Comitato Politico Nazionale 17 - 18 giugno 2006 Sintesi
della relazione del segretario nazionale Franco Giordano L’autonomia
del partito Un’adesione che è piena alla piattaforma che in questa manifestazione viene proposta. Cito due questioni decisive: l’introduzione dei PACS e l’avvio di una legislazione positiva antidiscriminatoria. Mi sembra importate, proprio in questo momento, richiamare il valore fondante della laicità. Emerge in questo senso, una differenza con il passato. Ci sono aree politiche di ispirazione cattolica, con un consenso più limitato rispetto al passato, che cercano un “in più” di fonte di legittimazione proprio in un rapporto di subalternità acritica con parti della gerarchia. Ma la situazione è assai più aperta di quella che alcune forze vorrebbero: lo dimostra il voto dell’Europarlamento sulla ricerca. Tema che riapre, secondo noi, il capitolo della rimessa in discussione di una legge oltranzista come quella conosciuta come “legge 40”. L’elemento dell’autonomia del partito va esercitato ancora di più rispetto a questioni non direttamente affrontate nel programma. Insomma, il nostro atteggiamento deve ispirarsi da un lato a presidiare la piena applicazione del programma, dall’altro tenere aperta la battaglia politica e culturale sul modello di società. Affronto la questione anche da un altro tema che in questi giorni è stato al centro del dibattito: quello della cosiddetta “stanza del consumo per le sostanze stupefacenti” che il compagno Ferrero ha sollevato. Non è tema affrontato nel programma, anche se è dentro l’ispirazione della riduzione del danno che nel programma è esplicitamente presente. Vediamo che anche quando solleviamo temi che possono risultare scottanti, se guardiamo oltre la canea propagandistica innescata dalle destre, troviamo nelle competenze di chi lavora in questi campi e nell’opinione più larga, consensi interessanti. Animare un
processo sociale di cambiamento Si produce così un modello di società di carattere ideologico in cui lo Stato, deprivato da ogni funzione di spazio pubblico, ritrova la sua missione nella guerra all’esterno e del modello securitario all’interno. Dobbiamo avvertire chiaramente questo pericolo: se non si anima un processo sociale di cambiamento, questa offensiva delle destre può fare breccia anche dentro il profondo della società. Il programma può rappresentare un elemento di riferimento importante per trovare quell’anima perché lì c’è la sintonia con il nostro popolo. Dopo circa un mese dell’avvio della fase del nuovo governo, non possiamo non cogliere una incapacità di fondo, una vera e propria afasia, delle aree riformiste a saper proporre una vera discontinuità. La conseguenza di questa situazione può portare a rischi seri: la tentazione di costruire una tolda di comando che genera improprie gerarchie e si propone uno slittamento moderato sul piano dei contenuti e una nostra marginalizzazione. La vera deriva che dobbiamo evitare consiste in una divaricazione tra una moderazione dei contenuti di governo da un lato e una propaganda urlata ma senza capacità di incisione dall’altro. Una discontinuità
nella politica internazionale Sulle vicende internazionali abbiamo chiesto il mutamento reale della politica estera. In questo senso abbiamo proposto una mozione di indirizzo che affronti un nodo decisivo: l’agenda delle vicende internazionali non può essere dettata dagli Usa. Per questo riteniamo irricevibile la richiesta di amplificare la nostra presenza in Afghanistan come ci è stato chiesto dal Segretario generale della Nato. Abbiamo proposto, in questo quadro, una ridiscussione della missione in Afghanistan per la ricerca di un consenso che, anche su questi temi, garantisca l’autosufficienza dell’Unione. Ritengo, infatti, che sarebbe una vera sconfitta segnare una distanza a parole per lasciare inalterata la sostanza. La nostra opzione politica resta quella del ritiro. Ritengo che abbiamo motivazioni di fondo e questa nostra proposta si basa anche sulla ragionevolezza di un bilancio concreto degli effetti della guerra e sui rischi che questa presenza comporta e che sono condivisi anche da ambienti militari e politici che, sul piano ideale, sono su posizioni antitetiche alle nostre. La discussione
