Comitato Politico Nazionale
25 - 26 ottobre 2003

Interventi

Nadia Palozza
Federazione Tivoli
La modalità con cui è aperta nel partito la discussione sulla fase politica è segnata da un deficit di democrazia interna, i suoi organi dirigenti non sono stati adeguatamente coinvolti a discutere su questioni rilevanti di linea politica. Questo stato di cose ha creato un disorientamento nel partito. E quindi necessario riportarne la discussione al suo interno, coinvolgendone tutti i livelli, a partire dai circoli, fase di dibattito che non può considerarsi chiusa con il Cpn del 25-26 ottobre, bensÏ aperta. La fase politica che stiamo attraversando è fortemente segnata dalla devastazione democratica e sociale compiuta dal governo Berlusconi attraverso misure quali: la riforma delle pensioni, la legge finanziaria, la legge 30, la riforma Moratti, la legge Cirami e il lodo Schifani, la riforma della Rai, il federalismo. Questa offensiva si colloca in un quadro internazionale segnato dalla recessione economica e dalla crisi del neoliberismo. Crisi determinata oltre che dal quadro economico, dallíoffensiva del movimento antiliberista che ha contribuito a determinare il fallimento del vertice Wto a Cancun e il no della Svizzera allíEuro. Allíoffensiva della destra italiana risponde una forte opposizione nel Paese che attraversa anche i settori sociali di riferimento delle forze governative. Questo movimento è articolato e diffuso ed esprime una forte spinta allíunità e alla radicalizzazione del conflitto. A queste richieste è necessario rispondere costruendo uníunità dal basso, pensioni, precariato, guerra, migranti, democrazia sono alcuni temi di una piattaforma su cui costruire líopposizione sociale. Questa prospettiva però non può non fare i conti con líevidenza del fallimento delle politiche neoliberiste e del patto di stabilità europeo che non ha determinato un serio ripensamento delle proprie strategie da parte della sinistra moderata e socialdemocratica italiana ed europea.

Gianluigi Pegolo
Direzione nazionale
Di fronte allíobiettiva pericolosità del governo Berlusconi e ad una domanda di unità che viene dalla nostra gente e dagli stessi movimenti, la ricerca di uníintesa con il centro sinistra per cacciare le destre dal governo è ineludibile, pena il rischio di recidere il nostro rapporto di massa. Per questo non condivido le posizioni dei compagni della minoranza e anche di un pezzo dellíattuale maggioranza che pensano di poter eludere questo confronto puntando solo sullíiniziativa nel movimento. Ciò non significa disconoscere le difficoltà a stabilire uníintesa con forze che mantengono posizioni moderate spesso distanti dalle nostre ma il punto è che ciò deve essere affrontato attraverso uníiniziativa politica che, agendo sulla spinta presente nei movimenti, sullíarticolazione esistente nello stesso centro sinistra e sulla crisi delle politiche neoliberiste, permetta di verificare la possibilità di costruire una convergenza programmatica adeguata. Per ottenere questo risultato sono però necessarie alcune scelte. In primo luogo, occorre superare ogni propensione minoritaria del partito nei movimenti (la vicenda dei centri sociali del nord est dovrebbe insegnarci qualcosa); occorre poi costruire una vera convergenza politico-programmatica con le forze che ci sono più vicine per modificare i rapporti di forza a sinistra, far crescere tale convergenza nello scontro sociale col governo, rendere più esplicito il confronto col centrosinistra sui contenuti, anche con uníapposita conferenza programmatica, ed infine mettere mano alla situazione critica in cui versa il partito, coinvolgendolo pienamente nella scelta di linea, impegnandosi nel suo rafforzamento organizzativo e, soprattutto, facendone uno strumento di efficace iniziativa politica.

Patrizia Poselli
Federazione Genova
Condivido la relazione e líinvito a non focalizzare la discussione sulla proposta dellíaccordo programmatico di cui comunque sottolineo il carattere di percorso in progress. Alcune preoccupazioni espresse nel nostro dibattito, emerse anche nel Cpf genovese, sono non eludibili. La maggioranza degli Italiani vuole la caduta del governo: líinequivocabile dimostrazione è la riuscita dello sciopero del 24. Ma con quali forze e concretamente come costruire, da qui al 2006, impronte sociali nel processo di convergenze sulle ipotesi di programma da opporre a Berlusconi? Cíè una preoccupazione diffusa (a Genova espressa bene dal contributo al dibattito dei Gc) di portare avanti, contemporaneamente al confronto istituzionale dei tavoli col centrosinistra, líautoriforma del Partito per attrezzarlo a recepire le istanze dei movimenti e delle lotte. Per costruire concretamente un programma di alternativa di governo bisogna partire dalla costruzione di una piattaforma comune di opposizione alle politiche governative sui seguenti obiettivi: 1) una battaglia sulle pensioni accanto alle organizzazioni sindacali; 2) la difesa del welfare a livello nazionale e locale; 3) líinapplicazione della L.30 a partire dagli Enti locali gestiti dal centrosinistra con il Prc. Vogliamo chiamare atti di disobbedienza civile líimpegno a non utilizzare la L. 30 per assunzioni negli Enti locali e la discriminante della scelta delle imprese di appalto che non la applicano? Che líaccordo sia più o meno avanzato dipenderà dalla nostra capacità di far incidere il sociale sul politico, cioè essere líistanza politica dei movimenti e dei bisogni dei ceti più deboli. CosÏ sta succedendo da noi sulla vendita delle case popolari, sulla difesa della condizione degli anziani, sulla battaglia per il voto ai migranti già per regolamento comunale.

