RESPINTO
Proposta
di Odg conclusivo
Claudio
Bellotti, Simona Bolelli, Alessandro Giardiello, Jacopo Renda
Il percorso della trattativa
programmatica nell'Unione è ormai vicino alla conclusione. È necessario
quindi che il partito dia una valutazione complessiva del profilo di
questo programma. Il risultato della trattativa conferma con chiarezza
l'egemonia che gli interessi della classe dominante esercitano sul grosso
delle forze dell'Unione.
Sulla politica estera, si ripropone pienamente l'adesione all'alleanza
atlantica e la logica delle ingerenze umanitarie sotto l'egida dell'Onu,
nonché del modello di difesa europea.
Sulla politica economica il programma è interno alla logica già proposta
dal primo centrosinistra: rispetto del patto di stabilità, "risanamento"
della finanza pubblica, liberalizzazioni, privatizzazioni, flessibilità
(sia pure con qualche ammortizzatore sociale), sostegno alle imprese,
rilancio di una nuova edizione delle politiche concertative che per
quasi 15 anni sono state causa fondamentale dell'arretramento delle
condizioni dei lavoratori.
Sulle politiche sociali e i diritti democratici ci si limita da semplici
attenuazioni delle peggiori politiche della destra, senza tuttavia mettere
in discussione gli arretramenti subìti sotto i precedenti governi di
centrosinistra: flussi migratori, sia pure pi_ flessibili, che continueranno
a mantenere nell'illegalità una parte importante degli immigrati; "umanizzazione"
ma non certo abolizione dei Cpt; ritiro di alcuni aspetti della riforma
Moratti, ma nessuna inversione di quei processi di autonomia e aziendalizzazione
che hanno introdotto una devastante logica privata nella scuola e nell'università
pubblica, così come in generale dello stato sociale.
Il fatto che al momento della stesura definitiva della bozza di programma
le forze dell'Ulivo si siano spinte persino a tentare di oscurare alcune
di quelle proposte positive (per quanto limitate) che erano state accettate
in precedenza dimostra con chiarezza lampante come queste forze considerino
queste concessioni come veri e propri contentini con i quali tacitare
il nostro partito.
La trattativa con l'Ulivo
non avviene nel vuoto, ma in mezzo a uno scontro sociale che vede continuare
una forte disponibilità alla mobilitazione sociale, seguendo quell'ondata
di lotte che in questi anni ha attraversato il paese logorando le basi
di consenso della destra. Le lotte dei metalmeccanici hanno visto una
partecipazione di massa e una decisione nel tentare di strappare un
risultato positivo come da tempo non si vedeva in una lotta di categoria.
Alla luce di questa grande capacità di mobilitazione appare insufficiente
l'accordo siglato da Fim-Fiom-Uilm, sia per l'accettazione del prolungamento
della sua durata, sia per le aperture alla flessibilità (orario plurisettimanale)
e all'estensione dell'apprendistato anche in mansioni di bassa qualifica
compresa la catena di montaggio.
Resta che solo la grande determinazione dei metalmeccanici ha impedito
a Federmeccanica di ottenere quello sfondamento indiscriminato che si
proponeva all'inizio della vertenza.
La grande manifestazione nazionale tenuta a Milano in difesa della legge
194 (una mobilitazione di dimensioni non viste dagli anni '70) non solo
conferma le potenzialità di questa fase, ma anche la vulnerabilità degli
stati maggiori dell'Ulivo di fronte all'offensiva reazionaria della
chiesa cattolica. Non solo Rutelli, ma anche la maggioranza Ds si mostra
sensibile a tali pressioni, come dimostrano le proposte di Livia Turco
volta a dissuadere le donne che intendono abortire con l'offerta di
un assegno (per altro misero): una proposta umiliante pienamente inserita
nelle logiche familiste che hanno imperato negli scorsi anni. E non
a caso nell'Ulivo quasi nessuno rimette in discussione lo scandalo dei
finanziamenti alle scuole private (e in generale la concezione del "privato
sociale", vero grimaldello della distruzione dei servizi pubblici).
È precisamente questa perdurante
disponibilità alla lotta di massa (dalla 194 ai metalmeccanici, dall'Alitalia
alla Valsusa...) che è al centro delle preoccupazioni della classe dominante.
Le discussioni su modello elettorale, schieramenti politici, ecc. ruotano
tutte attorno a un solo punto: come costruire una gabbia tale da depotenziare
ogni possibile opposizione sia a livello sociale (con le varie proposte
di destrutturazione del sistema sindacale), sia a livello politico.
