Partito
della Rifondazione Comunista
Comitato Politico Nazionale 14 - 15 ottobre 2006
Interventi
Antonello
Manocchio
Bruno Pastorino
Imma Barbarossa
Claudio Bellotti
Salvatore Bonadonna
Alberto Burgio
Mario Caporusso
Carlo Cartocci
Francesco Cirigliano
Luigi Cogodi
Aurelio Crippa
Stefano Cristiano
Elettra Deiana
Ezio Locatelli
Gianni Favaro
Nicola Fratoianni
Beatrice Giavazzi
Domenico Jervolino
Aurelio Macciò
Francesco Maringiò
Leonardo Masella
Marco Nesci
Gianluigi Pegolo
Vincenzo Pillai
Franco Russo
Giovanni Russo Spena
Bruno Steri
Marco Veruggio
Antonello
Manocchio
La linea di maggioranza ha infilato il partito nell’organicità
col governo Prodi, entro margini di sola mitigazione delle linee del
centro-destra, come per alcuni aspetti dello stato sociale, l’immigrazione,
le forme di precarietà e, più in generale, l’alleggerimento
del peso sui lavoratori dei carichi necessari a determinare i nuovi
equilibri del capitalismo. Sono dati di fatto, invece, accettazione
dei contenuti e formali modifiche riguardo agli elementi fondamentali
che reggono questo governo, in continuità sostanziale con quello
precedente: la rigida centralità dell’impresa, il concorso
alle tappe verso nuovi equilibri per la continuità del sistema
capitalistico nel mondo e per la liquidazione di ogni effettivo riferimento
alternativo, primariamente di quello comunista, in Italia e nelle zone
di intervento nelle quali passa la ridefinizione dei nuovi equilibri.
Sono linee opposte alle motivazioni fondanti del PRC e, perciò,
innaturali nel contesto di un partito comunista, che determinano una
sempre maggiore perdita di autonomia del partito e un progressivo declassamento
della sua identità programmatica su posizioni centriste.
Intanto la
scelta di diluizione nella sinistra europea -anche permanendo, vago
e formale, l’impegno a non sciogliere per ora il partito- va oggettivamente
nella direzione di cancellare sostanzialmente il riferimento comunista
necessario all’alternativa di società, soprattutto perché
realizzata con forze che hanno già “storicizzato”
l’esperienza comunista, rovesciando così la propria collocazione
alternativa al sistema capitalistico.
E’
il fallimento della linea perseguita e i compagni che la sostengono
sono tenuti a prenderne atto; diversamente si tratterebbe di vera e
propria scelta, che comprende la liquidazione del riferimento comunista,
come tale non più legittimabile in un partito comunista.
Nel PRC si
impone un rapido cambiamento della Direzione Politica, che riporti vita
generale e azione del partito entro i confini delle sue naturali motivazioni,
che restano primariamente il superamento del capitalismo, la centralità
degli interessi delle classi non parassitarie, il rifiuto della guerra
come mezzo di composizione delle contraddizioni capitalistiche, la dimensione
planetaria dello scontro di classe espressa dalla ricostituzione dell’internazionale
comunista e la funzione d’avanguardia del partito nel perseguimento
di questi indirizzi strategici.
E’
necessario avviare ad ogni livello, a partire dalle realtà di
militanza nei territori e impegnandovi direttamente le presenze più
attive in tutti i circoli, la verifica della linea del partito e delle
conseguenze già prodotte, in primo luogo rispetto alla compromissione
della nostra autonomia; una verifica orientata alla ricerca delle modalità
più opportune per creare le condizioni che sgancino il partito
dalla trappola dell’organicità di governo -senza far venire
meno l’impegno a sbarrare la strada al revanscismo delle destre,
ma anche al disegno neocentrista- e lo ricollochino lungo il processo
rifondativo e nel solco delle proprie finalità identitarie.
inizio
Bruno
Pastorino
Fioriscono sui territori
laboratori originali e importanti di sinistra alternativa. Quelle esperienze
-talvolta anche formalmente collegate alla fase costituente della Sinistra
Europea- incrociano pure l'attenzione di frange degli apparati politici
in dissenso con il Partito Democratico.
Semplici posizionamenti di una rappresentanza politica in subbuglio?
Non credo. Non cogliere il nesso tra le resistenze che incontra la nascitura
aggregazione democratico-moderata e il recente ciclo di lotte sociali
significa soprattutto non riconoscere al movimento la capacità
che ha avuto di innovare le culture politiche contemporanee. E' da lì
che nasce oggi il rifiuto ad un'ipotesi ancora incardinata sui totem
di impresa e mercato e su un riformismo privo di riforme. Sbagliato
allora selezionare -o peggio:
contrapporre- i soggetti cui avanzare la proposta della costituente
della Sinistra Europea. Quello deve essere (e mantenersi) uno spazio
aperto agibile a tutti coloro che si interrogano sul tema della trasformazione
nel tempo del capitalismo globalizzato. Continua a mancare però
uno spazio fisico dove testimoniare l'esistenza di questa nuova soggettività
e la nostra stessa attenzione alla fattiva costruzione della Sinistra
Europea è intermittente e non omogenea, quasi che il suo successo
o fallimento apparisse indifferente. Proviamo a costruirle dunque le
Case della Sinistra Europea, luogo idoneo a sciogliere la babele dei
linguaggi e a ricercare un idioma comune e nuovo per tutti.
inizio
Imma
Barbarossa
L'introduzione nel
dibattito della ipotesi di "superamento" del PRC nella Sinistra
Europea introduce, a mio avviso, non solo un elemento strumentale di
rottura, ma è anche un elemento di forte arretratezza culturale
e politica.
La fase che stiamo attraversando è difficile e ci chiede autonomia
senza autosufficienza, senza la difesa "patriottica" del nostro
ruolo nel governo, e a questo proposito ho apprezzato l'intervento onesto
e trasparente di Paolo Ferrero sulla finanziaria.
Un esempio di autonomia può essere la campagna, che abbiamo iniziato
all'Aquila, per l'abolizione dell'ergastolo e dovrebbe anche improntare
il nostro giudizio - che deve essere critico - nei confronti di come
la maggioranza sta affrontando le modifiche della riforma castelli dell'ordinamento
giudiziario.
Sulla Sinistra Europea il recente convegno di Trieste "Violenza
e patriarcato" ( che gli uomini del partito avrebbero fatto bene
a frequentare) ha cercato di mettere insieme culture differenti presenti
tra le donne della Sinistra Europea, a partire dal fatto che la violenza
contro le donne è una metafora della crisi della maschilità
e del soggetto neutro.
E in crisi l'ordine vecchio ( Il patriarcato) ma non c'è ancora
l'ordine nuovo, la costruzione sessuata dei soggetti.
Cosa chiediamo alla Sinistra Europea?
Intanto non una linea ma un asse politico culturale basato sulla laicità,
in un orizzonte in cui la ricerca individuale e collettiva di senso
non sia sostituita dalla ricerca del sacro e a derive mistiche.
Chiediamo il ripudio della guerra e del militarismo, la nonviolenza
e il disarmo delle menti e dei corpi, la critica del potere in tutte
le sue forme, dallo statalismo al dominio patriarcale.
Insomma un confronto vero e profondo con culture e soggetti differenti
non comporta l'abbandono delle proprie idee; ritengo che Rifondazione
Comunista innovata possa essere un contributo alla costruzione della
Sinistra Europea.
Per questo sono contraria a ogni ipotesi di "scioglimento",
comunque camuffata.
inizio
Claudio
Bellotti
Mi preoccupa
molto sentire dichiarazioni quali “dobbiamo comunicare meglio
quanto di buono stiamo facendo al governo”, perchè sono
esattamente le dichiarazioni che sentivamo anni fa all’epoca dei
governi D’Alema e Amato. Il cosiddetto “segno” positivo
di questa finanziaria sarà sostanzialmente impercettibile per
milioni di lavoratori, mentre restano aperti i capitoli più spinosi:
pensioni, precarietà, liberalizzazioni.