Andrea Ricci
Responsabile Economia
La crisi globale delle politiche neoliberiste assume in Italia connotati più accentuati che altrove. Il decadimento delle condizioni sociali erode la base di consenso dei vecchi equilibri di potere. Il declino strutturale dellíapparato produttivo semina sfiducia e pessimismo nelle classi dirigenti, oggi in preda ad una crisi di egemonia ideologica e culturale, ancor prima che di rappresentanza politica. Il blocco sociale costruito intorno al governo Berlusconi si sta frantumando. Il mix di liberismo e populismo non ha più margini per operare. La cacciata di questo governo appare oggi un obiettivo politico praticabile. Gli esiti di questi processi sono aperti e molteplici e comprendono anche uníuscita autoritaria dalla crisi. Tuttavia, il consolidarsi dei movimenti sociali ha determinato condizioni nuove e più favorevoli per la fuoriuscita dallíegemonia neoliberista. In questa nuova situazione, abbiamo il dovere di indicare alle masse popolari una possibile soluzione riformatrice della crisi attraverso la delineazione di uníalternativa programmatica di governo. Abdicando a questo compito, rischiamo di apparire come una forza politica ridondante e inutile. Nel fronte delle opposizioni è oggi in atto uno scontro tra la tradizionale opzione del neoliberismo temperato, incarnata dallíipotesi del partito unico riformista, e una nuova prospettiva riformatrice e antiliberista. Con la proposta politica che avanziamo, possiamo incidere in questo scontro e determinare le condizioni per la nascita di una sinistra politica di alternativa con basi di massa. Fondamentale per il successo di questa prospettiva è non piegare ad essa le dinamiche autonome di movimento. Lo sviluppo delle pratiche di movimento deve conservare una piena autonomia dalla dimensione immediata del governo. Sarebbe esiziale per il movimento dividersi tra pratiche di fiancheggiamento o, al contrario, di aperta ostilità alla nuova prospettiva politica. Anche per evitare questi possibili esiti, oggi più di ieri, dobbiamo vivere fino in fondo la nostra internità al movimento come connotato strategico della nostra identità politica.

Mario Ricci
Direzione nazionale
Le sconfitte del Novecento sono ìlo spettroî che si aggira nei momenti alti dello scontro sociale e di classe. Dinnanzi ai processi dellíoggi, che ci parlano di un crocevia fra civiltà e barbarie, i segni di quelle sconfitte pesano come macigni. Guai se cosÏ non fosse! Nella nostra discussione io vedo, infatti, la diffidenza o meglio la paura di essere ancora le vittime sacrificali di una rinnovata capacità del Capitale di assorbire o stemperare radicalità e antagonismo dentro il suo tentativo di riorganizzazione e di fuoriuscita dalla crisi. La lotta per líegemonia non esclude a priori questo rischio, poiché líesito non è scontato e non è dato una volta per sempre. Non accetto, però, letture meccanicistiche secondo le quali anche nellíoggi come nel passato storico è già tutto scritto. Il passaggio di fase non può essere sempre e comunque omologato ai processi che hanno determinato le nostre sconfitte., per due semplici motivi: 1- il contesto politico e sociale presenta elementi molto diversi se non rovesciati; 2- tale lettura ci parla sostanzialmente di una cancellazione e derubricazione del faticoso tentativo di rifondazione di un pensiero critico antagonista dellíattuale formazione capitalistica. La nostra proposta politica che interviene sulla crisi delle politiche neoliberiste, sulla crisi del governo delle destre e del ìriformismo di ritornoî è forse attraversata da quelle culture e pratiche compatibilistiche, che sono state attivate nel novecento dalle organizzazioni politiche e sindacali del movimento operaio? Io penso di no! Essa, semmai, discende dalla evoluzione e dalla maturazione di processo che sono il risultato anche della nostra ìtestarda resistenzaî, dalle insanabili contraddizioni della globalizazzione capitalistica ingombrata dallíascesa costante del movimento e dalla incipiente ribellione dei Paesi poveri del mondo. Proponiamo qui, in Italia e in Europa, una sfida sul terreno che abbiamo contribuito a determinare. Nessuna mossa del cavallo! Eí una sfida che interviene nella crisi evidente dei soggetti sociali e politici che hanno declinato in questo decennio il modello neoliberista selvaggio o temperato.

