Comitato Politico Nazionale 17 - 18 settembre 2005 Interventi 2 Franco
Grisolia Le “scalate” finanziarie estive hanno confermato la natura sociale dell’Unione. La Margherita ha dimostrato di essere il partito organico del grande capitale tradizionale. La maggioranza DS di settori più “nuovi” della borghesia rampante. Per questo non ha senso parlare del rapporto tra sinistra “radicale” e sinistra “moderata”. Quello che esiste è un rapporto tra un centro liberale e una sinistra moderata (che va dalla sinistra DS alla maggioranza del nostro partito) che si incontrano sul terreno del primo per gestire gli affari del capitale. E’ stata una estate di “programmi” per l’Unione. In primo luogo Prodi ha chiarito il suo progetto strategico di “sacrifici necessari”. Poi Rutelli, Prodi, D’Alema e Fassino, si sono trovati unanimi nel riconoscersi nel programma enunziato da Luca di Montezemolo all’assemblea di Confindustria. Non si può pensare di cambiare questa situazione né aprendo un confronto su quattro o cinque “paletti”; né con la “pressione dei movimenti”. Perché quello di cui stiamo parlando non è un confronto d’idee, ma la realtà pesante della rappresentanza degli interessi materiali della classe dominante. L’unica politica realistica per spostare i rapporti di forza tra le classi e costruire una prospettiva di alternativa resta quella della rottura col centro borghese (Margherita e maggioranza Ds) non per arroccarci, ma per proporre un fronte unico all’insieme della sinistra politica, sindacale e dei movimenti: un polo autonomo di classe. Avanzando una piattaforma anticapitalistica e proponendo una vertenza generale sugli obbiettivi fondamentali dei lavoratori. Le primarie odierne si inseriscono invece totalmente nel quadro della collaborazione di classe. Per questo vanno respinte e la candidatura Bertinotti va ritirata. Mentre va sviluppata una vera partecipazione di massa dei lavoratori e dei movimenti, che parta dalla base e si conclude con una grande assemblea di delegati per confrontarsi ed elaborare il progetto programmatico e di azione per una alternativa di classe. La Calabria, regione dove le minoranze congressuali hanno raggiunto circa il 70%, ha raccolto 5000 firme per la presentazione del compagno Bertinotti. Cosa è successo? Un passaggio plebiscitario nelle fila della maggioranza nazionale? Per nulla! I compagni della Calabria, pur non condividendo lo strumento delle primarie, sono saliti sul ‘treno’ di cui parlava il segretario, sapendo che maggiori consensi egli ot tiene e più forte è il partito nella costruzione dei punti programmatici. E se di programma si parla, due a mio parere sono i temi che mi permetto di suggerire: sistema elettorale e sviluppo del Mezzogiorno. Per esigenze di spazio, mi limiterò al primo. La costruzione di un polo di centro, a mio avviso, è un progetto a uno stadio molto avanzato e probabilmente si concretizzerà alla prima crisi del governo dell’Unione. Da quel momento non ci sarà più spazio in Italia per le forze estreme di destra e di sinistra: noi soprattutto. Battersi per il ritorno al proporzionale significa salvare l’articolazione plurale delle espressioni politiche e salvare anche il partito, oltre che la nostra autonomia. Abbiamo fatto bene a contrastare la legge truffa delle destre, che si regge sull’imbroglio del premio di maggioranza e sulla scelta degli eletti. Ma se quella proposta viene corretta e diventa un proporzionale con premio di maggioranza non è forse vicinissima alla nostra proposta di sistema elettorale tedesco? E, allora, cosa faremo: diremo di no? Oggi per salvare la democrazia bisogna sconfiggere il sistema bipolaremaggioritario: pensiamo ai DS che con un 20% di consenso elettorale sono al governo del 50% dei Comuni, Province e Regioni e che hanno una rappresentanza spropositata a livello parlamentare. La crisi della politica è profonda ed è largamente avvertita. Dobbiamo perciò agire in controtendenza. Valorizzare quelle esperienze che cercano di sperimentare nuove forme di partecipazione. Tra queste io colloco anche il movimento al quale hanno dato vite alcune riviste (come Alternative, Aprile, Carta ecc.) del Cantiere del futuro: quest’iniziativa ma anche molte altre simili a livello nazionale o locale, così come esperienze associative che vanno nella stessa direzione (tra cui la nostra Associazione Alternative Europa) mostrano che c’è una domanda di politica partecipata e pulita che è diffusa e