Partito
della Rifondazione Comunista Documento dell'area Essere Comunisti 1 - Il nostro giudizio sulla Legge finanziaria varata nei giorni scorsi dal governo muove da una considerazione di fondo concernente l’entità della manovra, la quale - come è noto - si attesta a 34,7 miliardi di euro. Di questi, 15 vengono destinati alla correzione del deficit pubblico. La scelta di una finanziaria così “pesante” esprime in quanto tale una filosofia del rigore, un approccio votato a subire passivamente i vincoli di Maastricht e che è in sostanziale continuità con le politiche del centrosinistra degli anni Novanta. Il fatto è tanto più negativo in quanto la recente diffusione da parte dell’Istat dei dati sul primo semestre di esercizio finanziario ha confermato i chiari segnali di miglioramento dei conti pubblici: mentre nel primo semestre del 2005 il disavanzo era stato del 5,1 % rispetto al prodotto interno lordo, il passivo dei primi sei mesi del 2006 si ferma al 2,9 %, dunque già al di sotto del fatidico 3% previsto dai parametri Ue quale limite non valicabile del rapporto tra deficit e Pil. Nonostante ciò, l’esecutivo ha pervicacemente mantenuto la rotta del rigore assoluto, glissando sul fatto che – con le suddette dimensioni finanziarie – tale rigore potrebbe mettere a rischio l’esigenza dell’equità. A nulla sono valsi i precedenti di Francia e Germania (le quali hanno in passato ampiamente sforato il parametro deficit/Pil senza subire sanzioni). A nulla è valso l’appello di un nutrito gruppo di economisti i quali, davanti alla prospettiva “lacrime e sangue” di un abbattimento del debito, hanno chiesto di lavorare per una più ragionevole politica di stabilizzazione del debito stesso. A nulla è valsa la richiesta del ministro Ferrero di “spalmare” la manovra su due anni, riducendone nel contempo l’entità a 24 miliardi. 2 - Stante una tale impostazione,
appaiono sbagliati i commenti positivi espressi dalla Cgil e da autorevoli
dirigenti del Prc. Oltre a favorire il consolidarsi di pericolose illusioni
tra la nostra gente, tali giudizi hanno contribuito ad accreditare l’idea
di una finanziaria tutta condizionata dall’ala sinistra dell’Unione
e, per contrasto, ad alimentare la reazione di Confindustria e delle
destre, tesa a modificare in peggio la manovra. Al contrario, occorre
dire che in primo luogo sull’entità della Finanziaria dobbiamo
registrare, come sinistra alternativa nel suo insieme, un’indiscutibile
battuta d’arresto. Certamente, le ulteriori valutazioni di merito
e di dettaglio introducono anche a riscontri positivi. In particolare,
è giusto sottolineare che la cosiddetta “rimodulazione”
degli scaglioni fiscali inizia ad andare in direzione di una più
equa politica del prelievo fiscale. Ciò va detto non tanto guardando
all’effettiva consistenza dei vantaggi derivanti per le categorie
meno abbienti dal riassetto delle aliquote (per la verità alquanto
limitato e mangiato dal solo aumento delle bollette di luce e gas);
quanto piuttosto in considerazione dell’inversione di tendenza
come tale, primo passo entro una concezione più equa e progressiva
della tassazione. A tale intento di redistribuzione del reddito e di
equità va ovviamente ascritto l’impegno (da tradurre in
atti concreti) ad intaccare l’evasione e l’elusione, in
linea con la previsione di un recupero complessivo pari a 9 miliardi
di euro. 3 - A riprova del fatto che
certi appetiti sono inestinguibili, la Confindustria si è rabbiosamente
scagliata contro alcune buone notizie incluse in questa Finanziaria:
la messa a disposizione delle risorse necessarie per la chiusura del
contratto del Pubblico Impiego e la stabilizzazione di 150 mila precari
della scuola (a fronte, tuttavia, dei 260 mila pensionamenti previsti
nel prossimo triennio), il trasferimento all’Inps della parte
di Tfr “inoptata” (cioè non espressamente assegnata
dai lavoratori ad un fondo pensione) e il mantenimento delle cosiddette
“finestre” per il pensionamento di anzianità. Pur
essendo in presenza di una manovra che è ben lontana dalla “svolta”