Michele Rizzi
Federazione Bari
Il nostro Partito ufficialmente lancia la ìsvoltaî governista che sostanzialmente elimina alla radice le motivazioni che hanno reso necessaria la sua nascita e naturalmente distrugge líopposizione comunista in Italia. Le dichiarazioni dei vari Rutelli, Fassino, DíAlema, ossia dei maggiori esponenti del centro liberale dellíUlivo e del futuro Partito riformista, sulla riforma delle pensioni, sullíIraq, sulle gabbie salariali al Sud, sulla Costituzione europea, sulla scuola, tanto per accennarne alcune, non lasciano adito a dubbi circa líindirizzo liberista e di classe che dovrebbe assumere il futuro governo Prodi. Si crede realmente che nel prossimo governo Prodi, la piccola componente socialdemocratica (sinistra Ds, Pdci e Verdi) e il Prc possano spostare líasse programmatico da contenuti opposti ai nostri? E di fronte alla naturale impossibilità non ci verrà detto che il nostro peso parlamentare non ce lo permette? Si vuole distruggere ogni alternativa politica anticapitalista aprendo la gabbia del centrosinistra ed andandoci a soggiornare. Finalmente diventa chiaro alla base degli iscritti e ai compagni del ìmovimentoî che quando si parlava di ìsinistra díalternativaî si alludeva ad una sinistra di governo alleata di chi, in un certo senso, non è neanche minimamente alternativo dal punto di vista della politica economica e sociale a Berlusconi. ìCacciare Berlusconi, ma non per governare con líUlivoî non è solo uno slogan, ma richiama ad una realistica alternativa ai due Poli che si fronteggiano sulla scena nazionale. Altrimenti vi immaginate il G8 dellíautunno 2006, caratterizzato dalle manifestazioni del movimento no-global contro il governo Prodi-Fassino-Bertinotti-Dini?

Franco Russo
Federazione Roma
Benettollo ha parlato di un rischio di chiusura della fase della positiva contaminazione tra il ìsocialeî e il ìpoliticoî, mentre bisogna mantenere aperta questa fase di ricerca e sperimentazione. La proposta di aprire un confronto con líUlivo non può ridursi a uníinterlocuzione ìsolitariaî di Rifondazione. Se ci fosse una ìcontrattazioneî tra Rifondazione e líUlivo questa avrebbe due effetti deleteri: si concluderebbe con un accordo ìnecessitatoî, díemergenza anti-Berlusconi, e metterebbe allíangolo il movimento dei movimenti. Cíè una divaricazione tra classi subalterne e centrosinistra: ìnuoviî e ìvecchiî settori del lavoro dipendente e del nonlavoro sono privi di rappresentanza politica. La ìstagione dei dirittiî ne è uno dei sintomi. Essa ha spinto prima la Fiom e poi la Cgil a una positiva ìespansioneî nella politica, cosÏ come è successo per líArci. Si pone la questione di come riarticolare il ìsocialeî e il ìpoliticoî, per battere in breccia il ritorno del politicismo. I ceti politici aspirano allíegemonismo. Per sconfiggerlo è necessario che al percorso programmatico partecipino altri interlocutori, il movimento dei movimenti, non solo per evitare il rischio di solitudine di Rifondazione, ma perché nuovi soggetti sono portatori di progetti di radicale trasformazione. Dobbiamo essere consapevoli che si possono indurre diffidenze, timori di scavalcamento. Il movimento non è ancora coinvolto nel percorso politico-programmatico, va in parallelo. Per superarlo occorre che dal Forum di Parigi vengano indette due iniziative: una giornata di mobilitazione europea contro la guerra, per i diritti sociali e la democrazia in Europa; líassemblea per líaltra Europa che potrebbe cadere il 9 maggio, probabile data della firma del Trattato costituzionale.

Giovanni Russo Spena
Deputato
Viviamo un dibattito sofferto, una ricerca vera. » giusto che líidentità non sia un ideologismo autoreferenziale. Siamo di fronte (dopo la rottura con il governo Prodi) ad un secondo atto rifondativo della nostra storia, in un contesto che è, in due anni, profondamente mutato per la ìdoppia crisiî del liberismo e del riformismo. La nostra proposta non è il ritorno al politicismo, alla politica tradizionale ma, partendo dal movimento e dal conflitto, la ricerca di un nuovo ìspazio pubblicoî e di una politica fondata sulla socializzazione e sullíautorganizzazione. Per questo dobbiamo, in questo difficile passaggio, bandire anatemi, evitare la pratica distruttiva della blindatura delle proprie posizioni congressuali. Noi dobbiamo, infatti, porre a tema interrogativi seri, su cui si è rotta la testa tanta parte del movimento comunista novecentesco: è lineare il rapporto tra opposizione, governo, presa del potere? Il percorso dei contropoteri e dellíautorganizzazione ìdal bassoî è linearmente progressivo sino allíesito rivoluzionario o ha bisogno, in una democrazia rappresentativa borghese, in alcuni tornanti storici, di una leva aggregativa ìdallíaltoî, governativa, che indichi un piano alternativo di politica economica? E soprattutto (è il tema fondativo della nostra ricerca) come è possibile avere un programma di governo nella fase della globalizzazione, quando sono in fase di parziale deperimento i poteri degli Stati nazionali? » il motivo per cui parliamo di ìpartito europeo della sinistra di alternativaî.

