Comitato Politico Nazionale
25 - 26 ottobre 2003
Proposto dalla segreteria nazionale
Il documento approvato
Il Cpn esprime un forte apprezzamento per il dibattito sviluppatosi
nel Partito sulle scelte e le proposte di fondo avanzate. Un dibattito
ricco e proficuo, svoltosi in numerosi comitati federali e regionali
del Partito, in molti attivi e assemblee dei gruppi dirigenti e degli
iscritti, attraverso Liberazione. Un dibattito vero di approfondimento,
che ha visto anche esprimersi rilievi critici, domande, approfondimenti
che non vanno assolutamente messi da parte o derubricati ma di cui occorre
tenere conto anche per il proseguo dell’iniziativa del Partito.
Un dibattito che, nettamente, conferma il prevalere della linea complessiva
proposta al confronto.
Sviluppo del movimento, per favorirne il radicamento e una sua ulteriore
espansione, costruzione della sinistra di alternativa per dare espressione
politica unitaria all’insieme delle forze che in Italia e in Europa
si oppongono alla guerra e alle politiche neoliberiste, qualificazione
dell’opposizione al governo delle destre, per determinare in tempi
medi la caduta del governo Berlusconi e confronto tra le opposizioni
politiche e sociali al fine di costruire un’alternativa programmatica
per un nuovo governo per il Paese, rappresentano i tre capisaldi della
linea del Prc in questa fase.
Queste tre direzioni dell’iniziativa politica vanno intrecciate
e perseguite assieme e congiuntamente sviluppate nell’azione del
Partito. Il solo trascurarne o mettere tra parentesi una di queste,
è naturalmente legittimo ma rappresenta un’altra linea politica.
Questa linea politica trae la sua forza dallo sviluppo del conflitto
sociale e dentro un percorso di sviluppo delle lotte, a partire dalla
ripresa di un forte movimento per i diritti del lavoro, sociali e di
cittadinanza, contro l’attacco alle pensioni, contro il complesso
della manovra economica del governo delle destre e i suoi provvedimenti
più odiosi (basti pensare alla riedizione del condono edilizio), dall’iniziativa
contro il progetto di Costituzione europea che costituzionalizza l’impianto
neoliberale e il mercato, dallo sviluppo coerente del movimento contro
la guerra, a partire dal ritiro dei contingenti militari italiani e
dalla richiesta della fine dell’occupazione militare in Iraq.
Questa linea politica deve vivere dentro le nuove sofferenze del lavoro
e sociali determinate dall’inasprirsi delle politiche neoliberiste
(basti pensare alla legge 30 e all’estremizzazione della precarietà
del lavoro, all’acuirsi di una irrisolta questione salariale),
dentro i conflitti provocati dalla drammatica condizione dei migranti.
Lo svolgimento delle scadenze di lotta nazionali e internazionali (dallo
sciopero generale, a quello della Fiom, alle altre scadenze dei sindacati
di base, al Forum sociale europeo di Saint Denis) devono intrecciarsi
con un’articolazione territoriale delle lotte, a partire dai luoghi
di lavoro e dalle municipalità, dalle mille vertenze territoriali
contro la devastazione ambientale provocata dalle politiche neoliberiste.
Il movimento
La partecipazione del Prc al movimento di contestazione della guerra
e delle politiche neoliberiste, quello che è stato efficacemente
definito il “movimento dei movimenti”, è elemento essenziale
della sua iniziativa politica, anzi ne costituisce l’ispirazione
di fondo. L’irruzione del movimento nella scena mondiale ha cambiato
le culture prevalenti e modificato i rapporti di forza. E’ riuscito
a mettere in discussione il pensiero unico attraverso una critica radicale
della globalizzazione neoliberista, cogliendone gli elementi strutturali
nelle politiche di attacco ai diritti del lavoro sociali e di cittadinanza
e nella scelta della guerra permanente come strumento di dominio e a
riproporre il grande tema della trasformazione della società,
ovvero della costruzione di un nuovo mondo possibile.