Inoltre non mi è chiaro come si intenda lottare contro gli aspetti
più deleteri della finanziaria, a partire dai ticket sanitari;
non sono d’accordo con chi ha proposto una linea per la quale
la nostra battaglia di emendamenti si debba svolgere sostanzialmente
all’interno di un quadro concordato con il governo per evitare
che la coalizione si sfilacci e diventi vulnerabile alle incursioni
della destra. » una ulteriore conferma della nostra posizione
subalterna nel governo.
La manifestazione del 4 novembre è importante sia per le forze
che la convocano, sia perchè nasce da un appello che mette al
centro non solo la Legge 30 ma anche la lotta contro il Pacchetto Treu.
Va valorizzato questo impianto e va organizzata una presenza significativa;
sarebbe invece deleterio se qualcuno la considerasse strumentalmente
come un’occasione per “recuperare” una credibilità
incrinata dalla partecipazione al governo.
Sulla Sinistra europea, la proposta si sta dimostrando poco attrattiva,
non aggrega le forze emerse dai movimenti degli scorsi anni e non fa
i conti con il processo importante che è in corso nei Ds. L’operazione
del Partito democratico non è solo ingegneria organizzativa,
viene percepita da ampi settori di lavoratori come una rottura della
sinistra con i lavoratori e con la sua storia. Ma per poter parlare
a questo ampio settore che viene spiazzato e disorientato dal percorso
verso il Partito democratico sarebbe necessario un forte profilo alternativo
del nostro partito, in primo luogo rispetto al governo, e questo è
invece del tutto assente. Alla fine ci troviamo a dialogare con un ceto
politico assai poco rappresentativo.
inizio
Salvatore
Bonadonna
Le relazioni
di De Cesaris e di Zipponi, sulla Sinistra Europea e la Finanziaria,
spingono ad interrogarci sull'adeguatezza nostra a fare i conti con
processi che avvengono sul piano sociale e politico e anche nell'azione
di Governo. Credo che malgrado gli sforzi compiuti e i risultati acquisiti,
nel processo di costruzione della Sinistra Europea siamo al di sotto
delle potenzialità reali. Non possiamo restare paralizzati dal
nodo dello "scioglimento " di Rifondazione Comunista e non
cogliere che il processo di rifondazione e quello della costruzione
della Sinistra Europea costituiscono un tutt'uno che dev'essere capace
di interpretare la complessità della stratificazione sociale
e delle contraddizioni per costruire l'alternativa di società
all'attuale crisi del capitalismo nella fase della globalizzazione.
Fuori da questo rapporto tra contraddizioni sociali e strategia politica
rischiamo anche noi la deriva politicista.
Un ragionamento analogo può farsi a proposito della Finanziaria.
Siamo in presenza di una cultura euroburocratica, e quindi ancorata
al liberismo, ancorché temperato, che non coglie ancora la necessità
di un cambio di paradigma. Per questo avere acquisito un'inversione
di tendenza nelle politiche redistributive costituisce un fatto importante
anche se certamente non esaustivo. Si tratta ora di intervenire affinché
i modesti benefici fiscali non vengano vanificati dalle addizionali
Irpef che gravano sui redditi complessivi. Si tratta di cancellare i
ticket sulla Sanità, particolarmente odiosi a fronte degli sprechi
della Sanità e dei trattamenti dei dirigenti delle ASL. Si tratta
di tagliare drasticamente i finanziamenti per gli armamenti a vantaggio
degli investimenti sociali, come il Fondo che il Min. Ferrero ha istituito
per la non autosufficienza. Ma penso anche al settore della Sicurezza,
e del contrasto alla criminalità organizzata e all'evasione fiscale
che certamente sono priorità assolute rispetto alle portaerei
e ai cacciabombardieri.
inizio
Alberto
Burgio
De Cesaris
ha affermato che la SE si propone di costruire la sinistra di alternativa
e non un semplice allargamento del Prc. Penso anch’io che sia
necessario rafforzare la sinistra di alternativa. Ma proprio questo
è, oggi, un punto di sofferenza della SE, alla quale non partecipano
i principali soggetti della sinistra di alternativa (sinistra Ds, Ars,
Verdi, Pdci, parti significative del movimento pacifista). Si sarebbe
dovuta aprire una interlocuzione senza accelerazioni organizzative,
senza la pretesa di segnare un perimetro ideologico e di dettare un
percorso costituente. A questo si lega l’altro problema: la salvaguardia
dell’autonomia culturale, politica e organizzativa del Prc. Il
segretario ha detto che non è in discussione il nome del Partito
e che il simbolo non si tocca. Bisogna affermare con la massima chiarezza
che Rc rimane in campo, come partito comunista autonomo, impegnato nel
proprio radicamento e, nello stesso tempo, nella ricerca di un coordinamento
politico con le altre forze della sinistra di alternativa.
La Finanziaria. Il giudizio prevalentemente negativo discende dal fatto
che non si inverte la tendenza alla redistribuzione della ricchezza
a vantaggio del capitale. Semplicemente la si rallenta. D’altra
parte, ciò è inevitabile: in presenza di una così
grande evasione fiscale e sotto i vincoli di Maastricht, l’unica
reale inversione di tendenza sarebbe una patrimoniale bolscevica. Il
che, con l’attuale quadro politico, è irrealistico.
Infine tre impegni: 1) abbiamo raccolto le firme per la scala mobile.
Sta a noi far vivere nel Paese – a partire dalla manifestazione
del 4 novembre – la più ampia mobilitazione; 2) sulle pensioni:
non dobbiamo accontentarci del rinvio ma chiedere il ritiro del memorandum;
3) sugli emendamenti alla Finanziaria, a cominciare da quelli sui ticket
e sul fondo missioni (è urgentissimo aprire una riflessione sulla
missione in Afghanistan per non arrivare impreparati alla scadenza di
dicembre): un’eventuale sconfitta sarebbe pagata a prezzi altissimi.
inizio
Mario
Caporusso
Da una recente indagine dell'ISTAT emerge che in Italia le famiglie
povere sono 2,5 milioni.
Si tratta dell'11% dei nuclei familiari su base nazionale: il 4,5% si
trova al nord, il 25% sono presenti nel mezzogiorno d'Italia quindi
se ne deduce che continua ad esistere la questione meridionale nel nostro
paese. La finanziaria che di recente è stata approvata dal cdm
tiene conto delle condizioni di vita di questi nuclei familiari?Pur
riconoscendo la discontinuità rispetto all' ultima finanziaria
votata dal governo Berlusconi e constatare che ci sono alcuni elementi
di controtendenza rispetto al recente passato come: la rimodulazione
delle aliquote irpef per i redditi alti,l'aumento della tassazione delle
rendite ed altro, ritengo che il nostro partito può e deve lavorare
fino all'approvazione definitiva della finanziaria per migliorarla decisamente.Va
avviata da subito una discussione nel partito per migliorare la finanziaria
su alcuni punti,per noi inaccettabili. Cercherò di elencarne
alcuni.1) ticket sul pronto soccorso; è questa una misura odiosa
di cui il nostro partito,che in passato, ha lavorato per l' abrogazione
sia a livello nazionale che a livello regionale (dove governiamo) 2)
il taglio ai comuni: è evidente che se si tagliano i trasferimenti
ai comuni gli stessi sono obbligati ad aumentare la tassazione, vanificando
di fatto quella minima redistribuzione che avviene con la rimodulazione
dell'aliquota IRPEF 3) l'art. 188 della legge finanziaria che autorizza
le spese per le missioni militari all'estero ( Afganistan compreso)
senza il voto parlamentare va rimosso 4) il cuneo fiscale va redistribuito
in parti uguali tra imprese e lavoratori (continua ad esistere per la
gran parte dei lavoratori e pensionati il problema che non si arriva
a fine mese) in attesa di un meccanismo di adeguamento dei salari e
delle pensioni (bisogna lavorare alla reintroduzione della scala mobile),
5) il Partito deve impegnarsi per la riuscità della manifestazione
sulla precarietà del prossimo 4 Novembre per cancellare la legge
30.