Roberto Sconciaforni
Federazione Bologna
La linea politica di cui si è dotato il partito in questa nuova fase ci consente di entrare in sintonia con le aspirazioni del popolo delle opposizioni mettendo al centro due obiettivi ineludibili: cacciata del governo delle destre e realizzazione di un programma alternativo alle politiche liberiste lavorando con tutte le forze dellíopposizione. Compito questo tuttíaltro che facile viste le persistenti differenze sulle questioni di fondo tra noi e il centro sinistra vedi pensioni, privatizzazioni, precarizzazione dei rapporti di lavoro, questioni internazionali. Tuttavia questa è la strada su cui lavorare. Sia perché essa corrisponde alla richiesta sempre più diffusa che ci viene dalle classi lavoratrici e popolari, sia perché solo attraverso un progetto alternativo alle compatibilità liberiste possiamo battere Berlusconi e costruire una coalizione che non sia fragile ed effimera. Nel portare avanti la nostra iniziativa non dobbiamo dimenticare che non siamo soli. Anzi, in un contesto di crisi del liberismo, grandi e variegati movimenti, trascinati dal protagonismo del mondo del lavoro, lottano per sconfiggere le attuali politiche liberiste provocando una forte scomposizione della stessa base sociale del centrosinistra e un ricollocamento su posizioni più avanzate di forze come Cgil e Arci. Quale sarà líesito del confronto tra noi e le forze dellíopposizione non è oggi definibile. Il tipo di accordo che si realizzerà per mandare a casa il governo Berlusconi dipenderà dal livello di convergenza programmatica che sarà realizzato e dal contesto internazionale in cui ci troveremo. Quello che da oggi va fatto è organizzare iniziative di partito sulle nostre proposte e costruire la più ampia mobilitazione contro le destre su temi che rispondano ai bisogni dei ceti popolari.

Licia Sema
Federazione Trieste
Il dibattito che è in atto nel nostro partito richiama il discorso di Bertinotti a Livorno; in quellíoccasione il nostro segretario affermò: ìQuando noi rompemmo con Prodi forse non tutte le ragioni stavano dalla nostra parte, ma cíera un prevalente, era rappresentato dalla difesa dellíautonomia di una nuova forzaî. Oggi, di nuovo, al nostro partito, si presenta il dilemma di una scelta ardua, quella di ricercare un accordo possibile con il centrosinistra che forse non vede tutte le ragioni dalla sua parte e rischia di deludere alcuni, ma è innegabile líesistenza di un prevalente: líopinione sempre più diffusa che ci chiede di cacciare il governo Berlusconi. Cogliere questa esigenza primaria non significa rompere, o rischiare la frattura con i movimenti, al contrario, da un accordo programmatico di governo i movimenti potranno trarre nuova forza ed incisività. Dobbiamo renderci conto che nella devastazione sociale prodotta da questo governo, si sente il bisogno di portare finalmente a casa risultati, troppe sono state le promesse e le speranze deluse, a partire da Cofferati. Chi si impegna e lotta anche molto duramente per una causa che ritiene giusta, ha bisogno di vedere almeno qualche risultato, certamente non sarà la presa del Palazzo díInverno, ma come giustamente osserva Bertinotti, rispondendo al direttore di Carta, davvero ìsi ritiene di poter praticare un terreno esclusivamente extraistituzionale che non abbia alcuna incidenza sul governo e sulle grandi scelte sociali che esso compie? î. Ricordo lo sprezzante giudizio di Livio Maitan per il programma elaborato dal Partito in Friuli-Venezia Giulia, definito un esempio da non seguire, non solo ignorando le difficoltà concrete di un piccolo partito che deve sempre tenere conto della realtà, ma trascurando del tutto il peso dei concreti rapporti di forza nella politica concreta.

Patrizia Sentinelli
Segreteria nazionale
Sono molto díaccordo con la relazione. Il dibattito aperto nel Partito e allíesterno ha arricchito la proposta stessa. Líaver esplicitato líobiettivo della caduta anticipata del governo Berlusconi e uníalternativa programmatica di governo da conquistare con le lotte delle opposizioni ha accresciuto il livello di partecipazione democratica alle scelte. Eí segno di innovazione perché ha consegnato la proposta alla relazione con i soggetti reali, e la proposta resta aperta alla discussione. Poggia sulle forze del movimento. Discutiamo pure dei suoi limiti per contribuire alla sua espansione e radicamento ma sfuggiamo a letture fuorvianti di una sua crisi. Líaspetto che trovo più intrigante della relazione è quello relativo al tema del governo in epoca di globalizzazione capitalistica e della sua crisi. Eí un aspetto nuovo per la nostra discussione e merita un approfondimento. Il governo va pensato in connessione con il conflitto e il movimento che è la grande novità di fase, è avere la barra puntata al superamento del neoliberismo. Anche la partecipazione ai governi locali non può sfuggire a ciò. Non siamo più ai tempi della ìridistribuzioneî delle giunte come negli anni í70. Cíè la crisi della politica e della rappresentanza e la partecipazione nostra e/o di altre esperienze radicali non le risolve. Il tema è squadernato: come si ridemocratizza la democrazia. Torna utile qui anche la recente esperienza di Roma attorno al letame gettato dai disobbedienti e la questione delega DíErme. Con la forza del movimento e la sua propensione allíegemonia di massa, si è riusciti a porre di fronte al Sindaco la sua responsabilità nel caso di una rottura e nel contempo aprire una mobilitazione che chiamava alla costruzione del nesso conflitto/governo attraverso il riconoscimento di esperienze di autogestione. Eí questo contesto che ripropone il tema della politicizzazione dei movimenti sociali. Non sappiamo oggi se ci sarà la partecipazione al governo nazionale. Ma se sarà dipenderà certo dai contenuti programmatici che si definiranno, ma particolarmente dal processo che intraprenderemo, dai protagonisti in campo.