va incoraggiata e recepita. Il Cantiere delle riviste si muove prevalentemente nel campo dell’elaborazione programmatica, ed avrà nuove scadenze in autunno, a Bari sulla democrazia e la democratizzazione della vita, a Bari il 56 novembre, a Roma il 2526 novembre sulla conoscenza come bene comune, coinvolgendo quei settori del mondo sindacale e dell’associazionismo che si sono battuti contro la Moratti e che chiedono, come noi, all’Unione, una discontinuità esplicita rispetto alle politiche di destra in materia di scuola, università, ricerca. Rispetto a queste domande e questi movimenti che non si limitano ad agire nel sociale ma assumono una esplicita valenza politico culturale, si chiede a un partito non solo attenzione e partecipazione, ma anche gesti espliciti e fatti concreti, sul piano della moralità politica, dei costi della politica, dello stile di presenza nelle istituzioni. Valorizzare il volontariato politico nel partito, nei movimenti, ma anche nelle istituzioni (come personalmente ho cercato di fare nel corso della mia breve esperienza al governo di una città come Napoli, dove ancora continuano ad operare insieme a me gratuitamente per il Comune docenti ed esperti nel campo dell’educazione degli adulti e in altri progetti formativi). Va bene anche una formale proposta che stabilisca limiti agli emolumenti istituzionali di qualsiasi natura, purché sia seguita da comportamenti coerenti. Altro punto su cui auspico una iniziativa è una ripresa di riflessione e di attenzione sulla questione cattolica, a partire dalla fondamentale conquista che considero costitutiva del nostro partito della comune e riconosciuta militanza di compagni e compagne credenti e non credenti (o meglio diversamente credenti) nello stesso partito. Di fronte all’offensiva neoconservatrice e all’uso strumentale della religione vecchie forme di anticlericalismo che già Gramsci ai suoi tempi ripudiava rappresenterebbero una regressione culturale e un errore politico. Non ritenendo utile ripetere quanto, abbondantemente, già espresso durante il nostro ultimo congresso nazionale circa la concezione dei rapporti fra il PRC e il centrosinistra, le prospettive di governo, le conseguenze implicite alla scelta sulle “primarie”, ecc... e non essendovi, al momento, elementi oggettivi tali da giustificare mutamenti, rilevanti, d’analisi e proposta esprimerò una sintetica riflessione critica su tre argomenti maggiormente alla ribalta del presente dibattito politico quali: A) la nostra posizione sulla questione della legge elettorale “proporzionale” che evidenzia, ulteriormente, l’assunzione, da parte della “maggioranza congressuale” del nostro partito, proprio di quel modello istituzionale definito, fino a pochi anni fa, dallo stesso segretario, caratteristica distintiva della “democrazia autoritaria” prodotta dalla presente fase neoliberista della crisi capitalistica; B) sulla vicenda irachena dobbiamo registrare l’assenza di ogni impegno, iniziativa per promuovere quella, necessaria, presa di contatto fra le forze antibelliciste italiane e i settori espressioni politiche della Resistenza irachena, obbiettivo tanto qualificato anche per ridare dignità al ruolo internazionale del nostro paese coinvolto, servilmente, nelle avventure imperialiste USA; C) infine sul congresso CGIL registro una diffusa, generalizzata, insufficiente riflessione accompagnata da scarsa consapevolezza sia dello stato, presente, della classe lavoratrice sia delle implicazioni strategiche connesse a questa importante scadenza del/per l’intero mondo del lavoro dipendente. Termino invitando il partito, tutto, a considerare seriamente anche l’impatto che la nostra, ritengo non remota, entrata nell’area di governo potrebbe determinare sui comportamenti eticomorali dei compagni/e. Le primarie sono una straordinaria inchiesta di massa, e se noi le utilizzeremo bene serviranno a far crescere il dibattito sui contenuti. D’altronde è già così, come dimostrano la questione della guerra e la questione dei PACS. Esse sono una opportunità consistente di pratica sociale per far conoscere i nostri orientamenti programmatici e di rendere partecipe l’elettorato. Per questo quasi tutte le forze dell’Unione hanno inizialmente cercato con forza (e con un qualche tono minaccioso) di dissuadere Bertinotti dal candidarsi. Mai avremmo avuto la forza e i mezzi per un confronto di popolo così potente, sia diretto che su tutti i media. A chi ha