Dichiarazione
di voto contrario alla deroga prevista dall’art. 57 dello Statuto
(vincolo di 2 mandati alle cariche istituzionali europee, nazionali
e regionali).
Sulla deroga al secondo mandato
esprimo la più netta contrarietà alla proposta di ricandidatura
di tutto il gruppo parlamentare uscente, compresi i parlamentari che
hanno già effettuato un secondo mandato.
La nostra carta delle regole della democrazia interna, lo Statuto, è
stata oggetto di una brutta pagina dell’ultimo congresso. In quella
sede si sono prodotti profondi stravolgimenti, tutti operati a colpi
di maggioranza, senza una discussione preliminare nei congressi dei
livelli inferiori e senza una discussione vera e qualificata in quello
nazionale. Il punto della “eccezionalità” della deroga
(cancellata al V congresso dopo una accalorata discussione vera nella
quale fu bocciata dall’assemblea plenaria la proposta della maggioranza
della Commissione Statuto che intendeva introdurla) oggi viene disatteso.
Non ci sono oggi ragioni di eccezionalità per riconfermare tutto
il gruppo parlamentare. Apriamo con questa decisione la strada dell’intangibilità
dei gruppi istituzionali e creiamo un precedente pericoloso che determinerà
un’idea che esistano nel partito “istituzionali di professione”
con una divisione sempre più fissata nel rapporto partito/istituzioni.
Mi chiedo, ad esempio, dato che sempre è possibile inventare
cause di eccezionalità, come si comporterà il partito
nelle future elezioni regionali rispetto a compagni che abbiano già
effettuato due mandati, in presenza di leggi elettorali regionali che
non contemplano il vincolo dei due mandati.
Beatrice Giavazzi
Dichiarazione
di voto contrario ai criteri e alle liste per le candidature alle elezioni
di Camera e Senato.
Una dichiarazione di voto
contrario sia ai criteri che alle proposte, con motivazioni che aggiungo
a quelle già espresse.
Per quanto riguarda il percorso per la definizione delle candidature
ritengo inaccettabile che non sia stato omogeneo e trasparente, come
molti interventi hanno sottolineato nel dibattito.
Esprimo un dissenso trasversale rispetto alle mozioni congressuali,
quindi anche quella cui appartengo, sul criterio della territorialità.
Voglio citare, ad esempio, la Sardegna dove, ad oggi, non è ancora
stato eletto un segretario regionale stante la sostanziale parità
di percentuale ottenuta dalla mozione 1 e la mozione 2. Ebbene, in quella
regione sono stati candidati due compagni della mozione 1 e un indipendente
dopo non si capisce quale percorso di consultazione. In Calabria, regione
uscita da un lungo periodo di difficoltà in cui la mozione Essere
Comunisti ha saputo superare il primo commissariamento regionale della
storia del nostro partito rieleggendo gli organismi e il segretario
regionale, non è presente alcuna candidatura espressa dal proprio
territorio.
Inoltre, rilevo che in alcune regioni si è proceduto ad una consultazione
a fronte di riunioni dei Comitati politici regionali e in altre no.
In alcune ci si è fermati alla consultazione dei segretari o
delle segreterie regionali saltando completamente i livelli di federazione,
come vorrebbe lo statuto. Insomma, nessuna reale garanzia di percorso
democratico e uguale per tutti.
Infine, sulle quote riservate alle donne il mio dissenso più
convinto. Sono stanca di assistere, nei congressi, alla divisione delle
compagne sulle quote riservate loro negli organismi e nelle liste elettorali.
