Comitato Politico Nazionale
25 - 26 ottobre 2003
Interventi
Stefano Alberione
Federazione Torino
Ritengo che il montante antiberlusconiano, forma politica del disagio
sociale crescente, è il contesto nel quale ci troviamo ad operare.
Dobbiamo sapere riempire e qualificare di contenuti questo antiberlusconismo,
avendo chiare due premesse: 1) la necessità di evitare sistematicamente
ogni ìFrontismoî che tenda a separare questione democratica
e questione sociale; 2) il percorso proposto non può limitarsi
alle forze politiche (Ulivo+Prc) ma deve conquistarsi il confronto tra
soggetti plurimi (politici, sindacali, associazionistici, di movimento).
La centralità del nostro agire va mantenuta saldamente nel movimento,
nel suo sviluppo e radicamento, poiché è nella società
che risiedono i luoghi determinanti della trasformazione. Condivido
il percorso proposto che, prendendo atto del nuovo spazio politico per
una lotta di egemonia contro le politiche neoliberiste (in difficoltà
oggi anche per la loro inefficacia nel rispondere alla perdurante crisi
economica), si articola su tre livelli: 1) radicalizzazione, qualificazione
ed estensione dellíopposizione (tanto sociale quanto politica)
al governo Berlusconi. Infatti è solo allíinterno di un
crescente conflitto che può maturare la dislocazione di settori
di massa su un terreno antiliberista; 2) la costruzione concreta di
una sinistra alternativa, che sulle discriminanti antiliberiste e pacifiste
del movimento, sappia costruire una piattaforma programmatica avente
la forza di contendere il terreno allíipotesi neocentrista del
partito riformista; 3) la ricerca della migliore condizione per affrontare
le prossime scadenze elettorali: penso che tale condizione si produca
dentro una aperta lotta per líegemonia che si misuri con un programma
di governo, ritenendo invece riduttive di queste potenzialità,
oggi, le proposte di accordi tecnici elettorali che tenderebbero ad
occultare i nostri contenuti e Rifondazione ad essere percepita da larghe
masse come forza politica di pura testimonianza.
Martino Albonetti
Federazione Ravenna
Il partito deve discutere a fondo la nuova proposta politica, assumendone
la complessità e líarticolazione e declinandola di conseguenza.
La crisi sociale, economica e culturale del nostro paese richiede uníaccelerazione
del nostro passo e, allo stesso tempo, un nostro riposizionamento più
avanzato, come avanguardia dellíalternativa. Abbiamo necessità
di produrre risultati, cioè cambiamenti reali. Il nostro impegno è quello
di coagulare il fluire delle culture dei movimenti - che hanno morso
in profondità anche il centro sinistra - in realizzazioni sociali e
politiche: leggi, nuove istituzioni, produzioni materiali e immateriali,
gestioni finanziarie sostenibili, strumenti di rinnovata partecipazione.
Vogliamo cambiare il paesaggio in rovina che ci circonda, ispirandoci
ai disegni belli e colorati, già a nostra disposizione. CosÏ interpreto
la tensione a costruire uníintesa programmatica con il centrosinistra.
Essa si basa su una scommessa: cioè che (lo dico sommariamente) i tre
milioni che hanno sfilato a Roma per la pace o le centinaia di migliaia
che hanno partecipato al Social Forum di Firenze rifiuteranno la politica
opportunistica dei gruppi dirigenti del centro sinistra. Mi sembra,
però, che tra noi molti abbiano dubbi sulla tenuta del movimento. Alcuni
addirittura paiono auspicarne un riflusso. Altri sono proprio estranei
alla loro cultura: non si può, nemmeno da un punto di vista logico,
accusare di violenza frange del movimento e poi, contemporaneamente,
non far proprio il discorso sulla nonviolenza perché estraneo alla tradizione
dei partiti comunisti. Si può fare una rivoluzione senza violenza? Ci
si può dire rivoluzionari e nonviolenti? Io penso di sÏ, ma siamo
sicuri che tutto il partito concordi con queste formule? In realtà noi
non siamo nani sulle spalle (giganti?) del movimento. Siamo nani e basta,
anche se fatichiamo ad ammetterlo. Eppure siamo importanti, forse necessari
per líalternativa nel nostro paese.
Sandro Barzaghi
Federazione Milano
La relazione del compagno Bertinotti mi ha soddisfatto soprattutto quando
sottolinea il carattere processuale e aperto del percorso, assumendo
anche dubbi, perplessità, e critiche (comprese quelle di metodo) dei
compagni. Non ho dubbi che il percorso debba già da oggi essere orientato
politicamente, indicando la prospettiva che vogliamo dare all'opposizione.
Allora unità per la caduta del Governo e radicalità nei programmi per
non lasciare ai ìriformistiî la rappresentanza politica-istituzionale
dellíopposizione. Qui sta la priorità della costruzione del programma
per líalternativa di governo, la cui costruzione non potrà essere
un pranzo di gala, ma un vero ìconflitto programmaticoî,
vedi le ultime prese di posizione di Fassino e Rutelli. Non dunque un
ìprogramma minimoî dove mettere assieme alcune compatibilità
allíinterno di alleanze politiche già definite e in cui Rc diventerebbe
la sinistra del centrosinistra. No! questo rappresenterebbe la morte
dellíalternativa e la vittoria dellíalternanza. Noi dobbiamo
introdurre alcune variabili indipendenti. Per questo occorre:1) far
irrompere i movimenti, le grandi organizzazioni di massa nella discussione
del programma (vedi Fiom) 2) definire una Carta Programmatica attraverso
una Conferenza Programmatica (locale e nazionale) non di partito ma
costruita con quei soggetti che hanno dato vita alla campagna referendaria.
Ultimo punto: è cambiato o no líUlivo? la risposta sta nel giudizio
severo sul centro-sinistra della relazione. Il gruppo dirigente dellíUlivo
non è affatto cambiato, ma cíè una sua disarticolazione soprattutto
rispetto alle grandi organizzazioni di massa come la Cgil, la Fiom,
líArci con un elemento di accelerazione che va colto: la proposta
del Partito Riformista significherebbe uno spostamento ancora più accentuato
verso il centro. Ciò provocherebbe: 1) ulteriore disarticolazione dellíUlivo(da
destra e da sinistra); 2) uno spazio assai rilevante per una sinistra
di alternativa che non crescesse su se stessa, isolata, o come pura
sommatoria di ceti politici, ma che fosse in grado di confrontarsi con
le contraddizioni sempre più evidenti che si manifestano nel centro-sinistra
su ogni questione.
Claudio Bellotti
Direzione nazionale
La svolta precipitosa verso il centrosinistra rischia di spingere il
Prc in un vicolo cieco. » fin troppo evidente come le basi per
líaccordo programmatico che si cerca con líUlivo non esistono
oggi come non esistevano ieri. Si cerca di coprire questa realtà
con fiumi di parole che confondono il nostro dibattito senza per questo
impressionare i nostri interlocutori e ipotetici alleati. Come si fa
a dire che il centrosinistra non cíè più, come ha fatto
Bertinotti nella relazione? » chiaro che il partito viene messo
su un asse inclinato. Quei compagni che hanno chiesto che si pongano
dei ìpalettiî chiari nella trattativa col centrosinistra
non tengono conto del fatto se oggi ci sgoliamo a dichiarare che vogliamo
allearci con líUlivo per governare líItalia in modo diverso
dalla destra, domani ci risulterebbe praticamente impossibile rompere
tale alleanza dichiarando che non esistono le condizioni per un programma
comune. In generale questa politica di svolte e controsvolte spiazza
il partito e aggrava la nostra situazione interna; líancoraggio
di classe si sta sempre più diluendo, sia nelle parole díordine
che nella struttura del partito stesso. Líintervento sullo sciopero
generale, o sulla vertenza dei metalmeccanici è stato modesto,
quasi sporadico. » un pò strano che un segretario si presenti
al Cpn domandando cosa si è fatto, sarebbe precisamente compito
del gruppo dirigente dare indicazioni díintervento e fornire
le necessarie verifiche. Ma questo pare non interessare, cosÏ come
poco interessano i dati del tesseramento e qualsiasi seria analisi sullo
stato reale dellíintervento e del radicamento del partito stesso,
o dello stato reale dei movimenti di massa. Condivido le critiche alla
svolta avanzate nei due documenti di minoranza (Ferrando e Izzo). Quello
che in essi è assente è un abbozzo, sia pure parziale, di
una strategia e una tattica per uscire da questa strettoia nella quale
veniamo ad infilarci. A questo proposito non ritorno su quanto ho già
avuto líopportunità di dichiarare in sede di Direzione
e nel documento presentato al Cpn precedente.
Vito Bisceglie
Federazione Torino
La maggioranza, uscita nellíultima Direzione nazionale, segna
una svolta rispetto al Vù Congresso. La rottura con il governo Prodi,
i rapporti con i movimenti, la costruzione della sinistra antagonista
furono gli assi di quella maggioranza congressuale. Oggi ci si dice
che i rapporti con i movimenti possono portare a un accordo con il centrosinistra.
Che, grazie ai movimenti, líUlivo è cambiato. Su quali basi
è possibile fare accordi con líUlivo? Sui referendum vi
è stata uníalleanza oggettiva tra Polo e Ulivo. Sullíintervento
militare in Jugoslavia e in Iraq la differenza è solo se basta
o no líombrello dellíOnu. Su pensioni, salari, precarizzazione
del lavoro, scuola, sanità, le posizioni sono simili: le differenze
sono solo nei tempi. Su quali basi si possono costruire elementi di
programma comune? La rottura con Prodi ci costò una scissione
che aveva al suo centro proprio le questioni sociali: riduzione dellíorario
di lavoro, pensioni, la difesa dei salari, la lotta ai lavori precari.
Certo la crisi della destra spinge le masse verso líunità
antiberlusconiana. Ma una forza comunista deve saper distinguere líunità
nella lotta, dal basso, con lotte, scioperi e obiettivi precisi dallíunità
di programma. Fa bene il compagno Cremaschi a chiedere una conferenza
programmatica (cosa che la minoranza chiede da tempo), ma una tale Conferenza
non può essere un incontro delle cosiddette forze antagoniste
e di movimento. Credo che una tale conferenza debba coinvolgere tutto
il partito nella definizione di una strategia di medio periodo e non
essere sottoposta alle pressioni che vengono dallíesterno o da
quel ceto politico che il ìmovimentoî esprime. Il documento
di maggioranza della Dn per un verso vanifica ogni prospettiva di costruzione
di un polo di classe alternativo sia al centrodestra che al centrosinistra,
ma contemporaneamente tende a rompere con quei movimenti reali che nella
società si pongono líobbiettivo della trasformazione.
