Comitato Politico Nazionale
25 - 26 ottobre 2003
Interventi
Alessandro Leoni
Federazione Firenze
Dichiaro il mio accordo sullíessenziale del contenuto di proposta
politica presente nella relazione del segretario. La sufficiente argomentazione
analitica svolta, dallíampia introduzione, mi permette díesimermi
da ogni ulteriore illustrazione. Ritengo, invece, utile segnalare, sottolineare
come, a tuttíoggi, la proposta di lavorare per la costruzione
di una maggioranza alternativa al centro destra costituisca un obiettivo
e non già lo sbocco predeterminato, scontato. Condizione, infatti,
per tale risultato politico è la praticabilità di un programma
che segni una reale inversione di tendenza rispetto alle logiche neo-liberiste
dominanti questi ultimi venti anni. Da ciò emerge, inevitabilmente,
la questione ìpartitoî, ovvero la nostra capacità
díiniziativa, di presenza nel territorio, di sviluppare legami
e relazioni con i soggetti sociali di riferimento. Eí stata,
doverosamente, ricordata la negativa, debole visibilità del Prc
in questo, riuscito, sciopero generale, cosÏ come, più in generale,
líassenza di lavoro su qualificanti argomenti quali líinflazione,
il declino industriale, líoccupazione e la sua qualità,
ecc... Sollecito, per tanto, le nostre organizzazioni, tutte, ad ogni
livello, ad attivarsi per il prossimo 7 novembre che, questíanno,
oltre ad essere lí86ù anniversario della Rivoluzione bolscevica
díOttobre è anche la data dello sciopero generale dei metalmeccanici
della Fiom-Cgil, sindacato tanto spesso evocato nei nostri ragionamenti,
non altrettanto, concretamente, sostenuto. La necessità della
crescita del partito, sia organizzativamente che politicamente, apre
la questione della necessaria verifica dei ìgruppi dirigentiî,
a tutti i livelli, nessuno escluso. Non mi riferisco alla formalistica
liturgica del consenso alla ìlineaî, non ho mai apprezzato
líunanimismo ipocrita ed opportunista, ma alla doverosa assunzione
di responsabilità e di conseguente impegno di direzione. Concludo
esprimendo líesigenza di un chiarimento su talune questioni dirimenti
quali la solidarietà internazionalista alle lotte dei popoli oppressi
(palestinesi, iracheni, ecc.).
Ezio Locatelli
Federazione Bergamo
Una discussione, la nostra, impegnativa e complessa, in cui il problema
non è soltanto quello del consenso, che cíè, a una
proposta politica - la costruzione di una alternativa programmatica
di governo -, ma anche quello della chiarezza. Per questo bisogna insistere
sulle connessioni di cui ha parlato il segretario (movimenti, sinistra
alternativa, radicalizzazione dellíopposizione), in quanto sono
queste a dire della percorribilità della proposta. Si è detto
del nuovo clima che si respira nel Paese. Esso non va letto soltanto
in riferimento alla densità sociale dei processi in atto - le
lotte, i movimenti - ma anche in rapporto a una domanda, a una spinta
forte allíunità e al cambiamento. A questa domanda, per
come si manifesta oggi con il suo potenziale e i suoi limiti, bisogna
rispondere positivamente. Diversamente saremmo estranei ai processi
reali. Ciò detto, emerge al nostro interno una problematicità,
frutto della percezione di difficoltà vere, che va compresa e
assunta per tradurla in consapevolezza vigile. Uno dei problemi: la
coazione elettorale che riduce di molto il nostro spazio di agibilità
politica. Rispetto a questa condizione stringente, non vedo altra via
díuscita se non quella di lavorare intensamente alla costruzione
di istanze sociali, di movimento, al fine di condizionare il programma
e lo schieramento politico. Non sono díaccordo quando sento dire
di un partito che dopo un periodo di sbagli torna al realismo, con i
piedi per terra. Penso che la proposta, cosÏ come formulata, questa
sÏ, deve marcare discontinuità rispetto a una visione tradizionale
delle alleanze: deve costituirsi su una ambivalenza tra possibile intesa
e iniziativa di lotta, da costruire giorno dopo giorno, mantenendo alta
la tensione per la costruzione della sinistra alternativa.
Pietro Magra
Federazione Brescia
Il tema centrale del dibattito che si è sviluppato attorno alla
riflessione del segretario ha come nucleo centrale tre obiettivi: battere
il governo Berlusconi - aprire una lotta di massa per líegemonia
con la sinistra moderata e infine porre le basi per la costruzione di
una alternativa programmatica di governo. Il governo Berlusconi porta
avanti sistematicamente un forte attacco ai diritti e alle istituzioni.