Personalmente continuo ad essere contraria alle quote ma totalmente
impegnata al riconoscimento inconfutabile del valore politico della
qualità della differenza delle donne nell’elaborazione
del pensiero politico del nostro partito. Ancora una volta, però,
finiti i congressi le quote, sancite per esplicito nello statuto, diventano
un “pressappoco”. Dobbiamo addirittura ascoltare la soddisfazione
di aver “sfiorato” il 40% e compiacercene. Ne deriva, come
ho più volte dichiarato, l’impressione che le battaglie
congressuali sulle quote delle donne sempre più spesso si rivelino
per essere battaglie di potere, tese esclusivamente a ottenere una propria
visibilità, quella delle “poche su molte”, quelle
poche che, una volta garantite sono più disposte ad essere meno
intransigenti sulle quote delle molte che farebbero volentieri il contrario.
Per quanto concerne il non rispetto dei criteri ritengo che la responsabilità
debba essere totalmente assunta dalla maggioranza, che non può
chiedere alle minoranze che rappresentano oltre il 41% del partito e
cui viene assegnato complessivamente il 15% di rappresentanza parlamentare,
il rispetto stretto dei criteri che, data questa premessa, ricade esclusivamente
sulla maggioranza stessa.
Beatrice Giavazzi
Dichiarazione
di voto contraria alle proposte di testa di lista
Ritengo le proposte delle
teste di lista sbagliate poiché non tengono adeguatamente conto
del pluralismo interno.
Alle minoranze che hanno raccolto democraticamente al Congresso il 41%
dei consensi è stato riservato il 15% delle candidature.
Le liste elettorali sono, come lo Statuto, uno strumento nel quale deve
potersi riconoscere tutto il Partito. Ci viene avanzata invece, ancora
una volta, una proposta di maggioranza.
Accade così quanto già avvenne nel 1999 alle elezioni
europee, nel 2001 alle elezioni politiche e nel 2004 nuovamente alle
elezioni europee, quando le posizioni diverse da quelle della maggioranza
non furono rappresentate.
In questi passaggi emerge un grave scarto tra le enunciazioni di principio,
che tanto spesso risuonano in questo Partito a proposito del rispetto
del pluralismo, e una dura realtà che le smentisce clamorosamente.
La proposta che viene avanzata è lesiva della democrazia interna.
Essa dice al Partito e all’esterno che in Rifondazione Comunista
non siamo tutti uguali, per cui vi è chi, forte di una maggioranza,
può arrogarsi il diritto di prendere quasi tutto. In nessun’altra
forza politica le minoranze vengono compresse in modo altrettanto pesante.
I Democratici di Sinistra, per fare solo un esempio, rispetteranno nella
scelta dei candidati le percentuali congressuali delle varie minoranze.
Noi non pretendevamo tanto (benché si sarebbe trattato del semplice
rispetto di un diritto)! Ma un nesso, una qualche corrispondenza tra
il peso politico delle minoranze e le percentuali nella scelta delle
candidature quella lo chiediamo e crediamo sia stato un grave errore
non averla riconosciuta.
Non basta.
Forzando lo Statuto, si è preteso di riconfermare tutti i parlamentari
uscenti, alcuni dei quali hanno alle spalle già diverse legislature!
Quanto agli altri criteri adottati per comporre le liste (sui quali
non avevamo contrarietà di principio), ci è stato negato
qualsiasi margine di intervento.
Riguardo alla scelta degli indipendenti ci è stato detto: «Lasciate
perdere, i nomi li abbiamo scelti noi». Ciò ci ha impedito
di avanzare proposte non certo meno prestigiose di quelle individuate
dalla maggioranza. Non ci sembra giusto, e lo diciamo senza nulla togliere
alla qualità di numerose candidature che apprezziamo molto.
Sulle scelte del gruppo dirigente nazionale non ci è stato chiesto
alcun nominativo, come sarebbe stato giusto fare almeno in relazione
ai coordinatori delle mozioni congressuali che fanno parte a pieno titolo
del gruppo dirigente nazionale.
Infine, per le candidature territoriali, sono stati proposti compagni
della sola maggioranza, come se sul territorio esistesse solo il 59%
del Partito e l’altro 41% semplicemente non esistesse. È
un fatto grave che materializza non solo al centro, ma anche nelle regioni
e nelle federazioni una pesante discriminazione.