fatto obiezioni sul metodo della decisione dico solo che ne abbiamo già discusso a lungo al congresso scorso, e deciso a cominciare da quelle pugliesi. Ma credo e spero che anche chi dissente sappia che ogni voto in più che prenderà Bertinotti non sarà indifferente per prossimi appuntamenti politici. Sono molto d’accordo sulla necessità di calendarizzare un robusto convegno di studi sul capitalismo italiano in questa fase, soprattutto per aggiornare la nostra lettura sui fenomeni di accumulazione di ricchezza tramite la rendita finanziaria e la criminalità organizzata. Sul congresso della CGIL penso che le posizioni che ha illustrato Nicolosi siano un disastro e mi è parso, se non ho inteso male, che la propensione ecumenica di Paolo Ferrero le comprenda) perché di fatto tendono a cancellare l’elaborazione e la pratica coraggiosa che la Fiom ha costruito fino ad oggi e che sono contenute negli emendamenti. Sul dibattito “crescita decrescita” di questa estate intravedo in alcune posizioni (in particolare quelle di Brancaccio) un arretramento rispetto alla elaborazione che il partito ha fatto da dieci anni a questa parte. Mi pare che tenda a riemergere una linea sviluppista, magari permeata di una qualche compatibilità ambientalista, ma che espunge la radicalità del limite ambientale che si manifesta oggi come potente e oggettivo elemento (Katrina docet) della crisi della globalizzazione neoliberista e del suo essere ormai incompatibile con le basi materiali della vita stessa. Continuiamo il dibattito, ma in avanti, pensando che, forse, la tutela ed il miglioramento della qualità della vita individuale e collettiva passa dal comprendere che l’80% della ricchezza consumata (dunque anche dei salari spesi) se ne va in discarica o negli inceneritori accompagnando l’80% del valore d’uso delle merci letteralmente buttato via. Claudio Napoleoni ci diceva di “cercare ancora”; così dobbiamo fare. Le divergenze tra noi sulla scelta di partecipazione alle Primarie sono riconducibili a 3 questioni. 1) il tipo di terreno. E’ un segno ulteriore di americanizzazione nella vicenda politica italiana, di affermazione della personalizzazione, del leaderismo, del presidenzialismo. Come si fa ad essere contrari all’elezione diretta del premier, contenuta nel disegno di stravolgimento costituzionale delle destre, quando le primarie vanno in quella direzione? Si dice: le primarie sono sì un terreno spurio, ma noi proviamo a cambiarne il segno. Chiedo: ma non si era dichiarata la necessità di un’assoluta (quasi più etica che politica) corrispondenza tra mezzi e fini? 2) la definitiva internità all’Unione. E’ una svolta rispetto a tutta la precedente vicenda del PRC. Non più l’obiettivo, pur con tattiche elettorali flessibili e adeguate, di rappresentare un polo autonomo di sinistra alternativa nella politica italiana. Ci si candida ad essere la sinistra del centrosinistra. In controtendenza rispetto al quadro europeo, dove la costruzione della sinistra alternativa e/o anticapitalista avviene dappertutto in alternativa alla socialdemocrazia e alla sinistra moderata. 3) il rapporto con i movimenti. Rischia di affermarsi un’idea pessimista e depressiva sulla loro efficacia. Altre dovrebbero essere le priorità su cui impegnarsi da subito, nell’autunno: sulle vertenze contrattuali, sulla rapina del TFR, sul reddito sociale (non solo in Lombardia), contro la direttiva Prodi – Bolkestein. Occorre recuperare capacità di autonomia politica per il PRC e le sinistra alternativa, dar fiato e gambe ad un programma di mobilitazione sociale. La relazione di Bertinotti, che condivido, ci indica un quadro d’iniziativa articolato su più piani. Le primarie sono un perno centrale che ci consente di incarnare nella candidatura di Fausto un’idea di alternativa. E’ in questa stessa fase che noi dobbiamo cimentarci con la ripresa del Movimento. Per questo è importante la Manifestazione europea del 15 ottobre contro la Bolkestein per la rilevanza del tema e per lo schieramento che la propone. Ci consente di affrontare uno snodo decisivo co me quello della crisi dell’idea liberista dell’Europa e che interviene con forza su punti dirimenti aperti dalla Bolkestein, appunto, ma anche la direttiva orario, il bilancio, le politiche agricole. E di farlo in modo alternativo a quello preannunciato da Blair e che la crisi delle socialdemocrazie può rendere cogente. Quando parliamo di una costruzione in movimento, penso a