Partito
della Rifondazione Comunista
Comitato Politico Nazionale 15 dicembre 2007
Intervento
di Franco Giordano
L'assemblea dell' 8 e 9 dicembre
ha rappresentato uno straordinario successo sia per i workoshop dove
il livello di conoscenze, saperi, culture politiche è stato di
grande spessore, sia per la manifestazione di popolo del 9 che ha segnato
un grado altissimo di unità ed una richiesta forte a procedere
in questa direzione. Le grandi aspettative emerse in quella sede non
possono essere deluse.
L'8 e 9 ha determinato un rimbalzo nella società italiana ed
ha alimentato aspettative dettate da un bisogno di alternativa al duopolio
costituito dal modello populista e liberista di Berlusconi con quello
americano e disincarnato proposto dal Pd.
L'assemblea dell'8 e 9 è stata agitata da conflitti di segno
positivo, a partire da quello femminista, importantissimo. Penso che
non si può ricostruire una nuova soggettività unitaria
a sinistra se non si declinano quel linguaggio e quelle forme di democrazia
di genere. Ritengo che sia stata utilissima, persino vitale, la presenza
del comitato "No Dal Molin" e la modalità di interlocuzione
messa in atto con il soggetto unitario e plurale: con esso s'instaura
un dialogo, seppur conflittuale, e ne si riconosce una soggettività
politica.
Penso sia andata in scena quell'idea di spazio pubblico che vogliamo
ricostruire a sinistra e che è stato colto dalla compagna Rossana
Rossanda in un editoriale che ho molto condiviso ed a cui ho voluto
rispondere immediatamente.
C'è un nesso diretto fra la manifestazione del 20 e l'iniziativa
dell'8 e 9. L'esito del 20 ottobre ha accelerato il processo unitario,
specie nelle sue modalità. Innanzitutto sono venuti immediatamente
meno i condizionamenti sindacali e le ipoteche sul soggetto unitario
e plurale, si è rotto un meccanismo che prevede il tentativo
di totale sussunzione nel Pd della rappresentanza politica contraria
alle destre e, sul piano sociale, di una rappresentazione neocorporativa
affidata al sindacato. Ma anche se la partita è ancora aperta
e va giocata fino in fondo, il 20 ottobre ha rappresentato la rottura
di questo schema, facendo emergere una soggettività politica
nuova che si oppone a questo dualismo Pd-sindacato.
Il 20 ottobre, inoltre, ha fatto emergere una grande rivendicazione
politico-sociale, una critica nei confronti del governo Prodi che non
siamo riusciti a far passare sulla vicenda del protocollo sul welfare
e che, oggi, depositiamo sulla prossima verifica. Ma il 20 ottobre ha
evidenziato anche una fortissima vocazione unitaria. In entrambe le
occasioni, 20 ottobre e 8-9 dicembre, il Prc ha investito tutte le sue
energie ed il grande risultato ottenuto è dipeso dalla capacità
organizzativa e dalla ricchezza del nostro partito: v'è stata,
inoltre, una presenza diffusa di aree di movimento, di associazioni
e di espressioni sindacali, fondamentali per ancorare socialmente il
nuovo soggetto unitario.
C'è chi ha osteggiato la manifestazione "da sinistra"
dicendo che essa non era critica verso il governo e c'è chi l'ha
osteggiata "da destra" temendo una conflittualità eccessiva
con le altre forze del soggetto unitario e plurale: niente di tutto
ciò! Anzi, all'indomani di essa si è finalmente sbloccato
il processo unitario. Ora dobbiamo proseguire ed accelerare questo processo,
dando continuità ed investendo sulla soggettività nuova.
Penso sia utile presentarci alle prossime amministrative unitariamente
anche facendo ricorso a una battaglia politica con quelle forze che
sembrano non condividere questa scelta.
Si deve tenere insieme la ricchezza emersa l'8 e 9 dicembre con tutte
le potenzialità che essa contiene: guai ad immaginare solo una
sommatoria federata di partiti, perché ciò distruggerebbe
ogni aspettativa. Vanno aggregate le realtà sociali, territoriali,
di movimento e quelle critiche del capitalismo e farle contare e decidere:
per questo, a gennaio, proporremo un seminario aperto per far vivere
un processo democratico di costruzione del nuovo soggetto che sia autonomo
ed inclusivo.
Bisogna costruire un'unità forte sui contenuti e vanno lanciate
alcune campagne: proponiamo per il 23 e 24 gennaio l'avvio di un iter
partecipativo con un pronunciamento effettivo, quindi modificativo,
sulla carta dei valori.