Anche in questo caso il messaggio che arriva è chiaro: «se
hai sostenuto una posizione di dissenso non hai gli stessi diritti,
devi sottometterti».
Questa modalità discriminatoria porta con sé non solo
ingiustizie, ma anche effetti negativi. In molte regioni in cui il radicamento
territoriale delle minoranze è molto forte o addirittura superiore
a quello della maggioranza nazionale vi sono teste di lista della sola
maggioranza! Si tratta di una decisione di cui forse non si è
valutata attentamente la gravità.
Concludendo, con questa scelta per noi si pone – come già
avvenne a Venezia quando si decise di modificare lo Statuto a colpi
di maggioranza – un grave problema di democrazia interna nel nostro
Partito.
Claudio Grassi, coordinatore
nazionale “Essere Comunisti”
Dichiarazione
di voto di Franco Grisolia al Cpn del 22/01/06 sulla proposta di teste
di lista per le prossime elezioni politiche
Coerentemente con quanto
fatto in sede di DN esprimo il mio voto di astensione sulla proposta
. Non ne condivido infatti diversi aspetti. In particolare la riconferma
in blocco, con deroga, dei parlamentari uscenti (su cui ho già
votato contro nella votazione specifica) e la scarsa rappresentanza
delle minoranze , e in questo quadro in particolare di Progetto Comunista.
D’altro canto prendiamo atto che nei confronti della storica corrente
di opposizione di sinistra è venuta a cadere una preclusione
fino ad oggi rigida e soprattutto cogliamo il fatto che è stato
respinto l’assurdo tentativo di contrapporre alla candidatura
di Marco Ferrando, ritenuta logica e naturale dalla stragrande maggioranza
dei compagni di Progetto ( come espresso qui da un testo di sostegno
sottoscritto dal 70% dei delegati della III mozione allo scorso congresso
di Venezia, dall’80% dei componenti di Progetto nei comitati regionali
e dal 90% di quelli dei comitati federali delle grandi città)
di quella di un altro compagno, espressione di un gruppo di vertice
che rappresenta nella nostra area congressuale solo una piccola minoranza.
Grottesco poi il tentativo di presentare tutto ciò sotto una
luce politica di “sinistra”, quando questi compagni fino
a pochi giorni fa hanno fatto una pressante richiesta alla segreteria
nazionale, senza il minimo coinvolgimento dell’area di Progetto,
di inserimento del loro candidato al posto del compagno Ferrando , senza
alcuna specificità politica particolare. E’ triste che
compagni con cui si è lavorato per anni scendano per interessi
di gruppo all’utilizzo di tali metodi, ma non è purtroppo
la prima volta nella storia del movimento operaio. Per questo la difesa
della democrazia rispetto a Progetto rappresenta la difesa della democrazia
per tutto il partito.
Dichiarazione
di voto contrario alla proposta di liste elettorali
Esprimiamo la nostra contrarietà
alla proposta di liste elettorali avanzata dalla Segreteria nazionale
per i seguenti motivi:
per la prima volta si apre la rappresentanza parlamentare anche alle
minoranze. Ciò è in sé positivo: ma questo avviene
in termini irrisori rispetto alla reale consistenza nel partito delle
minoranze stesse;
ogni area congressuale ha assunto le proprie scelte con un dibattito
nel quadro dirigente e tra i membri del Cpn. Solo per la Terza mozione
(Progetto Comunista) la scelta è stata presa direttamente dalla
Segreteria nazionale in accordo con l’ex portavoce (Ferrando),
senza il consenso dei rappresentanti dell’area nell’organismo
deputato alla scelta, il Cpn.