Sergio Boccadutri
Esecutivo Giovani Comunisti
Questo è uno dei casi in cui la forma del dibattito ne determina
la sostanza. E bene ha fatto il segretario, la cui relazione condivido
e considero un passo in avanti rispetto al documento della Direzione,
a rispondere con precisione alle critiche, senza liquidarle. Credo che
questo atteggiamento debba diventare una costante del nostro dibattito.
Ed è stato anche importante iniziarlo anzitempo, rispetto alla
scadenza naturale della legislatura: solo in questo modo possiamo riuscire
a discutere in profondità - non soltanto a livello centrale -
evitando di rimanere stritolati allíultimo momento in logiche
politiciste. Ma sui territori la discussione deve avere lo stesso tono
di quello che stiamo svolgendo qui dentro. Dobbiamo evitare a tutti
i costi che qualcuno possa pensare che ìfinalmente si ritorna
alla politicaî, perché invece è proprio dal generoso
impegno di tante compagne e tanti compagni nel movimento che bisogna
partire nel confronto locale con le altre forze politiche democratiche,
anzi è proprio quel lavoro politico e sociale, con le sue difficoltà
e i suoi risultati, che deve essere bussola di quel confronto. Senza
toccare líautonomia del movimento. Eí possibile? Eí
possibile insomma pensare un ruolo dinamico del nostro partito, che
non si comporti diversamente ed invece tenga la stessa barra nel movimento
come nelle stanze delle istituzioni? Dalla risposta passa anche la nostra
sfida della rifondazione comunista e della costruzione della sinistra
díalternativa. Eí proprio in questa direzione che stiamo
muovendo la nostra organizzazione giovanile. Come Giovani Comunisti
abbiamo rotto líidea classica di ìgiovanile di partitoî,
e lo abbiamo fatto anche e soprattutto nelle relazioni che abbiamo costruito.
La disobbedienza, e qui non parlo solo delle pratiche di piazza, se
già inizia a diffondersi allíestero, può diventare
anche in Italia espressione del dissenso. Abbiamo ancora tanta strada
davanti e questa passa immediatamente dalle iniziative del 7 novembre
accanto ai metalmeccanici, dalla liberazione di nuovi spazi sociali
e dallíaffermazione dei diritti più semplici, dalla casa alla
cultura.
Ugo Boghetta
Direzione nazionale
La proposta avanzata è stata spesso mal interpretata dentro e fuori
il partito, per motivi strumentali, ma anche perché, alla parola:
Ulivo, scatta una comprensibile reazione negativa. Le malefatte non
si contano, perciò, ogni cosa sbagliata che fa o dice líUlivo
deve vedere da parte nostra uníiniziativa di massa tesa a far
prendere coscienza che cosÏ non si batte Berlusconi. Líobiettivo,
infatti, è mandare a casa Berlusconi, e cambiare i rapporti di
forza nellíopposizione. Dovremo, dunque, costruire campagne di
massa per la legge sulla rappresentanza, il diritto di sciopero, la
chiusura dei Cpt, la ripubblicizzazione dei servizi. Alla fine valuteremo
i risultati raggiunti contro il governo, la qualità del programma
e líadesione di massa, attiva e cosciente, alle tesi antiliberiste.
Nelle critiche pesano anche esempi negativi del come Prc sta in certe
maggioranze a livello locale. Figuriamoci altri?! Queste situazioni
vanno cambiate. Ai movimenti (No Global, Fiom, Cgil ed altri), si chiede
di continuare il conflitto, di partecipare al percorso di definizione
di un programma, non di ìandare al governoî. Líautonomia
dei movimenti è imprescindibile perché líobiettivo
non è il governo, ma un altro modello di società, che non
può che passare attraverso la modifica dei rapporti sociali.
Inoltre, ciò che non si otterrà nel programma, dovremo
operare per ottenerlo poi. Sarà quindi ancor più importante capire
quali spazi politico/istituzionali si apriranno per continuare la lotta.
Va dunque contrastata una lettura (e pratiche) governista della proposta.
Il maggioritario ci costringe a questo passaggio contraddittorio, meglio
affrontarlo ora che subirlo alla fine. Questa è una constatazione
ineludibile: senza se e senza ma. Ma è decisivo che questo percorso
sia di massa, veramente collettivo e democratico.
Giordano Bruschi
Federazione Genova
In un dibattito di decine di migliaia di parole scelgo provocatoriamente
di sottolineare solo tre fatti, espressi dallo sciopero a Genova del
24 ottobre. Corteo principale di 70mila compagne/i raccolti sotto le
insegne del sindacato confederale. Adesioni allo sciopero altissime
di operai, impiegati pubblici, giovani precari della grande distribuzione
alla prima lotta. Altro corteo di disobbedienti, Cobas, Centri speciali
con duemila partecipanti. Parole díordine importanti, radicali
portate sotto il palco. Lancio di carta igienica contro líoratrice
Cisl in polemica per il patto del lavoro. Servizio díordine della
Cgil che contrasta la contestazione. Líaltro corteo abbandona
piazza De Ferrari per radunarsi in luogo separato. Riflessione: come
unificare forze importanti, coinvolgerle, tutte, nel conflitto sociale,
rendendole protagoniste di un cambiamento indispensabile, ma possibile?
Gran parte delle masse in piazza giudica prioritaria la cacciata di
Berlusconi e chiede rivendicazioni sociali: pensioni, salari, sanità,
diritti in fabbrica. Esige unità come condizione essenziale. Sono
molto radicali nei contenuti, ma nelle elezioni e malincuore votano
Ds e Margherita perché ritenuti (magari sbagliando), più efficaci.
Alle domande che questi potenziali nostri sostenitori ci rivolgono:
ìdove vai? î, non possiamo solo rispondere ìporto
pesciî, sottolineando la freschezza, la bontà dei contenuti.
Líobiettivo di un accordo programmatico di governo, formulato
da Bertinotti, da realizzare con ampia partecipazione dal basso, è
elemento determinante e vincente. Nessun inciucio con DíAlema;
anzi, costruzione di un blocco sociale che sposti le masse del movimento
dal moderatismo del vertice Ds alla radicalità delle sinistre
alternative, evitando i settarismi della carta igienica, del letame,
delle uova ripiene di vernice.
Alberto Burgio
Responsabile Giustizia
Della nuova linea del partito sono state date interpretazioni diverse
sia nel dibattito in corso su Liberazione che durante questo Cpn. »
quindi utile fissare con chiarezza pochi punti essenziali, soprattutto
a beneficio di quei compagni che la rapidità della svolta potrebbe
aver disorientato. In primo luogo, si tratta di un cambiamento decisamente
positivo, in virtù del quale il partito recepisce líistanza fondamentale
avanzata dallíintero ìpopolo della sinistraî: cacciare
al più presto il governo Berlusconi, possibilmente prima della fine
naturale della legislatura. Se non rispondessimo a questa domanda rischieremmo
líisolamento, poiché daremmo líimpressione di essere
sordi a uníesigenza considerata vitale anche dai movimenti, che
chiedono con forza líunità delle sinistre in quanto comprendono
che, finché questo governo resterà in carica, sarà
per loro impossibile dispiegare appieno il proprio potenziale di lotta.
Ciò non significa vedere tutto facile, assumere il quadro mitologico
secondo cui la crisi del neoliberismo renderebbe di per sé agevole
realizzare il nostro programma politico. Ma non è vero nemmeno
il contrario. Il fatto che la parte prevalente del centrosinistra permanga
su posizioni moderate non pregiudica líesito del confronto. I
compagni che pensano cosÏ trascurano che diverse forze politiche,
sindacali e sociali del centrosinistra o ad esso vicine si sono spostate
su posizioni avanzate, simili alle nostre. Eí lo schieramento
che col nostro partito ha sostenuto il referendum sullíart. 18
e si è opposto incondizionatamente alla guerra. Ora sta a noi far
sÏ che tale schieramento si consolidi e cresca, affinché
líasse politico complessivo dellíopposizione si sposti
sempre più a sinistra, nel segno della difesa del lavoro, della pace,
dei ceti sociali deboli e della Costituzione antifascista.
Giovanna Capelli
Direzione nazionale
Parto da un commento sullo sciopero di venerdÏ 24: hanno scioperato
nella scuola docenti e lavoratori/trici che non lo avevano fatto mai
(nella mia zona si passa dal 28% degli scioperanti dellíultimo
sciopero al 78% del 24 ottobre). E ciò per líintreccio
perverso che cambia in negativo le loro vite: salari insufficienti,
pensioni lontane, insicure e decurtate, una controrifoma della scuola
incombente che azzera 30 anni di esperienza pedagogica e di ricerca
di attuazione del diritto allo studio. Per la prima volta erano presenti
alla manifestazione migranti autorganizzati non sulla base del paese
di provenienza, ma del luogo, da cui hanno aperto un conflitto con le
istituzioni per avere una casa e il permesso di soggiorno. Questi elementi
anche se non assolutizzati ed enfatizzati ci fanno capire che stiamo
vivendo una stagione di crescente conflitto sociale e di connessione
reciproca dei movimenti; la giornata di venerdÏ è un punto
di partenza per líallargamento e la radicalizzazione della opposizione
al governo. La nostra proposta politica è incardinata in questo
contesto. Ad essa sottende la domanda se sia possibile oggi un governo
di alternativa nella Europa della globalizzazione. Domanda necessaria
e aperta, con risposte parziali e tutte in fieri, che rimandano a coloro
che per primi líhanno resa formulabile e attuale, alle straordinarie
esperienze latino americane di Lula, di Chavez, degli Zapatisti, di
regioni in cui si gioca la punta più avanzata dello scontro con la globalizzazione
neoliberista. Proprio sul governo dobbiamo lavorare mettendo a fuoco
il tema del rapporto fra governo, movimento, conflitti sociali. Parlo
anche di un necessario bilancio della esperienza dei governi locali
in cui da anni diamo vita ad alleanze con il centrosinistra. In alcuni
luoghi questo rapporto con i movimenti, questo conflitto ha prodotto
esperienze positive e trasformative. Il conflitto stravolge le priorità
date, fa emergere bisogni, struttura soggettività che non solo
li esprimono, ma si assumono la responsabilità di gestirne la
realizzazione.