una procedura opposta alla sommatoria politicista che si profila con l’operazione arcobaleno. Dinamica di movimento che chiede anche un nuovo orizzonte culturale e programmatico. Per questo ho partecipato con passione al dibattito aperto sull’ambiente su Liberazione, convinto come sono che dobbiamo con forza continuare a percorrere la strada intrapresa da tempo con la nostra partecipazione al movimento di critica alla globalizzazione, verso un modello diverso di società ed economia assumendo l’indispensabile rottura con il “compatibilismo” dello sviluppo sostenibile e guardando anche al nucleo di verità e provocazione positiva insito nell’idea della decrescita. Siamo in piena campagna elettorale per le primarie. La decisione di parteciparvi se vi fossero tenute era stata assunta dal congresso nazionale. Trovo fuorvianti le critiche di metodo. Noi rimaniamo contrari al sistema maggioritario e alla sua torsione autoritaria. Ma la domanda che dobbiamo porci dato che questo sistema esiste se era meglio consegnarci ad una trattativa tutta chiusa nelle stanze della segreterie di partito o provare tramite le primarie a fare irrompere sull’Unione il peso dei movimenti e della società civile? Almeno le primarie costituiscono un popolo, aprono un dibattito sui contenuti... D’altronde la pressione su Prodi mi pare inequivoca. All’Onu dei Popoli a Perugia Prodi ha detto che il ritiro delle truppe dall’Iraq da parte del nuovo governo dell’Unione sarà veloce. Noi dobbiamo dire che il ritiro sarà ancora più certo e veloce più voti prenderà Bertinotti. Ma faccio notare la distanza che c’è tra il ritiro veloce di Prodi e quel “ritirarsi con lentezza” avanzato appena due mesi fa da Fassino e Rutelli. Sullo stato dei movimenti e del conflitto sociale che sono per noi la gamba determinante del nostro agire politico non avvallerei una impostazione pessimistica. In Toscana abbiamo raccolto decine di migliaia di firme per la ripubblicizzazione dell’acqua. E’ in corso la campagna per i beni comuni, sono già indette per l’autunno manifestazioni nazionali contro la Bolkestin, per il diritto alla casa e dei migranti. Non si può chiedere ai movimenti di vertenzializzare e territorializzare la propria iniziativa per poi lamentarsi di una mancanza di visibilità centrale. Credo che sul carovita, finanziaria e salari sia necessaria una campagna a tappeto con l’obiettivo di congelare prezzi e tariffe. Non dimentichiamo poi che il movimento ha un profilo mondiale. A Washington il 24 Settembre davanti al summit congiunto di Banca Mondiale ed FMI si terrà una manifestazione che si annuncia gigantesca non solo contro la guerra militare ma anche contro quella economica. Sarebbe bello collegarsi non solo idealmente dal Pallalottomatica con la prima manifestazione degli antiwar Usa dopo la vergogna dell’uragano Katrina. Condividendo la relazione, intervengo solo perché mi sembra necessario dare voce a quei compagni di Rifondazione che militando nella CGIL e in “Lavoro Società” hanno lavorato so do in questi anni per conseguire due risultati così sintetizzabili: spostare a sinistra l’asse strategico della CGIL e, al contempo, costruire un’ampia e forte sinistra sindacale. Mi sembra che il primo punto sia in parte conseguito, anche se non dobbiamo nasconderci che forti restano le contraddizioni nella CGIL fra affermazioni di principio del Direttivo nazionale e pratica contrattuale delle categorie e dei territori confederali. Ciò nondimeno il documento per il Congresso può essere uno strumento forte per dare alla CGIL un ruolo di sinistra nel dibattito politico in corso per la definizione della piattaforma programmata dell’Unione. Abbiamo invece sostanzialmente fallito il secondo obiettivo; ma io vedo, nella possibilità di presentare emendamenti a tutti i testi, lo strumento per i comunisti della CGIL di ritrovarsi uniti nella battaglia per una sintesi più avanzata (sul tema delle politiche economiche, sulla difesa dei beni comuni, su pensioni e tfr, su diritti e democrazia sindacale, sul modello contrattuale) e dare un importante contributo alla costruzione di quella sinistra sindacale che dovrà misurarsi sulle scelte che l’auspicabile governo di centrosinistra presenterà a tutta la CGIL. Non spetta certo ai dirigenti della CGIL proporre le forme attraverso cui i partiti della sinistra devono presentarsi alle elezioni (è pertanto del tutto fuori luogo l’appello lanciato da alcuni compagni/ e per la