Sulla sezione italiana della Sinistra Europea continuo ad esprimere
la mia contrarietà.
Questo nuovo soggetto politico rischia di agregare ceto politico, viene
confermato che esclude tutte le forze della sinistra di alternativa
che hanno condotto la battaglia sull'estensione dell' art.18.
Ritengo che i nostri sforzi debbono andare in direzione del rafforzamento
del PRC che oltre ad essere un partito d'opinione, la dimostrazione
ne è stata l'ultima manifestazione nazionale che ha visto una
presenza numericamente scarsa rispetto alle aspettative, rischia di
diventare il partito degli eletti (onorevoli, consiglieri regionali,
assessori ecc.) svuotando gli organismi dirigenti.
inizio
Carlo
Cartocci
1. Credo
che questa finanziaria sia ancora avvolta in una nebbia di dubbi e incertezze,
l’elettore di sinistra è perplesso e preoccupato. Le spiegazioni
del governo sono fumose e convincono poco. Noi diciamo che non è
la nostra finanziaria e che proveremo a migliorarla in Parlamento, ma
già fin da ora occorre uno sforzo di maggiore informazione e
chiarezza. Nel merito voglio rilevare un solo punto: in questa finanziaria
non è stato dato nessun segnale positivo agli emigrati. È
un errore perché questi italiani all’estero sono stati
determinanti nelle elezioni e lo sono ancora nel Senato. Si dice che
qualcosa è stato accantonato per concederla su richiesta dei
Senatori eletti all’estero con un colpo di teatro politicistico.
Meglio di niente… ma sinceramente non apprezzo il metodo, mi sembra
poco etico e opportunistico, meglio sarebbe stato fare una proposta
modesta ma esplicita fin dall’inizio.
2. Nel processo di costruzione della sezione italiana della Sinistra
Europea mi sembra necessario che si costituisca un gruppo di lavoro,
un forum o una commissione aperta, che elabori una politica per e con
i migranti, da confrontare poi con l’elaborazione degli altri
partiti della SE. Si tratta di aprire una pista di elaborazione di forme
di lotta e di iniziative legislative, ma anche di riflettere sulle forme
di convivenza, sulle esperienze fallite dell’assimilazione e dell’integrazione
a senso unico e su eventuali altre esperienze più avanzate e
positive. Occorre una diversa cultura politica e sociale che sia coerente
con l’idea dell’Europa dei popoli e con l’idea della
cittadinanza di residenza. L’Europa fortezza ha prodotto trattati
e direttive che costruiscono clandestinità, seminano morte e
discriminazione, alimentano xenofobia e razzismo. Le stesse politiche
nazionali sono condizionate dalle scelte europee, ma queste spesso costituiscono
comodi alibi per attuare scelte di sfruttamento, per definire un diritto
particolare per i migranti, sempre cittadini di serie B e talvolta perfino
ridotti in condizioni di semischiavitù. La lotta per i diritti
dei migranti in un solo paese è difficile e irta di ostacoli:
occorre una lotta comune in Europa, una lotta nel parlamento europeo
condotta dalla SE e capace di coinvolgere anche le altre forze democratiche
e riformiste.
inizio
Francesco
Cirigliano
Vorrei partire in questo mio intervento da una riflessione del compagno
Cremaschi il quale, ricordando il suo ruolo di sindacalista, ci ha raccontato
come uno dei più gravi errori che possano essere commessi chiudendo
un pessimo accordo non sia tanto la firma dell’accordo in sé,
quanto l’andare dal lavoratore e rifilargli quell’accordo
come un buon accordo. È lì che si produce la rottura emotiva
con le lavoratrici e i lavoratori. Ho l’impressione che nelle
settimane scorse è quello che sia accaduto al Prc nei confronti
del suo popolo in materia di finanziaria, a partire dal manifesto uscito
sui presunti sacrifici e sulle lacrime dei ricchi.
Credo che noi abbiamo il compito di dire la verità al nostro
popolo, ossia che questa finanziaria è strutturalmente una finanziaria
negativa, chè già a partire dalla sua entità, essa
permane dentro il quadro delle compatibilità neoliberiste dei
parametri di Mastricht. Analizzandola nel merito, le ombre sono tantissime,
a partire dai tagli agli enti locali che, nonostante lo sconto di 600
milioni di Euro, continuano ad essere superiori ai 2 Mld di euro (questo
con una evidente riceduta nei Comuni e nelle Regioni dove le vie che
rimarranno da percorrere saranno o l’aumento delle tasse sui servizi,
o una loro esternalizzazione/privatizzazione); oppure sull’introduzione
dei ticket al Pronto soccorso; oppure sul modo che si è scelto
per spalmare il 40% del cuneo fiscale dedicato ai lavoratori.
Tutto ciò non significa sottacere gli elementi positivi –
o meglio – di importante controtendenza che questa finanziaria
introduce, a partire dalla redistribuzione della ricchezza. Ovviamente
qui non è in discussione la tenuta del governo, bensì
la capacità di avanzare - anche da questa nostra complessa posizione
- un calendario di azioni di lotta e parlamentari volte ad attutire
gli aspetti maggiormente negativi. Meglio dell’euforia delle scorse
settimane la relazione del compagno Zipponi, alla quale si unisce l’intervista
a Liberazione del compagno Russo Spena. Bisogna non sottacere l’impianto
complessivamente insoddisfacente della finanziaria e, al contempo, non
sottacerne gli elementi di novità, senza che vi siano esaltazioni.
Sulla SE, credo che essa viva una difficoltà innanzitutto legata
alle diverse ipotesi che, nella stessa maggioranza, si sono delineate,
a partire dalla infausta ipotesi di scioglimento del partito (in questo
quadro importanti sono state le parole del Segretario Giordano). Si
ammetta che essa è nata su un’onda emotiva che però
non è riuscita ad interpretare lo spirito includente della tesi
n. 35 del penultimo congresso in merito alla necessità di un
soggetto politico europeo della sinistra d’alternativa. Concludo
con due battute rispondendo alla compagna Deiana e al compagno Smeriglio
che hanno parlato di ‘sentieri’: Heidegger parlava di come
questi necessariamente si interrompano… ed andando per sentieri
egli, da non cattolico, arrivò ad una conclusione raccapricciante
per un comunista, ossia quella invocazione a Dio come unica via di salvezza.
inizio
Luigi
Cogodi
La Sinistra
Europea deve necessariamente riconoscersi attraverso i suoi contenuti,
i suoi obiettivi, le sue modalità di organizzazione. In merito,
la relazione di De Cesaris è stata onesta e chiara. E chi condivide
detta impostazione condivide anche tuttociò che necessariamente
ne consegue, sia sotto il profilo identitario sia sotto il profilo organizzativo.
Dire forma confederata, significa riconoscere apertamente il carattere
pattizio (“foedus”) dei soggetti politici intervenienti.
Nell’altra Europa che vogliamo, nell’Europa dei diritti
e delle libertà, nell’Europa “dei popoli e delle
regioni”, anche la forma organizzata della politica non può
che essere di carattere partecipativo, identitario e unitario. Federativo,
appunto.
In questa ottica, di cantiere aperto verso l’alternativa di società,
dobbiamo anche valutare la portata della manovra Finanziaria. Una manovra
complessa e perplessa.
Tuttavia una manovra che consente di intravedere elementi di riconoscimento
dei diritti dei lavoratori e di parti considerevoli della società
più sofferente. E’ ovvio che non è tutto, anzi non
è neppure parte sufficiente rispetto ai buoni diritti che è
necessario tenere in debito conto. Ma avere davanti un campo aperto,
invece di un fortilizio blindato, significa anche avere un terreno più
favorevole alla lotta ed alla rivendicazione sociale, per il conseguimento
di migliori risultati. E ciò dovrebbe valere, essenzialmente,
almeno su due versanti drammatici della condizione sociale che viviamo:
il terreno della occupazione e del lavoro buono, soprattutto dei giovani
e delle donne, soprattutto del Mezzogiorno e delle Isole. Ed ancora:
il terreno delle crescenti povertà. L’ISTAT ci dice che
oggi, non nell’immediato dopoguerra, in Italia esistono oltre
sette milioni di poveri (con reddito effettivo inferiore a 936 euro
mensili, per famiglia, non per persona). E’ chiarissimo che una
fase di cambiamento vero, non solo è giusto, ma anche estremamente
necessario e urgente.
inizio
Aurelio
Crippa
Condivido l’esigenza del “passare” da cosa non deve
a cosa deve essere la S.E.