Mimmo Caporusso
Federazione Bari
Condivido la relazione del segretario. Bisogna lavorare sulla centralità
del movimento, la costruzione della sinistra alternativa e líopposizione
al governo Berlusconi tracciando un percorso per raggiungere se possibile
una alternativa di governo. La fase politica dopo due anni di governo
delle destre è cambiata; vorrei ricordare che questo governo ha
effettuato una serie di provvedimenti che mettono a rischio il nostro
paese: legge Cirami, falso in bilancio, abolizione della tassa di successione,
lodo Schifani, condono edilizio, riforma Moratti con il finanziamento
delle scuole private, la Bossi/Fini e la L. 30. Ora si appresta a riformare
il sistema pensionistico, modificare la legge sulla informazione e attacca
la Costituzione antifascista. Bene ha fatto il nostro partito a proporre
una manifestazione unitaria di tutte le opposizioni contro questo governo;
facciamo bene a mettere nella nostra agenda politica come questione
centrale la cacciata di questo governo. Tutto ciò non basta;
bisogna lavorare affinché si raggiunga una intesa avanzata -
il che non è facile - con le forze del centrosinistra i movimenti
e Rifondazione Comunista. Alcune questioni noi dobbiamo porle in maniera
forte come la perdita del potere díacquisto dei salari e delle
pensioni e la legge 30. La perdita di potere díacquisto dei salari
e delle pensioni sta creando nel nostro paese disperazione, non si riesce
più ad arrivare a fine mese; dobbiamo chiedere al centrosinistra che
la questione salariale diventi questione centrale e proporre da subito
un meccanismo di adeguamento dei salari e delle pensioni al reale costo
della vita. Altro punto importante per noi Comunisti deve essere líabolizione
della legge 30. Con la legge 30 siamo al mercato selvaggio, ìmeno
contratto più mercatoî. Tutti atipici, tutti flessibili, tutti
precari: tutti uguali perché senza diritti. la flessibilità
americana lanciata da Reagan che porta a cancellare il sindacato.
Guido Cappelloni
Direzione nazionale
Il progetto politico che stiamo portando avanti è complesso e tuttavia
lo dobbiamo percorrere con determinazione. Lo dobbiamo fare per dare
risposta positiva alla richiesta che viene dal paese di liberarci da
Berlusconi. Lo dobbiamo fare anche per contribuire a far crescere nel
paese una spinta ad elaborare linee programmatiche con dei contenuti
corrispondenti alle esigenze popolari e dunque del tutto diversi da
quelli del governo Berlusconi ma anche migliori di quelli dei governi
di centrosinistra. Líimpresa è molto difficile e non credo
che la strada da percorrere sia quella di elaborare al nostro interno
queste linee programmatiche per poi sottoporle ai nostri interlocutori.
Dobbiamo stimolare un dibattito alla ricerca di un accordo sui contenuti
con i partiti del centrosinistra, con le organizzazioni sindacali e
di massa, con i movimenti. A proposito di questi ultimi dobbiamo essere
consapevoli dellíimportante ruolo che hanno giocato nella lotta
per la pace e contro le politiche neoliberiste. Ciò ci deve spingere
a contribuire allíulteriore loro sviluppo. Per questo ha fatto
bene Bertinotti a ricordare che nella manifestazione del 4 ottobre svolta
nel ìdeserto dellíEurî si sono manifestati dei limiti
in certi settori del movimento quali il rischio dellíautoreferenzialità.
Perseguire il nostro progetto comporta per il partito uno sforzo gigantesco
visto che, nello stesso tempo, si deve approfondire il dibattito ed
insieme si devono sviluppare lotte di massa e iniziative politiche a
tutti i livelli istituzionali. Occorre dunque un partito fortemente
unito. Eí stato detto che purtroppo in esso ci sono conflitti
e separatezze. Ne abbiamo avuto una plateale prova con líintervento
della compagna Mattu. Dobbiamo superare queste situazioni. Ma deve essere
chiaro che il loro superamento si conseguirà meglio se vi sarà
un impegno più determinato da parte anche della Direzione. Laddove tale
impegno fosse non del tutto adeguato ne risentirebbe negativamente il
nostro progetto politico.
Milziade Caprili
Direzione nazionale
Il nostro dibattito si sta svolgendo in maniera diffusa ed articolata.
Ciò, naturalmente, è positivo, ma a condizione che non si
trasformi in uno scontro tra opposte tifoserie. A questo rischio ne
è inevitabilmente connesso un altro ed altrettanto pericoloso:
il riduzionismo. Attenzione a non ridurre tutto ad un referendum sul
semplice confronto tra Rifondazione ed il centrosinistra. Ci troveremmo
in una situazione díestrema debolezza, accentuata dalla rinuncia
a rapporti con líesterno. Abbiamo, al contrario, bisogno di un
percorso che si sviluppi aprendo la nostra iniziativa allíesterno
di noi stessi. Líimpresa è difficile, complicata, e dallíesito
non affatto scontato. Il dibattito non può poi prescindere dalla
costruzione di un soggetto politico della sinistra díalternativa
europea in rapporto ai problemi dellíEuropa e che non sono derubricabili
ad argomenti di politica estera. Eí necessario quindi accelerare
il processo della sinistra díalternativa europea e considerarlo
asse portante dellíinsieme della nostra proposta. Dalla crisi
con Prodi si è articolata la nostra iniziativa díinvestimento
sui movimenti. Quella ricomposizione tra politica e movimento, che è
sotto gli occhi di tutti, va ascritta anche a merito della nostra azione.
Tutto ciò non va sottovalutato. Eí necessario proseguire
su questo percorso valorizzando le esperienze territoriali che si inseriscono
in questo quadro e che rappresentano il dispiegarsi concreto del lavoro
politico. Siamo dunque ad un passaggio díestrema delicatezza
che affrontiamo con un partito nel quale le forme di separatezza, rigidità
ed incomunicabilità rappresentano dei veri e propri impedimenti
al dispiegamento di una iniziativa larga. Si rende necessaria ed urgente
una assunzione di responsabilità da parte del gruppo dirigente
da inquadrare nel processo díinnovazione che non può essere
vissuto come momento separato dal resto della proposta politica.
Carlo Cartocci
Responsabile Immigrazione
Quando incontro i migranti, e mi capita spesso, mi chiedono: ´Ma
se si batte Berlusconi e si cambia governo, cosa proporrete per noi?ª.
Quando si dice ìmovimentoî, infatti, non è di una
identità astratta che si parla, ma di donne e uomini che fanno
richieste, esprimono soggettività, parlano di bisogni e di sogni.
Per queste ragioni dirò semplicemente che, in questa fase, navighiamo
fra due sponde strette e pericolose. Da un lato dobbiamo trovare un
accordo con le forze riformiste, pena la stagnazione della nostra azione
politica, dallíaltro non dobbiamo annacquare la nostra linea
politica, pena la perdita di identità e, con essa, di molti compagni.
Mi rendo conto che non si può andare alla trattativa con la lista
delle richieste rigidamente predefinite invece che con una idea di società
che si vuole definire insieme, ma tuttavia ci sono questioni che non
si possono affrontare senza porre pregiudiziali e líimmigrazione
è fra queste. Una prossima nuova maggioranza dovrà rivedere
il testo della legge sullíimmigrazione, abrogare la Bossi-Fini,
ma non tornare semplicemente alla Turco-Napolitano. Dovrà varare
una legge sui richiedenti asilo ispirata allíart. 10 della Costituzione,
fare una legge sul diritto di voto ai migranti basata sulla residenza
e non sul censo o sulla tipologia del permesso di soggiorno, fare una
legge sulla cittadinanza che rinneghi lo ius sanguinis. Soprattutto
occorre compiere subito un gesto politico altamente simbolico: chiudere
i Cpt. Su molte proposte si potrà accordarsi sui tempi e sui modi,
sui Cpt non cíè spazio per mediazioni. Non credo che la
rigidità in politica sia cosa saggia, ma occorre coniugare la
duttilità con la radicalità. Abbiamo detto che si andrà
alla trattativa accompagnati dallíorientamento del movimento
di cui facciamo parte, sullíimmigrazione il movimento è
unitario e radicale: dobbiamo ascoltare il movimento.
Bruno Casati
Direzione nazionale
Il Partito fa la scelta giusta: prova a relazionarsi con le aree più
avanzate delle opposizioni e, sotto la spinta dei movimenti, tutti,
si propone con loro di cacciare Berlusconi. Finalmente! Già nella
ricerca, possono avanzare sia un programma di alternativa che i soggetti
di una sinistra di alternativa. Si può portare cosÏ a sintesi
uno straordinario biennio di lotte sociali che oggi vogliono essere
ascoltate dalla politica. Stiamo perciò ragionando su quel nesso
società/conflitto/governo che, solo nei primissimi anni í60,
fu indagato da quella sinistra (Pci e, poi, Psup). E, in Rifondazione,
è del tutto evidente, siamo a una correzione di rotta. Sbagliato
attardarci a ricercarne le radici, se nel Congresso o altrove. Rischiavamo
il fuori gioco politico, questa è la verità, oggi rientriamo
in gioco assumendo le istanze di quegli undici milioni che hanno votato
SÏ al referendum, ma anche del popolo della Perugia-Assisi e degli
operai industriali della Fiom che si batte per tenere aperta per tutti
la porta della contrattazione. E avviamo un percorso a esito non dato.
Non sarà semplice già praticarlo, anche perché in
un centrosinistra, che si è per davvero scomposto, possono prevalere
quanti che, pensando solo ad accomodamenti - sulle pensioni, sulla L.
30, come già sulla guerra - agiteranno su di noi il classico ricatto
ìo si fa cosÏ o si perdeî. Bisogna essere in tanti,
che a differenza del í98 oggi ci sono, a rispondere loro nei
fatti che ìsi può vincere ma solo su un progetto limpido,
non accomodante, di alternativa e di massaî. Eí la sfida.
Dobbiamo sostenerla con forti idee coinvolgenti che partano, certo,
dalla cassazione della Legge 30, dalla difesa delle pensioni, da una
legge sulle rappresentanze e, magari da una legge sul reddito sociale
minimo. Ma non basta. Avanzo due proposte. La prima parla al cuore e
alla pancia delle masse. I prezzi aumentano? Prepariamo il calmiere.