Líapplicazione della legge 30 punta alla massima precarizzazione,
rendendo sempre più difficile organizzare una vera opposizione dei lavoratori
al neoliberismo. Il campo della lotta per líegemonia a sinistra
è aperto a tutte quelle forze sociali, politiche e a quei sindacati
che si oppongono e chiedono più democrazia sindacale, riscrittura del
mercato del lavoro, garanzie per i diritti e per le pensioni. Grande
forza di opposizione viene dal movimento dei movimenti che fin dalla
nascita ha saputo espandersi tra la gente e nella politica. Questi soggetti
attivi devono confrontarsi con quelle forze moderate e assieme preparare
una alternativa programmatica di governo, mettendo come punti prioritari
temi quali: ripudio della guerra, ritiro del contingente italiano, chiusura
dei centri di permanenza temporanea, cancellazione della legge 30 e
inversione della pratica delle privatizzazioni. Questi sono alcuni punti
di un futuro programma di governo. Líobiettivo che vogliamo raggiungere
è molto chiaro e non ha nessun elemento di ambiguità. Vogliamo
e non da soli costruire un governo di alternativa e non di alternanza
per realizzare e raggiungere il nostro obiettivo che non è utopico
ovvero, un altro governo è possibile.
Livio Maitan
Federazione Roma
Problema di funzionamento: come affrontare in dieci minuti problemi
affrontati in una relazione di due ore? In generale, condivido le critiche
di Cannavò e di Cremaschi. In particolare, vanno valorizzati
movimenti e mobilitazioni degli ultimi anni, ma gli anni í90
non sono stati un deserto: non dimentichiamo le mobilitazioni del 1992-93,
per non parlare del 12 novembre í94, preludio alla caduta di
Berlusconi. Ma, soprattutto, chiediamoci se sono mutati a nostro favore
i rapporti di forza fondamentali tra le classi: la risposta resta negativa.
Eí ovvio che il centrosinistra è in crisi, ma non diciamo,
un poí retoricamente, che non esiste più e non sorvoliamo, soprattutto,
sul fatto che non cíè da parte dei suoi gruppi dirigenti
nessuna svolta, nessuna indicazione concreta di cambiamento in prospettiva.
Su Cgil e Fiom pertinenti le precisazioni di Cremaschi. Del resto, líultimo
Cpn aveva deciso di puntare sul capitale degli undici milioni al referendum,
con un rilancio dei comitati promotori ecc. Prospettiva abbandonata
perché la Fiom non ci avrebbe seguito temendo tensioni con la
Cgil e difficile continuare soli. Resta che la vicenda evidenzia i limiti
di certe correzioni di rotta. Sarebbe assurdo rinunciare alla lotta
contro il bipolarismo o annacquarla: le tendenze antidemocratiche hanno
avuto nel bipolarismo e nel maggioritario líespressione più concreta.
Combinare azione dal basso e azione dallíalto? Ma líìaltoî
non è tanto il governo, ma quanto lo Stato con tutti i suoi apparati.
Ecco un problema da affrontare - con quello dellíimpostazione
nella fase di crisi del neoliberismo - in una conferenza programmatica:
senza mettere avanti fantocci polemici, come quello stantio, di paternità
socialdemocratica, sulla presa del Palazzo díinverno, che nessuno
ha mai teorizzato.
Gigi Malabarba
Capogruppo Senato
Rottura con Prodi, Genova, congresso: il percorso virtuoso contro lo
stalinismo e il togliattismo di questi tre passaggi-chiave rischia di
essere compromesso dalla torsione di linea in direzione dellíaccordo
programmatico di governo. Gli emendatari che hanno contrastato la ìrifondazioneî
ne sono i più entusiasti sostenitori: la ricreazione è finita,
si torna allíalleantismo contro la centralità del movimento
e del conflitto sociale. Questo è il partito reale che mina qualsiasi
politica antagonista di classe e contrasta líunica innovazione
tentata, quella dei Giovani comunisti/e. Ma ci sono anche ragioni obiettive
che non consentono di affrontare la prospettiva di una partecipazione
diretta al governo in condizione non subalterna ai riformisti, pur essendo
problema col quale misurarsi (cosÏ come quello del potere) anche
in piena globalizzazione. Si tratta dei rapporti di forza tra le classi
e dellíìimmaturità politicaî del movimento,
che ha sÏ straordinariamente terremotato il centrosinistra, ma
non ce la fa a rovesciare gli inossidabili gruppi dirigenti che controllano
gli apparati centrali dei partiti, che aspirano a una caduta di Berlusconi
mantenendo una politica liberista. Forse non regge Lula (che pure non
è Prodi!), che rischia di perdere i suoi ministri di sinistra,
entrando in contrasto frontale con la Cut, il Mst e tutte le organizzazioni
popolari. Líaccoglimento della proposta di Conferenza programmatica
è comunque positivo per la saldatura con tutte le forze del movimento,
che dobbiamo coinvolgere in primo luogo nella qualificazione sociale
dellíopposizione a Berlusconi e per ogni passo successivo. Anche
il ìraccogliere la sfidaî, infatti, ha le sue conseguenze:
come evitare il linciaggio prima ancora delle elezioni, se le condizioni
per un accordo non ci fossero?