Iscritte/i siano decisionali nel definire posizione Partito.
Vanno respinte richieste esterne ed interne al Partito di scioglimento
del PRC.
Si espliciti:
Il nuovo soggetto politico – S.E. – è espressione
di una confederazione di forze, ecc., riconoscendo l’autonomia
e le diversità di ciascuno.
Il PRC non deve cedere parti della sua sovranità: vale per tutte
e tutti la pari dignità.
Finalmente
la Conferenza d’Organizzazione del Partito.
L’autoriforma del V Congresso “organizzazione non organizzazione”
è stata fallimentare.
Siamo diventati un altro Partito e per di più d’opinione.
Ritorni il progetto originario: un Partito altro di massa, con il suo
baricentro nella società (oggi spostato nelle istituzioni).
L’enfatizzazione iniziale sulla legge finanziaria è stata
sbagliata, così come il messaggio politico lanciato con il manifesto,
una sorta di “mal comune meno gaudio”.
Bene il ripensamento, l’attivazione dell’iniziativa per
modificare o cancellare misure sbagliate (tagli enti locali, ticket
sanitari ecc.).
La redistribuzione introdotta non viene colta tale, perché non
portatrice di risultati tangibili per coloro che più hanno pagato
in passato (ceti popolari e produttivi, pensionati).
Attenzione a dire che i compagni non capiscono: capiscono e come e per
questo non “ridono” e quando va bene sono “silenti”.
Il problema dei problemi è che non c’è una maggioranza,
reso esplicito al Senato (si è vinto grazie al contributo di
due liste autonome della Lega).
Due le opzioni per ricercarla:
La vecchia, con “transfughi” dall’opposizione, il
che equivale a spostare l’asse al centro o a destra.
Il ricorso al Paese.
Del tutto
evidente la nostra: ricorso al Paese.
Per questo occorre impegno, iniziativa, riattivazione dei movimenti,
e quindi più Partito e non meno Partito.
Lo insegna anche, ed ulteriormente, la recente esperienza del movimento
dei movimenti: senza un Partito che dia loro traduzione in risultati
delle loro istanze, non c’è continuità e prospettiva.
inizio
Stefano
Cristiano
Per la prima volta il nostro partito discute una finanziaria da una
collocazione di governo. Per questo dobbiamo rifuggire da facili suggestioni
demagogiche per stare invece al merito dei problemi. Il giudizio sulla
finanziaria, necessariamente articolato, non può attardarsi sul
calcolo delle luci e delle ombre ma derivare dal suo segno complessivo.
Infatti l’importante segnale dato sull’IRPEF che compensa
con qualche contraddizione i redditi più deboli, senza per altro
reintrodurre l’aliquota più alta contro i veri ricchi tolta
da Tremonti, rischia di essere contraddetta dai tagli agli Enti Locali
e dall’introduzione dei ticket. Infatti il governo con una mano
da, e con l’altra toglie molto di più obbligando i comuni
o a tagliare servizi o a introdurre nuove tasse per mantenere i livelli
attuali! Prendiamo il Comune di Pistoia: il taglio del governo Berlusconi
ammontava lo scorso anno a 3.250.000€, quello del governo Prodi
arriva (dopo l’intervento dell’ANCI) a 4.400.000€!
Inoltre il nostro governo ci vieta di usare gli oneri di urbanizzazione
per finanziare i servizi, costringendoci a trovare altri 3.000.000€!
In Italia ci sono dai 3.000.000 ai 3.500.000 di persone non autosufficienti
gravi. Dal 15 al 20% delle famiglie italiane devono trovare tutti i
mesi dai 1000 ai 2000€ per assistenti familiari spesso al nero.
Il Governo prevede un fondo di 150.000.000€ per la non autosufficienza
con una media di 45€ l’anno a persona! Contestualmente destina
1 miliardo e 700 milioni€ in più per l’acquisto di
nuove armi e 60.000.000€ in tre anni per gli alloggi delle forze
armate senza indirizzare neanche un centesimo alla costruzione di nuove
case popolari! Mi domando: quali sono le priorità del mio governo
dal momento in cui taglia ai Comuni più di Tremonti, concede
briciole ai non autosufficienti e destina il 5% dell’intera manovra
per aumentare le spese militari? L’enfasi fuori luogo di questi
giorni rischia di rivoltarsi contro di noi e visto che le persone si
fanno i conti in tasca, sarebbe molto meglio mobilitare la nostra gente
per chiedere una drastica riduzione delle spese di guerra e creare un
fondo per la non autosufficienza e per l’eliminazione dei ticket
sanitari.
In questo senso un dibattito sulla sinistra europea che non parta dal
rafforzamento del nostro partito e dalla centralità nella politica
del paese e del governo di questi temi, approderà ad una sterile
e inutile aggregazione di ceto politico.
inizio
Elettra
Deiana
Il progetto
di dar vita a una nuova soggettività politica, in grado di misurarsi
radicalmente con le molteplici contraddizioni della contemporaneità,
offrendo una prospettiva alternativa all’odierna ulteriore deriva
moderata della sinistra, corrisponde indubbiamente ai bisogni dell’oggi
e costituisce una sfida di prima grandezza per la quale credo occorra
attrezzarsi con grande determinazione. E tuttavia non possiamo non affrontare
con altrettanta determinazione il contesto in cui questo avviene, non
fare i conti con le difficoltà che incontriamo e incontreremo
nel nostro percorso. E attrezzarci, anche per questo aspetto, con un
lavoro di coinvolgimento il più capillare possibile del partito,
che sia anch’esso metodo e pratica democratica dell’innovazione,
in grado di superare da una parte le resistenze identitarie che continuamente
si riproducono al nostro interno, dall’altra gli affanni innovativi
che spesso ci travolgono, quelli che ci inducono ad affastellare acriticamente
le differenze culturali senza sforzi e fatiche di rielaborazione critica
e di verifica conoscitiva su dove ci porti quella o questa strada. La
dimensione europea è per noi elemento costituivo della Sinistra
Europea, segno della modernità del suo profilo politico programmatico
e della sua identità culturale. Ma su di essa pesano le differenze
dei partiti europei che hanno dato vita al progetto - vorrei ricordare
che il percorso aperto e plurale che abbiamo intrapreso in Italia non
ha corrispondenti negli altri Paesi; differenze spesso acute, come abbiamo
potuto costatare nel grande e riuscitissimo convegno sul tema “Violenza
e patriarcato” che El Fem (la rete femminista della SE) ha organizzato
nei giorni scorsi a Trieste. Dibattito appassionato e grande partecipazione
hanno contrassegnato l’incontro ma anche difficoltà di
trovare linguaggi e riferimenti comuni tra le storie femministe che
là si sono confrontate. Credo che a maggior ragione la cosa valga
per i partiti nel loro complesso e credo che anche per noi, che pure
ci siamo cimentati di più sul terreno dell’innovazioni,
valga il gap tra “narrazione” dell’innovare e “pratica”
del cambiamento. Continuiamo a non affrontare – mentre ormai è
uno snodo ineludibile, proprio in ragione del percorso intrapreso per
dar vita alla SE - il problema dei luoghi e delle modalità decisionali.
Critichiamo il potere ma decidere non è una forma del potere?