Il cammino, a volte impetuoso, del movimento è stato possibile
per le modalità del tutto inedite di coniugare radicalità
dei contenuti della propria critica e della propria azione, pluralismo
e unità delle diverse culture, linguaggi e pratiche delle varie
componenti interne ad esso, un movimento che ha saputo innovare le modalità
medesime dell’agire politico e le forme di lotta attraverso la
pratica della nonviolenza.
Il movimento è riuscito, cosÏ, a preservare la propria autonomia,
che ne rappresenta assieme gli altri elementi della radicalità
e dell’unità, un carattere essenziale, non come indifferenza
alla dislocazione delle forze nei conflitti, anzi con una grande capacità
di incisione dentro la medesima sfera delle relazioni internazionali,
delle scelte politiche, dei medesimi rapporti tra le forze politiche
e sociali.
Basti vedere la forza di incisione del movimento, dei contenuti della
critica e dell’azione portati avanti, rispetto a eventi fondamentali,
come il fallimento del vertice di Cancun, oppure, per guardare al nostro
Paese, la sua capacità di incidenza dentro gli schieramenti politici
tradizionali e dentro forze sociali e sindacali che rappresentano l’ossatura
fondamentale del corpo vivo delle organizzazioni di partecipazione di
massa.
La medesima prospettiva, per la quale siamo impegnati, della costruzione
in Italia e in Europa della sinistra di alternativa non coincide con
il movimento, nÈ ne vuole essere l’istanza politica della
sua rappresentanza, ma è chiaramente sollecitata da questo movimento
e ne può costituire elemento, seppure autonomo, nella direzione
di una sua ulteriore crescita.
Il neoliberismo è in crisi. La guerra fallisce anche nei suoi obiettivi
di mezzo di risoluzione dei conflitti, le politiche economiche e sociali
espongono, in forme diverse sia nel Sud che nel Nord del mondo, la società
a crisi devastanti del tessuto sociale e del sistema economico.
L’esplodere di questa crisi non determina di per sÈ un’alternativa
a quel modello. Al contrario, la reazione delle classi dirigenti è
nella coazione a ripetere estremizzata delle medesime politiche che,
a loro volta, ripropongono in forme ancora più acute, la crisi.
Va bandita ogni ipotesi di rottura dentro al movimento e sconfitte,
nel contempo, tutti i tentativi di emarginarlo in una logica autoreferenziale.
Per questi motivi indichiamo la strada di un salto di qualità
nella direzione dello sviluppo del movimento, del suo radicamento, della
sua articolazione nel territorio, della sua efficacia.
CosÏ, come pensiamo, che sia maturo che venga affrontato il tema
della democrazia e delle forme di partecipazione dentro al movimento,
anche qui, non per riprodurre forme tradizionali di vita dei partiti
e delle organizzazioni di massa, ma per avviare, in concreto, forme
di sperimentazione e di innovazione anche su questo versante.
La sinistra di alternativa
La costruzione in Italia e in Europa della sinistra di alternativa è
decisiva per dare espressione politica unitaria a quell’insieme
di forze che, nel confronto con il movimento, dentro i conflitti sociali
e nell’impegno coerente per la pace, hanno costruito la propria
identità politica e culturale. Si tratta, quindi, di dare espressione
politica a quell’arcipelago di forze, che coerentemente si battono
per la costruzione di un’alternativa alle politiche neoliberiste
e alla guerra. Si tratta di un processo, quindi, che trae la propria
forza direttamente dal confronto con i problemi epocali posti dalla
globalizzazione capitalistica e che cerca di fornire una risposta alla
sua crisi nella direzione di una fuoriuscita dalle compatibilità
che essa medesima ha imposto come se fossero vincoli invalicabili.
