Comitato Politico
Nazionale 30 - 31 ottobre 2004 La relazione del segretario esplicita nettamente la prospettiva di governo come passaggio centrale della prossima fase collocandola in una precisa analisi dei movimenti, delle classi dirigenti e delle forze della sinistra. Noi non siamo d'accordo con questa prospettiva. Per questo presenteremo al congresso una mozione alternativa frutto di una diversa analisi e quindi di una diversa proposta. Movimenti e liberismo La fase attuale vede ancora una funzione essenziale dei movimenti di massa. Il Forum di Londra, la manifestazione per la pace, le tante vertenze locali mostrano ancora l'esistenza di una forza di cambiamento che deriva dal rivolgimento politico e ideale avviatosi con la manifestazione di Seattle del 1999. Il "movimento dei movimenti" ha espresso una forte critica al sistema capitalistico, sia pure alludendo debolmente a un'alternativa, occupando lo spazio politico di una soggettività radicale e antagonista. Questa natura ha potuto trovare nelle mobilitazioni per la pace un passaggio ulteriore grazie alla forte natura etica del pacifismo e alla irriducibilità alla guerra. Questa importante dinamica generale e generalista dei movimenti non si è però ancora accompagnata a un'incidenza nei rapporti di forza tra le classi su scala internazionale. Come dimostrano le vicende sindacali e le lotte - ancora troppo spesso sconfitte - dei lavoratori a livello globale, l'incidenza, il radicamento, l'efficacia sociale dei movimenti è ancora da costruire. Ovviamente non si tratta solo di una "colpa" dei movimenti: troppo ampio è il fossato scavato dalle sconfitte del Novecento perché una nuova generazione possa colmarlo agilmente. I nuovi movimenti hanno il "diritto alla pazienza", all'accumulazione lenta di forze, al conseguimento di risultati, al raccordo tra obiettivi e strumenti adeguati. In questo senso tentare di adeguarli al quadro politico - come pure il nostro partito sta cercando di fare, con la prospettiva della Grande alleanza democratica - significa distorcerli in due direzioni negative: da una parte accentuando la delega, con l'illusione che un prossimo governo di centrosinistra potrà strappare i risultati che ancora non abbiamo conseguito; dall'altro rischiando di comprimerli e distruggerli per renderli compatibili ai tempi e priorità del quadro politico. Liberismo e imperialismo Questa difficoltà complessiva è speculare alla situazione delle classi dirigenti del mondo. Se è vero che l'ideologia neoliberista è incrinata nella sua pretesa di regolare il pianeta e che la guerra incontra resistenze crescenti, è altrettanto vero che mai come ora le classi dominanti sono all'offensiva. Gli Usa rilanciano un moderno imperialismo - che fa piazza pulita della teoria dell'Impero o del presunto dissolvimento degli stati - ancora più aggressivo e spietato; in Russia, Putin sta ricostruendo una moderna dittatura; la Cina ripropone un capitalismo selvaggio; il mondo arabo oscilla sotto il giogo di dittature spalleggiate dall'occidente e di un estremismo integralista pericolosissimo; l'Europa dopo il varo della moneta unica ha conseguito l'allargamento a est e la firma della Costituzione europea, cioè un ordinamento liberista dell'Unione europea. Le politiche liberiste incontrano un ripudio crescente da parte di larghi settori di masse che ne subiscono le loro conseguenze devastanti, ma gruppi dirigenti borghesi e le loro rappresentanze politiche, sotto la spinta delle contraddizioni attuali del capitalismo e della feroce concorrenza indotta dalla globalizzazione continuano a gestirle con estrema determinazione, anche in Europa dove assistiamo, a partire dalla Germania al tentativo di una ulteriore radicale modifica dei rapporti di forza tra le classi e ad infliggere una pesante sconfitta alla classe lavoratrice che ne destrutturi l'unità sociale ed organizzativa conquistata in oltre cento anni di lotte. Il centrosinistra internazionale Nella definizione di classi dirigenti va compreso anche il variegato centrosinistra internazionale. Insomma, anche Prodi, non a caso oggi riconfermato in pompa magna, sia pure transitoriamente, alla guida della Commissione. Un punto centrale della nostra analisi risiede proprio nella definizione delle sinistre liberali che vanno progressivamente distaccandosi dalla propria base sociale pur mantenendone l'egemonia politica e ideale. E' un punto chiave questo, che interroga le forze di sinistra anticapitalistica e alternativa, le quali ancora oggi scontano la loro debolezza di impianto sociale, di proposte programmatiche, di relazioni internazionali. Il centrosinistra internazionale rappresenta in forme sempre più dirette gli interessi delle classi dominanti cercando di conciliarli con una rappresentanza del mondo del lavoro. L'ipotesi della concertazione e del compromesso sociale, sempre più al ribasso, rimane la loro prospettiva e accomuna Prodi e Schroeder, Blair e Kerry, Zapatero e Hollande. Questa condizione determina una situazione di "democrazia negativa" per cui le occasioni elettorali divengono il passaggio in cui prevale il "voto contro" il "male minore". E' in questo contesto che occorre muoversi e delineare una proposta all'altezza della sfida. Un altro progetto Quella che noi proporremo al congresso è una linea politica in continuità con la rottura Prodi, con l'immersione nei movimenti operata da Genova in poi, con il quinto congresso del partito che, non