La candidatura al senato
di Marco Ferrando non è stata discussa in nessuna riunione, locale
o nazionale, dell’area. Ed essa registra nei fatti la contrarietà
della maggioranza (10 su 17) dei membri del Cpn eletti al recente VI
Congresso del Prc per Progetto Comunista in rappresentanza di oltre
3000 voti; la contrarietà dei coordinatori della mozione congressuale
in 15 regioni; la contrarietà della quasi totalità del
gruppo dirigente dei GC aderenti al documento; la contrarietà
del direttore del giornale dell’area e della rivista dell’area;
una larga e diffusa contrarietà fra i militanti, manifestatasi
in queste ore con decine di e-mail e fax.
A questi fatti evidenti non si può rispondere (come invece hanno
fatto Ferrando e Grisolia) con una specie di “raccolta di firme”
in qualche città e regione: firme di compagni a cui non è
stato detto del dibattito in corso e dei motivi alla base della contrarietà
della gran parte del gruppo dirigente democraticamente scelto in un
percorso congressuale. Soprattutto nel richiedere queste firme (comunque
non rappresentative di 3000 sostenitori del documento) non è
stato detto che il presupposto della candidatura di Ferrando al senato
è la richiesta preventiva di un impegno a votare la fiducia al
governo Prodi. Atto quest’ultimo, come è evidente, in contrasto
con le fondamenta stesse della mozione congressuale di Progetto Comunista.
La maggioranza della rappresentanza in Cpn di Progetto Comunista ribadisce
dunque la propria inflessibile opposizione alla deriva governista del
Prc, chiamando tutti i militanti del partito a salvaguardare il progetto
di fondo della rifondazione comunista: l’opposizione di classe
per l’alternativa rivoluzionaria dei lavoratori.
Francesco Ricci
(Esecutivo nazionale)
Alberto Airoldi
Luca Belà
Patrizia Cammarata
Nicola di Iasio
Pia Gigli
Ruggero Mantovani
Antonino Marceca
Michele Rizzi
Fabiana Stefanoni
Valerio Torre
(Cpn)
Dichiarazione
di voto relativa all'ordine del giorno sulla mozione anticomunista al
Consiglio d'Europa (Presentata da Gennaro Migliore)
"Dichiaro il mio voto
favorevole all'OdG, con un'essenziale precisazione. Il testo proposto
riprende in larga parte un precedente OdG votato all'unanimità
e convintamente da tutto il Comitato politico federale di Torino. Tuttavia
sono state apportate alcune modifiche facenti riferimento ad una dichiarazione
della Sinistra Europea che, al pari di altre forze comuniste interne
al Gue, riteniamo non condivisibile. Ciò nonostante, in considerazione
dell'importanza di un pronunciamento del Prc contro la mozione anticomunista
in discussione all'Assemblea del Consiglio d'Europa, esprimo un voto
favorevole."
Bruno Steri
Dichiarazione
di voto sul documento politico di Franco Turigliatto e Claudio Grassi:
"Votiamo a
favore degli impegni di iniziativa politica e di movimento indicati
nell'odg a cui chiediamo di aggiungere la valutazione positiva sulla
manifestazione delle donne a Milano il 14 gennaio e sull'imponente mobilitazione
della Val di Susa. Sottolineiamo poi l'importanza della scadenza del
18 marzo contro la guerra in un contesto di guerra che continua, sia
in Iraq che in Afghanistan e con posizioni sul ritiro delle truppe che
appaiono o strumentali, come nel caso del governo, o ambigue, come quelle
espresse dai vertici del centrosinistra.
Particolare importanza, infine, va data alla campagna elettorale che
necessiterà di un buon programma del partito a cui intendiamo
dare il nostro contributo.
Votiamo contro, invece, il giudizio positivo, per quanto moderato, sullo
stato del programma dell'Unione che appare fortemente condizionato dal
moderatismo prodiano reso più forte dal risultato delle primarie.
L'azione del partito finora si è limitata a "ridurre il
danno", non certo a prefigurare un'alternativa di società
in un compromesso che, forse, può supportare un accordo elettorale
per battere le destre ma non certo un accordo di governo".