sulla politica economica Qui la bussola deve essere quella del programma e di quanto esplicitamente lì si legge: no alla politica dei due tempi, avvio di una politica economica indirizzata al risarcimento sociale rispetto all’aumento delle disuguaglianze che si è verificato in questi ultimi anni, la salvaguardia e il potenziamento della qualità e della forza dello stato sociale. Il bilancio della politica economica del governo è gravissimo anche dal punto di vista del risanamento dei conti, ma nessuna enfatizzazione di questo dato funzionale a proposte che in sostanza rappresentano la coazione a ripetere delle politiche responsabili della situazione attuale. Quindi, cifra della manovra e sue modalità vanno discusse, come anche Prodi ha detto soltanto ieri. Attraverso la manovra economica, si possono anticipare punti fondamentali di vera discontinuità, a partire dalla lotta all’evasione fiscale e la redistribuzione del carico fiscale contro la rendita. Tutele del lavoro e salario coniugano risarcimento sociale e reazione al declino nella direzione della ripresa. Siamo di fronte a un modello produttivo da cambiare radicalmente, fuoriuscendo dalla logica che riduzione del costo del lavoro, deprezzamento, dequalificazione dei fattori produttivi come strumenti per competere nel mercato globalizzato. Anche la questione del cuneo fiscale va utilizzata prevalentemente ai fini del risarcimento sociale e per favorire poi una selettività dei vantaggi per le imprese. Anche per questi motivi, riteniamo fondamentale l’iniziativa dell’assemblea dell’8 luglio contro la generalizzazione della precarietà e che prepara la manifestazione in autunno. E’ illuminante questa modalità di costruzione di iniziativa politica e di mobilitazione: il tentativo di costruire una iniziativa che anticipi le scelte del governo e incida su di esse. Il no al referendum Abbiamo, con un limpida vittoria del NO al referendum l’occasione per interrompere un processo regressivo affermatosi in questi anni nella direzione dell’alterazione dell’equilibrio dei poteri a favore dell’esecutivo e fermare il corredo di questo processo, il revisionismo storico e costituzionale. Così, con altrettanta nettezza, dobbiamo affermare la più netta opposizione all’apertura di fasi costituenti o altre forme simili di modifica dell’impianto costituzionale. Aprire la
fase costituente della Sinistra Europea Il voto amministrativo ci parla di una difficoltà di radicamento (naturalmente a macchia di leopardo e con alcuni picchi di eccellenza che vanno valorizzati). Noi dobbiamo investigare la differenziazione del voto tra le elezioni politiche e le altre tipologie di competizione. Siamo contrari a ogni ipotesi di deriva in comitati elettorali che tende a preservare i ceti politici e favorisce pratiche di malcostume. Il nascente partito democratico ha avuto in queste tornate elettorali un investimento di consenso che sembra accelerarne l’effettiva realizzazione. In questa fase, viene percepita più la spinta aggregativa che la sua formazione produce che l’approdo moderato che individua. Questo rende più urgente per noi la necessità di dare un impulso al processo costituente della Sinistra Europea, anche se, naturalmente, essa si definisce come progetto autonomo. Insomma, dobbiamo rifiutare l’avvitarsi di una dicotomia tra una sinistra moderata che si riorganizza e una sinistra radicale che si ritrae in una dimensione puramente identitaria. Proponiamo scelte concrete e impegnative: concludere la festa nazionale di Liberazione con una manifestazione nazionale e una assemblea che segni l’avvio della fase costituente e del percorso per il congresso fondativo della Sinistra Europea. Proponiamo che tutta la campagna delle feste di Liberazione possa essere costruita dentro questa ispirazione. Un processo aperto e coinvolgente con tre vincoli: un simbolo, una lista, un gruppo istituzionale unitario. Una struttura policentrica e a rete che non chieda a nessuno di sciogliersi o di perdere la propria autonomia politica e organizzativa ma che consenta di trovare una connessione dentro una ispirazione confederale. La nostra scelta è per un pieno coinvolgimento democratico del partito. La proposta consiste in un percorso ampio e partecipato, una Conferenza di Organizzazione che consenta di compiere una scelta impegnativa. Come detto, l’approdo della Sinistra Europea non mette in discussione l’esistenza e l’autonomia del Partito. Ma la domanda a cui dobbiamo sapere rispondere è quale partito dentro la Sinistra Europea: un partito che si rafforza e si rinnova e che approfondisce il percorso avviato dell’innovazione politico culturale e della rifondazione comunista.. Un tema solo come accenno: la connessione tra uguaglianza e libertà come nuova teoria della critica dell’organizzazione capitalistica. Un grande sforzo di costruzione di una soggettività politica nuova e popolare. Una costruzione complessa, un vero cimento: un Paese nel Paese come è nell’immagine profetica di Pasolini. |