Insisto sulla necessità di valorizzazione delle soggettività
esterne ai partiti e per questo vorrei proporre un meccanismo binario
di costruzione della nuova soggettività in cui esse siano attive
nelle decisioni e non mere parti accessorie del processo. Il tesseramento
potrebbe avvenire tramite l'iscrizione alle singole forze politiche,
valido anche per il soggetto unitario, ed autonomamente per chi non
si sente interno ai partiti.
Trovo che la concezione mediatica sul leader e sulla direzione sia sbagliata
e pericolosa per il soggetto unitario e plurale perchè produce
tensioni con le altre soggettività aderenti, esula dalla democrazia
di genere, desertifica le forme di partecipazione, intacca il rapporto
con culture nuove, snatura il senso del percorso in atto distruggendo
l'anomalia democratica che stiamo attivando.
Ricordiamoci del congresso di Venezia in cui abbiamo puntato tutto sul
rapporto con i movimenti, sulle esperienze di innovazione, sulla rottura
con le forme del leaderismo.
La collocazione politica del nuovo soggetto è dirimente: nella
carta si dice che esso può collocarsi al governo o all'opposizione,
senza che questa sia un disvalore e sempre dietro una libera scelta
priva di vincolo, nel rispetto della sua autonomia ed a seconda delle
convenienze politiche e sociali a cui fa riferimento. La carta d'intenti
non è chiusa, ma aperta e potrà essere modificata e migliorata
dopo un dibattito ampio: essa rappresenta solo un punto di partenza.
Penso che sia chiaro anche nella carta d'intenti che si apre una sfida
sul terreno dell'egemonia col Pd, altro che interlocutore privilegiato!
Una sfida sul modello alternativo di società: si può lealmente
costruire un governo insieme, ma si può, altrettanto, restare
su posizioni politiche difformi.
L'assemblea della sinistra e degli ecologisti si è svolta in
un momento sociale drammatico per il paese in cui la vicenda di Torino
ha determinato uno spartiacque nella storia sociale del paese: quella
tragedia, quegli omicidi hanno determinato una rottura sociale, oltre
che politica, che investe anche il sindacato, con una rabbia operaia
che non tiene più e che noi dobbiamo guardare in faccia. I fischi
di Torino hanno travolto anche chi, socialmente, è prossimo a
quella condizione. Penso che quel malessere sia concentrato sulle condizioni
materiali drammatiche che riguardano anche, ma non solo, il tema della
sicurezza. Essa è solo la metafora, non il paradigma, del modello
produttivo e dell'organizzazione del lavoro del nostro paese.
Al tema della sicurezza dobbiamo aggiungere quello dei salari, sempre
più insostenibili. Noi abbiamo avanzato proposte sul terreno
dei salari e delle retribuzioni che riguardano l'intervento fiscale
a partire dalla detassazione degli aumenti contrattuali che allevierebbe
la pressione del fisco sul lavoro dipendente, incentivando anche il
rinnovo contrattuale.
C'è anche il tema della precarietà, quello dei tempi e
ritmi di lavoro, il tema degli straordinari ne è un esempio,
e quello dell'usura psico-fisica di tanta parte del lavoro dipendente,
specie quello operaio.
Questi sono gli effetti della rincorsa alla forza lavoro al suo costo
più basso: oramai nessuna tutela e nessun diritto sono più
al riparo. Per questo oggi dobbiamo rimettere al centro del dibattito
questo punto, iniziando dall'analisi che vede negli ultimi decenni una
potente svalorizzazione del lavoro nel nostro paese. Non parlo assolutamente
di gerarchie fra diritti sociali e civili, ma ritengo che non possiamo
ignorare questa drammatica condizione materiale, altrimenti non potremmo
neanche declinare la parola "sinistra".
Il lavoro ha perso politicità: è invisibile, derubricato
dall'agenda politica e dalla scena del paese e penso che se il soggetto
unitario non si confronta con questo tema, non può esistere.
Per questo propongo che la prima iniziativa del soggetto unitario sia
una conferenza operaia da tenersi a Torino, fra fine gennaio e gli inizi
di febbraio, al fine di far emergere la condizione operaia, invisibile
nel paese, ed al fine di far nascere una cultura nuova che riparta proprio
da qui. Uno degli operai superstiti che ho incontrato a Torino ha chiesto
di non calare il sipario su di loro: non possiamo eludere questa richiesta.
Al contrario, la proposta del Pd sulla conferenza operaia mi sembra
tutta incentrata sul modello di Confindustria che vorrebbe legare inscindibilmente
i salari alla produttività.