Chi decide, come decidere, in nome di chi decidere: siamo di fronte
alla questione delle questioni.
inizio
Ezio
Locatelli
Usciamo da
questo Comitato politico con una priorità e un impegno molto
forte: far fronte alla campagna di disinformazione, di spaventamento
che le destre e i ceti più abbienti stanno conducendo sulla legge
finanziaria. Sapendo, per quanto riguarda una regione importante come
la Lombardia, di un elemento di complicazione in più, rappresentato
da manifestazioni di insofferenza nei confronti della finanziaria degli
stessi vertici dell’Ulivo, in conseguenza della scelta di porsi
sul terreno della rappresentanza eminentemente territoriale: l’autonomia
della Lombardia, il regionalismo differenziato, il Partito democratico
del Nord. Allora c’è davvero la necessità - senza
sottacere difetti e limiti della finanziaria, che bisogna superare stando
dentro il piano della battaglia politica e della mobilitazione sociale
- di difendere il profilo distributivo, derivante in particolare dalla
rimodulazione delle misure fiscali, perché è precisamente
questo aspetto che è sotto tiro.
Detto ciò, condivido che noi abbiamo un problema di efficacia
oltre che di rappresentanza. Con la finanziaria siamo soltanto all’inizio
di un percorso accidentato fatto di spinte e controspinte cui far fronte,
certo con il protagonismo dal basso della società e dei movimenti,
ma anche con una soggettività politica adeguata. Sbagliato anteporre
la crescita del partito alla costruzione della Sinistra europea. Le
due cose, o stanno insieme, oppure rischiano di declinare. Per questo
bisogna uscire da una fase di gestazione durata troppo a lungo, andando
alla costruzione della Sinistra europea nei territori come fatto politico.
inizio
Gianni
Favaro
Non affronterò i temi sollevati dalla legge finanziaria sia perché
ho molto apprezzato la relazione del compagno Zipponi sia perché,
anche se si tratta di una legge diversa da quella che avremmo voluto,
vedere finalmente i nostrani industriali scendere in piazza per protestare
compensa tutte le perplessità di una manovra così pesante.
Mi interessa invece provare a ragionare sulla proposta di costituzione
della sezione italiana della sinistra europea. La relazione del compagno
De Cesaris ha giustamente rafforzato e chiarito in modo ancora più
netto che nel passato la proposta della costruzione della SE come una
Confederazione di vari soggetti autonomi. Alcuni interventi sia in questo
CPN e nella riunione ultima della nostra Direzione Nazionale sia da
parte di alcuni nostri interlocutori esterni propongono invece di ragionare
da subito sulla nascita di un nuovo soggetto dentro il quale anche il
Prc si possa sciogliere. Penso che la proposta della confederazione
sia fondamentale per dare vita alla SE così come che il Prc si
rafforzi. Né mi convince l’idea che la Sinistra di Alternativa
possa essere rappresentata dalla sommatoria dei partiti del fronte antiliberista.
Penso che futura forza della SE passi attraverso al riconoscimento e
la valorizzazione delle diversità dentro un comune progetto politico
di cambiamento della società. L’esperienza fatta dal movimento
No Tav che attorno alla difesa di un territorio aggredito ha saputo
allargare ed unificare pezzi di resistenza sociale, sindacati, amministrazioni
pubbliche e partiti in una comune proposta di un nuovo modello di sviluppo.
Non è un caso che siano stati proprio i movimenti locali come
il No Tav ad aver organizzato la bellissima manifestazione di sabato
dimostrando così una visione generale e non localistica. Per
queste ragioni penso sia indispensabile che la prossima conferenza di
organizzazione sia un momento di riflessione sullo stato del Partito
per un suo rinnovamento e il suo rilancio.
inizio
Nicola
Fratoianni
Il dibattito che stiamo affrontando sulla costruzione della sezione
italiana della Sinistra Europea rischia di rimanere prigioniero di inutili
banalizzazioni. La polemica sulla diluizione dell'identità comunista
o addirittura sullo scioglimento di Rifondazione Comunista non esiste
come ha chiarito ancora oggi la relazione del compagno De Cesaris. Dobbiamo
invece concentrarci sulla natura del progetto politico e sugli strumenti
con cui dargli gambe, pena la riduzione della nostra discussione ad
una stanca contrapposizione nominalistica. Abbiamo detto più
volte che la Sinistra Europea nasce in qualche modo a Genova e proprio
per questo si configura come un tentativo di dare una risposta da sinistra
alla crisi della politica. Io concordo con questa affermazione. E' per
questo che credo sia necessario discutere innanzitutto sulla natura
di questa crisi. La politica e soprattutto le sue forme organizzate
entrano in crisi perché non sono più capaci di rendere
vive ed efficaci le connessioni con la società. Cresce l'autoreferenzialità
e con questa si rovescia il meccanismo di legittimazione delle classi
dirigenti. Si determina un meccanismo di colonizzazione della società
da parte della politica nel quale le soggettività organizzate
divengono funzioni e propaggini di interessi particolari invece che
strumenti di organizzazione di interessi collettivi. E' questa una dinamica
che ha a che fare col potere e con la sua composizione. Naturalmente
questo aspetto incide, e non poco, sia sulla nostra capacità
di fare della Sinistra Europea qualcosa di più di una semplice
aggregazione (comunque necessaria) capace di mettere assieme esperienze
diverse sia sulla discussione sul nostro modo di essere organizzazione,
sul nostro modo di funzionare. Da questo punto di vista non possiamo
non vedere che mentre abbiamo prodotto innovazioni significative sul
terreno della cultura politica proprio a partire dall'investimento nelle
relazioni di movimento, non siamo stati capaci di fare altrettanto sul
terreno delle pratiche e delle forme del nostro stare insieme e del
nostro agire. Per evitare il rischio del politicismo e dell'ingegneria
organizzativistica dobbiamo fare di questo tema l'oggetto di fondo di
questa sfida politica e culturale che chiamiamo Sinistra Europea.
inizio
Beatrice
Giavazzi
La costituzione della sez. italiana della SE e la Conferenza di Organizzazione
sono due passaggi che consideriamo ineludibili all’allargamento
del blocco sociale e politico di nostro riferimento per il rilancio
determinato della nostra iniziativa politica autonoma dal nostro impegno
di governo. La SE nell’obiettivo che ci siamo dati, dovrà
anche essere capace di competere al progetto del Partito Democratico
tra le forze che compongono l’Unione. Nel dibattito del CPN aver
esplicitato che alla proposta confederativa decisa per la SE, che garantisce
l’autonomia politica ed organizzativa del Partito della Rifondazione
Comunista così come degli altri soggetti costituenti, ne esista
un’altra (A. Gianni) antitetica che prevede un progressivo superamento,
nei fatti, del nostro partito, è da ritenersi un chiarimento
del nostro dibattito interno. Ma, questa opzione, peraltro speculare
a talune opzioni federative (anch’esse presenti) dal carattere
prevalentemente politicistico, è da ritenersi pericolosa e da
contrastare (finalmente) apertamente, proprio per il buon fine del progetto
della SE, oltre che per le stesse idee fondanti della Rifondazione Comunista
che consideriamo ancora progetto politico del tutto rispondente alla
fase che attraversiamo. La Conf. D’Org., così come l’abbiamo
proposta e decisa, che da questo CPN muove il suo percorso iniziale
che si concretizzerà in un “canovaccio” di traccia
da utilizzare nelle conferenze territoriali (circoli e federazioni)
per definire il documento conclusivo del nostro impegnativo lavoro sul
Partito, è la risposta più efficace da mettere in campo
per un reale rinnovamento e rilancio della nostra organizzazione. Il
rafforzamento delle forme organizzative che ci siamo dati, che con coraggio
dobbiamo indagare ed analizzare, è cosa di cui tutti sentiamo
oggi grande necessità, ma è anche condizione indispensabile
al progetto di costituzione della SE, che necessiterà del concorso
di tutte le nostre forze migliori, che sappiano da un lato rispondere,
rifiutandole, alle cristallizzazioni delle mozioni congressuali di Venezia
e dall’altro sapersi confrontare con le nuove forme dell’organizzarsi
dei movimenti e delle forze sociali che oggi circondano o affiancano
la nostra azione politica e che, nella SE, ne saranno compartecipi.
