Partito
della Rifondazione Comunista Gli altri interventi Imma
Barbarossa Dai giornali italiani ad Atene, ho appreso che secondo autorevoli dirigenti del nostro partito esisterebbe una sorta di diseguaglianza di diritti, tra chi ha elettorato attivo e passivo e chi ce l’ha solo passivo, che dovremmo scegliere il segretario nazionale in base ad un identikit prefigurato, che non siamo valutati per il lavoro, cultura politica, coerenza morale, ma in base ad un prima ed un dopo un grande evento come Genova, e chi ha indicato Giordano nelle consultazioni non avrebbe “osato”, avrebbe contributo ad una scelta vecchia. Devo dire che sono affermazioni che si commentano da sé. E vero che dopo Genova tutti e tutte abbiamo detto: “niente sarà come prima”, in particolare, la scelta dell’internità al movimento antiglobalizzazione; ma è anche vero che siamo stati capaci di una critica dall’interno nei confronti della militarizzazione e del machismo del movimento. Ricordo come metafora il 4 ottobre e la scelta irrevocabile della nonviolenza, a cui Bertinotti ha dato un grande contributo, sta qui la profonda innovazione, costruire il partito come una comunità politica, capace di attraversare criticamente la tradizione comunista, con l’apertura al pacifismo e all’ecologismo e con il tentativo di costruire la sessuazione dei soggetti, dal personale al politico assumendo la critica femminista del mondo e del capitalismo, ma anche del “promoteismo” della tradizione comunista. Tutti/e insieme, attraverso la capacità di metterci in discussione. Certo, è un percorso difficile, ed è ancora più difficile per le giovani generazioni, per due ragioni. Innanzitutto perché la crisi della politica ha cercato di devastare anche il movimento delle donne, in secondo luogo a causa della nostra insufficiente capacità di costruire relazioni con le ragazze, senza spocchia e senza pretendere di fare le madri simboliche. Questo determina nelle giovani generazioni un appannamento del conflitto di genere, laddove qui sta la vera innovazione, la vera discontinuità, nella critica del patriarcato anche di quello di sinistra, anche di quello giovanile, anche di quello del movimento. Come abbiamo detto nella grande, forte, radicale assemblea di donne ad Atene. Dobbiamo avviare insieme questo percorso, affrontando intanto i primi immediati appuntamenti, dalle elezioni siciliane, a quelle amministrative al referendum sulla Costituzione. In tutto questo percorso penso che Franco Giordano sia un importante punto di riferimento. Non avrei immaginato, quarant’anni fa, nella piazza di Terrasini, che avrei salutato come presidente della Camere dei Deputati, quel compagno che con me faceva un comizio elettorale per le regionali siciliane dal pianale di una MotoApe. Fausto veniva da Novara, il suo parlare era più veloce, le sue inflessioni padane accentuate e le sue erre talmente arrotate che alcuni che ascoltarono il comizio commentarono, in dialetto stretto: «mischia, chisti puru un francisi ficiru scinniri!»… questi hanno fatto venire pure un francese! Era evidente che la stoffa fosse buona e la elezione alla terza carica dello Stato testimonia del forte impegno culturale, dell’alta moralità e della eccezionale capacità politica di Fausto Bertinotti, espressa anche dalle scelte che hanno portato Rifondazione al successo elettorale e politico di oggi. La fase che si apre è, dunque, filiazione diretta del Congresso di Venezia; si tratta di lavorare a quella riforma della politica che guarda all’alternativa di società. Voterò convinto Franco Giordano alla segreteria del partito, e credo che la sua disponibilità sia un atto di coraggio e di generosità. Ha le qualità umane e politiche per sviluppare il percorso di questi anni. Piuttosto dobbiamo riflettere sullo stato del partito e dei suoi gruppi dirigenti anche dopo il successo elettorale. Anche con quei compagni che hanno denunciato il mancato salto generazionale dovremmo riflettere su cosa e quanto abbiamo fatto, o non fatto, perché quella indicazione non sia divenuta sbocco naturale. Sulle incrostazioni e sulle modalità del complesso sistema di relazioni che opera tra diverse parti del gruppo dirigente, centrale e territoriale. Forse, troppo spesso, riforma della politica, innovazione, riforma della cultura del partito, sono formule che servono ad occultare modalità concrete che poco hanno a che fare con ciò che si proclama. E’ cresciuta una generazione di quadri e di dirigenti, prodotto della propria epoca, della lotta contro la globalizzazione e contro la guerra, protagonista dei moderni conflitti sociali, che esprime in prima persona direzione politica qualificata a vari livelli territoriali e nazionali. Se non vogliamo che questa rimanga come affiancata e parallela alla crescita del partito “tradizionale” dobbiamo avere il coraggio di declinare esplicitamente cosa