Salari e pensioni calano? La risposta è una sola: scala mobile!
Anna Ceprano
Direzione nazionale
Siamo stati invitati a fare una scelta netta ed io sarò netta.
Dico no alla proposta scellerata e fallimentare di costruzione di uníalleanza
politico-programmatica con forze moderate e liberali. E guerrafondai
che niente hanno fatto a favore dei lavoratori quando hanno governato
e che anzi hanno approvato leggi antipopolari e razziste (es.: pacchetto
Treu, Turco-Napolitano, Finanziaria ìlacrime e sangueî
di Prodi), e che ci hanno boicottato solo tre mesi fa sul referendum
sullíart. 18, e che in una fase di montante autoritarismo delle
attuali forze di governo latitano, assieme al nostro partito che lascia
il ruolo di opposizione nel Paese al movimento per la pace e girotondini,
che non scende su un terreno di classe, sul terreno del conflitto capitale-lavoro.
Dico no a rinunciare alla identità comunista che, per líennesima
volta, viene chiesta in dote al partito per svuotarlo ulteriormente
di valori e di principi che sono patrimonio del movimento dei lavoratori
a cui dobbiamo richiamarci. Líopposizione, come ha dimostrato
lo sciopero di ieri, dove il partito ha portato lo striscione ma non
la propria presenza organizzata, non si fa solo con le dichiarazioni
dei leaders ma con la forza dei lavoratori organizzati. Ci viene chiesto
di decidere senza aver attivato nel partito nessun tipo di discussione,
tanto meno libera e democratica, come ci è stato detto oggi e,
cosa più grave, senza aver parlato della crisi del partito. Non cíè
stato, infatti, nessun dibattito, nessun esempio di democrazia, anzi
oggi nel partito viviamo una falsa democrazia. Infatti, non tutti hanno
le stesse opportunità di parlare negli organismi o su Liberazione.
Visto che il segretario ha citato il comizio del 28 settembre, vorrei
ricordare líepisodio della cancellazione, non si sa ancora da
chi, della manifestazione del 27 settembre, perché è esemplificativo
dellíannullamento degli spazi di discussione, del superamento
degli organismi dirigenti, della crisi del partito che si preoccupa
di discutere e confrontarsi solo allíesterno.
Mauro Cimaschi
Federazione Crema
La cacciata del governo Berlusconi, lunga mano dellíamministrazione
Bush in Europa e in Italia, ha una valenza non solo per la situazione
interna (peggioramento della situazione economica, emergenza democratica),
ma anche internazionale. Ampiamente condivisibile, quindi, la nuova
linea politica proposta dalla Segreteria, approvata dalla Direzione
nazionale, sulla quale chiamare ad esprimersi i nostri Cpf. Proposta
che si basa su 2 punti: pericolosità e cacciata del governo Berlusconi,
apertura di un confronto programmatico con il centrosinistra. Svolta
o ìcambio di passoî rispetto al congresso? Rilevante è
che il Partito si ricolloca al centro dello scontro politico; come spiegarci
altrimenti il coro di consensi alla nostra proposta di indire una manifestazione
unitaria di tutte le opposizioni contro il governo? Profonde le differenze
programmatiche che ci dividono dal centrosinistra, ma altresÏ importanti
sono le divisioni che al suo interno vanno producendosi. Avviare un
processo, sostenuto da una forte pressione dal basso, che consolidi
e amplii un rapporto con quelle forze schierate nella battaglia per
líestensione dellíarticolo 18 e per il ritiro delle truppe
dallíIraq, è precondizione perché si sposti a sinistra
líasse del centrosinistra; si realizzi un programma i cui contenuti
qualifichino una proposta programmatica in difesa degli interessi delle
classi sociali da noi rappresentate. Solo un Partito, unito, motivato,
strutturato, può essere allíaltezza di questo compito:
il superamento di lacerazioni congressuali, oggi ancor più anacronistiche;
un maggior coinvolgimento democratico nelle scelte; un rafforzamento
delle strutture periferiche; il rilancio di una forte iniziativa di
massa, capillare, unitaria con le altre forze politiche e sociali di
opposizione; ne sono presupposti indispensabili.
Aurelio Crippa
Direzione nazionale
Nella relazione significativi mutamenti allíimpostazione ed al
documento della Direzione, che devono avere conseguenza nella pratica
e nellíagire del Partito. Crescono i movimenti e líopposizione.
Compito del Partito è contribuire ad allargarli, dargli continuità,
unire, alla risposta generale, quella articolata nei territori. Dotarli
di piattaforme rivendicative che esprimano, nei loro obiettivi, il carattere
offensivo corrispondente allíesigenza della trasformazione della
società (un altro mondo è possibile). Giusto lo sciopero
generale e la sua continuità, ma nettezza nellíopporsi
al riproporre di Cgil Cisl Uil della concertazione e della politica
dei redditi. Governi di centrosinistra e di centrodestra hanno utilizzato
e utilizzano le pensioni per far fronte al deficit pubblico. Questa
logica va sconfitta unendo al No allíulteriore contro-riforma,
una piattaforma rivendicativa per la difesa della previdenza pubblica.
Riproposta líalternativa programmatica di governo. Obiettivo
giusto, ma riguarda il 2006, tempo che non collima con líurgente
necessità di dare risposte immediate e positive alle istanze dei
movimenti ed ai problemi dellíoggi. Reputo, qui il mio dissenso
che, fermo restando questo è necessario che oggi il Partito definisca
i suoi obiettivi prioritari (risposta i problemi) su cui sviluppare
líiniziativa a tutti i livelli, rappresentando essi un contributo
al confronto, che deve essere portato avanti nonostante la difficoltà
delle differenze politiche. Con líobiettivo di costruire piattaforme
rivendicative - punti comuni - su cui sviluppare líiniziativa
con líopposizione parlamentare e quella sociale nel Paese. Una
scelta che supererebbe una realtà negativa; líoperare del
Partito ai vari livelli istituzionali sempre meno dettato dalla politica
e sempre più dalla salvaguardia del rapporto con il centro-sinistra,
spesso subalterno (cíè il confronto, non possiamo differenziarsi,
rompere). Decisivo il ruolo del Partito, oggi non allíaltezza
della ìbisognaî.
Stefano Cristiano
Federazione Pistoia
Sono díaccordo con líimpostazione proposta dalla Direzione
nazionale e ribadita dal Segretario nella sua relazione. La nuova linea
politica sulla quale si sta posizionando il partito, tendente a costruire
uníopposizione politico-programmatica al governo Berlusconi,
con líobiettivo della alternativa, è pienamente condivisibile.
Essa ha, inoltre, una grande importanza per una serie di ragioni oggettive
e soggettive. Le ragioni oggettive risiedono nella pericolosità
del governo Berlusconi che organicamente mina alla radice la costituzione
a partire dalle sue basi storico-culturali (líattacco alla resistenza
e la rivalutazione di Mussolini), attacca frontalmente il mondo del
lavoro (articolo 18, legge 30, controriforma delle pensioni), distrugge
lo stato di diritto ed i presupposti democratici su cui si fonda (leggi
salva processi, condoni fiscali ed edilizi). Líestrema pericolosità
di questo governo è avvertita anche dal nostro popolo che ci chiede
una iniziativa unitaria a partire dallíopposizione, con líobiettivo
prioritario di far cadere al più presto líesecutivo. Le ragioni
soggettive risiedono nella necessità, per il nostro partito, di
misurarsi con i nodi concreti dellíamministrazione, e nella opportunità
che il confronto dialettico con le forze del centrosinistra ci offre,
di intervenire nelle contraddizioni che esistono allíinterno
di quello schieramento, e che si stanno manifestando in differenziazioni
sempre più frequenti su temi centrali quali i problemi del lavoro e
la guerra. Ciò che invece dobbiamo evitare è prefigurare
oggi lo sbocco di questo cammino: líobiettivo è una alternativa
di governo, il percorso è una battaglia di opposizione al governo
delle destre, lo strumento è una alternativa programmatica su contenuti
chiari e condivisi. Dire oggi che líaccordo è sicuro sarebbe
incomprensibile, anche alla luce di differenze che tuttíora permangono
su temi strategici; dire oggi che líaccordo è impossibile
ci metterebbe in contrapposizione radicale con una volontà diffusa,
anche nel nostro elettorato, di ricercare rapporti unitari per battere
queste destre.
Alessandro Curzi
Direzione nazionale
Il segretario nella sua relazione ci ha chiesto di compiere una scelta
netta sulla sua proposta che noi di ìLiberazioneî abbiamo
sintetizzato nel titolo ìPer uníalternativa di governo,
per una sinistra di alternativaî. Personalmente condivido con
forte passione politica, líanalisi fatta sullíattuale
situazione italiana nel quadro della profonda crisi che si manifesta
nel processo di globalizzazione capitalista mondiale. La proposta di
Bertinotti, che spero diventi, con il voto di questo Comitato politico
nazionale, la proposta di tutto il nostro partito al Movimento, al sindacato,
a tutte le forze politiche che non si riconoscono nel berlusconesimo,
nasce dalla comprensione che ´la crisi italiana non contempla
solamente un pesante declino economico e industriale, ma coinvolge líintero
assetto della società e delle classi dominanti, producendo confusione
e perdita di senso e uníinfelicità diffusaª. Una crisi
di società, quindi, a cui dobbiamo saper rispondere, con un progetto,
un modello di sviluppo, un programma di governo. La tentazione, spesso
ricorrente, in una sinistra di ìanime candideî, di stare
alla finestra deve essere respinta da un partito che, orgogliosamente,
vuole definirsi partito dellíalternativa. Per questo, a volte,
manifesto un certo fastidio per posizioni di arroganza settaria che
liquidano con facili battute moderniste (ma che invece sono assai vecchie!)
la complessa storia del ìpartito nuovoî di Togliatti, quel
Pci che è stato per milioni di italiani una scuola di democrazia,
di legalità repubblicana, una scelta di vita. La proposta di cui
stiamo discutendo e cioè, di uníuscita da sinistra da questa
crisi di società, è certamente difficile e irta di ostacoli.