Matteo Malerba
Direzione nazionale
Il Cpn chiamato a ratificare la scelta della ìsvoltaî varata
dal gruppo dirigente di maggioranza ha messo in evidenza due dati certi:
1. Líassenza di qualsiasi convergenza programmatica tra il partito
ed il centro liberale dellíUlivo; 2. Il sentimento per la cacciata
dal governo Berlusconi, cresciuto da Genova in avanti nei movimenti
antiliberisti, sindacale-sociale, democratico (girotondi) diventa parola
díordine di tutto il partito. Se nessuno potrà tirarsi
fuori, anche sul piano elettorale, per determinare la caduta di Berlusconi
altra cosa è líaccordo di governo Prc-Ulivo. Non siamo di
fronte ad uníalleanza programmatica per il piccolo paese o provincia
sperduta, dove per altro in molti casi, i caratteri antipopolari delle
gestioni del centrosinistra permangono, ma del governo del Paese che
deciderà in materia di lavoro, previdenza, diritti incidendo sulla
vita di milioni di lavoratori. Le difficoltà ad argomentare e
digerire la direttiva della ìsvoltaî sono enormi per chi
dal congresso è uscito convinto dellíidea dellíalternativa,
non ci dividiamo sul nodo del potere e dellíanticapitalismo,
che avrebbero ragione di entrare in questa discussione, ma sullíoggettiva
distanza abissale fra le nostre proposte e dei movimenti di questi anni
e la concretezza delle proposte filo-mercantile dellíUlivo. Penso
sia giusto preoccuparsi più dei rischi che corre il partito su questa
direttiva, che sullíefficacia delle proposte nel governo futuro.
LíAmerica latina è lo specchio della crisi capitalistica
con la ricerca a ribasso di compromessi sociali, al di là se dinamici
o meno, che mettono a nudo tutta líinconsistenza di tali operazioni,
visto che nemmeno a quei livelli fa crescere la soddisfazione di bisogni
primari. Eí sulla linea della crisi mondiale che bisogna capire
dove corre la macchina che tende a recuperare profitti, non per dividerli
socialmente ma per garantirsi la stabilità del sistema economico
mondiale.
Rossella Letizia Mancusi
Federazione Viterbo
La storia del movimento operaio, delle sue sconfitte come delle sue
vittorie, smentisce clamorosamente la scelta che questo partito ìcon
grande nettezza e determinazioneî si appresta a compiere. Ma la
smentiscono anche tutte quelle esperienze di oggi, dalla Francia al
Brasile, che se pur su terreni più avanzati del progetto italiano, hanno
dimostrato e dimostrano líimpraticabilità di queste scelte.
Esperienze salutate e ripetutamente enfatizzate dal nostro partito,
portate ad esempio che ìsi puòî, per essere poi
rimosse o con imbarazzo ridimensionate nel dibattito - dai paginoni
alle notiziole -. Il riconoscimento, fino a ieri non scontato, che il
progetto politico della classe dirigente di questo centrosinistra nella
sostanza non è cambiato, lungi dal modificare minimamente la prospettiva,
viene utilizzato per scartare qualsiasi ipotesi anche di minima contrattazione.
Il fatto che i dirigenti dellíUlivo siano più interessati a convincere
la borghesia ed i poteri forti di questo Paese della loro affidabilità,
con dichiarazioni ed azioni che dalla guerra allo stato sociale, dalla
scuola alle pensioni, sono in continuità con quanto ìfattoî
finanche dallo stesso governo Berlusconi, rende evidente líimpraticabilità
di qualsiasi terreno negoziale, infrangendo le illusioni di parte di
questo partito che su questo terreno si era spinto. Il supporto di analisi
alla prospettiva di governo viene dalla constatazione che nel Paese
è più ampio e profondo il conflitto sociale, che esiste una scollatura
tra la base Ds ed i suoi vertici, che líintolleranza verso questo
governo diventa sempre più acuta e vasta, che nuove o ìvecchieî
autorevoli voci hanno ripreso coraggio e incrinano da più versanti alcune
certezze che sembravano inattaccabili. Analisi pienamente condivisibile
ma che dovrebbe portare un partito comunista a tuttíaltre conclusioni.