intendiamo per innovazione e riforma della politica. Propongo che prima del prossimo Cpn, senza l’ansia di dovere decidere e votare, in una sede seminariale, si possa discutere di innovazione e riforma della politica per evitare che la questione generazionale finisca anch’essa per rappresentare uno schermo o essere banalizzata come mero fatto anagrafico. Credo che Franco Giordano, a cui oggi affidiamo la guida del partito, abbia le sensibilità e le qualità adatte a far si che questi auspici di riforma si trasformino concretamente in scelte capaci di incorporare la cultura e il portato politico delle nuove generazioni e, quindi, di cambiare davvero il partito reale. E’ giusto che il partito si interroghi sulla fase che si è aperta a seguito delle elezioni. Sarebbe tuttavia sbagliato non vederne le opportunità concentrandosi sulle difficoltà smarrendo così il filo di un ragionamento che dal Congresso di Venezia in avanti siamo andati facendo. Così come i mutamenti necessari nella direzione del partito ad iniziare dal segretario sono dovuti al fatto assolutamente positivo della presidenza della Camera per il compagno Fausto Bertinotti e del contemporaneo impegno di alcune compagne e alcuni compagni in diversi ruoli istituzionali. E’ d’altra parte da salutare positivamente che su fase e riorganizzazione del partito la discussione sia esplicita e che si registri una minore tensione tra le componenti del partito. Si è parlato del cosiddetto “spirito” del Congresso di Venezia rispetto soprattutto alla organizzazione del partito e dei suoi gruppi dirigenti. Prima di tutto vi sono le difficoltà connessa alla sostituzione di un segretario come Fausto Bertinotti e lo vorrei dire con estrema sincerità: senza Fausto oggi non saremmo quello che siamo, non ci sarebbe stata una nuova generazione formatasi proprio su questa politica. Sento che la richiesta che su questi temi si vada ad una discussione un po’ più strutturata non può essere elusa né all’interno del partito né rispetto a tanti soggetti esterni interessati a noi. E sono anche per prendere sul serio le pur isolatissime obiezioni rispetto alla scelta - che condivido intensamente - di eleggere Franco Giordano a segretario del partito. Non c’è dubbio sul fatto che uno degli elementi portanti del Congresso di Venezia sia stato il cosiddetto “salto generazionale”. Sento anch’io l’esigenza che compagne e compagni che da Genova in qui hanno lavorato nel movimento e in rapporto al movimento, giovani per cultura, pratiche ed anche per età anagrafica, si affermino e per quanto è possibile siano aiutati ad affermarsi nella direzione di questo partito. Ai compagni distratti vorrei dire che questo si è cercato di fare se è vero come è vero che, meritatamente e con risultati lusinghieri, molte federazioni grandi e piccole, molti regionali, molte strutture del partito sono oggi dirette da compagni (molte meno compagne) giovani quando non giovanissimi. E’ necessario accelerare in questa direzione, avere meno timidezza, non farsi ingabbiare da assurde pregiudiziali proprietarie di pezzi del partito? Sì, ed è proprio per questo che considero Franco Giordano come l’ipotesi di segretario migliore per portare a compimento questi scopi. La sostituzione di Fausto Bertinotti come segretario ci pone davanti ad un problema molto difficile. Difficile per il valore politico della figura di Fausto ma anche per l’indubbia difficoltà che il nostro partito ha storicamente avuto a dotarsi di un gruppo dirigente autorevole e collegiale. Per questo considero un fatto positivo in se l’aver saputo individuare nella candidatura di Franco Giordano - a cui faccio gli auguri - una proposta unitaria. Ci evita discussioni e divisioni che avrei considerato nefaste in questa fase e ci permette di disporci immediatamente alla costruzione dell’iniziativa politica e alla costruzione della Sinistra Europea. In primo luogo sottolineo la centralità del referendum del 25 giugno, che è un passaggio decisivo per consolidare la vittoria dell’Unione e per destrutturate le destre. Questa scadenza è tanto più importante viste le pulsioni “inciuciste” emerse nella discussione sulla presidenza della repubblica. In secondo luogo credo dovremmo utilizzare questo passaggio di testimone al vertice del partito per porci l’obiettivo di costruire un gruppo dirigente allargato del partito che, nella discussione franca e nella capacità di far dialogare culture politiche, esperienze e generazioni diverse, conquisti sul campo una propria autorevolezza. Non ho invece condiviso la denuncia di un presunto tradimento dello spirito del congresso di Venezia. L’uscita da sinistra dallo stalinismo, l’internità ai movimenti di massa e la nonviolenza sono oggi i tratti distintivi del nostro partito; la nostra capacità di elaborazione e direzione politica, più che esercitarsi su chi è il più fedele interprete