Mi sembra indispensabile, perciò, anche dopo il voto che daremo
in questo Cpn, proseguire la discussione, ma non dobbiamo farlo in modo
chiuso. ´Dobbiamo - ha detto Bertinotti - aprire un circuito con
i movimenti, con le lotte, con il lavoro quotidianoª e il nostro
giornale ìLiberazioneî, dovrà saper aprire le sue
pagine a questa battaglia culturale e politica. Una nuova società
è possibile.
Pasquale D'Angelo
Federazione Chieti
Il riaffacciarsi di ìaperture di identificazioneî con le
nuove forme del panorama ìulivistaî in costruzione rischia
di svilire la nostra funzione a semplice ala di ìmaggiore radicalitàî,
oltretutto in concorrenza con quellíamalgama imprecisato che
va movimentando lo ìspazio criticoî rispetto ai Democratici
di sinistra; ìapertureî che hanno poco a che fare persino
con líobiettivo, pur necessario, di disporci in modo da fare
tutto il necessario per contribuire a battere elettoralmente e politicamente
ìle destreî pericolose ed inquietanti che oggi gestiscono
e devastano il paese. E allíennesima ìsvoltaî del
partito torna il semplicistico dualismo ìgoverno/opposizioneî,
fuori dalla necessaria consapevolezza che líistituzionalità
è, ormai, sempre più indirizzata ad escludere ogni reale possibilità
di poter essere utilizzata come terreno sul quale possa passare un processo
di transizione alternativa. Va ribadito impraticabile, a livello nazionale,
un nostro coinvolgimento in governi nei quali la piena agibilità
democratica e le esigenze effettive dei ceti deboli non trovino riscontro
concreto e centralità determinante. Tanto più oggi, nel contesto
di un centro-sinistra nel quale il ìmodernismoî è
ormai predominante e relega sempre di più persino il ìprogressismoî
a qualcosa di prossimo al residuale; e a maggior ragione perché
consapevoli che gli arretramenti perseguiti dal centro-destra obbligherebbero
una eventuale alternanza ìprogressistaî, al di là
dei suoi stessi limiti programmatici, ad obiettivi di ìrecuperoî
più arretrati delle conquiste precedenti. In ogni caso, al di fuori
di qualsiasi intesa organica pre-elettorale, solo líacquisizione
di risultati elettorali della coalizione e del partito che consegnassero
complessivamente alla sinistra il peso necessario per conseguenziare
i propri indirizzi programmatici ci potrebbe vedere nella condizione
di valutare anche la possibilità di una nostra corresponsabilizzazione
esterna, a patto di non contraddire gli elementi di fondo e líautonomia
della nostra identità programmatica e strategica.
Walter De Cesaris
Responsabile Ufficio
di Segreteria
La nostra proposta politica va letta assieme: rapporto con il movimento,
costruzione della sinistra di alternativa, confronto programmatico tra
le opposizioni. Ma, sarebbe sbagliato sovrapporre i piani: il rapporto
con il movimento è líispirazione di fondo che permea la
nostra iniziativa, la costruzione della sinistra di alternativa indica
un processo politico per dare corpo e visibilità a quella che
definiamo líaltra Europa, la proposta del confronto programmatico
guarda al presente, a come rispondere alla crisi drammatica provocata
dal governo delle destre. Si tratta di ìpassiî diversi
e non possono essere concatenati in modo meccanicistico. Vorrebbe dire
banalizzare líinsieme della proposta politica. Per questo, la
sinistra di alternativa non è la proposta della rappresentanza
politica del movimento o il confronto programmatico tra le opposizioni
lo sbocco politico che indichiamo al movimento medesimo. Questo aspetto
dinamico, va colto fino in fondo non solo sul versante politico ma anche
su quello sociale. Qui, cíè un limite forte nella nostra
iniziativa. La nostra proposta parla al popolo delle manifestazioni
ma non entra nella carne viva delle sofferenze sociali diffuse. Un solo
esempio. Noi abbiamo lanciato una parola díordine di grande effetto:
ìsalari in lire e prezzi in euro. î Eppure, è rimasta
appesa lÏ e la tematica della perdita del potere di acquisto delle
retribuzioni viene derubricata a questione di folclore. Eppure, siamo
gli unici ad avere proposte strutturali e la recessione pone il tema
dellíaumento della domanda come ineludibile. Mai come oggi, nuova
politica sociale e nuova politica economica si intrecciano. Cíè,
quindi, anche per noi la necessità di un salto di qualità.
E la campagna díautunno sulle questioni sociali può essere
il primo banco di prova.
Elettra Deiana
Deputata
La relazione del segretario ha fornito un quadro chiaro e inequivocabile
sia dei presupposti analitici sia delle scelte politiche che vengono
avanzate. Lo condivido. Credo proprio che non si possa parlare né
di svolta né di nuova linea. Siamo di fronte a una dinamica sociale
e politica - e anche più in generale storica - che ha modificato in
maniera evidente il contesto precedente e che richiede risposte adeguate
da parte nostra. Questo se non vogliamo che le modifiche positive operate
dalla forza del movimento, dalla ripresa del conflitto sociale e dallíincontenibilità
delle contraddizioni suscitate dalle politiche neo-liberiste si esauriscano
o vengano egemonizzate in senso moderato. E anche se non vogliamo che
i pesanti mutamenti negativi causati da due anni e mezzo di berlusconismo
abbiano il sopravvento. Non ho mai pensato che il movimento, sia pure
della forza di quello che conosciamo oggi, potesse esaurire in sé
la complessità delle istanze storico-sociali di questa fase -
basti pensare alla dirimente questione del conflitto di sesso e dei
rapporti di genere che informano in radice la globalizzazione e i processi
in atto di costruzione dei meccanismi neo-identitari e degli apparati
simbolici. E neanche che possa esaurire in sé ragioni e istanze
del nostro essere partito. Il rapporto tra questo nostro essere partito
- la nostra specificità come soggetto del e nel movimento - costituisce
un aspetto su cui abbiamo accumulato molti ritardi di riflessione. E
qualche confusione. Resta tutta valida la scelta operata dallíultimo
congresso - il movimento come baricentro dellíanalisi e della
proposta politica. Líalternativa di governo, da costruire nellíintreccio
tra rilancio dei grandi temi conflittuali che hanno animato gli ultimi
due anni, opposizione a tutti i livelli, ricerca e confronto programmatico
a tutto campo e in una dimensione europea, è oggi il contesto reso
non solo possibile ma per noi agibile proprio in ragione della scelta
di quel baricentro.
Roberta Fantozzi
Direzione nazionale
La proposta politica che avanziamo è assai impegnativa e difficile,
ed è tuttavia quella che ci permette il massimo dispiegamento della
nostra iniziativa politica. Sviluppo del movimento e costruzione della
sinistra di alternativa in Italia e su scala europea, radicalizzazione
dellíopposizione al governo Berlusconi e parallelamente confronto
con le opposizioni politiche e sociali per costruire uníalternativa
programmatica ne sono gli elementi costitutivi. Si tratta di un percorso
aperto, il cui esito non è scontato. Accanto alla necessaria prosecuzione
della discussione interna e con líinsieme dei movimenti è
dunque indispensabile sviluppare al massimo la nostra capacità
di iniziativa. I danni sociali e democratici che le politiche del governo
Berlusconi stanno producendo sono crescenti, dalla precarizzazione estrema
dei rapporti di lavoro alla volontà di smantellare definitivamente
la previdenza pubblica, alla radicale iniquità in materia fiscale,
a tutto quanto sta avvenendo sul versante delle riforme istituzionali
e dellíassetto dei poteri. Ed è indubbio il rischio che
la crisi in cui è avvitata la politica delle destre possa produrre
risposte di ulteriore imbarbarimento della situazione. Il confronto
con le opposizioni è estremamente difficile. Se la situazione è
profondamente mutata e questo determina uno spiazzamento delle politiche
di ìliberismo temperatoî che hanno caratterizzato i governi
di centrosinistra, sono evidenti le pulsioni neocentriste dei gruppi
dirigenti di Ds e Margherita: Ma è altrettanto vero che la novità
sta nel venir meno di una proposta organica e nella scomposizione del
centrosinistra. Líinvestimento sulla crescita del conflitto sociale
e dei movimenti, líaccelerazione del processo di costruzione
della sinistra di alternativa sono le leve su cui operare per modificare
i rapporti di forza fra ìriformistiî e sinistra di alternativa
e determinare una caduta ìda sinistraî del governo Berlusconi.
Gianni Favaro
Direzione nazionale
Nella relazione, che condivido, è stato detto che occorre evitare
che il Partito si chiuda dentro la discussione sulle nostre prospettive.
Eí un errore che abbiamo già commesso dopo il congresso
e che sta mettendo in seria difficoltà la nostra presenza sul
territorio e nelle fabbriche. Qualcuno, negli interventi, ha segnalato,
ironicamente, che questo cambio di passo nella linea nazionale sembra
dire al Partito che la ricreazione è finita e finalmente si torna
alla politica. Non sono díaccordo, penso che dare più concretezza
alle nostre proposte politiche ed anche alle nostre alleanze non significhi
necessariamente rinunciare alla nostra autonomia e originalità
politica, anzi penso che questo sia il modo di proseguire la costruzione
di un radicamento forte e di massa. Si tratta di una fase politicamente
difficile, la nostra autonomia e originalità hanno bisogno, per
sopravvivere e crescere, di un Partito forte e motivato; mi pare, invece,
che la situazione dei nostri circoli e delle nostre federazioni non
sia molto soddisfacente. Non sono tra quei compagni che imputa queste
difficoltà a responsabilità delle nostre strutture periferiche
o ad una resistenza ad una fantomatica innovazione, penso che aver destrutturato
líorganizzazione nazionale e, nei fatti, aver rinunciato a rafforzare
e migliorare il coordinamento nazionale sia stato un errore politico.
Penso che abbia fatto bene il Segretario a chiedere un maggiore impegno
al coordinamento e alla verifica delle iniziative che dovranno sostenere
la nostra linea politica. La nostra visibilità esterna, la capacità
di aprire e sostenere vertenze territoriali, la nostra presenza costante
nei luoghi di lavoro e nelle scuole, il proselitismo e la formazione
politica dei nostri quadri, líattenzione ad evitare tendenze
che ci chiudano dentro le logiche istituzionali sono obiettivi che vanno
costruiti e coordinati.