a caso, tematizzava la rivoluzione come moderna categoria politica. Si tratta oggi di padroneggiare tre livelli connessi tra loro. a) Consolidare lo sviluppo dei movimenti, su scala mondiale, europea e nazionale, per incidere nei rapporti di forza tra le classi e lavorare alla loro inversione. b) Avanzare nella costruzione di una più ampia sinistra anticapitalistica adeguata. c) Conciliare questi due obiettivi con l'unità sociale, e conseguentemente politica, in funzione di battere le destre. Si tratta di una strettoia difficilissima in cui certamente possono emergere rischi di settarismo (ancora troppo presenti al nostro interno) ma anche il rischio, enorme, di una perdita delle nostre ragioni. Governo e Grande alleanza democratica Per questo pensiamo che un accordo elettorale, e non di governo, sia lo strumento più utile per realizzare questo disegno. Un governo oggi, con le forze liberali del centrosinistra, può infatti farci correre il rischio più grande: renderci responsabili di una crisi verticale dei movimenti di massa; renderci partecipi di una sorta di "soccorso" alla crisi delle classi dirigenti. Questo rischio, in particolare, è presente nell'esperienza della Grande alleanza democratica (definita e percorsa senza un dibattito interno al partito) in cui Rifondazione elimina la sua differenza di fondo dalle forze centriste dell'Ulivo e in cui si determina un compromesso al ribasso senza programmi né contenuti. Basta guardare alla manifestazione contro la finanziaria, velocemente annullata per gli impegni di Prodi che, evidentemente, hanno la meglio sull'urgenza e necessità di contrastare la finanziaria di Berlusconi. O basta guardare al metodo scelto per le regionali, in cui i candidati vengono scelti per la loro capacità di vincere e non per il programma che realizzano. Basta guardare, infine, alla mozione presentata sull'Iraq, dove alla giusta richiesta del ritiro delle truppe, vengono affiancati altri obiettivi, confusi e ambigui, che hanno l'effetto di influire negativamente sulla rivendicazione centrale di questa fase, la fine dell'occupazione e il ritiro immediato delle truppe. Un'altra linea politica Il punto centrale di fase è quindi la costruzione dei movimenti. E' questo il passaggio centrale per realizzare l'opposizione alle destre e a Berlusconi a partire dalle urgenze non rinviabili del mondo del lavoro - salario, stato sociale, democrazia, orari e contratti. Costruire un nuovo ciclo di lotte è l'impegno che ci deriva anche dalla manifestazione pacifista del 30 ottobre con l'obiettivo di unificare i movimenti, garantendone rigidamente l'autonomia dal quadro politico. Le scadenze sono già indicate: dalla manifestazione contro la precarietà del 6 novembre a quella contro la Moratti del 15, dallo sciopero generale (purtroppo generico, tardivo e inadeguato) del 30 novembre alla manifestazione dei migranti del 4 dicembre. Fino all'annunciata manifestazione antiliberista e antiguerra lanciata dal Forum di Londra e prevista per il prossimo 19 marzo a Bruxelles. Secondo obiettivo è la costruzione di una sinistra alternativa. A condizione di fare un po' di chiarezza, eliminando il politicismo e il dialogo incomprensibile di vertice. Alla costruzione della sinistra alternativa servono più campagne e meno convegni, iniziative comuni, vicinanza nella costruzione di lotte. Ma serve anche un chiarimento sul progetto di fondo che non può che essere l'avanzamento verso una più definita, e ampia, sinistra anticapitalistica, che progetti cioè la rottura con il sistema esistente. Anche sul piano europeo. La sinistra europea vive, infatti, ancora di due limiti: della capacità di realizzare azioni comuni e dell'indisponibilità di realizzare un vero allargamento a tutte le forze anticapitaliste presenti su scala europea. Infine, il nodo del governo. La nostra contrarietà non risiede in una gelosa preservazione dell'identità quanto nella consapevolezza che l'unico modo per preservare il progetto politico di fase è il mantenimento dell'alterità della Rifondazione comunista. Un governo di un paese con un'economia capitalistica, si può solo dare sulla base di diverse condizioni - situazione internazionale, forza sociale, condizioni soggettive, ecc. - ma una prevale su tutte: che sia un governo che avvii una rottura con l'ordine esistente, che realizzi un programma immediatamente rappresentativo di profondi bisogni popolari e che esprima una forza, soprattutto sociale, che spinge per un cambio effettivo creando quindi le base di un reale processo di transizione. Queste condizioni oggi non ci sono. La Grande alleanza democratica rappresenta gli interessi della Concertazione e ha come orizzonte di società la Costituzione europea. Meglio un accordo elettorale, da definire sulla base di precise condizioni. Il rischio, reale, sarebbe altrimenti di entrare nel governo della globalizzazione e il venir meno delle ragioni della rifondazione comunista. Per queste ragioni presenteremo dunque una mozione alternativa. Lo faremo in un processo aperto e partecipato che vedrà un primo momento di incontro domenica 7 novembre in un'assemblea nazionale indetta da quei compagni e compagne firmatari del documenti "rifondazione, rifondazione, rifondazione" a cui si può aderire tramite il sito www. sinistracritica. altervista. org Gigi Malabarba,
Flavia D'Angeli, Franco Turigliatto, Salvatore Cannavò, Lidia
Cirillo, Barbara Ferusso, Elena Majorana, Nando Simeone |