formazione di una lista arcobaleno), ma è certamente nostro compito impegnarci affinché il confronto della linea della CGIL con i partiti avvenga sui temi programmatici in piena trasparenza e con l’assunzione di precise responsabilità da parte di tutti. Correttamente la relazione argomenta in quali forme, attraverso quali percorsi, con quali possibili esiti la crisi del capitale, in Europa (ma non solo), viva all’interno, nel cuore dei rapporti sociali. La borghesia tenta disperatamente, con un fallimentare e stanca coazione a ripetere, di proseguire sulla strada di un liberismo sempre più autoritario. Il cambiamento si pone, in questo contesto, come necessità storica, per evitare che la regressione degradi in quella che Gramsci chiamò “rivoluzione passiva”. Alternativa di governo e alternativa di società sono più che mai connesse: il tema è la “grande riforma della politica” di cui parte rilevante è il tessuto delle “nuove municipalità”. I movimenti vivono, giustamente, la loro articolazione; ma dobbiamo porci l’obiettivo di una ricerca e di un conflitto comune per sviluppare la massa critica necessaria. Con radicalità ed autonomia. Tocca a noi riaprire la “questione democratica” contro proibizionismo ed emergenzialismo; a partire dalla concezione della democrazia conflittuale contro la democrazia “governante”, dall’amnistia e dall’indulto, dalla centralità della chiusura dei CPT e della cittadinanza di residenza per i migranti. Innanzitutto tre scadenze. 30 settembre al Residence Ripetta a Roma incontro sulle questione della democrazia: relatori Ferrara e Dogliani, conclusioni di Bertinotti. 15 ottobre corteo a Roma contro la direttiva Bolkestein nel quadro delle manifestazioni europee per il suo ritiro. 12 13 novembre a Firenze Assemblea europea per preparare la Carta dei principi dell’altra Europa. La legge elettorale del centrodestra ha lo scopo di affermare con un diverso vestito il bipolarismo – tende a ciò il premio di maggioranza alle coali zioni che si candidano al governo –, e di manipolare i risultati elettorali perché lo sbarramento al 4% colpisce soprattutto le forze del centrosinistra (cancellando qualcosa come il 20% dei voti dai risultati elettorali) e soprattutto perché il premio di maggioranza è legato non ai voti ma ai seggi: essendo sottratto quel 20% può ottenere il premio la coalizione con meno voti. Le regole si scrivono sotto il velo d’ignoranza, non sapendo chi perde o vince. Il progetto del centrodestra non vuole istituire un sistema proporzionale, ma è solo un estremo tentativo di evitare o limitare la sua sconfitta alle prossime elezioni. Inoltre c’è uno scambio politico tra legge elettorale e approvazione della controriforma della Seconda parte della Costituzione. È prevedibile, anche se non augurabile, che la maggioranza del centrodestra la approvi in seconda lettura: ciò significherà la distruzione di fondamentali istituti che presidiano la democrazia e il sistema delle garanzie – come il ruolo del presidente della Repubblica, della Corte Costituzionale, del CSM –, lo stravolgimento del rapporto parlamento governo con la istituzione del premierato assoluto espressione di un nuovo cesarismo, e con la cd devolution si produrrà la lacerazione del tessuto repubblicano di solidarietà tra le diverse regioni del paese. Occorre promuovere il referendum oppositivo e costruire, nella forma più ampia e unitaria, i Comitati del no nel referendum oppositivo alla controriforma, collegandoli a livello nazionale al Comitato Salviamo la Costituzione presieduto da Oscar Luigi Scalfaro. Serve una grande campagna referendaria per cancellare la controriforma rinnovando con il no popolare la legittimazione della Costituzione, minata da decenni di tentativi di stravolgimento dell’assetto delle istituzioni democratiche e della garanzia dei diritti. Il progetto rossoverde, oltre al significato culturale di ricercare nuove relazioni tra essere umano e natura, mira a determinare nuovi contenuti occupazionali, con proposte che incidono sulla “composizione dell’offerta”; per questo esso contribuisce a ridefinire nuove priorità economicosociali: i beni comuni sono una strategia di innovazione che attraverso nuove finalità dell’economia garantisce diritti universali a beni primari e fondamentali per la vita – acqua, aria, sovranità alimentare, energie rinnovabili, sicurezza del territorio sono capitoli per una diversa economia da intrecciare con quelli per la