Non verso líabbraccio mortale col centro liberale, ma in prima
linea perché ancora più profonde diventino le contraddizioni
è più acuto il conflitto sociale, a praticare ìegemoniaî
non per far ingoiare un governo inaccettabile ma per guadagnare le masse
ad una prospettive di alternativa.
Cesare Mangianti
Federazione Rimini
Líapertura di un confronto con le altre forze dellíopposizione
al governo di centrodestra è una grande opportunità per il
nostro partito perché ci consente di tornare al centro della
scena politica nazionale e di contribuire in modo determinante allíiniziativa
più urgente della fase: lavorare affinché il governo Berlusconi
sia quanto prima costretto alla crisi e a liberare il Paese dal peso
delle sue devastanti politiche. Ai compagni che temono le insidie di
questo confronto non è giusto rispondere che non sussistono problemi
e difficoltà. Eí innegabile che la maggioranza dei Ds e
la Margherita sostengano posizioni assai distanti dalle nostre su questioni
essenziali, dalla guerra di Bush allo scontro sociale, dalle pensioni
alle riforme istituzionali. Ma non siamo più nel 1998! Il centrosinistra
si è scomposto in conseguenza della collocazione di forze rilevanti
su posizioni analoghe alle nostre. Con queste forze forze - la sinistra
Ds e la Cgil, la Fiom e líArci, il sindacalismo di base, il Pdci
e una parte dei Verdi - è possibile definire uníintesa programmatica
avanzata, in grado di rispondere allíistanza di unità posta
dai movimenti e di stemperare le propensioni moderate delle altre forze
dellíopposizione. Se questo è il quadro, cíè
molto da lavorare. Per questo occorre in primo luogo riorganizzare il
partito, al quale troppo spesso in questi anni abbiamo lesinato le risorse
materiali idonee al suo radicamento di massa.
Leonardo Masella
Federazione Bologna
Condivido il cambiamento di linea proposto: collocare, finalmente, il
partito verso un fronte comune con le forze di centrosinistra per battere
il governo Berlusconi. Questa scelta determina dissensi, comprensibili,
allíinterno della maggioranza congressuale, a riprova che si
tratta di un cambiamento di linea politica. Fatta con grande nettezza
questa scelta, rimangono aperte alcune questioni fra cui le seguenti.
La prospettiva di un governo alternativo. Sarebbe assurdo scartare a
priori, oggi, questo obbiettivo, anche perché il confronto programmatico
sui contenuti non può che accrescere i nostri consensi. AltresÏ
sarebbe sbagliato farsi illusioni, perché le differenze con i
riformisti rimangono abissali, come dimostrano anche le ultime di Fassino
e Rutelli sulla guerra e le pensioni. Per questo, porsi sÏ líobbiettivo
massimo (programma alternativo di governo), senza però scartare
nessuna ipotesi di accordo possibile, anche minimo, pur di battere Berlusconi.
Sinistra alternativa. Invece che continuare con progetti a tavolino
di costituenti di nuovi soggetti politici, servirebbero passi concreti
verso líunità nellíazione su precisi contenuti.
Per esempio, non solo líiniziativa parlamentare ma anche una
comune campagna di massa in tutti i territori per il ritiro dei militari
italiani dallíIraq. Movimento. Innanzitutto il movimento è
anche quello dei lavoratori, che non è un residuo del è900
ma è líunico movimento strutturale e permanente finché
esisterà líantagonistica contraddizione fra capitale e
lavoro. Inoltre, finalmente avviamo una battaglia politica, da rendere
ancora più esplicita e coerente, nei confronti di quella componente
dei disobbedienti che ha contribuito alla crisi innegabile del movimento
no-global, come dimostrano i fatti recenti di Venezia e di Roma.
Ivana Mattu
Federazione Nuoro
In alcuni interventi che mi hanno preceduto ci si domandava se il partito
fosse adeguato alla sfida che la prospettiva di azione politica proposta
pone. Personalmente, purtroppo, porto qui una testimonianza assai negativa
quello del Prc della Sardegna, che in questa sede è sotto rappresentato,
perché il segretario Valentini, in nome dellíautonomia,
ha generosamente rinunciato alle rappresentanze spettanti a favore di
compagni di altre regioni. Questo mentre la Sardegna soffre una crisi
economica e sociale tale che persino gli immigrati, dopo un breve periodo
di permanenza, sono costretti ad emigrare insieme alla popolazione locale,
lasciando la regione spopolata. Líindustria petrolchimica è
sullíorlo del tracollo, líindustria tessile importato
dal nord est non resiste, la pastorizia, líagricoltura e líartigianato
annaspano... e il Prc che fa? Assolutamente niente! Il partito, gestito
da un gruppo di burocrati, è impegnato nellíepurazione dei
compagni non allineati. Chi non ha votato il segretario regionale, infatti,
non ha diritto di cittadinanza nel partito, e per questo può
essere brutalmente estromesso dalla rivista del partito, ìsfiduciatoî
senza ragione dallíincarico di capogruppo del consiglio regionale,
e addirittura vedersi costretto ad uníestenuante sciopero della
fame per ottenere la tessera. Queste sono solo alcune di una lunga serie
di violazioni delle più elementari regole della vita democratica che
sono state puntualmente documentate agli organi di garanzia del partito
e alla direzione nazionale, e tuttavia questo partito risulta incapace
di garantire anche quel minimo di democrazia previsto dallo Statuto.