Da un lato, ci si propone di blindare la lotta sindacale con un nuovo
patto concertativo centrale che controbilanci la crescente spinta dal
basso che nei luoghi di lavoro ha generato le lotte pi_ radicali di
questi anni. Dall'altro si tenta un affondo nei confronti dei Ds con
un'offensiva concentrica (da Prodi fino al Corriere della sera) che
sfrutta le loro compromissioni e subalternità alla logica del mercato
e del capitale (come emerse clamorosamente nella vicenda Unipol) per
tentare l'ennesimo affondo e rompere ogni legame fra la sinistra riformista
e il movimento operaio. Come ha lapidariamente riassunto Rutelli, "il
partito democratico non deve essere la quarta matrioska del Pci".
Tali progetti (al di là della scarsa probabilità che hanno di realizzarsi)
possono essere compresi solo alla luce delle reali condizioni del capitalismo
italiano e internazionale, che non permettono (al di là delle formulazioni
della bozza di programma) alcuna significativa politica di riforme sociali.
Non lo consentono lo stato della finanza pubblica, l'accresciuta competizione
internazionale (aggravata dalla tendenza all'aumento dei tassi d'interesse),
la crisi di competitività dell'industria italiana.
Se di programma si deve discutere, questo non può avvenire a partire
dalle proposte dell'avversario di classe, tentando di contenerne gli
effetti peggiori, ma a partire da quelle esperienze pi_ avanzate su
scala internazionale, che non a caso vedono rinascere, particolarmente
in America Latina, il dibattito su questioni quali il controllo operaio
della produzione e della distribuzione, l'esproprio delle aziende in
crisi, la nazionalizzazione delle banche e delle risorse strategiche
(ad es. in Bolivia con la questione del gas), l'esproprio della terra
agricola e urbana come soluzione a problemi insolubili nei limiti imposti
dalla proprietà privata.
Se l'Unione vincerà le elezioni,
la pressione della borghesia al suo interno si farà sentire sempre pi_
forte. Dall'altra parte, nonostante tutte le manovre politiche e il
coinvolgimento dei dirigenti sindacali, sarà impossibile alla lunga
disciplinare i lavoratori alle politiche confindustriali dell'Ulivo.
Si produrrà una resistenza così come si è prodotta nei confronti del
governo delle destre, e come già abbiamo visto in realtà governate dal
centrosinistra: valga per tutti l'esempio della Valsusa, dove il movimento
si è prodotto in opposizione a governi regionali, provinciali e comunali
in mano al centrosinistra.
L'Unione verrà inevitabilmente lacerata da queste opposte pressioni,
il nostro partito sarà di fronte all'alternativa: o subire politiche
per noi inaccettabili, o aprire un conflitto che però a quel punto si
svilupperebbe nelle condizioni per noi pi_ sfavorevoli, con il rischio
concreto che dopo essersi compromesso con la partecipazione al governo
il partito venga poi emarginato dalla maggioranza imbarcando settori
dei centristi del Polo.
È una necessità vitale che il partito si attrezzi per preparare una
svolta: dato questo quadro generale l'Unione verrà attraversata da tensioni
crescenti che porteranno a una inevitabile resa dei conti. Se il partito
non prepara le condizioni necessarie, al momento decisivo rischia di
venire prima condizionato e poi emarginato e di subire una pesante sconfitta
politica.
Dobbiamo preparare le condizioni di una svolta che ponga il partito
nella giusta posizione: non inserito in un'alleanza dominata dagli interessi
padronali, dove ogni giorno che passa emerge con maggiore chiarezza
il rischio di diventare un ostaggio, ma nel pieno delle mobilitazioni
di massa che inevitabilmente si riproporranno una volta che emerga con
chiarezza la politica del governo Prodi. Primo passo ineludibile per
tale svolta è rifiutare l'inserimento di nostri ministri all'interno
del governo Prodi.
Il rischio di condizionamento
da parte del centrosinistra si esprime anche nella forte spinta all'istituzionalizzazione
che emerge dal dibattito sui gruppi parlamentari. Il partito si appresta
a quadruplicare la propria rappresentanza parlamentare, una grande "testa"
istituzionale su un corpo tutt'ora debole nel suo radicamento. Decine
di compagni dirigenti si apprestano a lasciare posizioni chiave negli
organismi di partito e ad entrare in parlamento. Oltre che un indebolimento
delle strutture del partito si moltiplicano i rischi che una logica
istituzionalista guidi sempre di pi_ le nostre scelte.
È necessario quindi un serio piano di lavoro teso a valorizzare le risorse
esistenti e che metta al centro del nostro lavoro di costruzione quei
compagni e strutture che stanno dimostrando una reale capacità di intervento,
di mobilitazione e di radicamento.