gestione pubblica e collettiva dei servizi pubblici, tesi a garantire i diritti sociali. C’è nel nostro dibattito un eccesso di autoreferenzialità. Prevale la posizione precostituita o lo schieramento. Questo non fa vedere ciò che avviene nella realtà. La situazione politica è dinamica e aperta a esiti non scontati. Invece in chi critica le primarie o il nostro comportamento rispetto alla proposta di legge elettorale avanzata dalle destre, a me pare fotografi una situazione statica. Rifondazione Comunista muove lungo una linea di movimento, si propone di scompaginare il quadro per affermare il processo di alternativa alle destre e spinge naturalmente alla competizione, anche all’interno dell’Unione. Abbiamo da un lato un’operazione, quella delle liste arcobaleno, fortemente caratterizzata da ceti politici e perciò opposta alla nostra, la quale tocca anche soggetti tradizionali di riferimento: penso all’appello di alcuni sindacalisti. Dall’altro l’ipoteca di forze moderate, per altro anche esse in competizione tra loro, che ha tentato di impedire lo stesso svolgimento delle primarie. C’è via via una sintonia di popolo che cresce, che consente di guadagnare attraverso la campagna delle primarie, consenso crescente attorno a ciò che proponiamo. Bertinotti diviene un simbolo per il cambiamento, tutto all’opposto della personificazione della politica. Così anche per la proposta della legge elettorale. Non è solo il merito (la legge è una truffa assai lontana dalla regola proporzionale) che ce la fa rifiutare, ma il contesto politico in cui è maturata. Anche solo un nostro cenno di interesse non verrebbe capito. Siamo stati sempre contrari al maggioritario ma uno scambio con Berlusconi nessuno ce lo perdonerebbe nel popolo della sinistra. Si seppellirebbe così anche qualsiasi possibilità di ritornare a discutere di proporzionale nella prossima legislatura, come invece è necessario. Presi a criticare la nostra internità all’Unione non vediamo ciò che avviene. Manca il senso del mutamento che si produce. Così come anche nel dibattito estivo ciò che è mancato, tra l’altro, in chi criticava “gli ambientalisti”, è il riconoscimento della pratica agita dai soggetti sociali, la loro aspirazione al mondo diverso e l’inveramento, certo parziale, di uscita dal mercato (valori d’uso valori di scambio). Siamo in piena crisi del capitalismo e nell’approfondimento che dovremo fare propongo anche di esaminare l’intreccio che c’è tra le ex municipalizzate, la rendita e i processi di privatizzazione dei servizi. Leggere più profondamente le vicende di ASM di Brescia o di Acea di Roma servirà anche a rafforzare la nostra lotta contro le privatizzazioni, affermare un nuovo pubblico e valorizzare i beni comuni, come paradigma di un’altra economia. Neocentrismo: la crisi del blocco sociale che ha sostenuto la Cdl si intreccia in un rapporto di causa effetto con i progetti centristi. L’uno è propulsore dell’altro. La crisi del blocco è evidente, è verticale perché attraversa il ceto politico ed è orizzontale. Alle politiche nulla vedremo di grande centro. Chi sta organizzando l’operazione irromperà nel dibattito ai segnali di crisi dell’Unione. Berlusconi frena l’ipotesi centrista che sancirebbe la sua fine. Prova a tenere insieme i cocci. Devoluzione, sua riconferma, bipolarismo e legge elettorale. Passando per la ricomposizione della Cdl cerca la ricomposizione del blocco sociale. Elezioni primarie: una vittoria c’è già. IL gioco è solo tra noi e Prodi. Vorrei metter in evidenza due aspetti: uno negativo e uno positivo. Il primo: la geografia delle primarie rallenta la costruzione della sinistra alternativa. Non siamo riusciti a raggruppare attorno alla candidatura di Fausto tutta la sinistra di classe. Certo ci sono segnali locali positivi: l’Associazione Difesa Del M. Bianco, si schiera interamente con Bertinotti. Dal no al Ponte allora allo STOP AI TIR come nostro percorso. Siamo alla verifica delle intuizioni, dovremo cogliere l’occasione. Le primarie siano volano per il programma. Non dovranno rimanere chiuse nei nostri campanili di partito né geografici. Dovranno essere strabiche, un occhio all’Italia e uno a quello che nel mondo è antiliberismo. Ma questo è già parte dell’aspetto positivo. E’ l’eruzione nella società del patrimonio di un partito comunista nel 2005. Penso che un risultato largo di Fausto ridarebbe lena alla costruzione della sinistra alternativa. Con il PRC leader. |