La sinistra di alternativa, quindi, si pone come una scelta strategicamente
diversa dalla cosiddetta “terza via”, ovvero da quell’insieme
di politiche economiche e sociali che, in varie forme, le forze della
sinistra moderata, hanno portato avanti in Europa e nel mondo, consistenti,
sostanzialmente, nel tentativo di governare la globalizzazione neoliberista,
temperandone gli effetti.
La crisi che questa prospettiva attraversa e che è rappresentata
emblematicamente dalla sconfitta subita in gran parte d’Europa
dalle destre e dall’evidente sussunzione, sul piano delle principali
scelte di politica economica e sociale, alle medesime logiche imposte
dalla globalizzazione e contemporaneamente, la grande influenza che
il movimento ha suscitato anche dentro settori di queste forze, determina
lo sviluppo di un dibattito importante anche dentro queste forze e la
possibilità che settori di queste si pongano fuori da quelle coordinate.
Il caso italiano è emblematico. L’Ulivo, come quadro unitario
di forze, orientate da una medesima vocazione sia nelle politiche economiche
e sociali che in quelle riguardanti le relazioni internazionali e i
temi decisiva della pace e della guerra, non esiste più e si scompone
nelle più importanti e decisive scelte. Da questa scomposizione, trae
forza l’idea della costruzione del partito riformista, ovvero
di un nucleo centrale e unitario dalla forte connotazione moderata.
Questa prospettiva non ci appartiene.
La costruzione della sinistra di alternativa in Italia, quindi, è
matura socialmente, perchÈ è già lungo il percorso
di una ripresa di lotte che chiedono, complessivamente, la fuoriuscita
dal lungo ciclo delle politiche neoliberiste, è matura politicamente
perchÈ, non solo nei dibattiti interni, ma nel vivo del confronto
sulle scelte fondamentali, si esprime una soggettività politica
che si muove nella medesima direzione.
Parliamo di una soggettività politica del tutto diversa da quelle
che tradizionalmente abbiamo conosciuto, una soggettività plurale,
un arcipelago di forze, politiche, sociali, di movimento, di espressioni
della radicalità del mondo del lavoro, di realtà di associazionismo,
di realtà che esprimono un protagonismo sociale e di classe, di
esperienze che traggono la propria forza concretamente dall’esperienza
di vertenze territoriali e di sperimentazione di nuove forme di aggregazione.
Senza proporre scorciatoie politiciste, senza pensare ad annessioni
o scioglimenti, ognuno mantenendo la propria identità e autonomia,
abbiamo avviato un percorso, dato vita a forum, iniziative, incontri.
Fatti, anche parziali, che si muovono in questa direzione vanno valorizzati
per il percorso che indicano. In questo senso, valutiamo positivamente
le iniziative assunte dai gruppi parlamentari di collegamento con altre
espressioni politiche che si orientano nella direzione del no alla guerra
e alle politiche neoliberiste, l’iniziativa prevista per l’8
novembre a Roma che vede una primo approccio di una pluralità
di esperienze politiche, sindacali e di movimento per una discussione
per spunti programmatici per l’alternativa, le altre che, in varie
forme, si stanno sperimentando in varie realtà regionali e locali.
Possiamo proporci, assieme alle altre forze impegnate nella medesima
ricerca, ulteriori passaggi di questa iniziativa, sia centralmente che
territorialmente.
Sviluppare queste esperienze, collegarle tra loro, intrecciarle con
una iniziativa nazionale rappresentano, quindi, i nostri impegni.
La costruzione della sinistra di alternativa ha nell’Europa la
sua dimensione naturale.
L’esperienza del Gue, nel Parlamento Europeo rappresenta, in questa
prospettiva, una risorsa importante. Con molte di quelle forze, abbiamo
intrecciato relazioni di iniziativa comuni. Anche qui, la discriminante
del rapporto con il movimento, la coerenza nell’opposizione al
progetto di Costituzione europea, al progetto di esercito europeo, il
conflitto sociale rappresentano le discriminanti di fondo per la costruzione
del profilo politico e programmatico della sinistra di alternativa in
Europa.