Come può un partito che non è in grado di garantire il rispetto
delle regole democratiche nel proprio interno aspirare a contribuire
alla difesa della democrazia nella società?
Vladimiro Merlin
Federazione Milano
La linea che abbiamo assunto e che condivido contiene elementi di complessità
e di difficoltà e per affermarsi è necessario che venga praticata
a livello di massa. Difficilmente riusciremo a superare gli scogli che
ci pongono, sul piano dei contenuti, le posizioni più moderate che continuamente
emergono da settori del centrosinistra, se ci limitassimo agli incontri
di vertice o ai tavoli nazionali (che pure vanno fatti e utilizzati
al meglio). Neppure basterebbero i forum per líalternativa nazionali
o locali, comunque importanti e da sostenere, ma che rimangono ambiti
che coinvolgono principalmente gli attivisti della politica e dei movimenti.
Eí necessaria una iniziativa diffusa e capillare che incida nel
tessuto vivo della società. Una iniziativa di mobilitazione e
di discussione promossa da tutte le forze disponibili a costruire una
prospettiva di alternativa. Il tema non deve essere líastratta
costruzione di un programma, ma i contenuti concreti e possono essere
diversi da un luogo allíaltro, in un comune può essere
il tema della pace, in un luogo di lavoro le pensioni, in una scuola
la controriforma Moratti ecc. Questa iniziativa assieme con le lotte
che sono in campo, in primo luogo quelle del movimento dei lavoratori,
possono determinare una spinta, un ìsenso comuneî, che
come si è verificato per guerra allíIraq, faccia pressione
sui settori più moderati dellíulivo e li costringa ad assumere
posizioni più avanzate. Il nostro partito deve essere protagonista e
promotore di questa iniziativa. Ma questo richiede che i nostri circoli,
i nostri militanti assumano un ruolo attivo e si scontra con le difficoltà
che stiamo incontrando in questa fase. Ritengo che una delle cause della
passività e di un certo immobilismo che riscontriamo siano dovute
al fatto che la linea politica, troppo spesso, viene calata dallíalto,
con uno scarso coinvolgimento del corpo del partito e degli stessi organismi
dirigenti, che diventano più osservatori e commentatori della linea
che protagonisti della sua costruzione.
Gennaro Migliore
Responsabile Esteri
La relazione del segretario non costituisce un ìritorno al realismoî,
nel senso della registrazione dei rapporti di forza nella società
italiana, ma una vera sfida per líegemonia nelle sinistre, che
vede a confronto uníopzione continuista e la nostra linea di
investimento sulla crescita del movimento. La crisi del neoliberismo
non determina di per sé un crollo delle elites dominanti, anzi
spesso le risposte sono le più regressive. La crisi del centrosinistra
è al punto che non esiste più una struttura chiusa come líUlivo
degli anni passati. Possiamo intervenire su questa crisi e proporre
la strategia della sinistra alternativa come rottura dello schema dellíalternanza.
Per questo abbiamo proposto non una ìspallataî ma líaccumulazione
di forze per cambiare il governo e per imporre un nuovo asse politico
programmatico. Bisogna costruire una vera ìdemocrazia dei conflittiî.
Aprire un nuovo spazio pubblico per ripensare al modello di società
più giusta e pacifica che vogliamo costruire. Si possono far crescere
nuove soggettività politiche e promuovere saperi critici non omologati
alla globalizzazione capitalista. In questo quadro è necessario
guadagnare uno spazio politico europeo che, non solo per il movimento,
costituisce lo spazio minimo di intervento per la sinistra di alternativa.
Rompere il patto di stabilità, opporsi al modello di difesa guerrafondaio
dellíUe ed alla sua politica inerte nei teatri di guerra internazionali,
opporsi al trattato Costituzionale liberista in discussione nella Cig
sono gli elementi fondanti di una nuova politica. Si può e si
deve rompere líunità fittizia delle socialdemocrazie a
livello europeo. Cambiamo il passo. Leggiamo le crisi del neoliberismo
in tutto il mondo, fino allíultima in Bolivia. Possiamo davvero
cambiare la vita del nostro partito solo se sapremo interpretare le
lotte del movimento come quelle necessarie allíaltro mondo possibile.