Nando Simeone
Federazione Roma
La nuova proposta politica avanzata dalla direzione nazionale del partito sta diffondendo un clima di incertezza e disorientamento tra il settore militante del partito con ripercussioni negative allíinterno del movimento. Quando si propone un accordo con il centrosinistra e un dialogo tra molti per costruire il programma coinvolgendo anche il movimento, introduciamo nel movimento un dibattito che non tiene conto né della realtà esistente né delle reali necessità del movimento stesso in questa fase politica. Molto schematicamente: la caratteristica del movimento dei movimenti è caratterizzata da una grande spinta etica che riesce a coinvolgere centinaia di migliaia di persone nei grandi eventi, ma nello stesso tempo non riesce a tradurre questa grande potenzialità di partecipazione in conflitto e lotte sociali. Pochi i settori militanti che organizzano le mobilitazioni, caratterizzato da dinamiche da intergruppi, scarse le nuove energie. La discussione sullíaccordo di governo oltre a coinvolgere limitati settori di movimento introduce una dinamica di scontro interno se non di indifferenza-diffidenza. Insomma una proposta dannosa per il movimento, inutile per la sua crescita e pericolosa per il suo radicamento. Quanto al centrosinistra, la dialettica tra crisi delle politiche neo liberiste e crescita del movimento e del conflitto di classe, produce da una parte una divisione nello schieramento dellíUlivo tra la componente antiliberista (sinistra Ds-Verdi-Pdci) e quella liberista (maggioranza Ds e Margherita) dallíaltra sposta più a destra su posizioni neo centriste attraverso la costruzione del partito riformista, la maggioranza dellíUlivo. Le ultime posizioni espresse dai vertici dei Ds e da Prodi riguardo alla risoluzione dellíOnu sullíIraq, alla riforma delle pensioni e líemendamento che reintroduce la liberalizzazione dei trasporti pubblici locali sottoscritto dalla lega e dai Ds rappresenta líevidente volontà di questi gruppi dirigenti di candidarsi al governo del Paese come forza moderata ed europeista, affidabile dal punto di vista degli interessi della grande borghesia italiana ed europea.

Fausto Sorini
Direzione nazionale
Mi ritrovo nel nuovo impianto della nostra politica nazionale, che andrà precisata in itinere, sulla base del confronto programmatico con le altre forze. Nessun esito può essere precostituito (a meno di non considerarci già ìostaggiî di DíAlema e del ìpartito riformistaî), se non líesigenza ineludibile di unire comunque, almeno sul piano elettorale, tutte le forze possibili per battere Berlusconi. Esprimo invece forti riserve sulle modalità di costruzione di una nuova ìsoggettività politica europea della sinistra di alternativaî. Il Cpn non ha affrontato il tema e ha ìdato mandato alla Direzioneî. Cominceremo lÏ a discuterne, per poi investire líinsieme del partito (lo spero). Mi limito qui a segnalare che tale processo è in corso da oltre sei mesi, con diversi incontri internazionali che hanno fatto emergere forti divergenze tra i maggiori partiti comunisti e di sinistra alternativa dellíUe. Il partito e i suoi organismi dirigenti (Cpn, Direzione) non sono mai stati informati né investiti della questione. Oggi non vi sono le condizioni perché tale processo possa concludersi unitariamente ìin tempi breviî, se non si vogliono provocare fratture e rischi di spappolamento nel già fragile tessuto unitario che tiene insieme i partiti del gruppo europeo (Gue): il che avverrebbe se un piccolo nucleo di partiti pensasse di procedere a strappi, senza tener conto del parere della maggioranza dei partiti coinvolti, che si sono invece espressi contro ogni precipitazione, proprio al fine di evitare divisioni e fratture. In questa direzione vi sono stati in queste settimane pronunciamenti ufficiali e pressoché unanimi dei Comitati centrali di quattro dei maggiori partiti comunisti dellíUe: vogliamo parlarne su ìLiberazioneî, informare il partito? O pensiamo di poter decidere al buio?

