Comitato Politico
Nazionale 30 - 31 ottobre 2004 Questo documento vuole essere un campanello di allarme per tutti quei compagni sensibili e interessati alle sorti, allo sviluppo, alla identità ed alla sopravvivenza del nostro partito. Non si tratta di un'affermazione retorica tendente ad esagerare i pericoli presenti nelle più o meno recenti proposte revisioniste del nostro Segretario e del Gruppo Dirigente, che da tempo stanno determinando l'azione politica del Partito. Negli ultimi mesi il Segretario ed il gruppo dirigente non solo hanno accelerato il processo di autoriforma del partito ma hanno spinto per operare una cesura netta ed inequivocabile con la nostra storia di comunisti, senza peraltro permettere alla base di partecipare a questa scelta strategica di fondo che trasformerà il nostro partito in uno dei tanti soggetti riformisti che più niente hanno a che vedere con la rappresentanza dei lavoratori e delle masse oppresse. Dunque si sta portando a compimento la linea politica, perseguita per anni, a favore della dissoluzione della forma partito di leninista memoria e della rinuncia di ogni nostra tradizione e cultura. La destrutturazione del partito è la dote che bisogna consegnare al centrosinistra per formalizzare l'unione politico-programmatica che prelude alle prossime scadenze elettorali. Siamo di fronte ad un'operazione sterile ed istituzionalista che aprirà uno spiraglio solo all'empasse politica di una parte considerevole dell'Ulivo che intende riciclarsi nella costruzione di questo nuovo e allargato partito riformista. L'alleanza con Prodi che si è realizzata nelle sale del potere, lontano dai luoghi veri del conflitto sociale, servirà soprattutto ai DS e al centro moderato, ma non porterà niente di buono ai lavoratori o agli aspiranti tali. Quali sono i contenuti e la prospettiva che accomunano Rifondazione con l'Ulivo di Prodi e D'Alema? Con la nascita della "grande alleanza democratica" corriamo il rischio di fare solo l'ala critica oltretutto in concorrenza con il correntone DS. Se aggiungiamo le diluizioni già in corso rispetto alla forma partito e alle dimensioni organizzative e di lotta non risulterebbe irrealistico per il partito il rischio di rimanere immischiato in dimensioni di "non ritorno" per la nostra identità alternativa, per il carattere della diversità comunista e per la nostra stessa autonomia. L'alleanza con Prodi e l'ingresso in un eventuale governo liberista e classista ripropone gli stessi assi portanti di quella stagione politica del 1996 che ha tartassato e impoverito il paese, spostando anche parte dell'elettorato di riferimento della sinistra a destra, e che ha permesso al successivo governo "Berlusconi" di agire incontrastato, indisturbato per i suoi interessi personali e di classe. Chi infatti meglio del centrosinistra quando ha governato ha saputo pacificare, sedare, il conflitto sociale e di piazza e manovrare (riformare) indisturbato? Per arrivare a tutto questo, è stato indispensabile calpestare le forme più elementari della democrazia nel partito, andando al superamento di tutti gli organismi dirigenti da quelli territoriali a quelli nazionali e quando questi sono stati convocati si è trattato solo di ratificare ciò che era già stato deciso e promulgato soprattutto dalla stampa borghese. Vedi per esempio la costituzione del partito Europeo, la decisione di fare l'alleanza programmatica con Prodi, la partecipazione alle Primarie dove Prodi è il leader incontrastato e dulcis in fundo la proposta della coalizione democratica. Tutto ciò finisce per abbassare il livello di critica interna. E' sempre più raro assistere a discussioni politiche nei circoli che si svuotano progressivamente di contenuti e di compagni. E' impossibile non tenere conto delle cospicue perdite che stiamo subendo in una fase in cui è necessario tenere alto il livello di confronto dentro e scontro fuori del partito. Ai militanti del Partito della Rifondazione Comunista non resta che aspettare di conoscere le decisioni del Segretario. Qualunque dissenso non viene ascoltato e, in una sclerotica "guerra di posizione", si rischia di cancellare il senso di appartenenza che lega i compagni al partito e che da significato e forza alla loro militanza. E' dunque questo il nuovo corso del PRC? E' dunque questa l'originale proposta del partito nuovo? Di sicuro, non sono metodi democratici e di sicuro non sono nuovi, poiché appartengono alla peggiore tradizione di quei partiti burocratici dai quali tutti dicono di prendere le distanze. L'attacco al pluralismo si fa progressivamente più duro. Piuttosto che incentivare la dialettica interna, si preferisce sedare qualsiasi tentativo di confronto tra posizioni differenti, censurando qualunque voce contrastante con quella della maggioranza. Un esempio per tutti è il nostro giornale, sul quale vengono pubblicati articoli e contributi al dibattito scritti sempre dai soliti dirigenti. Si preferisce dare spazio perfino a compagni (e non) esterni al partito piuttosto che permettere alle minoranze di esprimere e fare conoscere le proprie posizioni. Adesso, però, a partire dall'appuntamento congressuale, c'è da salvare il partito e garantire la sua autonomia, nonché operare perché le forze del movimento che fanno riferimento al partito non finiscano piegate e utilizzate, dagli interessi spuri non vocati all'alternativa che vi si sono sovrapposti, per diluire il partito stesso e la sua identità; con esse, anzi, va trovato il modo, perché, nell'insieme del movimento, si possa risultare avanguardia nell'operare, dentro la concretezza delle problematiche di lotta, a che maturi sempre di più la coscienza di classe necessaria a riguadagnare l'originaria dimensione anticapitalista. Una nuova"direzione politica" non chiamata a superare le attuali differenti opzioni strategiche nel partito, ma a garantire loro un piano di rinnovato e pluralistico confronto interno, nella pratica della democrazia ad ogni livello è condizione prima per salvare il partito; e la salvezza del partito comunista è la condizione essenziale perché resti aperta la possibilità di realizzare l'alternativa al capitalismo. Appare evidente che il processo rifondativi è secondo noi, tutt'ora più che mai aperto, sia sul piano squisitamente politico, nella ricerca di un a nostra linea strategica e tattica, sia nella coscienza e nel sentire della gran parte dei militanti e sia infine, per la complessità delle domande che emergono dall'attuale società e per la difficoltà delle risposte da formulare. È del tutto logico che, in tali condizioni, i pareri e le opinioni si diversifichino e si organizzino per la conduzione di un dibattito che, se correttamente inteso e condotto, non può che vivificare ed arricchire il partito. Per questo, dobbiamo lavorare in direzione della creazione di un dibattito che sia in grado di coinvolgere le basi tutte, ripristinando il livello di democrazia necessario alla rifondazione del partito comunista. Per far questo invitiamo tutti i compagni che non intendono rinunciare a tale prospettiva a unirsi in un unico documento congressuale. Luigi Izzo,
Pasquale D'Angelo, Guido Benni |