Marco Ferrando
Direzione nazionale
Eísignificativo che il compagno Bertinotti abbia dovuto dedicare
líintera relazione alla risposta alle obiezioni incontrate nel
partito. Eí la misura della vasta reazione critica che, in varie
forme, la ìsvoltaî avviata ha suscitato. Purtroppo la risposta
non solo non è convincente, ma conferma tutte le ragioni del dissenso.
Si dichiara che la contraddizione interna al centrosinistra (reale)
rafforza la nostra proposta di governo con líUlivo. Eí
vero líopposto: la rende ancor più grave e paradossale. Invece
di entrare nella contraddizione di classe tra la piazza dello sciopero
generale e quel centro dellíUlivo che vuol colpire le pensioni,
accettiamo la proposta di governo che proprio il centro liberale ci
rivolge. E per di più nel momento in cui il centro ulivista - già
ben insediato nel grande capitale e tra i banchieri - si offre come
carta di ricambio ai poteri forti che si distaccano da Berlusconi. Non
è semplicemente un ìerroreî dal punto di vista dellíalternativa.
Eí líinserimento nellíalternanza liberale delle
classi dirigenti. Si dichiara che nulla è deciso e tutto dipenderà
dallíesito del ìconfrontoî. Ma il confronto col
centro liberale è in corso da anni e le sue risultanze sono pubbliche
e inequivocabili: sullíarticolo 18, sulle pensioni, sullíIraqÖ
Avanzare oggi una prospettiva di governo con i liberali significa -qui
sÏ - ignorare pregiudizialmente il confronto e il suo esito. Si
dichiara che il ìbipolarismo cíèî e occorre
agire dallíinterno per modificarne líasse programmatico.
Ma nessun dirigente liberale teme gli effetti programmatici destabilizzanti
di due ministri comunisti sotto la guida di Prodi. Allíopposto
sono i liberali che ci propongono un patto di legislatura per corresponsabilizzarci
ai loro programmi nel modo più vincolante contro i lavoratori e i movimenti.
Del resto: è un caso che la nostra ìsvoltaî entusiasmi
tutto il centro dellíUlivo e invece preoccupi tutti i nostri
riferimenti di movimento?
Francesco Ferrara
Responsabile Innovazione e Gruppi dirigenti
La proposta politica che ci viene avanzata dal segretario del partito,
vorrei dire, che muove da elementi oggettivi, da novità che si
sono prodotte, che peraltro in parte avevamo previsto e per certi aspetti
auspicato e che comunque in parte sono anche frutto della nostra azione
politica. In primo luogo cíè la conferma della nostra analisi
congressuale, grazie alla quale abbiamo potuto navigare senza mai perdere
líorientamento sugli ultimi anni e la giustezza dellíinvestimento
sul movimento. In secondo luogo possiamo affermare che dopo tanti anni,
duri e difficili, oggi proprio grazie al movimento dei movimenti, alla
sua ricchezza culturale ed alla capacità che ha avuto di svilupparsi
fino ad incrociare la ripresa del conflitto sociale, come le esperienze
di questo ultimo anno ci dimostrano, siamo di fronte alla crisi di egemonia,
appunto delle politiche neoliberiste nel mondo, in Europa ed in Italia.
Crisi di egemonia che può aprire una nuova fase della lotta al
sistema della globalizzazione capitalistica. Nel nostro Paese questa
crisi è ancora più evidente. Attacco senza precedenti alla natura
democratica del conflitto, che cosíè se non questo, quello
che succede alla Fiom sui precontratti a proposito delle dichiarazioni
di un ministro della Repubblica e della richiesta dellíAssociazione
degli industriali dellíEmilia Romagna di mettere fuori legge
la Fiom. La continua ed inesorabile azione alla svalorizzazione del
lavoro riducendolo senza diritti e spingendo alla precarizzazione selvaggia
se penso alla legge 30. Líattacco alle pensioni insieme al sistematico
impoverimento delle lavoratrici e lavoratori, oramai i salari sono sotto
la soglia di povertà, ci parlano della necessità di produrre
una svolta sul terreno della qualità dellíopposizione per
la caduta del governo Berlusconi. Cíè oramai una convinzione
profonda nella testa del cosiddetto popolo (in senso lato) della sinistra,
che è necessario liberarsi di Berlusconi. Ma al tempo stesso ci
viene chiesto di mettere in campo uníalternativa di governo.
Eí qui la novità di oggi.
Saverio Ferrari
Federazione Milano
Con la relazione di Fausto Bertinotti si è raggiunto un punto importante
nellíevoluzione della nostra linea politica. Possiamo rimanere
divisi sulle ragioni che hanno portato a questo esito, ma ora il fatto
da cui partire è líapprodo in termini di punti politici
e di indirizzo acquisiti. La nostra svolta è il frutto di una presa
díatto allíinsegna del realismo. Pongo ai compagni perplessi
o in disaccordo alcune domande. Eí possibile rispondere alla
richiesta di unità che ci proviene dai movimenti (che uniscono
in un tuttíuno cacciata del governo Berlusconi, miglioramento
delle condizioni di vita e democrazia), eludendo la questione del governo?
Può Rifondazione ragionevolmente pensare un proprio futuro al
di fuori di questo rapporto di massa? Possiamo non porci il problema
dei pericoli seri che corre nel nostro paese la democrazia? Tutti nodi
che ruotano, per altro, attorno alla grande questione dei nostri rapporti
di massa. Da qui i passaggi stretti. Non si potrà infatti rompere
il rapporto con il centrosinistra se non si avranno ragioni condivise
a livello di grandi masse popolari. Da qui anche la centralità
del programma. Cíè una sola strada da percorrere: pensare
a dei contenuti capaci di delineare un nuovo blocco sociale, in grado
nella sostanza di rappresentare e determinare convergenze di interessi
popolari, di classi o di parte di esse. Solo cosÏ si potrà
pensare ad una prospettiva per un eventuale governo. Uníultima
considerazione sul partito. Desta forte preoccupazione il suo stato
attuale. Può reggere un simile percorso? A maggior ragione per
favorire una gestione e una direzione più ampia e collegiale, vanno
battuti in periferia settarismi interni e logiche davvero minime a tutela
di piccoli poteri personali.
Paolo Ferrero
Segreteria nazionale
Il dibattito che si è sviluppato nel partito è stato molto
importante. Vivo, sofferto, con la presenza, accanto alla condivisione
della linea, di dubbi e obiezioni sul pericolo di perdere la nostra
radicalità. Credo che, combattendo ogni tentazione settaria e
rilanciando appieno il lavoro sociale del partito, i problemi sollevati
vadano tenuti presente, a partire dalla costruzione dalla conferenza
programmatica che ci sollecitava il compagno Cremaschi. Per questo sono
radicalmente contrario a parlare di svolta: la linea che proponiamo
tiene insieme la costruzione del movimento, la sinistra di alternativa
(che avrà un primo positivo appuntamento lí8 novembre),
líopposizione e la proposta di alternativa programmatica. Chi
legge questa linea articolata come la pura proposta di accordi a livello
politico, propone in realtà uníaltra linea e rende impossibile
perseguire gli obiettivi che ci siamo dati. Proprio líobiettivo
ambizioso di battere le destre e di battere le politiche di destra,
ci chiede di evitare ogni politicismo. Per questo il problema fondamentale
del partito in questa fase è líimpegno per battere governo
e Confindustria sulle pensioni. Se passano loro, nei luoghi di lavoro
tornerà la rassegnazione. Dobbiamo mettere tutte le energie del
partito nella lotta unitaria per vincere questa partita e per qualificare
la piattaforma su cui si fanno le lotte. Si tratta di un passaggio decisivo
anche per qualificare socialmente e politicamente líantiberlusconismo
che cresce nel paese. La sinistra moderata cerca uníalternanza
senza modificare i punti fondamentali della linea del governo. Noi dobbiamo
fare leva sulla lotta dei lavoratori per portare líopposizione
- sociale e politica - a maturare una linea di politica economica e
sociale alternativa a quella delle destre. Perché vogliamo battere
Berlusconi senza trovarci un nuovo governo Dini.
Francesco Forgione
Direzione nazionale
In questi mesi non abbiamo solo colto il senso comune e la domanda di
unità dei popoli della sinistra, né ci siamo adeguati ad
essa. Abbiamo lavorato per qualificare líopposizione sul piano
sociale e ora il tratto innovativo che la relazione ci pone è quello
di dare centralità alla crescita del movimento come condizione
per evitare il politicismo della scissione tra ricostruzione del conflitto
e costruzione dei rapporti politici. Ma proprio per questo, anche nel
suo carattere processuale, dobbiamo dichiarare líobiettivo, la
costruzione dellíopposizione, di una alternativa di governo.
La scomposizione del centrosinistra è ormai quotidiana, e per noi
non cíè un ritorno al í98, anzi, senza quella rottura
e lo sviluppo del movimento, non sarebbe possibile líoperazione
che ci proponiamo. Non è in nome dellíineluttabilità
della scelta o di un realismo politicista che avviamo questa nuova fase
della nostra iniziativa. Raccogliamo invece i frutti di una nostra tenuta
e di una autonomia che non ci fa cooptare in un centrosinistra plastico
e allargato, ma ci fa agire sulle sue contraddizioni e il suo fallimento
grazie allíinfluenza che su di esso hanno avuto i contenuti del
movimento a partire dal no alla guerra e al liberismo. Questo ci consente
di competere sul piano egemonico con líipotesi riformista a condizione
che non restiamo immobili e che sullíintreccio tra questione
democratica e conflitto sociale, prospettiamo uníalternativa
di società. Non cíè un prima e un dopo: prospettiva
politica e costruzione della sinistra di alternativa vanno di pari passo
e chiedono radicalità, estensione del conflitto e ispirazione
unitaria. Il rischio è una lettura politicista e istituzionalista
della linea, incapace di apertura alle istanze sociali critiche. Ciò
rappresenterebbe il fallimento della linea stessa.
Loredana Fraleone
Segreteria nazionale
Sono molto rassicurata dalla relazione del segretario, che affronta
tutti i problemi ed i rischi che possono derivare dalla scelta di una
possibile alleanza per un governo alternativo a quello del centrodestra.
La frase chiave della relazione, che potrebbe costituirne il titolo,
è quella della ìscelta del movimento a tutto campoî.
Questa ci colloca in uníipotesi dinamica, che comporta dei rischi
appunto, ma ha come alternativa solo un atteggiamento di statica purezza.