di Venezia, dovrebbe misurarsi su un problema che a me pare grande come una casa: le nostre elaborazioni politiche e teoriche sono maturate in un lungo percorso di opposizione; cosa vogliono dire oggi che siamo in maggioranza e ci apprestiamo ad entrare al governo? Far vivere il nostro anticapitalismo, la nonviolenza, le due sinistre nel nuovo contesto è la sfida su cui - mi pare - siamo chiamati a misurarci nel prossimo periodo Nella riunione della Direzione e dell’Esecutivo mi sono espresso in modo contrario alla candidatura di Franco Giordano alla segreteria del partito. L’ho fatto ponendo alcune questioni di fondo alle quali non sono state fornite risposte convincenti, malgrado che alcuni interventi abbiano tentato di entrare finalmente nel merito della questione. Per questo riconfermo la scelta di un voto di astensione che ovviamente non significa equidistanza tra la candidatura di Giordano e quella del tutto improvvisata e singolare, per chi minaccia di abbandonare il partito, del compagno Ferrando. Al congresso di Venezia era già nota l’intenzione di Bertinotti di lasciare la segreteria del partito in un tempo politicamente prevedibile. L’accelerazione dovuta all’insediamento alla presidenza della Camera non muta la sostanza della questione. A Venezia e nelle conclusioni di Bertinotti è stato tracciato un identikit preciso di chi doveva essere il successore. Si puntò su un salto generazionale, il che escludeva figure di compagne e compagni pure capaci, e si puntava su una figura la cui maturazione politica fosse avvenuta all’interno della storia di Rifondazione e della sua contaminazione positiva con i movimenti. La generazione di Genova era ed è il simbolo di tutto ciò. Per dirla in termini più diretti la figura del nuovo segretario non avrebbe dovuto provenire dall’album di famiglia né del vecchio Pci, né da quello dei gruppi extraparlamentari degli anni settanta, né da quello della Fgci degli anni Ottanta, senza nessuna offesa o sottovalutazione di quelle fondamentali esperienze. La figura di Giordano per motivi anagrafici e biografici non corrisponde affatto a quel tipo di scelta. Si può certamente cambiare idea, ma si ha il dovere di motivare il perché. Per parte mia credo che le ragioni di Venezia siano ancora più forti di allora. In primo luogo il nostro partito ha avuto un grande successo; vive una positiva crisi di crescita che richiede di essere governata; è più presente nelle istituzioni di prima, dagli enti locali fino al governo. Abbiamo bisogno perciò di una figura di segretario che dia un impulso al radicamento sociale del partito e tra le nuove generazioni. In secondo luogo proprio queste ultime hanno determinato la storica vittoria, per quanto risicata, dell’Unione sulle destre, come dimostra il dato della Camera dove è stata determinante la scelta di coloro che votavano per la prima volta. Per queste ragioni penso che dobbiamo investire sul futuro, fare una scelta coraggiosa che esprima questa scommessa anche nella figura del segretario. Non si è avuto il coraggio di farlo. O meglio, come è apparso nel dibattito di questi giorni, malgrado che tutti a Venezia plaudivamo a quella scelta, da subito si è sviluppata nel partito una diffusa resistenza a questa innovazione, la quale, alcuni dicono, se fatta oggi provocherebbe una spaccatura nel partito. Io non lo credo, o meglio non penso che questo sarebbe il rischio maggiore. Credo che sarebbe meglio andare ad una franca discussione nel corpo del partito, piuttosto che compiere una scelta mediatoria sul segretario. Detto questo auguro a quella splendida persona che è Franco Giordano il meglio. Se lo vorrà il mio modesto contributo non gli verrà a mancare. Voterò a favore della proposta avanzata dalla presidenza del compagno Giordano segretario del partito, come altri compagni della mia mozione che ne condividono le ragioni principali, con l’intento di collocarci dentro la sfida di una fase che non può essere affrontata dal partito “tradizionalmente”, perché deriva da fatti “straordinari” che tutto il nostro partito ha determinato. L’esito del voto a Rifondazione Comunista, il riconoscimento istituzionale a Bertinotti, ci assegnano una responsabilità grande. E’ un atto difficile perché, per la prima volta, differisce da quello della mozione cui appartengo che esprime un pensiero rilevante del nostro dibattito interno ma, soprattutto, cui fanno riferimento militanti e dirigenti territoriali che mai, anche nei momenti più aspri del dibattito interno, hanno fatto mancare il proprio contributo politico e di militanza. Ma oggi è necessario dare segnali più forti dell’astensione sulla scelta del segretario per 2 ragioni principali: la prima e più importante è quella di far prevalere l’interesse del partito su quello di parte. Il partito vive una condizione contraddittoria, una sorta di euforia per i risultati