Ilaria Sorrentino
Federazione Novara
La nuova linea politica proposta è un raddrizzamento netto della barra tenuta fin ora. Partendo da uníanalisi della situazione sociale in Italia, devastata in tutte le sue forme democratiche/costituzionali, aumenta decisamente e qualitativamente di contenuti. Non semplifichiamo, banalizziamo dicendo che si debba intendere che la ricreazione è finita. Poniamoci invece il problema della sua praticabilità sul territorio e partiamo dallíanalisi del partito e cominciare a risolvere localmente tutte le situazioni díinstabilità. Ad esempio in Piemonte, dove, anche se cíè stata una ricomposizione della segreteria a Torino, di fatto il Cpr è in stato di stallo da un anno. Eí fondamentale tornare ad investire sulla crescita dei circoli, sul coinvolgimento dei compagni sul territorio, evitando di volare alto e a rimanere lontani dalla realtà (e dalle fabbriche). La presunta innovazione non ha dato esiti. Se finalmente si daí la priorità alla caduta anticipata del governo, serve lavorare per un fronte unitario di alternativa programmatica e le interlocuzioni per farlo oggi nel centrosinistra ci sono, perché la sconfitta delle politiche neoliberiste lo ha disarticolato, allargando il dispiegamento di forze. Per quanto riguarda la centralità del movimento farei alcuni distinguo. Affermare che Casarini e i suoi disobbedienti non dovrebbero essere il nostro punto di riferimento allíinterno del movimento (gli ultimi avvenimenti: i pestaggi dei centri sociali nel nord est, il quasi flop della manifestazione del 4 ottobre, fanno riflettere), non significa espellerli da questo. A differenza, ad esempio, del documento del disobbediente Lutrario, non pecchiamo di tracotanza. Nostri interlocutori privilegiati devono essere tutte le componenti, dallíArci ai compagni della Fiom che hanno fatto la battaglia per líarticolo 18. Con loro ci può essere una espansione dellíefficacia di incidenza nei processi.

Bruno Steri
Federazione Roma
Concordo con la relazione introduttiva e le conclusioni del segretario, che hanno ulteriormente approfondito e chiarito le indicazioni contenute nel documento già approvato a maggioranza nellíultima Direzione nazionale. Si tratta, a mio parere, di scelte ineludibili dettate dallíurgenza fortemente percepita a livello di massa di cacciare il governo delle destre: un governo di cui giustamente si coglie la pericolosità sia sotto il profilo della tenuta democratica e degli assetti istituzionali, sia sotto quello delle condizioni di vita delle grandi masse. Perché un tale fine sia concretamente perseguito, non cíè altra strada che provare a costruire un comune denominatore programmatico che possa tenere insieme forze diverse ed assicurare che líeventuale alternativa di governo possa durare nel tempo. Guai a non porre questo obiettivo come prioritario: la nostra stessa gente non ci capirebbe. Per tentare di raggiungerlo ñ cosa tuttíaltro che semplice ñ il partito deve essere in grado di mantenere ed anzi rafforzare la sua internità ai movimenti di massa, continuare cosÏ ad alimentare il loro potere di condizionamento nei confronti della politica; e, ad un tempo, attrezzarsi per affinare la propria capacità di proposta e misurarsi con convinzione nel confronto con le altre forze. Va detto con chiarezza che fallire il suddetto risultato equivarrebbe ad una pesante sconfitta per il paese reale, non solo per Rifondazione Comunista. Con altrettanta chiarezza occorre aggiungere che tale risultato è da conquistare, non è né già dato né scontato. Il punto politico essenziale sta nel battere líopinione nefasta che sia sufficiente chiudere la parentesi del governo delle destre per tornare semplicemente alle precedenti politiche del centrosinistra: la realtà mostra in termini flagranti che tali politiche hanno conseguito esiti fallimentari, disperdendo riferimenti sociali consolidati e spianando la strada allíopera devastante dellíattuale compagine di governo.

Silvana Stumpo
Federazione Cosenza
La fase politica e sociale che stiamo vivendo ci costringe ad assumerci la responsabilità di scelte certamente non facili ma necessarie. Il primo obiettivo è la caduta del governo delle destre non solo a livello nazionale ma anche regionale provinciale e comunale. Vorrei permettermi di ricordare che il 2004 prima del 2006 saremo impegnati in una dura battaglia elettorale, il cui esito influenzerà molto le successive elezioni. A questo proposito la scelta di linea non può essere altra che il proseguimento di uníapertura politica programmatica con le forze politiche del centro sinistra, ove questo è possibile (parlo soprattutto per i consigli comunali dove molte volte capitano intrecci e trasversalismi pericolosissimi) fermo restando un serrato confronto sui contenuti. Nella federazione di Cosenza, ci sarà il rinnovo del consiglio provinciale, oggi unico consiglio provinciale di centrosinistra rispetto ad un panorama regionale governato dalla destra, e di circa 80 amministrazioni comunali. Il sistema maggioritario da un lato ci penalizza ma dallíaltro ci rafforza poiché senza di noi non si vince. Eí implicito che in una coalizione non si può ottenere tutto quello che si richiede, ma che ci siano dei punti che ci caratterizzano rispetto alle altre forze. Pari dignità e comunque un percorso difficile ed una costruzione di sinistra che si deve affrontare con una logica al positivo e non al negativo. Dobbiamo tenere conto delle indicazioni che ci provengono dalla base del partito, coinvolgendo i compagni in un dibattito di analisi politica e sociale, scegliendo insieme strategie di lotte territoriali che non si discostano da quelle nazionali (diritto al lavoro prima di tutto, e poi diritti del lavoro, sociali, ambientali). Rafforzamento del partito nel territorio, investimento del nazionale sul partito sia dal punto di vista economico che politico. Verifica del lavoro svolto.