La necessità e l’urgenza di questa prospettiva ci viene,
non solo oggettivamente dalle scadenze dell’elezioni europee,
ma, principalmente, dalla necessità dello sviluppo di un punto
di vista e di una prospettiva politica per la costruzione di un’altra
Europa.
Anche su questa strada, è stato percorso un cammino fecondo che
ha portato a passi in avanti importanti e che rendono concretamente
possibile e in tempi ravvicinati la costruzione di una soggettività
politica europea della sinistra di alternativa.
Per questo, sottolineiamo il valore della scelta di avviare, in tempi
brevi, secondo gli impegni presi con importanti partiti europei, il
processo costituente di un primo soggetto europeo della sinistra.
Il Cpn, quindi, da mandato alla Direzione affinchÈ venga a breve
messa in calendario una discussione di merito e definiti i passaggi
affinchÈ questo processo veda una prima conclusione in tempi
ravvicinati.
La qualificazione dell’opposizione
Abbiamo indicato la necessità di una qualificazione dell’opposizione
politica e sociale al governo delle destre con l’obiettivo di
determinare, in tempi medi, la caduta del governo Berlusconi.
Questo è, infatti, un governo dannoso al Paese per le politiche
economiche e sociali che propone, per la sudditanza che prospetta alla
guerra permanente del governo Usa, per la stessa tenuta democratica.
Ma soprattutto, dal fallimento delle sue politiche e dalla crisi strisciante
che lo attraversa, possono venire delle reazioni del governo medesimo,
capaci di produrre al Paese danni irreversibili per un lungo tempo.
Per questo è necessario proporsi l’obiettivo di una sua caduta
anticipata.
La ricetta di politica economica e sociale che il governo delle destre
vuole imporre al Paese rappresenta la coazione a ripetere estremizzata
della ricetta neoliberista. Questa non produce solo devastazione sociale
e nuove precarietà, fallisce anche sul terreno più classico dell’economia.
I dati macroeconomici della crisi sono impressionanti e rappresentano
fedelmente l’immagine di un fallimento totale: recessione economica
(il Pil è fermo e la produzione crolla), impoverimento di massa
(rapporto tra prezzi e retribuzioni, con un perdita costante e progressiva
del potere di acquisto), precarizzazione del lavoro (estremizzazione
delle varie forme di flessibilità con la legge 30), smantellamento
dello stato sociale.
La precarietà e l’insicurezza sociali si fanno condizione
generale di esistenza.
L’attacco alle pensioni è emblematico di questa condizione.
Si tenta un affondo al fine di precarizzare anche la vecchiaia, oltre
quanto è già stato fatto in questi anni.
L’incapacità delle classi dirigenti di fornire una risposta
alla crisi dimostra una vera e propria crisi di egemonia del neoliberismo
e parla di una incapacità ancora più profonda di comprendere le
radici strutturali della crisi. Nell’approfondirsi della crisi,
le classi dirigenti, annaspano e non sanno fornire risposte se non quelle
di inasprire le stesse politiche che hanno prodotto la crisi e, pertanto,
ne aggravano ulteriormente i fattori.
La manovra economica del governo ne è un esempio illuminante. Una
manovra non solo ingiusta ma senza alcuna qualità nÈ capacità
di promuovere una qualche risposta alla crisi.
Un governo pericoloso anche per la tenuta democratica del Paese, con
gli attacchi all’indipendenza dei poteri costituzionali, quali
la magistratura, e alle radici della democrazia del nostro Paese, ovvero
la Resistenza e la lotta al nazifascismo.
Un governo pericoloso anche per le riforme istituzionali che ha messo
in cantiere, dalle propensioni presidenzialiste alla messa in discussione
dell’unitarietà e della coesione sociale del Paese attraverso
la devoluzione, per le riforme strutturali che ha varato che cancellano
i diritti e precarizzano il lavoro, che modificano in senso regressivo
il sistema dell’istruzione riproducendo una sistema scolastico
di classe, che vuole ridurre il pluralismo dell’intero settore
delle comunicazioni e imbavagliare quella pubblica.