da un lato e dall’altro uno smarrimento che l’uscita di Bertinotti inevitabilmente ha prodotto mentre le difficoltà dei rapporti politici con le altre forze dell’Unione e la necessità di essere punto di riferimento sociale dei movimenti sono ben chiare a tutti. Il gruppo dirigente uscente ha quindi la responsabilità ineludibile di dare un segnale forte di coesione e solidarietà cui tutti rispondano con determinazione. Il partito ce lo chiede, se lo aspetta. La seconda. Su Liberazione abbiamo avanzato la proposta del “superamento delle mozioni congressuali” per dispiegare al meglio le nostre potenzialità in una gestione plurale, unitaria e solidale. Non ingenuità politica ma una proposta profondamente ineditata e collettiva che si assume le responsabilità che il partito vive da consegnare al gruppo dirigente nuovo per un’elaborazione più compiuta e largamente condivisa. Voteremo, con queste premesse, il compagno Giordano al quale, con gli auguri di buon lavoro, consegniamo la responsabilità dell’ascolto, della sintesi necessaria e volontà di costruire percorsi concreti di gestione unitaria del nostro partito. A lui l’onere di rispondere. Vorrei fare gli auguri a Fausto Bertinotti per l’importante nuovo ruolo di presidente della Camera e ringraziarlo per il discorso fatto. Quella dedica agli operai e il richiamo a Marzabotto e alla Resistenza mi hanno fatto molto piacere. E vorrei anche ringraziarlo per il lavoro che ha svolto come segretario del partito per 12 anni. Tra noi ci sono stati momenti di accordo e anche aspre contrapposizioni, ma ciò non toglie nulla alla gratitudine che gli dobbiamo per l’impegno profuso. Nella relazione di Ferrara di oggi vengono confermati elementi positivi che avevamo già registrato nelle relazioni di Bertinotti in occasione della Direzione e del Cpn scorsi. Si propone l’apertura di una fase nuova e una gestione collegiale del partito. Vogliamo percorrere anche noi questa strada senza pregiudiziali e arroccamenti. Tuttavia il processo è, per il momento, solo annunciato; abbiamo bisogno di vedere fatti e riscontri. Siamo appena usciti da una gestione sulle candidature che ha determinato una penalizzazione grave della pluralità interna, che non ha eguali in nessun partito politico. Anche la composizione della direzione dei gruppi parlamentari è stata fatta escludendo l’apporto delle minoranze. In molte federazioni persistono situazioni di grave discriminazione. Bisogna quindi dimostrare nei fatti che le future decisioni saranno prese con modalità diverse. Il partito deve essere di tutti, non della maggioranza, altrimenti non si apre nessuna fase nuova. Ci asterremo, come Essere Comunisti congiuntamente a Sinistra Critica, sul nuovo segretario, per dare un segnale di apertura, per incoraggiare questa fase che si è aperta, in attesa di riscontri positivi. A Franco Giordano, che comprenderà il senso e lo spirito di questo mio intervento, vorrei formulare i migliori auguri. Siamo cresciuti assieme in questo partito e sono sicuro che troveremo il modo per tenerlo unito, pur nella differenza delle posizioni: è un patrimonio prezioso per la sinistra che sapremo far crescere insieme. Al compagno Franco Giordano viene proposto un incarico ed impegno politico non facile. 1) perché occorre superare il vuoto che lascia il compagno Fausto Bertinotti dopo 13 anni da segretario Nazionale del Prc. Accanto alla felicità per la sua elezione a presidente della Camera dei Deputati esiste, nel corpo del partito anche un certo sconcerto per il fatto che ora occorre sostituirlo. 2) perché occorre costruire un gruppo dirigente “autorevole” e “pluralista”: l’autorevolezza si conquista sul campo, con l’azione quotidiana. Pluralista perché è un segnale forte che si aspetta tutto il corpo del partito per superare gli strascichi e i veleni lasciati dal 6° Congresso, che considero finito con il risultato del voto del 9 e 10 aprile. Il partito non ha bisogno di un “capo” ma di un gruppo dirigente che viva in simbiosi con gli iscritti e le iscritte. 3) perché occorre proporre una piattaforma politica (non politicista) che garantisca, sul piano politico, l’autonomia del nostro partito nella nuova fase che si è aperta. 4) perché occorre dare gambe solide e di massa al Prc. Una linea politica può essere la più perfetta ma se non ha una organizzazione forte, strutturata, capillare nel territorio, nei luoghi di lavoro e di studio, rischia di essere da ostacolo alla realizzazione della linea politica. E’ stato detto, da questa tribuna, lo scorso Cpn che abbiamo una organizzazione del partito inadeguata. Credo che dovremo realizzare al più presto la Conferenza Nazionale d’Organizzazione per iniziare a rendere più forte ed autonomo il nostro partito. Ecco, caro compagno Giordano, se questi sono obiettivi che vorrai proporti e proporre, il “non facile” diventerà “più facile”. |