Enrico Milani
Federazione Caserta
Il profondo intreccio tra linea politica di massa e protagonismo sociale
è la nostra bussola in questa fase di generale ìdisordine
e crisiî. Líinstabilità degli assetti internazionali
di potere, la guerra come elemento permanente e sovraordinatore delle
alleanze ìa geometria variabileî, la crisi evidente delle
politiche neoliberiste nella globalizzazione ìfreddaî sono
manifestazioni dirette del generale ciclo recessivo dellíeconomia
capitalistica, che non restituisce líannunciato corrispettivo
allíerosione di quote di sovranità nazionale invocate dalla
ìglobal governanceî come pre-condizione di un ciclo espansivo.
Allíinterno dei singoli stati, le politiche economiche e sociali
tendono ad uniformarsi nelle linee di fondo, alimentando per ciò
stesso la crisi di congiuntura e di ciclo. In Italia, caso per certi
versi paradigmatico, le politiche di compressione del lavoro e di superamento
delle mediazioni democratiche alludono pesantemente a modelli neo-autoritari,
inclini ad una gestione poliziesca e repressiva del conflitto di classe.
Le ìcrepeî nel blocco sociale berlusconiano rivelano esse
stesse la crisi delle politiche neoliberiste e la dualità di risposte
intorno a cui si interrogano e si fronteggiano i poteri forti e le classi
dominanti. Da un lato, emerge una linea di ultraliberismo e di ìderegolamentazioneî
estrema, ai limiti del collasso di ogni coesione sociale se non quella
di un moderno stato massmediatico di polizia. Dallíaltro, si
delinea uníipotesi succedanea, che ridisegna i contorni di un
neoliberismo centrista-moderato, con qualche pennellata di socialità
ed una propensione dialogativa verso líopposizione. Occorre approfondire
le difficoltà tattiche e strategiche del nemico di classe, intensificando
la lotta per la cacciata del governo Berlusconi ed articolando un grande
percorso per la caduta del governo. La vera linea di scontro si situa
sul piano della ìcomposizione socialeî, come schieramento
sociale sulle singole questioni e come richiesta generale di alternativa
e trasformazione. La vera chiave di volta è il senso comune delle
grandi masse.
Pietro Mita
Federazione Brindisi
La relazione del segretario va ben al di là della sistemazione
organica del nostro precedente dibattito. Eppure nella discussione non
si avverte con piena consapevolezza la drammaticità della situazione
politica e sociale. Emerge in alcuni interventi una rappresentazione
statica di quanto accade nel centrosinistra e nel sindacato. Il successo
dello sciopero generale apre una dialettica favorevole per chiunque
abbia voglia di battersi contro Berlusconi e la sua aggressione sociale;
crea nuovi spazi alla nostra iniziativa: possiamo prosciugare líacqua
(già scarsa) alle posizioni dei ìdialogantiî, di
chi si accontenterebbe di una applicazione graduale dei provvedimenti
del centrodestra in materia di pensioni. Un risultato concreto in questo
campo è nelle attese di milioni e milioni di donne, uomini e soprattutto
giovani; al contempo sposterebbe il baricentro a vantaggio delle posizioni
più avanzate nel sindacato, a vantaggio della Fiom. Sono più che persuaso
che un arretramento sulla centralità del movimento vanificherebbe
líinsieme della nostra proposta politica, o comunque la snaturerebbe
irrimediabilmente. Al contempo non ci aiuta una visione autosufficiente
ed immobile del movimento stesso e una sua declinazione astratta e autoreferenziale;
esso non è affatto al riparo dalla violenza dellíoffensiva
berlusconiana. La questione del governo, della radicalità e dellíautonomia
del movimento, del programma alternativo e del confronto con una pluralità
di protagonisti, tra cui i diversi soggetti della scomposizione del
centrosinistra, è una sfida senza precedenza. Non ci sono modelli
nella cultura e nella pratica del novecento a cui collegarsi. Cíè
una urgenza avvertita nei popoli della sinistra: se non mandiamo a casa
Berlusconi, i guasti dellíantipolitica saranno enormi, si chiuderanno
molti spazi per la democrazia e per la politica. Su queste rovine sarà
arduo ripartire.