Tutti gli elementi che sono stati richiamati nella relazione, per affrontare
la nuova fase, debbono stare insieme, per mettersi al riparo da rischi.
Penso che sia giusto aggiungere tra questi elementi la riforma del partito,
della quale non si è parlato in questo Cpn, ma che non può
essere derubricata, dal momento che anche da questa dipende líesito
del percorso che stiamo avviando. I due problemi principali che abbiamo
sono strettamente connessi tra loro: riguardano la nostra capacità
di incidere nei movimenti per renderli più efficaci e quella díimpedire
il pericolo di una deriva politicista. Abbiamo fatto bene a radicalizzare
lo scontro con il governo, ma dobbiamo proseguire su questa strada,
perché solo radicalizzando lo scontro sulle politiche liberiste
del governo, andiamo a colpire anche le posizioni dellíarea liberista
del centrosinistra. Vediamo sulla questione delle pensioni, del mercato
del lavoro, sullo stato sociale, sulla scuola, come emergano in continuazione
posizioni nuove, in settori di partiti, di associazioni, sindacati,
e che in molti casi sono molto vicine alle nostre. Sono molto díaccordo
con líesigenza di mettere in campo piani di lavoro, che a mio
avviso debbono avere un carattere verticale ed orizzontale, nel senso
di porsi come vertenze nazionali e territoriali, come ad esempio quelle
delle privatizzazioni, a partire dallíacqua; della scuola, che
riguarda il futuro e la civiltà del nostro paese, ma che non è
ancora allíattenzione di tutto il partito. Su questi piani è
anche possibile verificare il lavoro e líefficacia dei gruppi
dirigenti, che su questo dovrebbero essere misurati se vogliamo davvero
affrontare la riforma del partito.
Nicola Fratoianni
Esecutivo Giovani Comunisti
Vorrei innanzitutto porre la necessità di evitare che la discussione
sulla proposta politica per la fase che si apre, invece che concentrarsi
sul carattere processuale che mi sembra la caratterizzi, si trasformi
in una sorta di referendum interno, per di più su un oggetto, líaccordo
programmatico che non esiste. Per questo motivo sono convinto che sarebbe
molto più utile concentrare la nostra discussione sul profilo di elaborazione
e di iniziativa che dobbiamo assumere per determinare in modo positivo
ed efficace lo sviluppo e líesito di questo processo. Dico subito
che non mi sembra in discussione la centralità che assegniamo
al movimento dei movimenti né il fatto che la proposta politica
del partito ne determini una marginalizzazione. Per due motivi essenziali:
perché il carattere strutturale di questo movimento, la sua autonomia
e la sua forza dicono che non siamo noi, che pure vi partecipiamo in
misura importante a determinarne le sorti; e perché in assenza
del movimento e di un suo ulteriore e diffuso sviluppo, non sussisterebbero
le condizioni minime della nostra proposta. Autonomia del movimento
significa in questo senso innanzitutto autonomia delle lotte sociali
che si producono in modo diffuso più che autonomia dei livelli, pur
importanti, di rappresentanza e direzione del movimento. Da questo punto
di vista, pur considerando le differenze tra il governo locale e quello
nazionale, esperienze come quella che si è fatta a Roma dove al
ritiro della delega al compagno Nunzio DíErme è corrisposto
il protagonismo e il riconoscimento di una esperienza di democrazia
partecipativa e conflittuale come quella di Action, indicano per noi
una traccia da seguire. Esiste però un rischio da non sottovalutare.
Avverto la possibilità che questa proposta si traduca nel corpo
diffuso del partito come un dietrofront rispetto allíiniziativa
di movimento. Cíè la possibilità che si produca un
attendismo rispetto alle scadenze elettorali capace di sterilizzare
la forza della nostra proposta. Credo che per questo, dovremmo cogliere
líoccasione di una sfida politica in campo aperto per affrontarne
uníaltra rispetto alla cultura politica del partito. Del resto,
se non ora quando?
Rita Ghiglione
Direzione nazionale
Condividendo la relazione del segretario, penso che il nostro partito
debba continuare a lavorare per uníopposizione che cacci il governo
delle destre realizzando un programma alternativo e di sinistra. Perciò
è positiva la costituzione di gruppi di parlamentari della sinistra
e forum di associazioni per un opposizione dura a questo Governo, nel
Parlamento e nel Paese. Le lotte della Fiom, della Cgil e per ultimo
lo straordinario sciopero generale unitario del 24 ottobre, che ha visto
scioperare 10 milioni di lavoratori, rappresentano una prima risposta
contro la riforma delle Pensioni e la finanziaria. Lo sciopero generale
dei metalmeccanici della Fiom del 7 novembre sarà un ulteriore
momento importante, forse decisivo, della lotta e della mobilitazione
dei metalmeccanici per affermare questioni centrali: democrazia nel
lavoro, contrasto alla legge 30, per il contratto nazionale, il salario,
i diritti. Gran parte del Paese síimpoverisce sempre più, migliaia
di lavoratori e cittadini non sanno come arrivare alla fine del mese,
dato che salari e pensioni sono da fame a fronte di un aumento costante
dei prezzi. Aumentano i disoccupati e i precari perché manca
totalmente una politica industriale e per lo sviluppo; contemporaneamente
viene distrutto quel che resta dello stato sociale. Il nostro partito
deve fare uníopposizione durissima a questo governo di destra
a cominciare da una battaglia contro la finanziaria e sulla difesa le
pensioni; allo stesso tempo deve continuare a discutere con tutte quelle
forze politiche e sociali, a partire dalle forze che con noi hanno sostenuto
la battaglia per art. 18, perché si creino le condizioni di un
cambiamento e per un programma di sinistra che metta al centro stato
sociale, pace, pensioni, abrogazione della legge 30, democrazia sindacale;
contemporaneamente deve stare in mezzo alla gente, nei posti dei lavoro,
nelle piazze, deve essere ovunque ci sono condizioni e lotte e lÏ
diffondere le nostre proposte, le nostre idee, i nostri volantini per
far maturare concretamente le condizioni per imprimere una svolta a
sinistra della politica del Paese.
Alfonso Gianni
Deputato
Tra i molti elementi che compongono líampia e condivisibile relazione
di Bertinotti vorrei sottolinearne due che ci permettono uno sviluppo
di linea, anche se erano già stati annunciati nel nostro dibattito
passato. La prima questione riguarda il nesso tra governo e movimenti
nellíepoca della globalizzazione; la seconda concerne quel concetto
di schema generale di programma che chiamerei delineazione di un quadro
espressionista di uníidea di società non solo desiderabile,
ma possibile in tempi politicamente determinabili. Non ho tempo di sviluppare
entrambi i temi, mi fermo al primo. Ricordo che negli anni Ottanta si
sviluppò nel nostro paese e non solo un ampio dibattito sul decisionismo.
Sulla coppia decisione/recisione si scrissero fiumi di inchiostro. A
questa concezione si contrapponeva un riformismo intelligente ma purtroppo
debole raccolto attorno alla rivista ìLaboratorio politicoî.
Il dibattito venne poi abbandonato, anche perché, da un lato,
la figura di Bettino Craxi impersonò il decisionismo autoritario
dellíepoca e dallíaltro lato perché cominciò
uno svuotamento del ruolo degli stati nazione che portava rapidamente
i luoghi decisionali a livello sovranazionale. E penso che noi dobbiamo
rilanciare questa discussione in termini rinnovati e la neonata rivista
ìAlternativeî si occuperà anche di questo. In sostanza
penso che non solo dobbiamo riaffermare che il governo non si identifica
con il potere. Questa lezione ci veniva già dal leninismo a condizione
di intenderlo e capirlo bene. Ma oggi il governo non può essere
considerato in ogni caso il luogo privilegiato e tanto più esclusivo
della decisione. Siamo infatti nellíepoca della crisi dello stato/nazione.
Come abbiamo visto a Cancun i governi hanno un ruolo solo se proiettati
in un movimento mondiale contro il liberismo. Il governo deve quindi
avere un ruolo nel garantire flussi di democrazia. Líesatto contrario
di quello che fa la globalizzazione e la guerra. In questo senso dobbiamo
valorizzare il conflitto. Non cíè né Armageddon,
né apoteosi. Vi deve essere una continua democrazia del conflitto.
Fosco Giannini
Federazione Ancona
Dopo la pace, nessuna questione è oggi centrale come quella sociale.
Se qualche comunista non avesse coscienza del dolore sociale che si
va estendendo negli strati popolari davvero non sarebbe di questo mondo.
In nessuna famiglia di salariati si arriva più a fine mese; in ogni
città (basta aprire gli occhi sulle cose e non chiuderli alla
ricerca di sogni pirotecnici) aumentano i casi di tagli della luce,
dellíacqua, del gas, poiché non si riesce più a pagare
le bollette, né a fare la spesa (spesa, bollette: recuperiamo
il linguaggio della realtà e abbandoniamo i latinismi díAzzeccagarbugli).
A partire dal golpe strisciante delle destre sino al liberismo sudamericano
della Legge 30 ci siamo detti tutto. Pure, è prevalsa nel Partito
una sottovalutazione del pericolo delle destre che ci ha impedito di
sentire il dolore sociale di massa. La nuova linea (che per essere nata
in aree ristrette ha segnato un deficit di democrazia) può aiutarci
a rafforzare i nostri deboli legami di massa. Abbiamo bisogno di essere
percepiti dai lavoratori e dal popolo di sinistra come un soggetto non
stravagante ma protagonista della battaglia contro le destre. Ma poiché
vi sono rischi di interpretazioni di destra della nuova linea occorre
che i comunisti ribadiscano le richieste da cui non si prescinde: pace,
stato sociale, salari, diritti, democrazia nei luoghi di lavoro. Ce
la faremo ad imporle al centrosinistra? Questo è il problema. Non
possiamo predeterminare nulla, tantomeno líentrata al governo.
Ciò che da leninisti sappiamo è che occorre trasformare
questo tempo che ci separa dalle elezioni in una lunga cassa di risonanza
delle posizioni del Partito di fronte alle masse: conflitto sociale,
sinistra díalternativa, spinta unitaria e schiena diritta in
difesa degli obiettivi irrinunciabili.