Per questi motivi, la cacciata del governo delle destre rappresenta
una necessità per i lavoratori e i pensionati e un bene per l’intero
Paese.
Per realizzare questo obiettivo, abbiamo proposto una qualificazione
dell’opposizione politica e sociale al governo, con una serie
di iniziative articolate, fino all’indizione di una manifestazione
nazionale delle opposizioni che chiami tutto il Paese ad esprimere il
proprio rifiuto della politica del governo.
Per dare una prospettiva a questa esigenza, abbiamo proposto e avviato
un confronto con il centrosinistra. Un confronto aperto, largo, non
chiuso nel rapporto tra Rifondazione Comunista e l’Ulivo nelle
sue componenti prevalenti ma un confronto a tutto campo con l’insieme
dell’opposizione sociale e civile, con i movimenti e le diverse
realtà del tessuto democratico e partecipativo.
Questa non è la proposta di uno sbocco politico del movimento.
Rappresenterebbe una incomprensione di fondo della natura strategica
e della prospettiva medesima che il movimento propone.
Come è stato giustamente osservato, “il passo” del
movimento non è quello immediato delle scadenze politiche e i problemi
che pone, anche rispetto al rapporto con il tema generale del governo,
alla sua natura e permeabilità alle istanze del movimento, va
indagato come tema vero di riflessione politica e culturale.
CosÏ, l’avvio del confronto programmatico e del rapporto
tra le opposizioni, non c’entra nulla con una sorta di “diplomatizzazione”
dei contrasti di merito sulle scelte di fondo.
Noi critichiamo aspramente l’orientamento di un parte consistente
delle forze del centro sinistra che si sta verso l’approvazione
della prosecuzione dell’occupazione militare dell’Iraq e
della presenza di contingenti militari del nostro Paese. Questa posizione
va contestata radicalmente nell’iniziativa di massa e nelle istituzioni.
Noi critichiamo duramente le incertezze e le timidezze che parte del
centro sinistra manifesta sullo scontro sociale e il tema dell’attacco
alla previdenza pubblica. Lo stesso vale, per altri temi centrali del
confronto politico e programmatico.
Ma, come non vedere che la vera novità in campo non è la
deriva moderata di parte del centrosinistra ma che, quell’ipotesi
politica non esiste più come risposta unitaria?
Come non vedere che l’influenza del movimento, del conflitto sociale
e, anche l’incalzare della nostra iniziativa, hanno determinato
una scomposizione delle forze in campo e che forze, sia politiche che
rappresentative del mondo del lavoro e dell’associazionismo di
massa, che fino a tempo fa, alla fine, erano costretti ad arrendersi
dentro il recinto delle compatibilità imposte dalla gabbia del
centro sinistra, oggi si autonomizzano e scendono direttamente in campo,
assieme a noi, per proporre un’altra prospettiva?
C’è, quindi, un terreno nuovo su cui misurare lo scontro
politico e l’egemonia da costruire nella competizione con la sinistra
moderata e con quei poteri forti che, nello sfarinamento del governo
delle destre, lavorano per costruire un’ipotesi neocentrista.
Anche il tema dell’unità per sconfiggere le destre, e le
forzature oggettive che il medesimo sistema del bipolarismo impone,
si declina in maniera del tutto differente dal passato, ovvero, non
solo dal versante della necessità di sommare le forze ma, anche
in quello delle discriminanti programmatiche di fondo.
Per questo il Cpn impegna la Direzione a costruire, preferibilmente
con l’intera area della sinistra di alternativa, una conferenza
per elaborare i lineamenti fondamentali di un programma di società
che segni una profonda discontinuità con le culture neolibersite.
Una prima verifica può già essere esperita nel convegno
di Roma dell’8 novembre promosso dal Forum programmatico per l’alternativa
di governo.