Ogni estraneazione (altro cioè da un dibattito critico e plurale)
da questo percorso, che dopo tanto tempo si presenta con una proposta
largamente coinvolgente il corpo largo dei nostri iscritti e militanti
e partecipativa dal basso, è da ritenersi perciò incomprensibile
nell’ottica della volontà di crescita politica, organizzativa
e di radicamento del nostro Partito.
inizio
Domenico
Jervolino
Sulla finanziaria.
Mi sono già espresso con un articolo pubblicato da Liberazione
del 13 ottobre sulle carenze della finanziaria in materia di università
e ricerca, che contraddicono tra l’altro lo stesso programma dell’Unione,
che avevamo contribuito a stendere. Su questo punto come su altri occorre
un forte impegno a livello politico e sociale per ottenere cambiamenti.
E’ un risultato che può essere ottenuto, così come
siamo già riusciti ad operare correzioni importanti delle prime
bozze di finanziaria. Questo linea rileva una ambiguità necessaria
della fase presente, che però non può essere esorcizzata
con la mera proclamazione degli obiettivi desiderati, che resterebbero
nel cielo delle idee, ma deve diventare oggetto di una iniziativa a
tutto campo. Come dice Walter De Cesaris con una frase che suona quasi
evangelica, siamo nel governo, ma non del governo. Non si deve dare
per scontato che nella dialettica dell’attuale coalizione debbano
prevalere le tendenze di neoliberismo temperato o sociale, perché
queste tendenze sono esse stesse contraddittorie e debbono misurarsi
(come del resto noi dobbiamo misurarci) coi problemi reali del paese
e della società contemporanea. Per questo – per restare
nell’ambito dell’università e della ricerca –
le nostre critiche e le nostre proposte (espresse in queste ore da una
serie articolata di emendamenti) non sono solo nostre ma convergono
con esigenze espresse da quel mondo, dagli studenti, ai precari, ai
giovano ricercatori, fino alla conferenza dei rettori. Sulla Sinistra
europea, condivido l’articolata relazione di De Cesaris. Partiamo
da una necessaria pluralità di sensibilità e di culture,
ma il punto di arrivo deve essere l’incontro e la fecondazione
reciproca fra di esse, non il loro irrigidimento. Nella confederalità
della Sinistra europea, sottolinerei il “con”, l’interazione,
la contaminazione. Del resto alcuni dei “nodi” che sono
stati individuati (per esempio la ricerca sul socialismo del XXI secolo)
vedono già la cooperazione di compagni interni ed esterni a Rifondazione,
cooperazione che del resto ci siamo sforzati di praticare anche nella
vita del Dipartimento università e ricerca. Non si fonda una
nuova forza politica senza un forte impegno culturale e senza una scelta
strategica di fondo che è a mio avviso la ricerca delle vie per
riattualizare la prospettiva del socialismo, in un quadro di democrazia
avanzata e radicale, come risposta alla crisi della politica e alle
contraddizioni della globalizzazione capitalistica. Senza questo respiro
riusciremo al più a dar vita a una sommatoria di esperienze eterogenee
o a una magari utile ma non sufficiente alleanza elettorale.
inizio
Aurelio
Macciò
Ho un’opinione
diversa, sulla Finanziaria, da chi mi ha preceduto, il compagno Paolo
Ferrero. Anche se colgo accenti diversi tra la sua esposizione e le
dichiarazioni fatte a caldo dal presidente della Camera che parlò
di “una svolta in direzione di una giustizia sociale tanto attesa”.
Della Finanziaria dobbiamo indagarne il segno di classe, capire in quale
direzione di marcia sia inscritta. Io penso che risponda prevalentemente
a due indirizzi:
i diktat della Banca Centrale Europea e l’assunzione del dogma
dei parametri di Maastricht, quindi delle politiche neoliberiste;
le esigenze della grande borghesia e, nello specifico, della grande
impresa. Un segno di classe preciso, quindi, che seleziona anche tra
i diversi interessi e frazioni borghesi.
I pochi elementi positivi, come la parziale rimodulazione delle aliquote
Irpef – che non fanno però nemmeno ritornare a prima di
Berlusconi – vengono di gran lunga annullati da tutti gli altri
capitoli: dai tagli agli Enti Locali (dove, in più, le addizionali
all’Irpef non hanno natura progressiva) alla sanità, alla
mancata soluzione al problema della precarietà, ecc.
E l’aumento dello 0,3 % per i contributi previdenziali per i lavoratori,
non è forse aumento del cuneo fiscale? Viceversa, l’abbattimento
del cuneo per le imprese, tutto giocato sull’Irap, non significano
minori introiti per il fisco? Chi paga? Sul trasferimento del TFR inoptato
all’Inps – su cui Felice Roberto Pizzuti ha scritto cose
condivisibili su “il manifesto” – il capogruppo alla
Camera propone di transitarvi addirittura il 100 %. Mi chiedo se si
sa di cosa si parla!
Ma soprattutto è il percorso assunto dal PRC che delinea una
sconfitta per il partito “di lotta e di governo”: dalla
stabilizzazione del debito si è via via transitati alla proposta
emendativa della “spalmatura”, infine a porre il limite
dei 24 miliardi. Ci ritroviamo con una manovra di quasi 35 miliardi!
E in un quadro, quello delineato nel DPEF, di una sequenza quinquennale
impressionante di avanzi primari, fino alla previsione enorme di 84
miliardi nel 2011!
Il 4 novembre, che lo si voglia o no, si dialettizzerà oggettivamente
con la Finanziaria. E non serve esorcizzare i problemi proponendo una
manifestazione, come qui è stato detto, che non sia né
a favore né contro il Governo.
I giudizi positivi dati sulla manovra, in particolare nei primi giorni,
pesano come un macigno sulle stesse possibilità non dico di contrasto
ma anche solo di recupero parziale degli effetti più nefasti
della Finanziaria.
inizio
Francesco
Maringiò
Sulla Finanziaria:
è stata pubblicata in concomitanza con lo sciopero dei giornalisti
e questo ha creato molta confusione, visto che gli unici giornali (di
destra) in edicola l’hanno descritta come una Finanziaria bolscevica.
Col tempo, purtroppo, la verità si è dipanata sotto i
nostri occhi e il rischio che corriamo è il consolidarsi di pericolose
illusioni tra la nostra gente. Soprattutto poi se la Cgil da un lato,
e il Prc dall’altro, si sbilanciano in commenti acriticamente
positivi. Penso invece che al Prc spetti il compito di fare un’”operazione
verità” che metta in luce gli aspetti positivi, ma anche
quelli negativi di questa Finanziaria. A partire dalla famosa questione
del cuneo fiscale: si tagliano i soldi al lavoro dipendente e li si
ridistribuiscono per il 60% alle grandi imprese e per il restante 40%
fra tutti: dipendenti, autonomi, addirittura agli evasori! Al contrario,
in questo paese ci sarebbe invece bisogno di una grande operazione di
giustizia sociale: prendere i soldi dai profitti e ridistribuirli al
mondo del lavoro. E poi c’è l’art. 188 col quale
si finanziano in automatico le missioni, senza il voto del Parlamento:
neanche Berlusconi era mai arrivato a tanto! Per non parlare poi del
vertiginoso aumento delle spese militari, a fronte dei pesanti tagli
allo stato sociale. Ma la caratteristica di fondo di questa Finanziaria
è il fatto che il Governo mantiene una maniacale osservanza dell’impianto
economicista di Maastricht. Proprio per queste ragioni sbagliamo a farci
percepire come i più convinti sostenitori di questa Finanziaria:
così facendo ammorbidiamo la nostra capacità di mobilitazione
e lotta, a partire dalla Manifestazione del 4/11 contro la precarietà
e i tagli sociali.
Sulla Sinistra Europea me la cavo con una battuta: ho sempre evidenziato
il fatto che, a livello europeo, questo progetto escludesse il grosso
delle forze della sinistra anticapitalista e di alternativa. A quanto
pare però al livello italiano va ancora peggio: il Prc è
sempre più debole e malmesso ed i nuovi soggetti coinvolti sono
in realtà ceto politico trito e ritrito, come Folena e Cossutta.