Betti Mura
Federazione di Teramo
La linea approvata dal Cpn apre due grandi sfide in relazione tra loro:
la prima rivolta verso líesterno, la seconda riguarda noi, il
nostro modo di agire e fare politica. Porsi il tema dellíimbarbarimento
della società e il declino del concetto di democrazia apre necessariamente
scenari che ci pongono davanti a scelte che non possono escludere il
tema del governo. Il nostro concetto di relazione con il potere, per
quanto poco indagato al nostro interno, ci parla della necessità
che tale processo sia frutto di un percorso; caratterizzato da un aumento
di capacità critica diffusa, da uníaccelerazione del conflitto
che ponga al centro i bisogni e i drammi che tanti uomini e donne stanno
subendo in seguito delle politiche neoliberiste. Noi vogliamo dare contenuto
di classe allíanti-berlusconismo diffuso, che tenga conto della
necessità di bloccare le politiche neoliberiste (che come ben
sappiamo non sono solo appannaggio del centro destra) dicendo chiaramente
come e con cosa le vogliamo sostituire. Il rapporto con i movimenti,
la necessità di costruire una sinistra di alternativa in Italia
e in Europa non può pregiudizialmente fermarsi sulla soglia del
ìpalazzoî, delegando ad altri più ìadultiî
il compito di governare, di interloquire con quanto di vivo si muove
nella società. La complessità del compito che ci stiamo
dando pone il tema della nostra capacità di perseguirlo al centro
del dibattito. Se del binomio unità e radicalità si opacizza
il secondo termine, ecco che la nostra proposta cambia genesi e assume
uníaltra direzione; che ci vede componente di sinistra di un
aggregato che per ìnecessitàî può emendare
qualcosa dal suo programma in sintonia con le nostre richieste, ma non
può essere allíaltezza del compito che invece ci proponiamo.
Per questi motivi da subito dobbiamo riprendere i temi della verifica
e dellíinnovazione presenti nelle tesi congressuali.
Roberto Musacchio
Direzione nazionale
La relazione di Bertinotti arricchisce un dibattito che ha già
contribuito ad approfondire la proposta politica. Voglio in particolare
riprendere la formulazione del ìgoverno leggero, movimento pesanteî
che visualizza un modo a mio avviso corretto di affrontare un punto
che ha visto aprirsi una discussione. Il tema del governo è ineludibile
rispetto allíesigenza di lanciare la sfida dellíalternativa
allíalternanza. Ma tale è stato ed è il suo peso nella
storia del movimento operaio che siamo chiamati a cimentare anche su
questo il percorso della rifondazione. Eí la forza del movimento
che permette di parlare di alternativa non come ìsbocco politicoî
ma come processo di trasformazione. Questa forza agisce nella crisi
della globalizzazione e del liberismo. Prendiamo Cancun dove il Wto
fallisce ancora una volta trovando forze crescenti, statuali e di movimento,
che si oppongono alla volontà di dominio dei capitalismi Usa e
Europei che cercano nuovi sbocchi in settori chiave come líagricoltura
e i servizi. Cancun è le crisi non solo delle privatizzazioni ma
anche quella delle liberalizzazioni. (care allíulivo mondiale)
contro le quali, su settori chiave come líacqua o líalimentazione
cresce un movimento e una proposta fondata sul tema della sovranità,
della democrazia, dei diritti. Díaltro canto la globalizzazione
sta sbattendo su macigni come la crisi ambientale e la Cina. La novità
sta nella nuove proposizioni che nascono dai movimenti come i Sem Terra
che parlano appunto di sovranità alimentare e ambientale, di beni
comuni, di sviluppo socialmente ed ambientalmente connotato come terreni
nuovi di una idea di modernità contrapposta a quella della globalizzazione
liberista.
Francesco Nappo
Federazione Napoli
La relazione del segretario ed il dibattito del Cpn confermano la volontà
della linea politica che stiamo definendo a partire dalla sconfitta
del Referendum sullíart. 18 e ne richiedono il dispiegamento.
Non mi soffermerò sulle sue motivazioni fondamentali che condivido
e sulle sue potenzialità politiche. Eí una linea realistica,
responsabile e feconda, ma dobbiamo ancorarla a condizioni di realizzabilità
al di fuori delle quali essa muterebbe il suo segno politico. Eí
per altro sufficientemente chiaro che la verifica effettiva di tali
condizioni non può essere solo un presupposto analitico ma piuttosto
un risultato pratico di una nuova stagione di lotte sociali e politiche
legata allíincedere della crisi capitalistica e ai suoi esiti;
in particolare nel nostro Paese. Siamo dunque in una situazione ricca
di fermenti e propulsioni ma non priva di incognite e di insidie. Queste
ultime riguardano soprattutto la reversibilità degli attuali orientamenti
della Cgil, dellíArci, del tessuto associativo cattolico-democratico
di fronte ad un governo di centro-sinistra che rilanciasse, comíè
prevedibile, la Concertazione sullíasse della concentrazione
dei distretti industriali e la sussidiarietà orizzontale ( il
privato-sociale) come sbocco ìdemocraticoî della dissoluzione
federalistica del Welfare. Eí in gioco, chiaramente, la possibilità
di connettere líaggregazione di sinistra tra Prc, Pdci, Verdi,
Sinistra Ds, settori di minoranza Cgil alle maggiori organizzazioni
di massa, di trasformare cioè la figura attuale della Sinistra
plurale, che è nata e si muove ancora sul terreno dellíalternanza
bipolaristica, in una effettiva e credibile sinistra di alternativa.