promessa in campagna elettorale nonchè richiesta dall’involuzione
sociale del Paese, padronato e destre provano a stravincere. E’
evidente che la partita è appena iniziata ed è lungi dall’essere
chiusa; e che occorrerà attrezzarsi per un duro confronto nel
Parlamento e nel Paese, non solo per mantenere quel che si è
riusciti a strappare ma per conseguire un risultato complessivo accettabile
da quanti hanno consegnato alle forze che compongono l’attuale
governo il proprio consenso politico, oltre che il proprio voto. 4 - Ma, più in generale,
l’impegno di Rifondazione Comunista dovrà essere rivolto
nei prossimi mesi ad alcuni decisivi terreni di lotta, in vario modo
collegati al merito di questa Legge finanziaria: 5 - La ‘condicio sine
qua non’ che presiede alla possibilità di conseguire risultati
concreti in una così complicata fase politica è rappresentata
dal rilancio di Rifondazione Comunista e del progetto politico inaugurato
all’atto della sua fondazione, nel quadro di un complessivo coordinamento
delle forze della sinistra di alternativa. A tale esigenza la maggioranza
del partito ha risposto con il varo della sezione italiana della Sinistra
Europea, una proposta rispetto alla quale continuiamo ad esprimere una
critica puntuale e articolata, in coerenza con quanto abbiamo detto
a suo tempo quando il suddetto percorso è stato avviato sul piano
europeo. Con questo non intendiamo affatto ritirarci sull’Aventino,
estraniarci dalla discussione che attraversa il partito. Né si
deve ritenere che tale critica derivi da una qualche sottovalutazione
dell’esigenza prioritaria di far convergere in Europa (in tutta
l’Europa) e in Italia le forze che si collocano alla sinistra
delle socialdemocrazie. Il punto è che – come abbiamo più
volte argomentato – riteniamo che la suddetta impresa, per le
sue modalità di attuazione e il suo profilo politico-identitario,
abbia non favorito ma al contrario ostacolato la convergenza unitaria
dei comunisti e, più in generale, delle forze della sinistra
anti-capitalistica e di alternativa. E’ un fatto che in Europa
più della metà di queste forze non si riconoscano nella
Sinistra Europea. Le stesse difficoltà che con ogni evidenza
sta attraversando la costituzione della sezione italiana (al punto che
c’è, nella maggioranza del partito, chi già parla
di “fallimento” del progetto) sono la spia del fatto che
anche qui in Italia la Sinistra Europea non si propone in modo inclusivo,
come istanza in cui possano riconoscersi tutte le componenti comuniste
e di sinistra alternativa (sociali, partitiche, culturali, associative,
di movimento) in un raccordo anche stringente, ma che non comporti alcuna
dissoluzione o diluizione dell’autonomia politica, strategica
e organizzativa di ciascun soggetto (come, al contrario, è avvenuto
nel caso della spagnola Izquierda Unida). La Sinistra Europea continua
insomma a presentarsi come una camicia troppo stretta per un progetto
davvero unitario e plurale. 6 - Proponiamo alla discussione
del partito una strada diversa. In primo luogo, chiediamo di investire
di più sul rilancio e il rafforzamento del Prc. Avvertiamo profondamente
l’esigenza di tornare a sintonizzarci sul processo della rifondazione
comunista, approfondendo la ricerca intorno ai principali nodi teorici
e di “analisi concreta della realtà concreta”; così
come riteniamo non aggirabile la necessità di pensare a nuovi
strumenti per adeguare le strutture del partito alla complessa realtà
nella quale operano. Diciamo questo, con la convinzione che una forza
comunista sia oggi una presenza necessaria nel nostro Paese, utile ai
movimenti e ai lavoratori; e che una tale forza possa avere una possibilità
di espansione sia organizzativa che elettorale. Sicuramente, non pensiamo
affatto che possa esser costruito un futuro - per noi e per i nostri
soggetti sociali di riferimento - attraverso la diluizione progressiva
della nostra identità e della nostra forza organizzata, entro
un contenitore non più comunista. Claudio Grassi Respinto con |