Beatrice Giavazzi
Collegio nazionale di garanzia
La svolta impressa alla discussione dalla relazione del segretario,
che condivido, per una scelta politica di alleanze programmatiche del
partito deve essere considerata positivamente: ce lo chiede un diffuso
senso comune del popolo della sinistra che leggiamo nel rinnovato impegno
di partecipazione a tutte le iniziative unitarie di lotta, la cui punta
più alta si è raggiunta con lo sciopero generale unitario del 24
ottobre, nella partecipazione alle iniziative e manifestazioni unitarie
(Perugia-Assisi), ma anche nella tangibile perdita di credibilità
della destra al governo, i cui effetti devastanti si misurano con evidenza
sulle condizioni materiali (economiche e sociali) in costante peggioramento,
sullíabbattimento sistematico del welfare e sugli attacchi alla
democrazia. Questa scelta avviene dentro condizioni di fase non statiche
che possono determinare sconvolgimenti sia a livello internazionale
che nazionale. Il partito è cosÏ chiamato a una scelta di
percorso, in una prospettiva politica tanto netta quanto difficile:
spostare líasse programmatico di una coalizione composta dalle
forze della sinistra moderata, attraverso percorsi comuni di iniziativa
politica e sociale con tutte quelle più avanzate. Due i problemi principali
per evitare di arrivare alla stretta degli accordi senza forza contrattuale
e in assenza di alternativa tecnico-elettorale credibile. La costruzione
di egemonia nei movimenti di massa attraverso iniziativa politica e
sociale qualificata e lo stato del partito. Gruppi dirigenti non autoreferenziali,
radicamento territoriale e nei luoghi in cui il conflitto riparte, tesseramento
al partito come verifica della nostra capacità di aggregazione,
chiusura della fase congressuale che perdura da troppo tempo, sono oggi
condizioni improcrastinabili.
Maria Pia Gigli
Federazione Latina
Il partito sta oggi attuando un percorso che vede come sbocco finale
la ricomposizione di un accordo di governo con quel centro liberale
dell'Ulivo che si candida a rappresentare e garantire per il 2006 e
nel nuovo scenario italiano ed europeo, gli interessi di imprese e grandi
banche. Il nuovo partito riformista a guida Prodi è pronto a garantire
un nuovo massiccio trasferimento di risorse pubbliche alle imprese,
una nuova detassazione dei profitti, lo sviluppo delle spese militari;
sul versante sociale sarà un attacco ai lavoratori attraverso
il completamento della riforma della previdenza, il rilancio delle liberalizzazioni,
l'aumento della flessibilità. Sono le politiche controriformatrici
che in tutta Europa, governi di centrodestra e di centrosinistra portano
avanti indifferentemente. CosÏ fa il governo Berlusconi che approfondisce
la strada già tracciata dai precedenti governi di centrosinistra,
sulla flessibilità (pacchetto Treu), sulla scuola (Berlinguer),
immigazione (Turco Napolitano), pensioni (Dini). A ciò si aggiunga
la totale indifferenza che ha mostrato il centro liberale a tutte le
istanze che i movimenti hanno espresso in questi anni: prima fra tutte
la questione dell'art.18. Tutto ciò sarebbe la dissoluzione di
una opposizione comunista e contemporaneamente il tradimento di tutte
le istanze radicali e potenzialmente anticapitaliste che i movimenti
hanno espresso nelle piazze in questi anni. La scelta di campo deve
essere netta: si tratta di difendere l'autonomia di classe del partito
chiamando tutte le forze di movimento a rompere con il centro liberale
per la costruzione di un'alternativa anticapitalistica e di classe,
attraverso un programma che cancelli prima di tutto le controriforme
varate in dieci anni sia dal centrosinistra sia dal centrodestra. E'
questa l'unità utile per la cacciata del governo Berlusconi che
può, fatta salva questa prospettiva di autonomia politico programmatica,
concretizzarsi anche in accordi elettorali di tipo tecnico.
Claudio Grassi
Segreteria nazionale
Condivido la linea politica assunta dallíultima Direzione nazionale
e ulteriormente precisata in questo Cpn. Che la scelta da noi compiuta
non sia un passaggio di semplice continuità lo dicono i fatti:
prima di tutto le reazioni allíinterno del partito con la disarticolazione
di fatto della maggioranza congressuale (convergenza dei compagni che
avevano sostenuto gli emendamenti, astensione di Maitan e altri compagni
sostenitori delle tesi integrali). In secondo luogo, con le novità
che si sono determinate allíesterno del partito, a partire dalla
costruzione dei gruppi tematici di lavoro di tutte le opposizioni per
costruire un programma alternativo alle destre. Detto questo, le difficoltà
sono tutte di fronte a noi, poiché la componente maggioritaria
del centrosinistra (Margherita, maggioranza Ds) non ha affatto modificato
le proprie posizioni rispetto agli anni passati, come dimostrano le
recenti dichiarazioni di Rutelli e Fassino sullíIraq e le pensioni.
Rispetto al í98, rottura con Prodi, e al 2001, mancata alleanza,
cíè però una novità importante su cui fare
leva. Non siamo più soli: nel centrosinistra emerge una sinistra (Verdi,
Pdci, Sinistra Ds) che converge molto più con noi che con la componente
moderata (la costruzione di intergruppi permanenti alla Camera e al
Senato lo confermano). Nella società i movimenti sindacali, ma
non solo (Cgil, Fiom, Arci, Articolo 21) e contro la globalizzazione
sono in campo, con piattaforme con le quali convergiamo ampiamente.
Si apre quindi una vera e propria lotta politica dentro le opposizioni
che, unite dallíesigenza di cacciare Berlusconi, devono trovare
ñ e qui sta il difficile - una intesa programmatica. Ce la faremo?
Non lo so. So che questa è la lotta che dobbiamo fare - senza precostituire
nessun esito e senza escludere nessuna subordinata ñ pena la
nostra marginalizzazione dalla battaglia politica, sociale, di movimento
che si svilupperà nei prossimi mesi. Sulla proposta di nuova formazione
politica europea - di cui parleremo in Direzione - esprimo una forte
preoccupazione. Il processo avviato, come dimostrano le già numerose
prese di posizione contrarie, rischia di spaccare definitivamente le
forze che si riconoscono nel Gruppo della Sinistra Alternativa del Parlamento
europeo e ciò sarebbe un grave errore.
Franco Grisolia
Direzione nazionale
Che si sia verificata una svolta nella linea del partito è evidente.
Basti vedere alla differenza tra le parole díordine di pochi
mesi fa e la nostra politica attuale. Certo, come indicammo come minoranza
congressuale, nelle pieghe del documento di maggioranza vi era anche
la prospettiva cui ci troviamo confrontati (per le nostre critiche,
che si rivelano assolutamente corrette, fummo particolarmente attaccati
da quei compagni che si presentavo come paladini di sinistra della ìnuova
linea radicaleî e che, avendo scambiato lucciole per lanterne,
non sanno bene cosa dire oggi; ed infatti non sanno fare altro cheÖ
astenersi). Tuttavia cíè oggi un grande salto di qualità,
che per tempi e modalità sorprende tutti. Per questo sarebbe doveroso
che líinsieme dei militanti del partito si confrontassero in
un congresso straordinario o in una conferenza politica per delegati.
Infatti la proposta concerne questioni fondamentali per un partito di
classe, cioè la partecipazione ad un governo borghese (non la ricerca
di un eventuale accordo tecnico-elettorale al solo scopo di cacciare
Berlusconi, proposta avanzata dalla minoranza), che storicamente ha
costituito lo spartiacque tra riformismo e marxismo. Non a caso nella
relazione del compagno Bertinotti manca ogni riferimento alla natura
di classe delle forze con cui ci stiamo alleando. Anche líargomentazione
secondo cui il centro sinistra ìpervaso dai movimentiî
era cambiato, si è apertamente dimostrata insussistente. Gli 11
milioni di voti per il SÏ si sono espressi malgrado e contro il
centrosinistra. Invece di ricompattarli con esso noi dovremmo porre
un cuneo, avanzando ad essi e alle organizzazioni del movimento operaio
(Cgil, Fiom, Cobas, sinistra Ds, etc.) líipotesi di un polo autonomo
di classe che si contrapponga in difesa degli interessi dei lavoratori
ai due poli dellíalternanza borghese.
Damiano Guagliardi
Direzione nazionale
Condivido la relazione ed il giudizio sulla crisi delle destre che può
produrre danni irreversibili alla democrazia. Oggi, le destre economiche,
Berlusconi e Bossi, e quelle politiche, An ed il blocco cattolico dellíUdc,
sono in conflitto. Il taglio dei gettiti alle Autonomie locali, la controriforma
pensionistica, líaumento dei prezzi ed il dilagare del lavoro
flessibile e sommerso, acuiscono la crisi del blocco sociale delle destre
che trova il suo punto più alto di tensione sul terreno dello scontro
economico e sociale tra il Nord e il Sud del Paese. Questíultimo,
dopo le scelte devastanti operate per la scuola e la sanità, per
la mancanza di investimenti per un sistema di infrastrutture, per líassenza
di una politica per il lavoro e líeconomia produttiva, per il
consolidarsi di un neo centralismo statale, che, de facto, attraverso
il taglio dei trasferimenti erariali, vanifica il progetto di riforma
regionalista, diventa il luogo della crisi di consenso verso la Casa
delle Libertà e punto focale per la costruzione dellíalternativa
di governo. Nel Mezzogiorno, che manca totalmente nellíelaborazione
teorica e politica del nostro partito, oggi si gioca la possibilità
di un nuovo sviluppo economico e produttivo, grazie alle nuove prospettive
determinate dal ìcorridoio 8î che vuole portare líEuropa,
attraverso i Balcani, nellíOriente, e líormai prossima
caduta delle dogane nel Mediterraneo. La crisi di un centrosinistra
che non esiste più nella sua forma ulivista, la possibilità di
costruzione di una sinistra di alternativa, líazione forte delle
opposizioni contro il governo Berlusconi, la nostra stessa iniziativa
per líegemonia a sinistra, passano necessariamente attraverso
il Mezzogiorno. La difesa dello stato sociale, il ripensamento delle
politiche privatistiche per una nuova azione pubblica, la difesa dei
salari, del costo della vita, delle pensioni e dei diritti fondamentali
diventano momenti di lotta vincenti se il sud ed i cittadini meridionali
non vengano derubricati dallíagenda politica del partito e del
movimento.