Giuseppina Tedde
Direzione nazionale
La cacciata del governo Berlusconi deve essere la priorità per tutte le forze di opposizione presenti in Italia. Líaggravarsi della situazione politica italiana e internazionale ha imposto al nostro partito il cambiamento della linea politica stabilita allíultimo congresso, riproponendo innanzitutto la fusione tra questione politica e questione sociale. Poteva essere diverso? Credo proprio di no. Abbiamo sempre detto che non è pensabile essere autosufficienti e per questo va colto líelemento di novità: non siamo più soli a rivendicare la necessità di cambiamento. Bisogna cogliere tutte le possibilità che si presentano, giusto quindi il confronto con tutte le forze politiche del centrosinistra, ma molto importante risulta creare una rete di rapporti con le forze politiche, sociali e sindacali a noi più vicine, per poter realizzare dei buoni programmi. Avverto un grosso problema: líinadeguatezza del partito. Siamo reduci da un congresso che tanti danni ha prodotto; il decantato valore delle differenze (allíesterno) al nostro interno ha significato líesclusione di interi gruppi dirigenti, il che in molti casi ha determinato líinerzia territoriale di Rifondazione. Un congresso che dichiara non fondamentale líorganizzazione perché sa troppo di vecchio, salvo ora chiedere conto (non si sa bene a chi) del perché il partito non va. Pur tuttavia occorre uno sforzo unitario per dare risposta ai tanti bisogni reali della gente. Dobbiamo quindi promuovere una costante mobilitazione su salari, pensioni, prezzi, lavoro, casa, sanità, scuola, immigrazione, pace, democrazia e inoltre assumere la questione meridionale come questione nazionale. Questo dovere alla mobilitazione si rende necessario anche per essere accreditati come forza politica di riferimento, o noi non avremo futuro.

Franco Turigliatto
Direzione nazionale
In questa fase si coniugano potenzialità e difficoltà nei movimenti di massa; dobbiamo lavorare per vincere lo scontro sulle pensioni, sostenere líiniziativa dei meccanici, favorire le convergenze obbiettive e soggettive del movimento contro la globalizzazione capitalista con il movimento operaio tradizionale, costruire le reti della lotta alla precarietà e una mobilitazione contro la convenzione europea. Eí su questa base che si misurano le scelte vere dei nostri interlocutori e che si ricostruisce lo schieramento capace di battere Berlusconi. Le dinamiche della crisi capitalista e le scelte liberiste (in un contesto di difficoltà a conseguire risultati per le masse popolari) determinano una legittima richiesta di sbocco di governo alternativo. Il dramma è che non ne esistono i presupposti nella maturità dei rapporti di forza tra le classi e nelle scelte del centrosinistra. I partiti hanno una collocazione e una natura sociale: certo alcune forze dellíUlivo spinte dalle dinamiche di lotta sono suscettibili di modifiche: non cosÏ i settori decisivi della Margherita e dei Ds che collocano la loro posizione politica e sociale in uno stretto rapporto con settori decisivi della classe dominante. La strada di una reale alternativa di governo è più complessa. La scelta di puntare le carte su un cambiamento radicale del centrosinistra sotto la spinta dei movimenti e di conquistare un governo di sinistra plurale e radicale che rompa coi dogmi del liberismo è una pura utopia. Il governo di un paese come il nostro non sono solo 30 ministri e dei partiti politici; è dato dalle diverse connessioni della struttura statuale, dagli apparati, dalle forze economiche, dagli istituti internazionali capitalistici di riferimento. Al di là delle nostre buone intenzioni saremmo risucchiati appieno nella logica dellíalternanza con i movimenti che entreranno in contraddizione con le politiche concrete del governo: Rifondazione compromessa ed incapace di costituire realmente un punto di riferimento e di alternativa.