Ma abbiamo bisogno veramente di questo, o di un forte, combattivo e
moderno partito comunista?
inizio
Leonardo
Masella
Non condivido
il giudizio positivo che emerge in prevalenza dalla posizione del Partito
sulla finanziaria e più in generale sulla politica del governo,
fondamentalmente subalterna alle compatibilità dei parametri
liberisti di Maastricht. I veri ricchi se la ridono. In questo modo
si uccide ogni possibilità, pur rimanendo nella maggioranza di
costruire una mobilitazione nella società in grado di cambiare
le tante cose che non vanno e si lascia il campo all’iniziativa
populista delle destre e della confindustria. Proprio così si
apre la strada alle ipotesi neocentriste o forse peggio al ritorno di
Berlusconi. Facciamo in modo che la manifestazione del 4 novembre sia
anche una critica alla finanziaria. Gravissimo è inoltre aver
abbandonato la richiesta di ritiro dalla guerra in Afghanistan (che
viola palesemente la Costituzione, diversamente fino ad oggi dalla missione
in Libano), in contrasto con la volontà espressa da tutto il
gruppo dirigente dopo il coraggioso dissenso degli 8 parlamentari e
la eccezionale assemblea del 15 luglio. Come mai non si fa nulla per
rilanciare il movimento contro la guerra ? Ritengo un suicidio, inoltre,
la proposta di diluire di fatto Rifondazione Comunista nella Sinistra
europea, mantenendogli cossuttianamente solo il nome, il simbolo e qualche
altro specchietto per le allodole. Una più forte unità
e mobilitazione di tutte le forze politiche, sociali, di movimento della
sinistra di alternativa, di cui si sente una necessità enorme,
ha bisogno del forte rilancio della rifondazione comunista, della rifondazione
di un moderno partito comunista, non solo di nome ma soprattutto di
fatto, capace cioè di essere dentro le diverse lotte contro il
capitalismo in tutte le sue odierne e anche inedite manifestazioni (sfruttamento
e alienazione dei lavoratori, mercificazione totalitaria, guerra, razzismo
contro immigranti, devastazione ambientale, TV spazzatura, ritorno di
valori maschilisti ecc.) .
inizio
Marco
Nesci
Condivido la relazione di Walter, credo che le sottolineature, specialmente
quelli sull'esistenza e il potenziamento del partito, possano porre
fine a illazioni e strumentalizzazioni. Sento invece il bisogno di approfondire
analiticamente temi quali quello sulla crisi del movimento e in particolare
sul nuovo movimento operaio, in relazione anche alla critica al potere
che però a mio giudizio dovrà estendersi alla “gestione”
del potere che nella sua natura attuativa si trasforma spesso in clientelismo
addomesticatore del conflitto sociale. La finanziaria. Inutile e dannoso
l'eccesso di valutazione positiva, così com’è sbagliato
non riconoscere una discontinuità con il passato. La nostra iniziativa
deve concentrarsi per modificare in meglio e per altri aspetti radicalmente,
alcune parti di sostanza. Bene l'avvio di ridistribuzione del reddito
attraverso l'imposizione, ma occorre evitare che le rigidità
d'imposizione regionale e degli enti locali annullino ogni vantaggio.
( le addizionali ad esempio vanno rimodulate per scaglioni e con il
criterio della progressività ).
Sugli enti locali il vero problema è il patto di stabilità,
alcuni nuovi fondi sociali sono certamente positivi ( vedi la non autosufficienza)
ma se non si esclude dal patto almeno la spesa sociale la compressione
al bilancio stritola la stessa spesa sociale. Siccome non è credibile
abolire il patto occorre agire almeno in questa direzione. I ticket
sanitari vanno aboliti tutti, ma i più pericolosi sono quelli
che prevedono l'automatismo di compartecipazione alla spesa farmaceutica
nel caso di sforamento della spesa sui farmaci oltre il 13% da parte
delle Regioni. Quelli sul pronto soccorso sono particolarmente odiosi
ma già esistono in buona parte delle regioni. Ciò non
ne riduce la gravità ma siamo in presenza di incrementi nella
maggior parte dei casi. Sui farmaci invece il salasso può essere
enorme. Si tratta di eliminarli tutti e comunque la battaglia politica
deve condurci ad una abolizione integrale degli automatismi che impongono
alle regioni l’introduzione di ticket.
L'indirizzo da assumere è quindi quello di migliorare il testo
della finanziaria, dando maggiori e più adeguate risposte sociali
alla devastazione prodotta su questo terreno dai governi precedenti.
inizio
Gianluigi
Pegolo
La legge finanziaria è emblematica delle ambiguità che
percorrono l’attuale maggioranza di governo. Essa introduce una
redistribuzione contenuta del reddito attraverso la modifica delle aliquote
IRPEF e l’utilizzo, parziale, del taglio del cuneo fiscale per
il lavoro dipendente. Questo provvedimento viene contrastato da altre
misure, come quelle assunte in tema di sanità ed enti locali.
A tale proposito, va evidenziato come sullo stato sociale l’indirizzo
resti quello del contenimento della spesa sociale in un’ottica
monetarista. Ciò vale, oltrechè per i settori citati,
in prospettiva per la previdenza e per i servizi pubblici locali. L’impostazione
liberista è particolarmente evidente nelle politiche per lo sviluppo.
La principale misura, infatti, è quel taglio del cuneo fiscale
che si tradurrà nella riduzione del costo del lavoro. Questa
contraddittorietà della manovra spiega, in larga misura, l’insoddisfazione
generale che l’accompagna, anche nell’elettorato del centro
sinistra. Né dovrebbe sfuggire il rischio che si vada verso un
allargamento della maggioranza, cooptando forze moderate o, peggio,
attraverso la formazione di un governo di “larghe intese”.
A questo punto occorrerebbe rafforzare l’intera sinistra di alternativa
e sviluppare una forte iniziativa sociale. E invece la proposta avanzata
dal partito – la costruzione del Sinistra Europea - appare del
tutto inadeguata, sia perché limita le alleanze ad un segmento
ridotto della sinistra di alternativa, sia perchè ipotizza la
costruzione di una formazione a metà fra un partito e una struttura
plurale che con ogni evidenza mette in discussione la stessa sopravvivenza
del partito. Senza contare che l’identità spuria sulla
quale dovrebbe fondarsi renderebbe assai arduo reggere la competizione
con un eventuale Partito Democratico.
inizio
Vincenzo
Pillai
Siamo a un passaggio difficile in relazione sia alla costituzione della
sinistra europea, sia alla finanziaria:1) Dobbiamo operare per rafforzare
RC mentre contribuiamo alla costituzione di una CONFEDERAZIONE nella
quale tutte le esperienze politiche che vi convergono abbiano pari dignità.
Si tratta di rafforzare la nostra identità e, al contempo, sapere
metterla in discussione, di ridefinire il nostro statuto e, al contempo,
lavorare per la definizione di regole funzionali a un soggetto confederale
di forze, con storie diverse, mai sperimentato prima, evitando che prevalgano
spinte all’autoreferenzialità del ceto politico. E’
la ricerca della quadratura del cerchio, o quasi.