Queste sono le questioni da porre per prime sul tavolo della verifica
di gennaio: salari prezzi, condizioni di lavoro. Alla verifica va posto
anche il tema dell'inflazione che in Italia si attesta al 2,6% e che
rischia, come negli Usa, di trasformarsi in stagflazione. Perciò
penso che bisogna intervenire sia sul terreno della distribuzione, sia
su quello dei prezzi, sia su quello della rendita finanziaria. A gennaio
discuteremo anche dei diritti civili, quelli dei migranti, il rapporto
pace/guerra e l'alternativa ai conflitti in atto, il disarmo, la moratoria
sul Dal Molin, l'innovazione e ricerca ed il nuovo paradigma economico:
Bali indica un'inversione di tendenza, anche se da verificare nel concreto,
dove la pressione del mondo sugli Usa è stata determinante per
un cambiamento nelle politiche ambientali. Ultima, ma non per importanza,
è la richiesta di istituzione della commissione d'inchiesta sul
G8. Colgo l'occasione per dire pubblicamente a Gasparri che non deve
permettersi in alcun modo di insultare quella bella persona che è
Haidi Giuliani!
Chiederemo un mandato conseguente ad un'ampia discussione politica,
che spero riusciremo ad estendere anche alle altre forze della sinistra,
che ci permetta di effettuare una trattativa vera ed aperta col governo:
a ciò seguirà un giudizio politico del partito, del suo
gruppo dirigente da sottoporre, subito dopo, ad una consultazione referendaria
del nostro popolo che determinerà la nostra collocazione politica.
Gennaio è un mese cruciale: c'è la verifica, ma anche
il dibattito sulla legge elettorale. Le due cose s'intrecciano e la
legge elettorale è decisiva per noi: dobbiamo battere le tendenze
referendarie che creano frammentazione. Ci giochiamo una partita decisiva
e non abbiamo altre chance: il referendum non solo determinerebbe la
scomparsa della nostra rappresentanza, ma soprattutto limiterebbe la
nostra autonomia. Si avrebbero, probabilmente, due sole liste: una di
destra ed un'altra contro la destra, all'interno della quale non potrebbe
vivere alcuna soggettività politica autonoma. Non possiamo chiedere
il sistema tedesco o niente, perché, lo ripeto, l'alternativa
sarebbe il referendum.
Se qualcuno è tentato dalla partecipazione al listone di sinistra
per una mera autorappresentazione di sé, sempre che sia accettato
nel listone, a noi ciò non interessa, perché abbiamo una
cultura politica segnata da percorsi di autonomia. Non capisco le critiche
interne: non potevamo fare altro se non estendere il dialogo a tutti
su questa materia e siamo stati sempre coerenti con il nostro obiettivo
di ottenere il sistema tedesco.
Il testo Bianco propone 32 circoscrizioni e tiene aperta la possibilità
del voto disgiunto: non si tratta del tedesco, ma nemmeno dello spagnolo
ed avvia, comunque, un percorso decisivo. Il riparto nazionale ed il
voto disgiunto sono alla nostra portata, al di fuori di questo schema
c'è il referendum.
Ci sono due questioni su cui dobbiamo insistere: voto non unico e riparto
nazionale. Infatti, il voto unico nel collegio causerebbe una forte
pressione bipolare, cioè si vota destra contro sinistra e prevarrebbe
la logica del voto utile.
Il vertice del 10 gennaio è paradossale, non si è fatto
sul welfare, e si fa sulla legge elettorale che, in realtà, è
delegata al dibattito parlamentare fra tutti i partiti. Conferenza operaia,
costruzione del soggetto unitario, verifica di governo e consultazione
di massa sono i motivi che ci spingono a rinviare, di pochi mesi, il
congresso. A gennaio si concentra tutto, per questo proponiamo un rinvio
del congresso, per discutere alla fine di un periodo lungo e difficile.
Inoltre, resta in piedi la costruzione del soggetto unitario e plurale
da effettuare dal basso nei territori: ciò, lo ripeto ancora,
non mette a rischio l'esistenza del Prc.
Sul terreno identitario tornano i timori infondati del rischio di scioglimento.
La nostra battaglia politica va verso liste unitarie comuni e verso
la modifica del rapporto fra partito e movimenti: abbiamo rotto il meccanismo
pedagogico, per entrare in un'ottica di internità e proponiamo
una sfida per l'egemonia e l'idea di trasformazione della società.
Il soggetto unitario e plurale non risolve queste contraddizioni, v'è
un problema di utilità sociale ed una dimensione di massa da
costruire per una verifica sociale. La nostra utilità sociale
è indispensabile: la verifica può essere fondamentale,
specie insieme alla successiva consultazione di massa. Dobbiamo ricostruire
il nesso fra la spendibilità dell'iniziativa politica oggi e
l'idea del domani. Penso che qui si giochi la differenza fra chi propone
e predica una società che verrà e chi ha come bussola
quella che Antonio Gramsci chiamava "la trasformazione molecolare
della società".