Piero Valleise
Federazione Aosta
Debbo dire che Fausto ha ben enucleato con nettezza le proposte sulle quali tutto il partito è chiamato a lavorare. Una relazione di cui condivido líimpianto e che merita alcuni approfondimenti. Penso di dover sviluppare alcune suggestioni. La prima: sono certo che mai come ora, dopo la manifestazione del 4 ottobre vada riproposta la scelta della non violenza, rifiutando quelle pratiche di confine che allontanano parti di movimento. Eí tempo di una discussione rigorosamente interna alla disobbedienza. Rischiamo di veder trasformato líantidogmatismo della disobbedienza in uno scisma che si declina in nuova ortodossia, ovvero il secedere dallíantidogmatismo. La trasformazione in una nuova ortodossia ha causato la separazione delle piazze del 4 ottobre. Non deve più accadere. I sindacati stavano in piazza del Popolo, il movimento in un pericoloso ìcul de sacî allíEur. La seconda suggestione concerne il rapporto con il centrosinistra. Vedo due rischi relativi al ìcambio di passoî. Incontreremo difficoltà. Le stesse possono o farci deragliare dal percorso riducendoci ad un partito identitario, sempre le stesse difficoltà possono cacciarci in scelte governative che se non modulate possono risultare dirompenti. Non ci si fa stritolare dal binomio accordo-rottura individuando sin díora temi che fungano da bussola per un percorso per ora non dato: scala mobile, pensioni, calmiere dei prezzi, più Stato, abrogazione delle leggi infami. Chiudo con due riflessioni: la prima concerne la nuova soggettività politica europea. Non è sufficiente ciò che è emerso. La discussione non è di poco conto. La seconda è relativa allo stato del partito. Serve un balzo davvero! Eí necessario un sacrificio per avere più strutture, macchine, funzionari. Per il cambio di passo serve il partito che lo regga.

Alessandro Vinci
Federazione Oristano
Concordo con líanalisi fatta dal segretario. La scelta di costruire con i movimenti un programma chiaro di opposizione al governo Berlusconi deve essere la base della nostra iniziativa politica. Dalla chiarezza e dalla rapidità con cui sapremo muoverci dipenderanno gli esiti della sfida per costruire una sinistra díalternativa in Italia; tre grandi questioni devono essere strategiche: lavoro, ambiente, la guerra permanente. In questa cornice, si colloca líiniziativa, che il partito deve prendere, per affrontare la drammatica situazione politica, economica e sociale della Sardegna. Il comparto agro-zootecnico è in ginocchio: líepidemia della blue tongue decima il patrimonio ovino; líindustria chimica, è in dismissione per volontà della giunta di centrodestra. Il polo industriale di Porto Vesme sta per essere chiuso: circa 1800 lavoratrici e lavoratori sono in procinto di andare a casa non considerando líindotto di altrettante unità e gli enormi danni derivati dalla non prevista riconversione. Il settore turistico è gestito da alcune multinazionali, le nuove generazioni diventano, ora, massa lavoratrice migrante e precarizzata, snaturando cosÏ le istituzioni socio-economiche del territorio. Il rispetto dellíambiente è visto come ostacolo per líinvestimento turistico e per líaltro grande settore in espansione nellíisola: le basi militari e la ristrutturazione delle forze armate; le une vere e proprie fabbriche di morte, luoghi di sperimentazione per le armi di distruzione di massa, dove le scorie díuranio impoverito vengono trasformate in proiettili, le altre sono ormai la proposta lavorativa principale dopo il settore turistico-alberghiero, vengono qui poste le basi per un esercito professionale formato da brigate etniche come la ìSassariî. La salute dei cittadini, poi, ne è gravemente danneggiata, il patrimonio ambientale viene distrutto.

Stefano Zuccherini
Direzione nazionale
Cíè nella maggioranza una interpretazione non univoca della nuova fase e della linea politica. Una sostiene che il movimento è debole e che tocchi a noi, alla politica, una proposta di supplenza a questa debolezza. Una sostiene invece che prefiguriamo con la nostra proposta uno sbocco politico al movimento, rompendo cosÏ i vincoli costruiti in questi anni con una nostra originale presenza nel movimento. Una che dice quella che oggi imbocchiamo è la strada giusta. Líesatta collocazione per un partito comunista che fa ponte tra movimento/società, politica/governo. Sottintendendo che errammo precedentemente. Mi attengo alle argomentazioni che ha posto il segretario nella sua relazione. Non è una svolta, è un cambio di passo per Rifondazione comunista che si pone il problema della caduta del governo delle destre e delle alleanze programmatiche elettorali necessarie a questo, a fronte di un forte e duraturo movimento di lotta dentro il quale lavorare alla costruzione della sinistra díalternativa. Questo presuppone che sia uníautonoma e originale lettura della crisi della società italiana, delle sue classi dirigenti e presuppone che si individuino segni di sgretolamento nel blocco sociale delle destre. Quando il presidente del Consiglio annuncia che il nostro paese è il più americano di tutti perché cíè la più alta flessibilità e precarietà del lavoro e si può investire tranquilli, dice che le forme organizzate del movimento operaio sono state sconfitte e che in Italia è più facile affrontare le crisi del neoliberismo perché non ci sono soggetti sociali in grado di immaginare, progettare, guidare un forte movimento oltre la resistenza. Le due piazze del 4 ottobre indicano due proletariati: líuno quello che resiste a mantenere i cascami dello stato sociale; líaltro quello che vive sulla pelle la precarietà e la flessibilità data da questo modello di produzione, dice anche della nostra incapacità di comunisti di saper individuare figure sociali su cui unificare - iniziare a farlo - un nuovo blocco sociale della trasformazione.

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