In quest’opera assume un ruolo importante la CONFERENZA DI ORGANIZZAZIONE
che deve essere sostenuta anche da un forte investimento di risorse
nella formazione all’agire politico dei nostri militanti.Vale
certo la pena di impegnarsi in questo progetto anche perché non
si può più prescindere dalla necessità di elaborare,
anche a livello europeo, strategie ed iniziative sui temi dei diritti
sociali, del lavoro e della pace. Come comunista sardo vedo in questo
processo anche una possibile attualizzazione della questione sarda nell’ottica
di un impegno per la costruzione di un’Europa dei popoli capace
di valorizzare quelle peculiarità che i processi risorgimentali
di formazione degli stati moderni hanno cercato di cancellare.2) Sulla
finanziaria occorre fare una ampia campagna di informazione perché
si comprenda che oggi abbiamo sostanzialmente solo bloccato (dobbiamo
esserne consapevoli e orgogliosi) le strategie che hanno caratterizzato
le scelte liberiste attuate negli ultimi quindici anni e che solo rimettendo
in campo una forte e unitaria iniziativa di massa ( il 4 novembre deve
essere il suo debutto) si può ottenere l’avvio di una nuova
fase così da respingere il prossimo attacco alle pensioni e porre
le basi per una finanziaria 2oo7 che costituisca la vera svolta di politica
economica e sociale.
inizio
Franco
Russo
Nessuno esalta
la manovra finanziaria, se non altro perché il vincolo del 3%
di Maastricht è assunto come obiettivo di fondo, ma è
indubbio che l’intreccio della pressione dall’alto e dal
basso – che deve proseguire da qui alla fine dell’anno –
ha fatto sì che la manovra non si concentrasse sul taglio delle
spese, mentre la parte più consistente fosse quella sulle entrate.
Di ciò si sono lamentati sia la Confindustria sia Draghi. Il
passaggio del TFR alla Tesoreria che si avvarrà dell’Inps
non soddisfa le nostre aspirazioni tese a innalzare i coefficienti di
trasformazione per elevare le pensioni, pure si è aperta una
breccia e soprattutto si è posto un ostacolo alla previdenza
complementare. Mi domando: dobbiamo o no combattere il dumping sociale
realizzato con le miriade di forme di precariato? Certo sui contributi
più elevati per i lavori precari occorre continuare la lotta
per impedire che si scarichino sul salario, e la manifestazione del
4 novembre è parte di questa lotta, così come di quella
più complessiva per superare le leggi Treu e Maroni. Anche sui
ticket sanitari c’è l’impegno del partito a battersi
per la loro abrogazione. Siamo dunque in campo per portare avanti le
nostre proposte: anche quella per sottrarre agli stanziamenti alla difesa
(art. 113) risorse per sostenere le disponibilità finanziarie
delle Regioni e degli enti locali. Anche l’annualizzazione del
finanziamento delle missioni militare (art. 188) va cancellato.
Noi non seguiamo la teoria del governo amico, tanto che continuiamo
a essere presenti nei vari ‘tavoli’ di movimento e nelle
lotte, unica garanzia che SE non sia l’incontro di soli gruppi
dirigenti. Dobbiamo costruire SE sui temi dell’altermondialismo
e della critica al liberismo globalizzante. Occorre evitare due rischi,
quello di riproporre il modello PCI anni ’50 : forte di legami
sociali, ma integrato nella società capitalistica, anzi canale
della ‘nazionalizzazione’ delle masse proletarie.
L’altro rischio è la proposizione di un partito del lavoro,
che ucciderebbe tutta la molteplicità dei soggetti critici dell’ordine
del capitale globale, riproponendo un egemonismo operaio ormai superato.
inizio
Giovanni
Russo Spena
Con la bella
relazione di De Cesaris si delinea, finalmente, il percorso di costruzione
della Sinistra Europea. Una soggettività politica che si costruisce
"dal basso", dall'intreccio con il <<saper fare>>
sociale e con il conflitto (è stata strategicamente rilevante,
come critica dello sviluppo, la manifestazione delle comunità
in lotta contro le grandi opere, portatrici di saperi collettivi, così
come sarà decisiva la giornata del 4 novembre contro la precarietà),
ma anche sapendo intrecciare un sistema di relazioni con i settori politici
che rifiutano l'omologazione nel nuovo partito liberademocratico "di
centro" (il Partito Democratico).
Due sono gli ineludibili punti fermi: Rifondazione Comunista è
sede dell'innovazione e non viene sciolta; non deve però pensare
la Sinistra Europea come annessione mascherata a Rifondazione.
Confederazione, sistema "a rete" saranno strumento anche di
forte innovazione nella "forma partito". Un grande tema, centrale
per un "europeismo antiliberista e popolare", da non sottovalutare,
è la cittadinanza transnazionale, la mescolanza, il meticciato;
il carattere, cioè, democratico e partecipato della società
futura.
inizio
Bruno
Steri
L’entità della manovra finanziaria ha determinato inesorabilmente
il segno complessivo della stessa: con simili dimensioni, risulta impossibile
coniugare davvero rigore ed equità. Bisogna dire le cose come
stanno : su questo la sinistra di alternativa ha subito una chiara battuta
d’arresto. Vi sono certamente anche elementi da valorizzare. Ad
esempio: la rimodulazione degli scaglioni fiscali, nel suo intreccio
con l’aggiornamento delle detrazioni, indica nel metodo un’inversione
di tendenza in direzione di una progressività del prelievo. Tuttavia
i suoi concreti benefici per le fasce basse di reddito sono talmente
esigui da essere praticamente già mangiati dal solo aumento delle
bollette di luce e gas. Siamo purtroppo lontani dalla svolta promessa
in campagna elettorale. Occorre che da questo Cpn arrivi un forte segnale
di mobilitazione. A cominciare dalla costruzione della manifestazione
del prossimo 4 novembre contro la precarietà e per il superamento
della Legge 30 (altro impegno elettorale di cui nessuno sembra più
parlare). Ma anche per contrastare i venti di controriforma delle pensioni
che – evitati in sede di finanziaria – tornano subito a
spirare, alimentati da incipienti pressioni concertative oltre che dalle
puntuali direttive di Bruxelles. Per questo occorre un Prc all’altezza
dei difficili compiti. L’imminente conferenza d’organizzazione
dovrà porre mano ad un rilancio del partito, apprestare strumenti
per il suo rafforzamento. Che il segretario nazionale abbia smentito
ogni voce di “scioglimento” è un fatto positivo.
Resta comunque il fatto che un partito può “sciogliersi”
per così dire per decreto, ma anche per progressivo deperimento,
appannamento dei suoi valori fondativi: questo è un rischio insito
come un possibile esito del percorso di costituzione della Sinistra
Europea. Ritengo che l’opzione di un rafforzamento di Rifondazione
Comunista nel contesto di un coordinamento stretto e senza veti ideologici
di tutte le forze della sinistra di alternativa (tutte quelle che sono
scese in piazza contro la “guerra preventiva” e hanno promosso
il referendum per l’estensione dell’art.18) sia sempre di
più la prospettiva da perseguire.
inizio
Marco
Veruggio
Le critiche di Cremaschi e del Manifesto toccano nervi scoperti e d’altro
canto anche i sondaggi dicono che la Finanziaria piace a un italiano
su tre (e a un elettore dell’Unione su due). E che se si votasse
oggi la CdL vincerebbe 50,3 a 49,1. E’ il risultato di una politica
in cui per non essere “identitari” si diventa minoranza
e ingoiando rospi per paura di Berlusconi lo si rinvigorisce. D’altro
canto giudicare la Finanziaria “progressista” sulla base
dei lamenti di Montezemolo è come stabilire, sulla base delle
giaculatorie di Bush, che la bomba testata dalla Corea del Nord è
veramente atomica. I sindacalisti dei padroni – si sa –
hanno sempre di che lamentarsi, anche quando guadagnano.
Insomma difendendo il meno peggio si sta sempre peggio. E non se ne
esce invocando ritualmente i movimenti: come si fa a mobilitare contro
leggi su cui si dà un giudizio positivo? O forse si pensa ai
movimenti come co.co.co. del Governo?
Non è andata peggio – certo! – non per merito di
Prodi ma per la debolezza del suo progetto: un asse con Confindustria
che ammicca ai lavoratori e alla piccola borghesia e finisce per scontentare
tutti. Sicché il blocco sociale retrostante si sfalda. E noi
siamo chiamati a decidere: farci trascinare a fondo o autonomizzarci?
In Italia come in Germania o in Brasile c’è una spinta
obiettiva, verso il centro, della sinistra liberale di governo, e di
quella estrema all’opposizione. Per questo non ci serve una gamba
sinistra dell’Unione. Mentre la “rifondazione socialista”
di cui parla Mussi allude proprio a questo. O no?
inizio