In ogni caso, questo viene assunto come impegno di lavoro per il Partito.
La proposta di qualificazione dell’opposizione, di apertura del
confronto programmatico tra le opposizioni politiche, sociali e di movimento
al fine di costruire, su queste basi, un’alternativa programmatica
di governo, si inserisce in questo quadro dinamico.
Noi, quindi, indichiamo un percorso, una prospettiva, un obiettivo,
non premettiamo un esito.
Le scadenze del conflitto sociale e gli impegni del Partito
La fase che si è aperta e la stagione di lotte che già è
in corso, a partire dalla riuscita dello sciopero generale contro l’attacco
alle pensioni, richiedono al Partito un impegno straordinario di iniziativa
e mobilitazione.
Il Cpn propone a tutto il partito, quindi, l’avvio immediato di
una campagna d’autunno in cui intrecciare le scadenze di lotta
internazionali e nazionali con iniziative locali che ogni circolo e
ogni federazione del nostro partito, autonomamente e in rapporto con
altre forze politiche, sociali, di movimento, comitati e associazioni,
deve promuovere in questo frangente decisivo per la stessa possibilità
di interrompere il cammino del governo prima che i danni inferti ai
diritti e al tessuto sociale del Paese divengano irreversibili per un
lungo periodo.
I temi da mettere al centro sono quelli della manovra economica del
governo, a partire dall’attacco alle pensioni, alla manovra finanziaria
e le sue più odiose misure (basti pensare al condono edilizio), al boicottaggio
attivo della legge 30 sulla precarizzazione del lavoro, alle iniziative
per i diritti dei migranti, a partire dal rilancio dell’iniziativa
per la chiusura dei Cpt e per l’affermazione dei diritti sociali,
civili e politici dei migranti, quelle dell’attacco alla sanità,
all’informazione e alla democrazia, contro la riforma dell’istruzione.
Non proponiamo solo o principalmente una grande mobilitazione di propaganda
ma, di costruire una serie di iniziative e di relazioni, con attenzione
alle contraddizioni sociali, alle vertenze dei posti di lavoro e territoriali.
Proponiamo a tutto il Partito, che la “lettera degli italiani
a Berlusconi” contro il taglio alle pensioni possa costituire
il filo conduttore di questa campagna, con una raccolta di massa di
firme in calce a quella lettera.
Proponiamo che, assieme alle iniziative territoriali, siano indicate
date precise nelle quali in tutto il Paese, davanti ai posti di lavoro,
nei mercati e negli altri punti di aggregazione di massa, siano fatti
volantinaggi, giornali parlati, iniziative.
Questa iniziativa del Partito deve intrecciarsi con gli appuntamenti
internazionali e nazionali del movimento (a partire dal Forum sociale
europeo e agli altri appuntamenti previsti per le riunioni dei ministri
europei in Italia), da quelle per la solidarietà attiva alla causa
palestinese e alla soluzione del conflitto mediorientale (a partire
dalla mobilitazione indetta da “Action for Peace” in tutto
il Paese per le giornate dell’8 e 9 novembre, nell’anniversario
della caduta del muro di Berlino, contro il muro dell’apartheid
costruito dal governo israeliano), dai nuovi appuntamenti del conflitto
sociale (a partire dallo sciopero della Fiom del 7 novembre, dalle iniziative
dei sindacati di base, dai nuovi appuntamenti decisi dai sindacati confederali),
dalle varie iniziative per dare visibilità alla costruzione della
sinistra di alternativa.
In particolare lo sciopero della Fiom, pone un tema che consideriamo
decisivo, quello della democrazia dei lavoratori. Questo eccezionale
sforzo di iniziativa politica che chiediamo al Partito non deve mettere
in secondo piano lo sviluppo del confronto e del dibattito interno,
la valorizzazione delle differenze che questo dibattito esprime e degli
arricchimenti che produce.
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