Non si tratta, naturalmente, da parte nostra, di un semplice pronostico
analitico, ma di un impegno efficace per consolidare tendenze di massa
anticoncertative, poiché dal loro prevalere dipende probabilmente
la stessa tenuta della convergenza tra noi e quella parte del centro
sinistra non avvantaggiata dal progetto di nuovo partito capitalistico-riformista
di DíAlema e Prodi.
Marco Nesci
Responsabile Riforme Istituzionali
Non siamo dentro una svolta ne tantomeno dentro ad una nuova linea,
stiamo dentro ad una accelerazione: centralità del movimento,
costruzione dellíalternativa, radicalizzazione dellíopposizione.
Il percorso per il confronto programmatico di governo, sarebbe estraneo
alla costruzione dellíalternativa se fosse iscritto in una sfera
contrattuale. Il vero punto è in che modo avviene il coinvolgimento
dei soggetti sociali e del movimento dentro questo percorso e quale
effetto durevole esso produce sullíevoluzione delle politiche
antiliberiste dentro líeventuale ipotesi di governo. Stanare
il centrosinistra da una tattica elettoralistica e produrre un reale
spostamento nellíimpianto delle politiche economiche e sociali.
Líesperienza del tavolo istituzionale: tema ostico alla partecipazione
delle masse eppure, affatto estraneo alle dinamiche sociali. Anzi lo
stesso bipolarismo, a cui confermo la nostra nettissima opposizione,
è un sistema istituzionale studiato per líautoconservazione
liberista. Ma non possiamo non vedere come sia stato assunto nella coscienza
collettiva anche del nostro elettorato. Spinge i due poli ad esercitare
la logica bipolare persino sulle elezioni europee che sono proporzionali.
Confesso che sono rimasto stupito del grado di apertura incontrato in
quella sede. Nella discussione viene acquisito un pezzo politico avverso
alle politiche liberiste temperate. Si afferma del superamento della
logica delle prestazioni essenziali riposizionandosi sulla copertura
integrale dei diritti costituzionalmente garantiti. Concetto che oltre
riparlarci delle grandi reti distributive e dei servizi pubblici in
generale, rimette in discussione lo stesso principio economicista dei
bilanci a partire dallo stesso patto di stabilità. Qui cíè
lo spazio per líazione del movimento non tanto verso líacquisizione
di un punto ma per il consolidamento e alla pratica del punto.
Alfio Nicotra
Responsabile Pace
La linea politica proposta da Bertinotti è convincente e rappresenta
per noi una scelta obbligata. Va sostenuta però con lo spessore culturale
delle argomentazioni sviluppate nella sua relazione dal segretario.
Il mio timore è la ìtraduzioneî in periferia di una linea
semplificata del tipo: la ricreazione è finita, basta con il movimento,
è il momento di fare accordi sempre ed ovunque. Senza il movimento ed
il conflitto sociale questa linea politica sarebbe destinata ad inabissarsi
da sola. Il movimento resta al centro della nostra iniziativa tanto
più oggi che l'antiberlusconismo si coniuga sempre di più alla questione
sociale e dunque ad un sempre più chiaro carattere antiliberista della
opposizione al governo. La ìconflittualità programmaticaî
di cui parlava Cremaschi deve essere il nostro approccio al confronto
con líUlivo. Su grandi questioni come il tentativo di rilegittimare
la guerra con líappoggio alla spedizione militare in Iraq o quello
in atto al Senato da parte di Bassanini di accentuare la privatizzazione
dei servizi essenziali dobbiamo essere in grado di sviluppare al massimo
insieme al movimento questa conflittualità programmatica. Il partito
non gode di buona salute, ha le ginocchia molli e rischia, se non ben
orientato, di adagiarsi dentro una logica tutta istituzionale. Non condivido
la proposta di Grassi di rompere con Casarini e di lasciare líesperienza
della disubbidienza al suo destino. Dobbiamo semmai impegnarci in una
battaglia culturale sul senso della disubbidienza aiutando queste componenti
ad uscire da un certo primitivismo. Líunità del movimento, insieme
alla radicalità ed allíautonomia dello stesso sono il terreno
nel quale tutte le componenti possono svilupparsi e crescere. Anche
alla luce di uso strumentale della lotta al terrorismo e di una diffusa
pulsione alla repressione sociale è necessario tenere unito il movimento
evitando rotture e scorciatoie che possono farlo regredire. Parigi sarà
líoccasione per rilanciare il profilo migliore del movimento
stesso.