Un'inchiesta
per camminare domandando
Nei suoi scritti sull’Introduzione
alla politica Hannah Arendt definiva l’essenza del politico come
“la facoltà di vedere realmente le cose da diversi lati”.
Se le cose stanno così, è evidente che l’inchiesta
e la ricerca sono strumenti irrinunciabili per cambiare sé stessi
e la realtà.
Guardiamoci intorno: la piramide non c’è più. La
società del partito di integrazione di massa, della sezione del
Partito Comunista che sfida il campanile in ogni municipio non c’è
più.
Ma c’è ancora la politica, nonostante molti ne avessero
già celebrato il funerale, c’è ancora il movimento
che cambia lo stato di cose presenti. C’è Rifondazione
comunista, ed è bene che ci sia. Ma che partito è oggi
realmente Rifondazione?
E’ un partito in crisi, che spesso non intercetta domande di partecipazione
diffuse nella società, che riproduce riti e schemi gerarchici
e chiusi che spesso non servono a nulla, che in molti luoghi stenta
a costruire relazioni virtuose tra militanti, dirigenti, istituzioni,
società civile.
Ma Rifondazione è anche un partito vivo, che attraversa i movimenti,
che innova le sue pratiche, che elabora nuovi contenuti politici, che
affronta vertenze territoriali da Scanzano alla Val di Susa, che sperimenta
nei territori pratiche di neomunicipalismo e democrazia partecipativa.
Rifondazione è soprattutto il partito che ha fatto suo il precetto
zapatista “camminare domandando”.
È per camminare domandando che ci prepariamo ad aprire un processo
di inchiesta e di ricerca su noi stessi. Per chiederci quale partito
siamo, quale non siamo più, quali sono le forme dell’agire
politico che oggi esprime Rifondazione comunista. Il percorso della
conferenza di organizzazione si arricchisce di un lavoro di inchiesta
che vuole essere uno strumento allo stesso tempo di conoscenza, di dibattito
e di iniziativa.
L’inchiesta vuole essere una fotografia del partito, che non solo
individui e porti a galla le criticità che ben si conoscono e
che spesso sono oggetto di interminabili dibattiti, ma anche i punti
di forza, le sperimentazioni, le buone pratiche che tanto spesso siamo
in grado di produrre ma che altrettanto spesso non riusciamo a valorizzare.
Una fotografia che però non si limiti a descrivere lo stato dell’organizzazione,
ma provi anche a definire le cause che fanno la differenza tra realtà
diffuse di crisi della partecipazione e esperienze al contrario vive
ed entusiasmanti di innovazione.
Per questo una ricerca sul partito non può non indagare i modi,
i tempi, le motivazioni per cui compagne e compagni si attivano, o abbandonano
il partito.
Le condizioni sociali e le conseguenza che hanno sull’agire politico
la precarietà, la condizione studentesca, o al contrario la condizione
di lavoratrici e lavoratori spesso alle prese con la gestione di una
famiglia. I tempi e gli spazi di vita e la loro relazione con l’agire
politico, che spesso si dimentica nei frenetici ritmi dell’attività
di partito.
La questione di genere assume a questo proposito un ruolo di primissimo
piano. Quale ruolo ha oggi la questione di genere in un partito che
spesso la assume come centrale ma ha difficoltà a sviluppare
soluzioni efficaci anche solo nella composizione dei gruppi dirigenti?
Come si esprime la questione di genere nella quotidianità dell’agire
politico del partito?
Ma anche la cultura politica, la critica del potere e l’irrompere
e la successiva sedimentazione del movimento altermondialista, le suggestioni
del bilancio partecipativo e del municipalismo ribelle, il dibattito
sulla nonviolenza sono al centro dell’inchiesta. È lecito
credere che la cultura politica abbia cambiato le forme di agire nel
partito, sviluppato nuove pratiche, raggiunto settori sociali prima
lontani. Il punto è indagare le forme e la misura in cui questo
è avvenuto, l’impatto sulla vita quotidiana dei sonnacchiosi
circoli del PRC. Che spesso invece sono ben svegli e promuovono sul
territorio reti di società civile e cittadinanza attiva, si aprono
a realtà differenti e costruiscono processi di democrazia partecipativa,
creando relazioni virtuose e produttive tra eletti, partito e movimenti
nei territori.
Un’inchiesta sul partito deve andare minuziosamente alla ricerca
di queste esperienze, senza un modello predefinito ma con il desiderio
di conoscere quello che oggi non è conosciuto.
L’inchiesta si comporrà di due fasi fondamentali. La prima
fase sarà parallela al percorso della conferenza di organizzazione
e sarà basata sulla distribuzione di un questionario nelle platee
delle conferenze di organizzazione delle federazioni provinciali, che
servirà a fornire dati e informazioni sulle domande fondamentali
della ricerca. Contemporaneamente verranno organizzati gruppi di discussione
su scala territoriale, in cui si richiederà la partecipazione
di compagne e compagni provenienti da realtà particolarmente
significative rispetto agli scopi dell’inchiesta. Attraverso i
gruppi di discussione sarà possibile affrontare temi di dibattito
al di fuori di vincoli legati a votazioni o alla definizione di maggioranze
e minoranze.
I risultati di questa fase dell’inchiesta forniranno dati e informazioni
utili a dare basi solide al dibattito della conferenza di organizzazione.
A partire da essi l’inchiesta proseguirà con differenti
strumenti di indagine. Il questionario sarà esteso agli iscritti
e alle iscritte al partito attraverso un’inchiesta campionaria,
mentre in parallelo si produrranno materiali multimediali che permettano
al partito di conoscere sempre più in fondo sé stesso,
e di farsi conoscere con trasparenza all’esterno. A ogni circolo
sarà richiesto di fornire due fotografie della sede, e si produrrà
un documentario su Rifondazione, su cos’è oggi e su cosa
fa questo partito che produce più di quanto si conosca. Questa
seconda fase attraverserà il processo di costruzione della Sinistra
Europea e di esso vuole essere strumento indagando le relazioni, le
campagne, le iniziative cui i territori danno vita nel suo contesto.
Fino a giungere al congresso del Partito nel 2008.
È il congresso, attraverso la partecipazione e la democrazia,
a definire chi vogliamo essere. Ma per questo dobbiamo sapere chi siamo
oggi, cosa produciamo e quali sono le nostre molte mancanze. E, soprattutto,
quali ne sono le cause.
E’ un percorso collettivo, di libera espressione delle compagne
e dei compagni. Un percorso di conricerca che non prevede risultati
predeterminati né l’indicazione di risposte assolute alle
domande che ci attraversano. Ma sarà uno strumento per acquisire
consapevolezza nel porci le domande e cercare una risposta. E, se ci
saranno la partecipazione e l’entusiasmo di chi vuole continuare
a camminare domandando, non sarà poco.