo senso dovevamo avere cura di Rifondazione, siamo state
etichettate come identitarie e minoritarie.
A me interessa che venga rilanciato il meglio dell'innovazione che abbiamo
prodotto in questi anni. E' tutto ciò che di positivo abbiamo
nelle nostre mani per fare la sinistra ed evitare arroccamenti e chiusure.
Ma va dato uno stop definitivo alle pratiche violente e di potere dei
gruppi dirigenti. Su questo punto la discontinuità deve essere
nettissima.
Nadia
Schavecher
Una sola la condizione per poterci rialzare da questa grande caduta:
si ammetta di aver sbagliato tutto e si cambi decisamente linea politica,
si torni al progetto per cui nacque il Prc, la rifondazione di un partito
comunista con basi di massa. Non era vero che la Gad fosse diversa dall'Ulivo!
Nacque l'Unione ed avete teorizzato che andando nella stanza dei bottoni
i movimenti ci avrebbero reso il compito più facile. Avete contrattato
sugli incarichi istituzionali ed avete omesso di trattare su quelle
cose che avrebbero dovuto essere la ragione per cui volerli. Un anno
fa i nostri elettori ci hanno messo sull'avviso, abbiamo perso una caterva
di voti: al Cpn successivo il Segretario Giordano non fece neanche cenno
a questo fatto, peraltro né lui né altri della maggioranza
si affaticarono a ragionare seriamente in merito. Quella piazza vuota
il 9 giugno non vi ha scomposti. In seguito, sulla consultazione per
il protocollo del welfare, non si è voluto nemmeno tentare di
costituire i comitati per il no. Avete balbettato, troppo distratti
dalla costruzione di una "cosa" con Mussi e Pecoraro Scanio.
Ma ora è lecito domandarsi: dove erano quelli che oggi si ergono
a giudici e vendicatori, cosa pensavano e cosa facevano? Basterebbe
rileggere i loro interventi, per capire che hanno condiviso, le medesime
scelte sbagliate, gli stessi errori uno dopo l'altro. E che ricetta
ci offrono ora? La zuppa al posto del pan bagnato. Le abbiamo già
sentite a Carrara le sirene del "torniamo al partito, rafforziamolo,
organizziamolo" e subito dopo gli stessi con più veemenza
li abbiamo visti costruire "altro", gestire e mediare per
arrivare sempre più speditamente ad "altro". Del resto
a nessuno di loro ho sentito dire che la sinistra raccogliticcia e senza
anima non è più all'ordine del giorno. Invece quello che
è, e resta assolutamente necessario, è il ritorno al progetto
iniziale della Rifondazione di un partito comunista, qui ed ora, subito:
ne ha bisogno il nostro popolo, la nostra società e tutta la
sinistra, perché senza un partito comunista il nostro popolo
è in balia delle forze reazionarie e la sinistra, come si è
visto chiaramente, sparisce.
Patrizia
Sentinelli
C'è una confusione di livelli in alcuni interventi in questo
Cpn.
Dovremmo partire dall'analisi della pesante sconfitta mentre mi è
sembrata prevalere un discussione del tutto strumentale su un ipotetico
scioglimento del partito che tende ad inquinare il dibattito.
Emerge anche dalla stampa che ci stiamo disponendo su posizioni diverse.
Mi pare utile ripartire dalla relazione di Giordano, che ho trovato
particolarmente convincente nel punto in cui ci parla di una costituente
di sinistra come spazio pubblico, laboratorio collettivo in cui devono
nascere un pensiero critico e una forma dell'agire politico adeguati
ai tempi attraverso al partecipazione di diverse esperienze, pratiche,
culture, partiti, singoli e associazioni.
Per questo ho apprezzato l'Assemblea di Firenze e per lo stesso motivo
non condivido il carattere di alcuni interventi che compromettono la
cultura dell'innovazione, dell'apertura ai movimenti, della nonviolenza
insomma il patrimonio di Rifondazione. Da questa Rifondazione bisogna
ripartire e proseguire il processo unitario. Dobbiamo discutere tra
noi ma anche fuori da noi, lanciando su ogni territorio assemblee aperte
che vedano insieme iscritti, coloro che ci hanno votato e i tanti che
non lo hanno fatto.
Sul voto negativo pesano insieme diversi elementi: l'esperienza di governo,
il voto utile ma soprattutto la frantumazione sociale, che abbiamo analizzato
troppo superficialmente e che quindi non abbiamo saputo rappresentare.
Ci siamo schiantati sul tema dell'efficacia perdendo verso il voto utile
ma anche in altre direzioni. Ci hanno percepito come cartello elettorale
e non come progetto unitario costituente, non risultando perciò
attrattivi. Un rischio su cui avevo messo in guardia già alcuni
mesi fa. Ma questo è un elemento tra tanti e nessuno di noi,
anche se alcuni lo hanno fatto intendere, può avere la soluzione.
È un arretramento, per questo, la rottura della maggioranza uscita
dal Congresso di Venezia che aveva determinato le condizioni per rilanciare
nuove pratiche, apertura e internità ai movimenti.
Gino
Sperandio
Da tempo dal Veneto insistevamo a dire che stavamo rischiando uno sfondamento
delle destre e della Lega in particolare.
Avevamo denunciato come già alle elezioni dell'anno scorso a
Verona il Prc avesse preso solo il 20% dei voti avuti nel 2006 e come
di questi più del 40% fossero transitati direttamente al sindaco
Leghista, ormai assunto alle cronache nazionali per le sue posizioni
xenofobe e razziste. Mi pare che sostanzialmente nel Veneto questo processo
si sia riprodotto in queste elezioni.
Debbo dire che parlare del problema settentrionale era sentito con fastidio
da più di un compagno e oggi mi fa piacere che si inizi a parlare
dello spostamento tra identità di classe ad identità di
luogo
Ma il problema è dell'efficacia, se in Veneto avevamo fatto una
analisi corretta però non abbiamo dato concretezza alla nostra
azione e nulla è cambiato in questo anno.
Allora al di là anche delle mie responsabilità che mi
spingono a presentarmi dimissionario al prossimo comitato regionale
del Veneto credo che il tema sia anche quello di come darci uno strumento
in grado di affrontare una sfida, che dopo la debacle, sembra impossibile.
Uno spostamento significativo di analisi deve implicare la riorganizzazione
del nostro partito, sono convinto che la costruzione di un soggetto
unitario e plurale debba partire da questo: la centralità dei
luoghi e la partecipazione. Un partito che federi esperienze diverse,
che non abbia una impostazione verticistica o leaderistica, ma che punti
alla rotazione degli incarichi (anche attraverso l'assunzione della
differenza di genere) e che declini la sua struttura con la scelta di
costruzione di un soggetto più ampio.
Per questo credo che occorra impostare il nostro lavoro di elaborazione
congressuale strettamente connesso con il lavoro che è iniziato
con l'assemblea di Firenze di ieri e per questo partecipare e dare il
nostro contributo al convegno sulle forme organizzative che lì
è stato proposto dalla Associazione per la Sinistra Arcobaleno
del Veneto.